Perché, nonostante i progressi della scienza e la diffusione del pensiero razionale, milioni di persone continuano a credere ai fantasmi, agli spiriti e ai fenomeni paranormali? La risposta non risiede solo nella superstizione o nella fantasia, ma in una combinazione complessa di storia evolutiva, processi cognitivi e influenze culturali. Un’indagine recente nella psicologia cognitiva e nei comportamenti umani suggerisce che queste credenze siano radicate profondamente nella mente umana, e che il modo in cui le interpretiamo oggi rifletta più l’interazione tra cultura e cervello che una semplice mancanza di razionalità.
La psicologia cognitiva distingue due principali modalità di pensiero. La prima è rapida, intuitiva e reattiva: ci permette di reagire all’improvviso, valutare pericoli e prendere decisioni immediate, spesso senza un’analisi approfondita. La seconda è lenta, riflessiva e analitica: richiede tempo e sforzo, ma produce valutazioni più accurate e ponderate. Per quanto la civiltà moderna premi il pensiero riflessivo, il nostro cervello è evolutivamente predisposto a privilegiare la rapidità, una scelta che nei millenni ha spesso fatto la differenza tra la vita e la morte.
Christopher French, psicologo alla Goldsmiths University di Londra, sottolinea che credere al paranormale è un retaggio di questo pensiero arcaico. Se un uomo primitivo sentiva un fruscio tra i cespugli, la possibilità più sicura era considerarlo una minaccia: anche se si trattava solo del vento, assumere il rischio minimo poteva garantire la sopravvivenza. Questa “preferenza per l’errore sicuro” ha plasmato una mente capace di attribuire significato e intenzione anche a fenomeni che oggi chiameremmo casuali o naturali. Ombre sulle pareti, rumori in soffitta, forme evanescenti nella penombra sono oggi percepite come segnali di qualcosa di soprannaturale, perché il nostro cervello è predisposto a riconoscere schemi e connessioni, anche dove non ce ne sono. La pareidolia, la tendenza a vedere volti o figure in oggetti casuali, e la necessità di attribuire una causa a ogni evento rafforzano questa predisposizione.
Ma la spiegazione non si limita a un retaggio evolutivo. Negli ultimi vent’anni, gli studi sul pensiero analitico hanno indagato in che misura la capacità di riflessione cognitiva influisca sulle credenze paranormali. Uno strumento centrale in queste ricerche è il Cognitive Reflection Test (CRT), un test progettato per misurare la capacità di andare oltre la risposta intuitiva e trovare soluzioni corrette a problemi ingannevoli. La domanda classica – “Una mazza e una palla costano 1,10 dollari in totale. La mazza costa 1,00 dollaro in più della palla. Quanto costa la palla?” – richiede di rifiutare la risposta intuitiva (10 centesimi) per arrivare a quella corretta (5 centesimi). I punteggi al CRT riflettono quanto una persona sia propensa a impegnarsi in un pensiero riflessivo e analitico.
Studi condotti in contesti occidentali, come quelli di Gordon Pennycook e colleghi, hanno mostrato che punteggi più bassi al CRT correlano con una maggiore propensione a credere a fantasmi, astrologia e altri fenomeni paranormali. La spiegazione proposta è che individui con pensiero analitico elevato tendono a scrutare idee sospette, rilevare violazioni logiche e scartarle, mentre chi si affida a intuizioni rapide è più vulnerabile alle credenze non verificabili. Questo ha portato a interpretare la credenza nel paranormale come un possibile risultato di “pigrizia cognitiva”.
Tuttavia, un nuovo studio interculturale di Yoshimasa Majima, Alexander Walker, Martin Turpin e Jonathan Fugelsang, pubblicato su Frontiers in Psychology, suggerisce una prospettiva più sfumata. Gli autori hanno osservato che gran parte delle ricerche precedenti si basava su campioni WEIRD (Western, Educated, Industrialized, Rich, Democratic), quindi fortemente circoscritti a Nord America ed Europa. Per comprendere meglio la dinamica, hanno confrontato partecipanti occidentali con soggetti giapponesi, misurando sia la riflessione cognitiva che le credenze paranormali.
I risultati confermano la correlazione inversa tra CRT e credenze paranormali nei soggetti occidentali, ma mostrano che tra i giapponesi tale correlazione scompare completamente. Questo indica che la propensione a credere o meno nel paranormale non dipende unicamente dalla capacità analitica, ma è profondamente influenzata dalle norme culturali. Nei contesti occidentali, la credenza nei fantasmi e in altri fenomeni soprannaturali è spesso stigmatizzata, soprattutto tra persone istruite, mentre in Giappone esse non violano le norme sociali e sono integrate più naturalmente nella cultura, rendendo la riflessione cognitiva meno determinante nel determinare la credenza.
In altre parole, non è il pensiero analitico a impedire automaticamente di credere nel paranormale: individui con alte capacità cognitive sono semplicemente più sensibili alle norme culturali della loro società. La correlazione osservata nei contesti occidentali riflette quindi più l’influenza sociale che una legge universale della mente. La cultura, l’educazione e il contesto sociale mediano la relazione tra capacità riflessiva e propensione alla credenza, spiegando perché fenomeni come medium, fantasmi e tavoli che si sollevano continuino a catturare l’immaginario umano.
A questo si aggiunge un’altra componente fondamentale: il fascino del mistero e dell’ignoto. L’essere umano è attratto da ciò che non può spiegare facilmente, e questa attrazione è radicata nell’evoluzione. La curiosità ha guidato la sopravvivenza, stimolato l’apprendimento e permesso di sviluppare strumenti e strategie innovative. Spiriti e fenomeni paranormali, sebbene oggi considerati irrazionali, svolgono lo stesso ruolo: offrono un quadro narrativo per comprendere l’inspiegabile, soddisfacendo il bisogno umano di dare senso a ciò che sembra privo di logica.
La persistenza di tali credenze, quindi, non è un segno di debolezza intellettuale, ma di un equilibrio complesso tra istinto e ragione, tra bisogno di sicurezza e curiosità. Il cervello umano è progettato per reagire rapidamente, riconoscere schemi e interpretare segnali ambigui, e questo meccanismo ha garantito la sopravvivenza della specie per millenni. In molte situazioni moderne, questa predisposizione si traduce in curiosità verso il paranormale, interesse per medium e fenomeni inspiegabili, e capacità di percepire connessioni dove altri vedrebbero casualità.
Riconoscere queste dinamiche apre una nuova prospettiva sulla psicologia della credenza: non si tratta di mera superstizione, ma di processi cognitivi profondi intrecciati con storia evolutiva, cultura e educazione. Gli studi interculturali mostrano che la spiegazione non può limitarsi a una sola variabile: occorre considerare il contesto, le norme sociali e le strutture culturali che modellano il modo in cui interpretiamo l’inspiegabile. In Occidente, l’alta istruzione e il pensiero analitico possono scoraggiare la credenza nel paranormale, mentre in altre culture essa può convivere con una mente riflessiva senza contraddizione.
Infine, l’interesse per il mistero e il soprannaturale rimane una parte integrante dell’esperienza umana. Medium, sensitivi, fenomeni paranormali e storie di fantasmi continuano ad affascinare perché rispondono a bisogni cognitivi ed emotivi profondi. Non è questione di debolezza mentale, ma di come il nostro cervello interpreta il mondo, attribuisce significato e cerca sicurezza in situazioni incerte. La credenza nel paranormale, quindi, è il risultato di un intreccio tra evoluzione, cultura e psicologia: un fenomeno che persiste perché riflette chi siamo e come siamo stati plasmati dal tempo, dall’ambiente e dalla società.
Il mistero non scompare con la razionalità: convive con essa, ne stimola l’indagine e continua a suscitare fascinazione. Comprendere il paranormale non significa accettarlo come reale, ma riconoscere le forze cognitive e culturali che lo rendono parte della nostra esperienza quotidiana. Fantasmi, ombre, rumori inspiegabili e fenomeni misteriosi sono così lo specchio di un cervello che cerca di capire il mondo, tra istinto e ragione, paura e curiosità, logica e immaginazione.
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