Mille ipotesi, nessuna certezza.
In un tempo lontano, fatto di miti e
leggende, di eroi mortali e dèi capricciosi, al di là delle Colonne
d’Ercole
“avvennero terribili
terremoti e diluvi”
e, in un solo giorno e una sola
notte, l’isola-continente di Atlantide sprofondò negli abissi
dell’oceano. Secondo Platone, tutto ciò ebbe luogo 9.000 anni
prima della nascita di Solone, colui che il filosofo ateniese indicò
come sua fonte principale e iniziatore del mito di Atlantide.

Mappa immaginaria di
Atlantide
Il mito di Atlantide secondo Platone
La storia di Atlantide ebbe inizio con
il Timeo e
il Crizia,
due dialoghi scritti da Platone intorno al 360 a.C. Attraverso i
personaggi di Socrate, Ermocrate, Timeo di Locri e Crizia, suo
antenato e capo dei Trenta Tiranni di Atene, il filosofo raccontò di
Atlantide, un’isola-continente “più grande della Libia e
dell’Asia”, all’epoca il Nord Africa e l’Anatolia, che si
trovava nell’Oceano Atlantico e al di là delle Colonne d’Ercole.

Busto di Solone
La fonte di Platone era il politico
Solone, che ne aveva scoperto l’esistenza durante un viaggio in
Egitto: il sacerdote Sonchis gli parlò di un’antica battaglia fra
Atene e Atlantide.

Statua di Poseidone
In origine, gli dèi si divisero le
terre. A Poseidone toccò Atlantide e nella parte centrale dell’isola
c’era una pianura, dove abitava una fanciulla di nome Clito. Il dio
del mare se ne innamorò e con lei generò cinque coppie di gemelli;
poi fortificò la pianura con cinque cerchi concentrici, due di terra
e tre di mare, e rese Atlantide un regno fertile e prosperoso, che
divise in dieci regioni, ognuna con a capo uno dei suoi figli con
Clito.

Schema della regione
centrale di Atlantide. La capitale aveva attorno cinque cerchi
concentrici, due di terra (in bianco) e tre di acqua (in azzurro)

Come i contemporanei di
Platone vedevano il mondo e le terre conosciute
Ma col passare dei secoli i re persero
di vista i principi di giustizia ed equità e si macchiarono di
egoismo.

L’opulenza e la
distruzione di un impero. Dipinto di Thomas Cole
“Quando però la parte
di divino venne estinguendosi in loro, mescolata più volte con un
forte elemento di mortalità e il carattere umano ebbe il
sopravvento, allora, ormai incapaci di sostenere adeguatamente il
carico del benessere di cui disponevano, si diedero a comportamenti
sconvenienti”.

L’opulenza e la
distruzione di un impero. Dipinto di Thomas Cole
Il pomo della discordia fu la guerra
con Atene. Atlantide cercò senza successo di invaderla e si procurò
l’ira di Zeus, che ne ordinò la distruzione. In un solo giorno e
una sola notte, terremoti e tsunami si abbatterono
sull’isola-continente, i suoi territori sprofondarono e restò solo
un ammasso di fango che rese le acque impraticabili.

Illustrazione delle
Colonne d’Ercole
L’America e la Svezia.
In età antica, e durante il Medioevo,
Atlantide non suscitò grande interesse, ma, quando Colombo scoprì
l’America qualcuno ipotizzò che l’esploratore fosse partito per
provarne l’esistenza. In quest’ottica la leggendaria
isola-continente, o, almeno, ciò che ne restava, era proprio
l’America, e i nativi americani rappresentavano i superstiti del
disastro naturale.

Mappa delle ipotetiche
posizioni di Atlantide nel mondo
Anche se il filosofo ateniese aveva
indicato la posizione di Atlantide vicino alle Colonne d’Ercole,
ovvero l’odierna Gibilterra, la fantasia degli studiosi si scatenò.

Olaus Rudbeck
A fine XVII secolo, lo scienziato
svedese Olaus Rudbeck spostò Atlantide nelle regioni scandinave e,
per giustificare il passaggio della Svezia a grande potenza europea,
la identificò con la sua madre patria.

La Svezia al massimo
dell’espansione territoriale, a seguito del Trattato di Roskilde
nel 1658 – Immagine di MPorciusCato
Rudbeck scrisse che l’Atlantide
nordica era stata la culla della civiltà, il luogo dove erano
vissuti Adamo ed Eva e dove si parlava lo svedese, dal quale erano
derivati l’ebraico e il latino.

Olaus Rudbeck svela ai
suoi “predecessori” Esiodo, Platone, Aristotele, Apollodoro,
Tacito, Odisseo, Tolomeo, Plutarco e Orfeo la “verità” su
Atlantide.
L’Atlantide iperborea di Bailly.
Nel Settecento il francese Jean Sylvain
Bailly unì il mito di Atlantide a un altro mito greco, quello della
leggendaria Iperborea, e alle ipotesi paleoclimatiche di Jean Jacques
Dortous de Mairan e Georges-Louis Leclerc de Buffon.

Jean Jacques Dortous de
Mairan
Per Mairan e Buffon in origine la terra
era incandescente e inabitabile, e solo col passare dei secoli si era
raffreddata fino a raggiungere le temperature a noi conosciute.

Georges-Louis Leclerc de
Buffon
L’unica zona mite era l’estremo
nord dell’Eurasia, la Siberia, dove, secondo Bailly, sorse la
società atlantidea-iperborea, che creò le arti e la scienza e,
quando il pianeta cominciò a raffreddarsi, si spostò verso sud per
civilizzare i cinesi e gli egizi.

Jean Sylvain Bailly
L’Atlantide antidiluviana di
Donnelly.
Nel 1882, lo statunitense Ignatius
Donnelly pubblicò Atlantis:
The Antidiluvian World, un trattato pseudo-archeologico in cui
riportò Atlantide nell’Oceano Atlantico, dove era stata una
prosperosa culla della civiltà, poi distrutta da una catastrofe
naturale.

La caduta di Atlantide in
un dipinto di Monsù Desiderio.
L’esodo dei sopravvissuti aveva dato
vita al mito del diluvio universale e gli stessi dèi greci, indù,
fenici e scandinavi erano i re, le regine e gli eroi dell’isola, la
cui memoria aveva subito delle storpiature attraverso la tradizione
orale.

Testa ritraente Platone,
rinvenuta nel 1925 nell’area sacra del Largo Argentina a Roma e
conservata ai Musei Capitolini.
Donnelly rielaborò anche diversi
capitoli di storia. Gli atlantidei erano stati i primi a lavorare il
bronzo e il ferro, avevano creato un alfabeto da cui era derivato
quello fenicio, capostipite di tutti gli alfabeti europei, e avevano
trasmesso parte della loro cultura ai Maya.

Ignatius Donnelly.
La teoria teosofica delle
razze-radice
Sempre in quegli anni, il mito di
Atlantide divenne oggetto di studio della teosofia e, grazie ad
alcuni suoi esponenti, come Helena Blavatsky, Annie Besant e Rudolf
Steiner, si giunse alla cosiddetta tesi delle razze-radici.
Sempre in quegli anni, il mito di
Atlantide divenne oggetto di studio della teosofia e, grazie ad
alcuni suoi esponenti, come Helena Blavatsky, Annie Besant e Rudolf
Steiner, si giunse alla cosiddetta tesi delle razze-radici.

La teosofa Helena
Blavatsky.
I teosofi, la cui dottrina
filosofico-religiosa mischiava misticismo e indagine scientifica,
pensavano che l’umanità fosse divisa in sette razze-radice e a
ciascuna di esse corrispondesse sia un’epoca storica sia un tipo di
sviluppo delle capacità umane. Le prime cinque razze di questa
teoria sono la Polare, l’Iperborea, la Lemuriana, l’Atlantidea e
l’Ariana.

Ipotetica mappa di
Atlantide realizzata nel Seicento.
Quest’ultima è la nostra razza
attuale e le ultime due ancora non sono comparse, ma porteranno le
persone a trascendere la loro natura umana per trasformarsi in esseri
divini. Ogni razza-radice, a sua volta, ha sette sotto-razze e noi
della razza Ariana deriviamo dalla quinta sotto-razza degli
Atlantidei, i Protosemiti. La prima sotto-razza atlantidea erano i
Rmoahals, che svilupparono il linguaggio; seguirono i Tlavatli, gli
artefici della nascita della memoria, e i Tolteki, la cui civiltà
corrispondeva al periodo di massimo splendore di Atlantide.

Illustrazione ipotetica
della città principale di Atlantide.
La decadenza ebbe inizio con i
Turanici, puniti con terremoti e tsunami per il loro egoismo. Le
ultime tre sotto-razze erano i Protosemiti, gli Accardi e i Mongoli,
che cercarono di porre rimedio agli errori dei predecessori.

Mappa della presunta
estensione dell’Impero Atlantideo.
Il punto in comune di queste
sotto-razze è che tutti gli Atlantidei possedevano poteri
sovrannaturali e la distruzione dell’isola fu colpa dei Turanici,
che iniziarono ad abusare della magia per scopi personali e a
mettersi gli uni contro gli altri.

Il teosofo Rudolf Steiner.
La teoria delle razze-radice ebbe un
seguito con il Terzo Reich,il cui interesse per l'esoterismo e ben
noto. Alcuni gerarchi nazisti, fra cui Alfred Rosenberg ed Heinrich
Himmler, diedero adito alla leggenda della discendenza atlantidea
degli ariani e, per cercare i resti dei loro mitologici antenati,
promossero una serie di spedizioni, ovviamente infruttuose.

Alfred Rosenberg.
L’eruzione del Thera e la
distruzione di Santorini.
Misticismo e razze a parte, qualcuno
ipotizzò che l’impossibilità di giungere a una localizzazione
certa fosse imputabile a Solone, ovvero alla fonte storica di
Platone, e che i sacerdoti egizi che gliene avevano parlato fra il
VII e VI secolo a.C. avevano sbagliato a tradurre le date: anziché
esser stata distrutta 9.000 anni prima, Atlantide era affondata 900
anni prima.

Le rovine di Atlantide in
un’illustrazione di Alphonse de Neuville ed Edouard Riou.
Questo dubbio sulla datazione ci porta
intorno al 1628 a.C., quando, nel mar Egeo, Santorini fu vittima di
una violentissima eruzione del vilcano Thera, a cui seguì un
terribile maremoto, che fece collassare la parte centrale dell’isola,
lasciò intatte le zone esterne e le diede l’attuale conformazione.

L’isola di Santorini.
Si presume che l’eruzione del Thera
abbia contribuito alla fine della civiltà minoica, e alcuni
superstiti sarebbero fuggiti in Egitto, dove i sacerdoti ne
tramandarono i racconti attraverso una veste mitologica.

Il cratere centrale a Nea
Kameni, nella caldera di Santorini.
La Sardegna.
Un’altra teoria identifica Atlantide
con la Sardegna e si basa su una serie di analogie con i dialoghi di
Platone. Il filosofo parla delle Colonne d’Ercole, ma anziché
dello stretto di Gibilterra potrebbe trattarsi del canale di Sicilia.

Vista della Rocca di
Gibilterra
Le fonti egizie del II millennio a.C.,
infatti, citano gli Shardana, presunti antenati dei sardi, come uno
dei Popoli del Mare che, sul finire dell’età del Bronzo, invasero
l’Anatolia, la Siria, la Palestina, Cipro e l’Egitto.

Mappa delle ipotetiche
posizioni di Atlantide nel Mediterraneo.
La stessa Sardegna ha una conformazione
del territorio che ben si sposa con la descrizione di Atlantide, e la
grande pianura centrale dove Poseidone incontrò Clito
corrisponderebbe alla pianura del Campidano. La capitale protetta da
cinque cerchi concentrici di acqua e di terra coinciderebbe con la
città di Santadi, che a livello urbanistico si sviluppa in cerchi
concentrici con porzioni montuose. Ma anche l’intera zona ha
continui rimandi toponomastici al testo di Platone e agli interventi
del dio del mare.

La pianura del Campidano.
Il filosofo scrisse:
“Egli stesso poi abbellì
facilmente, come può un dio, l’isola nella sua parte centrale,
facendo scaturire dalla terra due sorgenti di acqua, una che sgorgava
calda dalla fonte, l’altra fredda”.

Veduta di Santadi.
Nei pressi di Santadi, il comune di
Nuxis ha tre frazioni che si chiamano Acquacadda, S'acqua callenti de
basciu, e S'acqua callenti de susu, , rispettivamente acqua calda,
l’acqua calda di sotto e l’acqua calda di sopra. Spostandoci più
a nord, dalle parti di Siliqua, troviamo le sorgenti d’acqua di
Zinnigas e il Castello di Acquafredda.

Le rovine del castello di
Acquafredda.
L’utopia del governo ideale e la
Sicilia.
In questo mare di ipotesi, però, tutti
gli studi relativi alla teoria della deriva dei continenti hanno
escluso che possa essere esistita una terra emersa e affondata come
quella di Atlantide, e gli unici ragionamenti sensati appartengono
alla vera natura dei dialoghi platonici.

Manoscritto medievale con
la traduzione del Timeo in latino.
Nel 404 a.C., Atene perse la guerra del
Peloponneso contro Sparta e nella polis si
insediò un governo di oligarchi, i famosi Trenta Tiranni, poi
rovesciati da una rivolta civile che ristabilì la repubblica. Tutti
questi sconvolgimenti spinsero Platone a elaborare una sua teoria
politica, con i filosofi al vertice della piramide sociale perché
garanti della giustizia e dell’armonia fra le classi, ma quel
governo ideale non era attuabile ad Atene.

Particolare della Scuola
di Atene di Raffaello. A sinistra c’è Platone, ritratto con
il volto di Leonardo da Vinci, e a destra c’è Aristotele.
Dal 390 al 360 a.C., compì tre viaggi
a Siracusa e tentò, senza successo, di influenzare i due tiranni
della città, Dionisio I e Dionisio II. Nemmeno in Sicilia la sua
utopia trovò spazio e, quando tornò ad Atene, scrisse i dialoghi di
Timeo e Crizia per mostrare, attraverso il mito di Atlantide, cosa
succede a una società altamente civilizzata se si ha la decadenza
dei costumi.

Un dipinto con Dionisio II
(in piedi).
L’intento allegorico dei dialoghi è
quasi universalmente condiviso, ma ciò non esclude che, per creare
Atlantide, Platone abbia comunque preso spunto dalla realtà. Se il
mito del cataclisma assomiglia agli eventi che portarono alla
distruzione di Santorini, sul fronte geografico, il filosofo mise
insieme diversi elementi della Sicilia, che ebbe modo di visitare in
lungo e largo durante i tre soggiorni siracusani.

La Piana di Catania.
Atlantide aveva una grande pianura,
proprio come la Sicilia ha la piana di Catania, che si estende per
430 km².

L’isola di Ortigia.
Il palazzo reale atlantideo si trovava
in una zona decentrata, con attorno cinque cerchi concentrici; una
posizione che sembra richiamare l’isola di Ortigia, dove vi era il
palazzo dei tiranni di Siracusa, e, per come è collocata all’interno
della laguna dello Stagnone di Marsala, l’antica isola di Mozia,
oggi San Pantaleo.

L’isola di San Pantaleo
(in giallo) e le altre isole dello Stagnone di Marsala.
Ma giunti a questo punto, l’unico
pensiero che ben si sposa con la storia di Atlantide e la sua
affascinante civiltà, è di un allievo di Platone.

Busto di Aristotele.
È inutile arrovellarsi su dove si
trovasse e su cosa le sia successo. Come disse Aristotele:
Atlantide, chi l’ha inventata, l’ha
fatta anche scomparire.