Per oltre un secolo, la storia dei presunti “diciotto scheletri giganti del Wisconsin” riemerge ciclicamente sui social, nei blog complottisti e nei video sensazionalistici. Un racconto avvincente: enormi corpi di oltre tre metri ritrovati vicino al lago Delavan nel 1912, crani allungati, caratteristiche “non umane”, il New York Times come garante della verità, e infine un presunto cover-up orchestrato dalla Smithsonian Institution per proteggere la teoria dell’evoluzione. Un intreccio perfetto per chi ama l’archeologia proibita, l’ipotesi di Atlantide o l’idea degli Antichi Astronauti. Ma quanto di tutto ciò è verificabile? E perché queste storie continuano ad affascinare?
Nel maggio del 1912, una spedizione del Beloit College condusse scavi presso i tumuli funerari del lago Delavan, tipici della Woodland Culture, una civiltà indigena nordamericana. I giornali dell’epoca riportarono dettagli sugli scheletri rinvenuti, citando “teste più grandi della media” e caratteristiche anatomiche inconsuete. Tuttavia, nessun dato scientifico conferma altezze superiori ai due metri, né proporzioni che escano dal range umano.
Le presunte foto di giganti diffuse online sono spesso:
manomissioni digitali
resti animali scambiati per umani
falsi storici ottocenteschi
immagini di musei manipolate fuori contesto
Gli articoli del New York Times e di altri quotidiani citati dagli appassionati di misteri erano scritti in un tempo in cui:
le verifiche scientifiche erano limitate
il sensazionalismo vendeva copie
le identità indigene erano poco comprese
Testate locali e nazionali pubblicavano spesso scoperte archeologiche con toni enfatici, interpretando resti umani deformati da rituali o condizioni patologiche come “mostruosi”, “giganteschi”, o “di razze perdute”.
La modificazione cranica volontaria è ampiamente attestata in molte culture amerinde. Fasciature dei crani in età infantile portavano a forme allungate che, a un osservatore inesperto del 1912, potevano sembrare “aliene”.
Queste pratiche non aumentavano la statura umana.
Conservati, ma normalizzati da studi scientifici successivi:
altezza media stimata: tra 1,70 e 1,90 m
anomalie spiegate da deformazioni rituali o condizioni genetiche
Nessuna prova di individui alti tre metri o più.
La teoria complottista sostiene che la Smithsonian Institution avrebbe nascosto le prove per proteggere l’evoluzionismo darwiniano. Una narrazione tanto accattivante quanto priva di fondamento:
Non esistono documenti o inventari che attestino la presenza di scheletri giganti
Le richieste FOIA (Freedom of Information Act) su questi reperti non hanno mai prodotto alcuna conferma
La comunità scientifica studia con interesse qualsiasi anomalia fossile: eliminarla priverebbe i ricercatori di trofei accademici e finanziamenti, non il contrario
La statura umana ha limiti biologici precisi:
un corpo di 3–4 metri non potrebbe sorreggere il proprio peso
il rapporto tra volume osseo e massa muscolare diventerebbe insostenibile
le malattie che generano gigantismo non producono popolazioni intere, ma casi isolati e patologici
Nessuna testimonianza genetica, archeologica o fossile suggerisce l’esistenza di una razza di giganti umani sani e numerosi.
Perché queste storie persistono?
Tre fattori principali:
Mistero e fascino
L’idea di un passato “dimenticato” ci attrae più della realtà verificata.Identità culturale
Molte narrazioni indigene parlano di “giganti” — ma in senso mitologico, non antropometrico.Internet e bias di conferma
Le informazioni non verificate vengono amplificate senza controllo.
La vera storia dei popoli del Midwest americano non ha bisogno di giganti per stupire:
grandi opere di ingegneria come gli effigy mounds
complesse reti commerciali pre-colombiane
ricca tradizione spirituale e materiale
Sono civiltà sofisticate, il cui valore non dipende da speculazioni pseudoscientifiche.
Studiare le leggende dei giganti è interessante come antropologia del racconto, non come archeologia fisica. La scienza non rifiuta l’ignoto: lo indaga. Ma per trasformare un’affermazione in conoscenza servono:
prove verificabili
reperti disponibili
pubblicazioni scientifiche indipendenti
Ad oggi, per i giganti del Wisconsin, mancano tutti e tre.
Il fascino di tumuli misteriosi e scheletri enormi sopravvive perché offre una narrazione potente: l’umanità avrebbe dimenticato la sua vera origine. Tuttavia, la nostra identità autentica è scritta nelle tracce reali lasciate dai popoli che ci hanno preceduto, non nei miti riutilizzati per alimentare un’idea di “storia segreta”.
Continuare a scavare — metaforicamente e fisicamente — resta importante. Non per trovare giganti, ma per restituire visibilità a civiltà realmente esistite che meritano rispetto, studio e memoria.
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