mercoledì 1 luglio 2020

Perché la città di Benevento è associata alle streghe


Ecco un paio di succose leggende in merito.


Unguento, unguento, portami al noce di Benevento,
Supra l'acqua e supra lu ventu,
et supre at omne malo tempo.
E' la formula magica che la strega recita prima di prendere il volo e recarsi al Sabba, rituale consistente in una danza sfrenata in qui e' presente Lucifero in persona dall'aspetto di un caprone e un nutrito numero di altri demoni.
Benevento, anticamente chiamata Maleventum, era capoluogo di un ducato Longobardo.
I Longobardi erano pagani e adoravano il dio Odino. Per onorarlo si riunivano davanti a un grande albero di noce, nei pressi del fiume Sabato. Il rito pagano, essendo loro un popolo guerriero, consisteva nell’appendere pelli di montone ai rami e colpirli con lance e frecce, mentre cavalcavano al contrario, in sella ai loro cavalli, riducendo le pelli in pezzi piccolissimi, che poi finivano per mangiare. Assistevano a tali riti anche le donne longobarde, che gridavano e incitavano gli uomini a consumare il rito.
Per ottenere l’appoggio della Chiesa per sconfiggere i Bizantini, il Duca longobardo, Romualdo, accettò di essere convertito al Cristianesimo e con lui, tutti i Longobardi.
Il grande albero di noce attorno al quale si consumava il rito pagano per il dio Odino fu abbattuto e la leggenda narra che, appena l’albero cadde in terra, ne uscii fuori una vipera, simbolo di un legame satanico.
Anche dopo la conversione, i Longobardi di Benevento non rinunciarono ai loro riti pagani e continuarono a praticarli di notte. Intorno alle campagne, fuori dalle mura, tra fuochi e grida. Gli abitanti di Benevento scambiarono gli uomini e le donne longobarde con demoni e streghe. Le notti del Sabba continuarono.


Le streghe di Benevento erano di tre tipi: la Zoccolara, la Janara e la Manolonga.
Le Zoccolare erano streghe che di notte correvano per i vicoli, facendo riecheggiare il rumore dei loro zoccoli e attaccando i passanti alle spalle. Le Janare, invece, erano le donne nate la mezzanotte di Natale e che non avevano ricevuto il sacramento della cresima in modo corretto (per esempio errori di formule da parte del sacerdote). Di giorno si confondevano tra le donne comuni, sebbene avessero un carattere aggressivo, e la notte si ricoprivano di un unguento magico che consentiva loro di volare e di diventare incorporee. Erano streghe “solitarie” al contrario delle altre che la notte usavano dedicarsi a banchetti, danze, orge con il Diavolo (le notti del Sabba) prima di maledire e torturare i malcapitati.


Le Janare, quindi, si recavano nelle case di coloro verso cui nutrivano del risentimento, passando da sotto la porta. Si sedevano sul petto del malcapitato, mentre dormiva, impedendogli di respirare. Andavano a far visita alla stessa persona per tre notti di seguito, per poter rinsaldare il maleficio. Altre notti rubavano i bambini e li rendevano storpi. Infine solevano intrufolarsi nelle stalle e cavalcare le giumente fino a che, per lo sfinimento, queste morivano. Per lasciare traccia del loro passaggio, le Janare facevano delle treccine al crine della cavalla. Durante le persecuzioni delle streghe, le Janare di Benevento venivano indicate come origine del male e, senza mezzi termini, da sterminare.


La Manolonga (Maria la longa) era invece una donna che era morta cadendo in un pozzo e, poiché non aveva trovato pace, si divertiva a tirare giù nel pozzo chi si affacciava. Nota la filastrocca che di bocca in bocca si passavano le streghe di Benevento e non solo, come simbolo di appartenenza:
nguento ‘nguento, manname a lu nocio ‘e Beneviente, sotto ll’acqua e sotto o viento, sotto a ogne maletiempo”.
Benevento è stata nella credenza popolare sempre la capitale delle streghe, in quel territorio contadino e genuino dove le leggende e le tradizioni hanno un peso, le janare erano la specie piu feroce di quelle streghe.
Esse si riunivano sotto quel noce famoso ancora esistente ed in prossimità del fiume sabato per celebrare le loro malvagità notturne, tra quei falò accesi e quelle vittime sacrificali che spesso erano animali rubati nei campi dei contadini.
Nella provincia di Avellino poi al confine con quel Beneventano le streghe prendevano il nome di "maciare", che erano come le "janare" ma piu dispettose e più adatte a quelle malocchiature che portavano a situazioni negative in particolar modo in amore. Infatti esistevano quelle neutrallizatrici, tra le donne anziane, di quegli effetti malefici delle maciare.
Era uso comune quando si rompevano fidanzamenti o matrimoni dire è stata "la maciara".
Si racconta che agli inizi del '900 in una zona di campagna abbastanza impervia, lì dove quegli alberi dominavano, vi era un rustico, una casa di campagna dove vivevano due sorelline Anna ed Alessia, la loro vita era scandita da quei ritmi caratteristici di quelle zone contadine, allo studio ed all'amore per quegli animali della loro stalla tra cui uno splendido pony.
Le sorelline erano abbastanza grandi da conoscere chi erano le janare, ne erano affascinate e nel contempo quel fascino superava quella forte paura, più volte avevano chiesto alla madre ed ai contadini delle terre attigue di avere spiegazioni su quelle credenze su quelle streghe, su cosa facevano, sulle, loro malvagità ed abitudini, quindi avevano appreso una buona parte di conoscenza di quelle credenze popolari che talvolta si catalizzano in quella realtà diventando un tutt'uno.
Un giorno quel pony scomparve dalla stalla e la disperazione delle due sorelline fu tanta, quel pony era diventato ormai per loro un compagno di giochi ed a nulla valsero le ricerche che furono fatte anche tra i compaesani in quelle campagne.
Allora decisero, pensando che fosse stato rapito dalle streghe, di recarsi la notte seguente all'albero di noce, all'insaputa dei genitori che erano tranquilli sapendo che le ragazzine dormivano nella loro stanzetta.
Cosi tra boschi e campagne la sera seguente s'incamminarono con due torce per farsi luce e per raggiungere il posto maledetto. Si recarono quindi alla foce di quel fiume ovvero, in prossimità di quell'albero di noce li dove la leggenda narra che avvenivano quei riti malefici, quei sabba delle streghe.
Il cammino fu notevole ma la perseveranza delle ragazzine fu premiata e quando incominciarono a vedere dei fuochi e sentire delle urla disumane capirono di essere vicine.
Giunsero quindi a poche decine di metri da quel sabba di malvagità in atto e nel mentre erano intente, nascoste tra gli alberi, a cercare dove fosse il loro pony, furono rapite da Sarminia.
Sarminia era quella più anziana, il suo aspetto incuteva timore finanche da lontano, quei capelli lunghissimi sporchi e impettinabili, quegli occhi che parevano due fiamme accese e quello sguardo cattivo di malvagità fatte, e da fare.
Furono così imprigionate in una gabbia, nel mentre le altre streghe decidevano cosa fare di quelle prede, di sicuro sarebbero state sacrificate la notte seguente in uno di quei sabba infernali sotto quell'albero di noce.
All'alba, le streghe, però, si dovevano ritirare lontano da quella luce, infatti le streghe non potevano vivere alla luce diurna, uscivano solo di notte. Usanza nota era in quei tempi di mettere fuori l'uscio di casa un scopa di baggina ovvero intrecciata di fili di paglia ed un sacchetto di sale a piccolissimi granuli, affinché nel perdere tempo a contare questi, ovvero i granuli ed i fili di paglia, le streghe all'avvicinarsi della luce del giorno scappassero via.
Quando il giorno dopo iniziò a calare l'oscurità, le ragazzine prigioniere erano ben consapevoli di quanto, da lì a poco, sarebbe avvenuto. Con molta difficoltà ed astuzia riuscirono ad aprire quella gabbia che le impriggionava con una forcina che portavano sempre nei loro capelli lunghi, e finalmente riuscirono a scappare.
Quando le janare si accorsero che erano fuggite, le loro urla furono terrificanti, si oscurarono le stelle nel cielo che sovrastava quelle campagne, i lupi iniziarono ad ululare, il cielo si trasformò all'improvviso in un covo di lampi, anche gli uccelli notturni presero il volo da quei luoghi.
Era l'ira delle janare l'ira per la fuga delle due prigioniere. Le urla si ascoltavano anche quando queste erano ormai lontane:
unguento unguento,
siam le streghe di benevento,
supra acqua e supra vento e supra omne maltempo,
vi verremo a prendereeeeeeeeee
domani notte verremo alla vostra abitazione
Si sentì così rimbombare in quell'oscurità e tra quegli alberi che parevano terrificati anche loro, in quelle foglie e quei rami immobili nonostante il forte vento.
Appena arrivarono a casa, le sorelline distrutte, si tuffarono nel letto e senza dormire per la paura incominciaro a studiare un piano diabolico. Prima dell'imbrunire del nuovo giorno, quando era stato profetizzato che sarebbero arrivate le janare a riprenderle, decisero di sistemare fuori all'uscio di casa due scope di baggina e due sacchetti grossi di sale a granuli piccoli.
Al mattino, finalmente col sole, senza aver dormito tutta la notte per la paura, uscirono di casa e trovarono davanti alla porta d'ingresso una quantità notevole di cenere ancora fumante.
Le streghe avevano perso moltissimo tempo a contare i fili di quelle scope ed i granuli di quei sacchetti di sale messi lì per ingannarle, e senza accorgersi del sorgere di quella luce del giorno mortale per loro, finirono incenerite.
Si racconta ancora che da quella cenere seminata in quella terra vennero fuori dieci arbusti fortemente spinosi, mai tolti che mai più sono morti e dopo centinaia di anni sono ancora presenti.
Ma questo..., è un sogno fatto, una leggenda o realtà?



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