giovedì 21 marzo 2024

HUMAN LIVING VAMPIRE: Esplorando il Risorgere dei Vampiri Moderni

 


Mentre molti considerano i vampiri come creature leggendarie, la loro storia ha radici antiche, risalenti alla seconda metà del 1600, quando l'Europa era flagellata da epidemie di peste, alimentando superstizioni e leggende.

I vampiri, esseri non-morti che si nutrono del sangue delle loro vittime, sono stati spesso associati a morti apparenti e sepolture premature durante quei tempi oscuri.

Oggi, il fenomeno dei vampiri sta vivendo una rinascita sotto forma di Human Living Vampire (H.L.V), individui assetati di sangue che conducono vite normali, ma con un lato oscuro nascosto.

Questi moderni vampiri non escono dalle loro bare di notte ma hanno un legame profondo con il sangue, che bevono per ottenere energia e piacere. Il sangue del partner è particolarmente prezioso, poiché crea un'unione speciale tra le persone.

Tuttavia, dietro a questo fenomeno c'è una realtà più oscura. La Sindrome di Renfield, studiata per la prima volta da Richard Noll, mostra come alcune persone, spesso affette da traumi infantili, sviluppino una compulsione per il sangue umano.

Questo comportamento può portare a violenze e persino all'omicidio, alimentando teorie su possibili collegamenti con la malattia della rabbia o credenze spirituali distorte.

In ogni caso, il risorgere dei vampiri moderni ci ricorda che il confine tra realtà e mito può essere più sottile di quanto pensiamo. Bisogna stare attenti, perché i vampiri potrebbero essere più vicini di quanto immaginiamo.

Il ritorno dei vampiri moderni ci pone di fronte a un enigma che sfida la nostra comprensione della realtà e del mito. Sebbene molti credano che i vampiri siano solo una fantasia, la presenza di individui che si identificano come Human Living Vampire (H.L.V) suggerisce che la fame di sangue sia più che una leggenda.

Questi vampiri contemporanei, lontani dalle descrizioni romantiche dei racconti gotici, sono persone normali che condividono una predilezione per il sangue. Il loro legame con il sangue non è solo fisico ma anche emotivo, rappresentando un'unità profonda con il loro partner.

Tuttavia, dietro a questo desiderio si cela una realtà più inquietante. La Sindrome di Renfield, un disturbo mentale che porta gli individui a desiderare il sangue umano, getta una luce sinistra su questo fenomeno emergente. Le fasi di auto-vampirismo e zoofagia delineate dalla sindrome sollevano domande sulla psiche umana e sui suoi abissi più oscuri.

Ma cosa spinge veramente queste persone a cercare il sangue umano? Alcuni suggeriscono che possa essere una nuova forma di malattia, mentre altri guardano alle influenze culturali e spirituali per trovare risposte.

In questo intricato labirinto di desiderio e ossessione, ci troviamo di fronte a un'analisi più profonda della natura umana e delle sue tenebre interiori. L'idea che i vampiri siano fra noi non è solo una fantasia, ma una realtà che ci costringe a riconsiderare ciò che pensiamo di sapere sul mondo che ci circonda.

Dunque, mentre esploriamo il confine tra realtà e mito, dobbiamo rimanere vigili, perché i vampiri potrebbero essere più vicini di quanto immaginiamo, nascosti nelle ombre della nostra stessa società.



mercoledì 20 marzo 2024

Il mistero della sopravvivenza: la testa umana trapiantabile

 


Nell'immaginario collettivo, la decapitazione è spesso associata alla morte istantanea e irreversibile. Tuttavia, una serie di curiosi casi storici e esperimenti scientifici hanno sollevato interrogativi su quanto il cervello umano possa resistere dopo essere stato separato dal corpo. Da Bertran de Born, il trovatore francese decapitato e ancora consapevole delle sue azioni, alla straordinaria storia di "Mister Mike", il pollo senza testa che visse per diciotto mesi, fino agli audaci esperimenti del dottor Robert White, la ricerca sulla sopravvivenza cerebrale ha affascinato e sconcertato l'umanità.

Secondo alcuni resoconti storici, individui decapitati durante la Rivoluzione francese sembravano mantenere una certa consapevolezza e reattività per alcuni istanti dopo l'esecuzione. Un medico presente a un'epoca di esecuzione notò che le palpebre e le labbra del condannato avevano contrazioni ritmiche per diversi secondi dopo la decapitazione. Una storia ancora più straordinaria proviene dal caso di "Mister Mike", un pollo che visse senza testa per diciotto mesi grazie a una decapitazione imperfetta che lasciò intatto il suo minuscolo encefalo.

Ma la scienza non è da meno nelle sue ambizioni. Il dottor Robert White, noto per i suoi audaci esperimenti neurochirurgici, ha ipotizzato la possibilità di trapiantare intere teste umane. Riducendo la temperatura del cervello a circa 10°C, White afferma di poter mantenere l'attività cerebrale per un'ora, sufficiente per eseguire un trapianto di testa. Tuttavia, le implicazioni etiche e morali di un tale procedimento sono immense, e finora hanno arrestato ulteriori ricerche in questa direzione.

Intrigante e inquietante, la ricerca sulla sopravvivenza cerebrale solleva domande fondamentali sull'essenza stessa della vita e della coscienza umana. Quanto del nostro essere risiede nel nostro cervello? E fino a che punto possiamo spingerci nell'esplorazione di queste frontiere senza compromettere i valori etici e morali che ci definiscono come esseri umani?

La ricerca sulla sopravvivenza cerebrale solleva anche domande riguardo alla definizione di morte e alla nostra comprensione del confine tra vita e morte. Se il cervello può mantenere l'attività per un certo periodo anche dopo la separazione dal corpo, cosa significa veramente essere morti? Questa è una delle molte sfide che la scienza e la società devono affrontare mentre esploriamo i limiti della nostra comprensione del cervello umano.

Tuttavia, oltre alle sfide etiche e morali, ci sono anche implicazioni pratiche da considerare. Anche se la tecnologia e la scienza possono teoricamente consentire un trapianto di testa, le difficoltà tecniche e le complicazioni potenziali sono immense. Collegare in modo adeguato le innervazioni spinali e ripristinare la circolazione sanguigna sono solo due delle molte sfide che i chirurghi dovrebbero affrontare in un simile procedimento.

Inoltre, anche se il cervello potrebbe teoricamente sopravvivere, ci sono questioni importanti da considerare riguardo alla qualità della vita della persona dopo un trapianto di testa. Il paziente potrebbe rimanere paralizzato dal collo in giù o potrebbe avere difficoltà a reintegrarsi nella società. Questi sono solo alcuni dei molti aspetti da considerare quando si discute della possibilità di un trapianto di testa umana.

Mentre la ricerca sulla sopravvivenza cerebrale continua a sollevare domande importanti sulla natura della vita e della coscienza umana, è essenziale che tali esperimenti siano condotti con la massima attenzione e considerazione per l'etica e la morale. Solo attraverso un approccio attento e ponderato possiamo sperare di affrontare le sfide e le opportunità che questa ricerca ci presenta.

martedì 19 marzo 2024

Gunung Padang: La Piramide Antica che Sfida la Storia

 


Le piramidi evocano immediatamente l'antico Egitto, ma il mondo celere della storia ci riserva sorprese. A oltre 30 km dalla città di Cianjur, nella provincia di Giava in Indonesia, sorge Gunung Padang, una struttura che potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della storia. Considerata potenzialmente la piramide più antica del mondo, questa antica costruzione ha catturato l'attenzione degli studiosi, sfidando le narrazioni convenzionali e aprendo nuovi orizzonti.

Risalente a un periodo compreso tra i 25.000 e i 14.000 anni fa, secondo gli ultimi studi condotti da un team di esperti dell'Agenzia nazionale per la ricerca, Gunung Padang sfida persino le costruzioni considerate tra le più antiche sulla Terra, come Göbekli Tepe in Turchia. Il sito, dichiarato patrimonio culturale nazionale, è avvolto da un'aura sacra, venerato dagli abitanti locali come la "Montagna dell'Illuminazione".

La struttura stessa è un mosaico di interventi architettonici complessi, evidenziando diverse fasi di costruzione nel corso dei millenni. I primi costruttori, dimostrando notevoli capacità tecniche, scolpirono la collina lavica, seguiti da altri che aggiunsero strati di mattoni e pilastri di roccia. Le indagini tramite tomografia e georadar hanno rivelato cavità interne, suggerendo stanze e passaggi simili a quelli delle piramidi egizie.

Le scoperte a Gunung Padang potrebbero sfidare le nostre concezioni convenzionali sulla storia umana e l'evoluzione tecnologica. Questo mistero archeologico continua a catturare l'immaginazione, mentre gli esperti pianificano ulteriori indagini per svelare i segreti nascosti all'interno di questa struttura antica. Se confermati, i risultati potrebbero ridefinire il nostro racconto dell'umanità e del suo passato. Restiamo in attesa dei prossimi sviluppi, pronti ad essere sorpresi e affascinati dalla meraviglia di Gunung Padang.



lunedì 18 marzo 2024

Il Mistero degli Elohim: Custodi delle Stelle e dei Destini Umani

 


Gli Elohim rappresentano una delle figure più intriganti e misteriose nelle tradizioni spirituali ebraiche. Conosciuti come i "Custodi delle Stelle" e dei destini umani, gli Elohim sono entità celestiali che incarnano la saggezza divina e il potere creativo dell'universo.

Nella cosmologia ebraica, gli Elohim sono descritti come esseri angelici che agiscono come intermediari tra il divino e l'umanità. Sono spesso associati alla creazione dell'universo e alla guida dell'evoluzione umana, lavorando in armonia con il volere divino per plasmare il destino dell'umanità.

L'enigma degli Elohim risiede nella loro natura sfaccettata e multidimensionale. Da una parte, sono venerati come esseri di luce e misericordia, portatori di saggezza e protezione. Dall'altra, sono potenti agenti di giustizia divina, pronti a intervenire quando l'equilibrio cosmico è minacciato.

La loro presenza è stata sentita in molte culture e tradizioni spirituali, spesso con nomi diversi ma con attributi simili. Nella mitologia ebraica, gli Elohim sono considerati esseri divini che hanno plasmato il mondo con la loro volontà e il loro potere creativo. Nella tradizione cristiana, sono associati agli angeli e agli arcangeli, che portano messaggi divini e protezione agli esseri umani.

Ma il vero significato degli Elohim va oltre le parole e le descrizioni umane. Sono esseri di una dimensione superiore, che operano al di là dei limiti del tempo e dello spazio. La loro presenza è sentita nei momenti di trasformazione e di crescita spirituale, quando ci avvolgono con la loro luce e la loro saggezza divina.

Gli Elohim ci ricordano che siamo parte di un universo più grande e misterioso di quanto possiamo immaginare. Ci incoraggiano a esplorare le profondità della nostra anima e a coltivare una connessione più profonda con il divino. Nelle loro ali, possiamo trovare conforto, ispirazione e la promessa di un destino più grande di quanto possiamo concepire.

In un mondo afflitto da incertezza e divisione, gli Elohim ci offrono una guida sicura e una fonte di speranza eterna. Che ci volgiamo verso di loro per forza, saggezza o conforto, possiamo trovare consolazione nel sapere che gli Elohim sono sempre con noi, custodi fedeli delle stelle e dei nostri destini umani.



domenica 17 marzo 2024

Bloody Lady – La vera storia di Elizabeth Bathory


La figura di Elizabeth Bathory, meglio conosciuta come la "Contessa sanguinaria", è avvolta da un velo di mistero e orrore che ha affascinato e spaventato le menti per secoli. La sua vita, caratterizzata da ricchezza, potere e sadismo, ha ispirato numerose leggende e storie dell'orrore, ma quanto di ciò che si racconta è veramente basato sulla realtà?

Elizabeth Bathory nacque nel 1560 in una delle famiglie più influenti e ricche dell'Ungheria. Fin dalla giovane età, dimostrò un interesse per l'occulto e per le pratiche esoteriche, nutrendo una passione per la magia nera e l'alchimia. Tuttavia, fu il suo matrimonio con il conte Ferenc Nadasdy nel 1575 a dare inizio a una serie di eventi che l'avrebbero resa tristemente famosa.

Il conte Nadasdy, impegnato nelle guerre contro l'Impero ottomano, lasciò Elizabeth al comando del castello di Cachtice, dove si dice abbia compiuto le sue atrocità. Secondo le cronache dell'epoca, la contessa Bathory avrebbe iniziato a torturare e uccidere giovani ragazze, principalmente provenienti dalla classe contadina, con l'aiuto di alcuni complici.

Le storie riguardanti i suoi crimini sono orribili e variano da torture estreme a omicidi rituali. Si dice che abbia inflitto alle sue vittime una serie di crudeli torture, tra cui bruciature con oggetti infuocati, mutilazioni genitali e bagni di sangue. Si credeva anche che si nutrisse del sangue delle sue vittime per mantenere la giovinezza e la bellezza, dando così origine al soprannome di "Contessa sanguinaria".

Ma quanto di tutto ciò è vero e quanto è frutto di esagerazione e leggenda? Le prove storiche riguardanti i crimini di Elizabeth Bathory sono state oggetto di dibattito tra gli storici. Mentre alcune testimonianze dell'epoca sembrano confermare almeno parte delle atrocità da lei commesse, altre fonti suggeriscono che i suoi crimini siano stati esagerati o addirittura inventati per motivi politici.

Ad esempio, è interessante notare che molti dei suoi accusatori erano membri della nobiltà ungherese che desideravano appropriarsi delle sue terre e delle sue ricchezze. Inoltre, la sua reputazione di donna potente e indipendente potrebbe aver contribuito a diffondere storie sensazionali su di lei, alimentando così la leggenda della "Contessa sanguinaria".

Tuttavia, ci sono prove concrete che suggeriscono che Elizabeth Bathory abbia commesso almeno alcuni dei crimini di cui è stata accusata. Durante il suo processo nel 1610, diversi testimoni hanno confermato di aver visto ragazze torturate e uccise nel suo castello, e sono stati trovati numerosi corpi sepolti nelle vicinanze della sua residenza.

La condanna di Elizabeth Bathory non fu una sorpresa, considerando il clima di paranoia e isteria che dominava l'Europa dell'epoca. Fu imprigionata nel suo castello, dove morì nel 1614, ma il suo nome è rimasto legato all'infamia nel corso dei secoli.

L'interpretazione dei fatti storici relativi a Elizabeth Bathory non è univoca. Alcuni studiosi ritengono che la sua figura sia stata oggetto di una campagna diffamatoria orchestrata dai suoi rivali politici. In un'epoca in cui le donne che detenevano potere e ricchezza erano considerate una minaccia per l'ordine sociale stabilito, non è difficile immaginare come Elizabeth Bathory potesse essere diventata un bersaglio per coloro che desideravano indebolirla e appropriarsi delle sue proprietà.

Inoltre, va considerato il contesto storico in cui si inserisce la storia della Contessa sanguinaria. L'Europa del XVI e XVII secolo era dominata da un clima di superstizione, persecuzione e isteria religiosa. La caccia alle streghe e le accuse di pratiche eretiche erano comuni, e le persone considerate "diverse" o non conformi agli standard sociali dell'epoca rischiavano di essere condannate senza prove concrete.

Le testimonianze raccolte durante il processo di Elizabeth Bathory potrebbero essere state ottenute mediante coercizione o tortura, e le confidenze dei testimoni potrebbero essere state influenzate dall'atmosfera di paranoia che permeava la società dell'epoca. Inoltre, le pratiche di tortura e la crudeltà nei confronti degli accusati erano spesso utilizzate per ottenere confessioni, anche se false.

In questo contesto, la vera portata dei presunti crimini di Elizabeth Bathory rimane avvolta nell'incertezza. Nonostante ci siano prove che suggeriscano che abbia commesso almeno alcuni degli omicidi di cui è stata accusata, è difficile separare la realtà dalla finzione in una storia così avvolta da leggende e miti.

Tuttavia, è importante notare che la figura di Elizabeth Bathory ha avuto un impatto duraturo sulla cultura popolare. La sua storia è stata oggetto di numerose opere letterarie, cinematografiche e artistiche, che hanno contribuito a perpetuare il suo mito nel corso dei secoli. La sua figura è diventata un'icona dell'orrore e della depravazione, simbolo di un'epoca oscura e piena di superstizione.

In ultima analisi, la vera storia di Elizabeth Bathory rimarrà probabilmente avvolta nel mistero per sempre. Ciò che è certo è che la sua vita e la sua leggenda continuano a esercitare un fascino sinistro sull'immaginario collettivo, alimentando così il mito della "Contessa sanguinaria" ancora oggi.



sabato 16 marzo 2024

Gli Anunnaki: Divinità aliene o antichi astronauti?


Gli appassionati di misteri e teorie alternative conosceranno sicuramente il nome degli Anunnaki. Ma chi erano davvero queste figure enigmatiche?

Nella mitologia sumera, accadica, assira e babilonese, gli Anunnaki erano un gruppo di divinità associate alla Terra, al cielo e al mondo sotterraneo. Venivano spesso raffigurati come potenti e saggi, responsabili del destino dell'umanità.

Tuttavia, c'è un'altra interpretazione degli Anunnaki che ha guadagnato popolarità negli ultimi decenni: quella proposta da Zecharia Sitchin, un controverso scrittore. Sitchin, basandosi su una sua personale interpretazione di antichi testi mesopotamici, ipotizzò che gli Anunnaki non fossero divinità, bensì alieni provenienti da un pianeta chiamato Nibiru. Secondo questa teoria, gli Anunnaki sarebbero giunti sulla Terra migliaia di anni fa e avrebbero avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della civiltà umana, fornendo all'uomo conoscenze avanzate in campo scientifico e agricolo.

La visione di Sitchin è stata ampiamente rigettata dalla comunità scientifica. Gli studiosi di lingue antiche contestano la sua interpretazione dei testi mesopotamici, mentre gli archeologi non hanno trovato alcuna prova concreta a sostegno dell'esistenza di Nibiru o di visitatori alieni in Mesopotamia.

Nonostante la mancanza di riscontri scientifici, il mito degli Anunnaki continua ad incuriosire per diverse ragioni. L'idea di esseri potenti e misteriosi che hanno influenzato il nostro passato stimola la fantasia e ci porta a riflettere sulle nostre origini. Inoltre, la Mesopotamia è considerata la culla di alcune delle civiltà più antiche del mondo, e la loro improvvisa fioritura tecnologica lascia ancora spazio a domande e ipotesi alternative.

L'influenza degli Anunnaki, sia come divinità che come ipotetici visitatori alieni, ha lasciato un segno indelebile nella cultura umana. Diverse tracce si possono ritrovare in:

Gli Anunnaki, pur non avendo prove scientifiche a sostegno della loro esistenza come divinità o alieni, rappresentano un archetipo affascinante che ci spinge a interrogarci sul nostro passato, sulle nostre origini e sul posto che occupiamo nell'universo. Sono un monito a non smettere mai di esplorare i misteri che ci circondano, con mente aperta e spirito critico.

venerdì 15 marzo 2024

Mokele Mbembe

 


Tra le tante creature fantastiche di cui ancora non è stata dimostrata l’esistenza, appartenenti alla categoria “dinosauri ritenuti estinti” (come il mostro di Loch Ness giusto per citare il più famoso), troviamo in Africa la leggenda del Mokele Mbembe, che in lingua lingala significa “colui che ostacola il corso dei fiumi”. Chiamato dalle popolazioni locali anche “N’Yamala”, il Mokele Mbembe è una creatura che, secondo quanto affermano alcuni indigeni della Repubblica del Congo, vivrebbe a 800 chilometri a nord di Brazzaville, nella regione di Likouala, in una vasta palude di 130.000 chilometri quadrati.

La prima testimonianza di questo essere nel mondo occidentale fu data da un missionario francese del XVIII secolo, l’abate Proyar, che lo descrisse come un ibrido tra un elefante, un ippopotamo e un leone, con un collo elastico di giraffa lungo almeno un paio di metri, una testa piccola, una lunghissima coda da serpente e quattro zampe possenti. Il colore della sua pelle era grigio/bruno e sembrava completamente liscia, senza alcun tipo di peluria.

Questo e altri successivi avvistamenti simili farebbero pensare a un dinosauro di genere Apatosaurus. Tra le altre cose, esiste una fotografia ritraente un’orma a tre dita, profonda alcuni centimetri, attribuita proprio al Mokele Mbembe: si tratterebbe di un’impronta tipica dei dinosauri, ma non dei sauropodi, che invece erano dotati di arti a cinque dita. L’attribuzione è disputata dagli studiosi e potrebbe comunque trattarsi della semplice impronta di un ippopotamo, che il vento ha modificata nel corso del tempo.

In ogni caso sono stati in molti nel corso del tempo a credere a questa leggenda e all’esistenza di questa fantastica creatura, tanto da organizzare svariate spedizioni alla sua ricerca. Nel 1913, la Germania inviò alcuni uomini, sotto la guida del barone Von Stein zu Lausnitz, per tracciare una mappa dettagliata del Camerun, allora colonia tedesca, e del bacino del fiume Congo: il dettagliato rapporto sulle zone inesplorate delle due colonie non fu però mai pubblicato, perché la Germania perse il dominio sulle sue colonie dopo la Prima Guerra Mondiale.

Tempo dopo, lo zoologo Willy Ley pubblicò sui giornali alcune parti del rapporto di Von Stein, in cui si parlava di una bestia locale temuta dai pigmei: “Le descrizioni generali dei nativi convergono tutte su di un unico modello: l’animale è di colore bruno-grigiastro e possiede una pelle liscia, le sue dimensioni sono quelle di un elefante o perlomeno di un ippopotamo. Si dice che abbia un collo lungo e flessibile ed un solo dente, ma molto grande, alcuni dicono che si tratta di un corno. Alcuni parlano di una lunga coda muscolosa simile a quella dei coccodrilli. Le canoe che attraversano il suo territorio sono destinate ad affondare, l’animale attacca le imbarcazioni e ne uccide l’equipaggio, ma senza divorarne i corpi. Si dice che vive nelle grotte e che sale sulla riva in cerca di cibo, la sua dieta è completamente vegetale. Il suo cibo preferito mi fu mostrato, era una sorta di liana dotata di grandi fiori bianchi, una linfa lattiginosa ed un frutto simile per forma ad una mela”.

Altre testimonianza sul Mokele Mbembe le troviamo nel 1938, allorquando il dottor Leo Von Boxberger disse di aver perso molti dei dati raccolti sulla creatura, dopo che la sua flotta fu attaccata nella Guinea Spagnola da un gruppo di Pangwe.

Nel 1976, James H.Poweel, un erpetologo americano, si recò all’interno della regione per studiare la fauna del posto. Qui incontrò lo stregone di un piccolo villaggio, cui avrebbe mostrato le immagini di vari animali: nel vedere quella di un Diplodocus, lo sciamano vi avrebbe riconosciuto “Mokele Mbembe” chiamandolo “N’Yamala” e avrebbe aggiunto che esso si cibava del “cioccolato della giungla”, una pianta che dà grossi frutti simili alle noci.

Dopo le affermazioni del barone e degli ultimi due scienziati giunti sul posto, altre spedizioni sono state effettuate per verificare l’esistenza o meno dell’animale, ma nessuna ha dato risultati positivi, anche se Ivan Sanderson e Gerard Russel avrebbero trovato, nel Camerun occidentale, delle grosse impronte attribuibili alla creatura, poiché in quell’arco di foresta non vivevano pachidermi.

Nel 1981, un gruppo di scienziati avrebbe fotografato una strana pista di rami spezzati e di grosse orme che si dirigeva verso un fiume: questa sarebbe ritenuta una delle prove più convincenti circa l’esistenza in quel luogo di un animale di grossa mole.

Due anni più tardi, Marcellin Agnagna si recò al lago Tele per cercare la creatura; con la sua cinepresa avrebbe filmato da circa 270 metri di distanza una strana creatura dal collo sottile e occhi ovali, il collo lungo circa un metro e la lunghezza totale del corpo forse di 5 metri. Stando ai testimoni la creatura sarebbe stata visibile per circa venti minuti per poi scomparire nelle acque torbide della palude. I video e le fotografie mostrano però soltanto una macchia nera nell’acqua e non confermano quindi le dichiarazioni di Agnagna.

Tra gli altri avvistamenti e testimonianze, possiamo citare quelle dei coniugi Regusters, che dissero di avere visto l’animale muoversi tra i cespugli e poi immergersi in un fiume, e di Rory Nugent che nel 1992 avrebbe scattato delle fotografie alla bestia presso il lago Tele.

In merito all’esistenza o meno del Mokele Mbembe, alcuni studiosi dicono che potrebbe trattarsi di una specie sconosciuta di varano, simile ai draghi di Komodo, lunghi dai 3 ai 4 metri. Altri fanno riferimento al Varanus priscus o Melagamia, un varano gigante vissuto nel Pleistocene, ma in Oceania e non in Africa. Una delle ipotesi più comprovate dagli zoologi è che l’essere sarebbe in realtà una tartaruga della famiglia dei Trionichidi, collo lungo, testa piccola, molto aggressivi, però carnivori e che abbandonano l’ambiente acquatico solo per deporre le uova. Secondo Klingelhoffer si tratterebbe di una Trionice africana, ma una Trionice africana non potrebbe mai avere una coda come quella di un coccodrillo (così definita dalle tribù locali e da Agnagna), la mole di un ippopotamo e un collo lungo dai 2 ai 3 metri. Un altro elemento discordante è il corno posto sulla testa del Mokele Mbembe in alcuni avvistamenti, cosa che nessuna Trionice possiede. Alcune tribù indigene credono nell’esistenza di una varietà gigante di Trionici che i Bantù chiamano Ndendeki, e dicono che possano raggiungere anche i 4 metri di diametro.

Il mistero resta tuttora irrisolto: la caccia è ancora aperta!


 
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