Il Castello del Piagnaro, che domina dall’alto la città di Pontremoli, in Lunigiana, non è solo una testimonianza medievale di torri e mura possenti. È anche il cuore pulsante di antiche leggende che, tramandate di generazione in generazione, continuano a inquietare gli abitanti e a suggestionare i visitatori. Tra le più affascinanti e spaventose vi è quella del Lupo Mannaro, creatura sospesa tra l’umano e il bestiale, che da secoli si aggira nelle notti di luna piena ai piedi della fortezza.
Secondo la tradizione popolare, nelle notti illuminate dal chiarore lunare, i vicoli stretti che si arrampicano verso il castello si animano di lamenti strazianti. Non sono voci umane né ululati animali, ma un suono ibrido, capace di penetrare l’anima e far tremare le ginocchia di chi lo ascolta. È il Lupo Mannaro, descritto come un uomo in maniche di camicia, con i capelli ritti e gli occhi che brillano come braci incandescenti. Il suo camminare non è saldo: passa barcollando, quasi ruzzolando, come trascinato da una maledizione più forte della sua stessa volontà.
Il mostro non è un semplice lupo: è un essere ibrido, metà uomo e metà cane, condannato a trasformarsi nelle notti di luna piena. Vagando tra mucchi di immondizia e angoli nascosti, abbaia come un animale rabbioso e, nello stesso tempo, piange come un cristiano afflitto. Questa doppia natura lo rende ancor più terrificante: non è una bestia da cacciare, ma un’anima tormentata da un destino crudele.
La leggenda narra che i cani randagi della città riconoscano il Lupo Mannaro e lo seguano fedelmente, ululando e girandogli attorno come un branco. Non lo attaccano, non lo temono: lo accompagnano, come se percepissero in lui una sorta di legame primordiale. Il loro corteo notturno amplifica l’angoscia, trasformando i vicoli in teatri di un incubo collettivo.
Gli anziani della Lunigiana ripetono con fermezza i consigli tramandati nei secoli:
Chi ha la sventura di incontrare il Lupo Mannaro non deve guardarlo.
Non deve ascoltare i suoi lamenti, né rispondere ai suoi versi.
Non deve affrontarlo, anche se armato: ogni tentativo di resistenza è inutile.
Se la creatura si accorge di essere osservata, la sorte dell’incauto testimone è segnata. L’unica salvezza è tirare dritto, senza indugio, evitando qualsiasi contatto con lo sguardo o con la voce del mostro.
Eppure, anche le creature più spaventose hanno un limite. Il Lupo Mannaro, dice la tradizione, non è in grado di salire più di tre gradini. Questo dettaglio, apparentemente banale, rappresenta la speranza dei perseguitati: chi riesce a rifugiarsi dentro una casa e a chiudere la porta dietro di sé, è salvo. Da qui nasce il consiglio più diffuso: quando scocca l’una di notte e i lamenti si levano dai vicoli, rientrare subito e sprangare gli usci.
La leggenda del Lupo Mannaro del Piagnaro è una delle tante storie legate ai castelli della Lunigiana, terra di confine tra Toscana, Liguria ed Emilia, da sempre crocevia di culture e superstizioni. Alcuni studiosi vedono in questo mito un riflesso delle paure contadine, forse nate dall’incontro con individui affetti da malattie rare o da disturbi psichici, interpretati come trasformazioni mostruose. Altri, invece, leggono nella leggenda un monito simbolico: non sfidare la notte, non oltrepassare i limiti della comunità, perché nelle ombre si nascondono pericoli invisibili.
Oggi, il Castello del Piagnaro è un’attrazione culturale che ospita il Museo delle Statue Stele Lunigianesi, custode di reperti enigmatici risalenti a migliaia di anni fa. Eppure, al calar della notte, le sue torri e i suoi bastioni sembrano tornare a respirare la stessa atmosfera di mistero che alimentò la leggenda del Lupo Mannaro. Non è raro che visitatori e appassionati di esoterismo si rechino a Pontremoli per cercare segni della creatura, attratti dalla possibilità di ascoltare quegli antichi lamenti tra i vicoli in salita.
Il mito del Lupo Mannaro del Castello del Piagnaro continua a vivere, sospeso tra folklore e suggestione. Non importa se sia nato da paure ancestrali, da eventi inspiegabili o da racconti attorno al focolare: ancora oggi trasmette lo stesso brivido che terrorizzava i nostri antenati.
E chissà: nelle notti di luna piena, quando le ombre si allungano e i cani randagi iniziano ad abbaiare, forse qualcuno può ancora sentire quei lamenti che annunciano il passaggio del mezzo uomo e mezzo cane. Un avvertimento che attraversa i secoli: non guardarlo, non ascoltarlo, fuggi e chiudi la porta.
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