giovedì 12 giugno 2025

Gli Uomini delle Nevi: tra mito, leggenda e tracce nella neve

Gli “uomini delle nevi” sono creature leggendarie che da secoli alimentano le tradizioni popolari e l’immaginazione collettiva di interi popoli, dal cuore dell’Himalaya alle foreste del Pacifico nord-occidentale, passando per le lande ghiacciate della Siberia e le giungle di Sumatra. Noti con nomi diversi a seconda delle latitudini — Yeti, Bigfoot, Sasquatch, Chuchunaa, Orang Pendek — questi esseri condividono caratteristiche comuni: statura imponente, corporatura ricoperta di pelo, piedi giganteschi e una sorprendente elusività.

Il primo riferimento documentato allo Yeti risale al 1899, nel libro del maggiore Laurence Austine Waddell, ufficiale britannico che raccontò di aver osservato grandi impronte umane nel regno del Sikkim, piccolo stato himalayano situato a est del Nepal. Benché attribuì le tracce a un orso, la sua testimonianza contribuì a diffondere il mito in Occidente.

L’avvistamento più suggestivo risale al 1923, quando alcuni alpinisti riferirono di aver visto a oltre 5000 metri di quota una figura “pelosa” correre tra i ghiacci. Da allora, gli avvistamenti si sono moltiplicati. Nel 1969, l’alpinista americano Charles Howard-Bury Loucks raccontò di impronte umane nude a oltre 3000 metri, impossibili da spiegare in un ambiente tanto ostile.

Il più famoso a cimentarsi nella caccia allo Yeti fu Reinhold Messner, il leggendario scalatore altoatesino, che trascorse anni cercando di svelare il mistero. Dopo molte spedizioni tra Tibet e Nepal, Messner ipotizzò che lo Yeti non fosse altro che una rara specie di orso tibetano, forse ancora sconosciuta alla zoologia ufficiale, e lo raccontò nel suo libro “My Quest for the Yeti” (1998). Le sue conclusioni non convinsero tutti, ma diedero al dibattito un’impronta più scientifica.

Nel corso del XX secolo, le ricerche si sono moltiplicate anche in altri continenti. Negli Stati Uniti e in Canada, la controparte occidentale dello Yeti è il Bigfoot, o Sasquatch: descritto come una creatura alta fino a 3 metri, dai lunghi arti e con piedi enormi, è stato avvistato innumerevoli volte nelle foreste dello Stato di Washington, dell’Oregon e nelle regioni occidentali del Canada. La famosa ripresa video del 1967, girata da Roger Patterson e Bob Gimlin, resta uno dei documenti più discussi nella criptozoologia, nonostante i dubbi sulla sua autenticità.

Spostandosi in Siberia, troviamo il Chuchunaa (o Chuchunaa), noto nella tradizione jakuta come “il reietto”. Questo essere peloso e longilineo, dalle braccia sproporzionatamente lunghe, si nasconderebbe tra le nevi del nord-est russo, dove alcune tribù indigene giurano sulla sua esistenza fin dall’età paleolitica.

Non mancano infine testimonianze dall’Asia tropicale. Nelle fitte foreste pluviali di Sumatra, da secoli si tramanda la leggenda dell’Orang Pendek, o Littlefoot: un piccolo ominide, alto meno di un metro, che cammina eretto come un uomo ma ha tratti simili a una scimmia. Avvistamenti da parte di esploratori olandesi risalgono al periodo coloniale, e ancora oggi alcune spedizioni cercano di dimostrarne l’esistenza con foto, campioni di peli o tracce nel fango.

Malgrado le decine di presunte prove raccolte nel tempo — impronte, peli, resti organici, fotografie sfocate — nessuna ha superato il vaglio di una verifica scientifica rigorosa. Gli esperti tendono a spiegare questi fenomeni come frutto di mistificazioni, allucinazioni, fraintendimenti zoologici (orsi, gibboni, grandi primati) o leggende tramandate in forma simbolica.

Nel 2014, uno studio genetico coordinato da Bryan Sykes dell’Università di Oxford analizzò campioni di peli attribuiti allo Yeti e al Bigfoot. I risultati dimostrarono che si trattava per lo più di DNA appartenente a orsi bruni, lupi o bovini. Tuttavia, alcuni campioni risultarono “anomali”, lasciando spazio a ulteriori speculazioni.

Dalle cime dell’Himalaya alle selve tropicali, gli uomini delle nevi rappresentano una zona d’ombra tra mito e scienza. Nessuna prova concreta ne ha mai confermato l’esistenza, ma nemmeno l’ha del tutto esclusa. La loro leggenda continua ad affascinare antropologi, criptozoologi, esploratori e appassionati di mistero, in una corsa eterna tra neve, orme e silenzi millenari.

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