lunedì 5 maggio 2025

L’enigma cosmico: Atlantide e Marte, vittime di un unico cataclisma?

Una domanda sospesa tra mito, archeologia alternativa e ipotesi astrofisiche si riaffaccia con rinnovato vigore: e se la leggendaria scomparsa di Atlantide fosse stata solo un capitolo di un disastro cosmico più vasto, che ha coinvolto anche Marte? Una suggestione affascinante, sostenuta da autori controversi, ma non priva di alcuni spunti che stanno guadagnando attenzione, anche a margine delle riflessioni della comunità scientifica.

Negli ultimi decenni, nuove immagini ad alta definizione provenienti dalle sonde spaziali hanno documentato con precisione crescente le anomalie geologiche e morfologiche del pianeta rosso. Tra queste, spiccano le misteriose formazioni rocciose nella regione di Cydonia — compresa la celebre "faccia di Marte" — che alcuni ritengono strutture artificiali risalenti a una remota civiltà marziana.

Richard Hoagland, ex consulente NASA, ha confrontato queste strutture con monumenti antichi terrestri, come Silbury Hill nel Regno Unito, suggerendo una sorprendente corrispondenza geometrica che sarebbe frutto di una comune matrice culturale o tecnologica.

Secondo una teoria ormai consolidata in alcuni ambienti accademici, Marte ha perso gran parte della sua atmosfera e della capacità di sostenere la vita a causa di un gigantesco cataclisma. Ma resta acceso il dibattito sul quando: la scienza ufficiale colloca questo evento milioni di anni fa; altri, più audaci, ipotizzano una data molto più recente, attorno ai 13.000 anni fa, in concomitanza con l'ipotetica fine di Atlantide e della cosiddetta "Età dell’Oro" terrestre.

A corroborare quest’ultima ipotesi, si cita la tradizione egizia dello Zep Tepi — il "Primo Tempo" degli dèi — in cui gli antichi documenti, come le iscrizioni del Tempio di Edfu, narrano l’arrivo di esseri sopravvissuti a un’inondazione catastrofica su un’isola perduta. Costoro avrebbero fondato la civiltà egizia, portando con sé conoscenze tecnologiche e spirituali. Tali racconti, secondo alcuni studiosi alternativi, coinciderebbero con una fuga da Marte in seguito a un disastro planetario.

Ma qual è l’origine di questo disastro? La risposta, per alcuni ricercatori, si troverebbe in un corpo celeste ancora oggi presente nel nostro sistema solare: Venere. Immanuel Velikovsky, autore controverso ma preciso in alcune sue previsioni, sostenne negli anni ’50 che Venere non sia sempre stato un pianeta “normale”. In un passato remoto, ipotizzava, esso era una gigantesca cometa espulsa da Giove, la cui traiettoria causò effetti devastanti su Marte e sulla Terra, prima di stabilizzarsi nell’orbita attuale.

Velikovsky fu aspramente criticato, ma le missioni successive — in particolare Mariner 9 — confermarono diversi aspetti delle sue descrizioni sul clima e la superficie venusiana. Anche testi antichi, come quelli cinesi, mesoamericani e sumeri, sembrano descrivere Venere come una “torcia celeste” apparsa improvvisamente, associata a eventi traumatici per l’umanità. Alcune tavolette sumere, tradotte da Zecharia Sitchin, parlano di un impatto cosmico che avrebbe creato la cintura di asteroidi tra Marte e Giove — un residuo di collisioni planetarie risalenti a quell’epoca.

Proprio questi testi descrivono gli Anunnaki, “coloro che dal cielo scesero sulla Terra”, come i protagonisti di una civiltà avanzata precedente al diluvio, che sopravvisse alla distruzione e fondò i centri culturali mesopotamici. Secondo David Icke e altri autori, questi “dèi” potrebbero essere fuggiti da Marte o da un altro pianeta coinvolto nel disastro, portando con sé frammenti della civiltà perduta.

La teoria che un unico evento — forse l’ingresso caotico di Venere o il passaggio di un corpo celeste come Nibiru — abbia causato sia la distruzione di Marte sia la fine di Atlantide sulla Terra trova un’ulteriore sponda nelle scoperte archeologiche sotterranee. Le città ipogee della Cappadocia, in Turchia, rivelano una capacità ingegneristica sorprendente, compatibile con un’esigenza di protezione da condizioni estreme in superficie. I sistemi di ventilazione complessi e la profondità degli insediamenti suggeriscono una conoscenza avanzata della sopravvivenza in ambienti ostili, forse appresa in seguito a disastri globali.

Eppure, la scienza ortodossa rimane cauta. La cronologia dei grandi sconvolgimenti geologici sulla Terra — come la fine dell’ultima era glaciale, circa 11.600 anni fa — è ben documentata, ma la connessione diretta con eventi marziani resta priva di prove inconfutabili. Gli indizi ci sono, ma sono sparsi, parziali, e talvolta contraddittori.

Tuttavia, l’ipotesi di un trauma cosmico condiviso fra Marte e Terra continua a esercitare un richiamo potente, anche per ciò che potrebbe suggerire sulle origini della civiltà umana. E se davvero Atlantide non fosse solo un mito, ma una memoria distorta di un’epoca di avanzamento tecnologico e contatti interplanetari, allora la storia dell’uomo — e del sistema solare — potrebbe dover essere riscritta.

Mentre la comunità scientifica procede con prudenza, le narrazioni alternative trovano sponde sempre più articolate in scoperte archeologiche, dati spaziali e antiche testimonianze scritte. Resta da stabilire se Atlantide e Marte siano stati vittime di un unico evento catastrofico. Ma il fascino di questa ipotesi ci ricorda quanto poco ancora conosciamo — e quanto ci resta da scoprire — sull’origine della nostra civiltà e sul passato profondo del nostro sistema solare.

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