Si dice che i fantasmi popolino le antiche dimore, gli ospedali abbandonati, i campi di battaglia e quei luoghi impregnati di storie mai del tutto risolte. Ma oltre al fascino gotico e all’immaginario alimentato da secoli di racconti popolari, una domanda inquieta da sempre l’uomo: se davvero queste presenze esistono e possiedono delle abilità, possono usarle per fare del male ai vivi — o addirittura per qualcosa di peggio?
In ogni angolo del mondo esistono narrazioni che attribuiscono ai fantasmi poteri capaci di incidere sulla realtà materiale: oggetti che si muovono senza apparente causa, porte che si spalancano da sole, improvvisi sbalzi di temperatura, sussurri nel buio. Più rare — ma non assenti — sono le storie che parlano di aggressioni fisiche: graffi, lividi, spintoni inflitti da entità invisibili. Alcuni investigatori del paranormale sostengono che, in determinate condizioni, uno spirito particolarmente “forte” o “carico di energia” sarebbe in grado di influire in modo più diretto sul mondo dei vivi.
A rendere ancora più fosco il quadro sono i racconti di infestazioni cosiddette malevole, in cui i fenomeni paranormali sembrano accompagnarsi a un peggioramento dello stato psicologico delle persone coinvolte. Ansia, insonnia, disturbi dell’umore e, in alcuni casi, vere e proprie crisi nervose sono state riportate da chi vive in case ritenute infestate. Ma è qui che la linea tra folklore e psicologia si fa sottile.
Gli esperti di salute mentale avvertono infatti che molte di queste esperienze possono essere spiegate da meccanismi psicologici noti: autosuggestione, effetto nocebo, stress post-traumatico. Un ambiente percepito come minaccioso può indurre stati di allerta cronica, alterazioni percettive e fenomeni psicosomatici che finiscono per confermare, nella mente della vittima, la presenza di una minaccia sovrannaturale.
Ma allora, possono davvero i fantasmi fare del male? Da un punto di vista strettamente scientifico, la risposta resta negativa: nessuna prova empirica ha mai dimostrato l’esistenza di spiriti dotati di volontà e capacità d’azione nel mondo fisico. Tuttavia, dal punto di vista culturale ed emotivo, la percezione del “male” è reale: il solo credere di essere oggetto di un’influenza maligna può avere effetti devastanti sulla psiche.
Forse il vero pericolo non viene tanto dai fantasmi, quanto da ciò che essi rappresentano nei recessi più oscuri della nostra mente: paure ataviche, sensi di colpa, memorie sepolte. Se dunque “fanno del male”, lo fanno alimentando quelle emozioni che, già radicate nell’animo umano, possono esplodere in condizioni di fragilità....proprio per questo, gli psicologi che si occupano di fenomeni legati al paranormale sottolineano l’importanza di un approccio razionale e di un supporto adeguato per chi crede di essere vittima di un’infestazione. «Non bisogna mai sottovalutare l’effetto che la paura può avere sul benessere psichico e fisico delle persone», spiega la dottoressa Emma R., specialista in disturbi d’ansia. «Anche laddove il fenomeno non abbia alcun riscontro oggettivo, il vissuto soggettivo è reale. E può condurre a comportamenti autolesivi o a un progressivo isolamento sociale.»
Non è raro, in effetti, che chi è convinto di vivere accanto a un’entità ostile si rifugi in pratiche esoteriche più o meno efficaci, talvolta affidandosi a “esorcisti” improvvisati o a figure che speculano sul bisogno di rassicurazione. In alcuni casi limite, tali approcci possono perfino aggravare la situazione, rafforzando l’idea di essere in pericolo e alimentando uno stato di terrore cronico. Il consiglio degli esperti è sempre quello di mantenere la lucidità e, in caso di disagio persistente, rivolgersi a professionisti qualificati.
Sul piano antropologico, il tema dell’entità maligna che nuoce ai vivi ha origini antichissime. Dai revenant medievali alle leggende giapponesi dei yūrei, dagli spiriti vendicativi delle culture africane ai poltergeist dell’Europa contemporanea, ogni civiltà ha prodotto narrazioni di fantasmi capaci di arrecare danno. In molti casi, si tratta di metafore collettive: attraverso il racconto degli spiriti, le comunità esprimono paure profonde, elaborano lutti non risolti o codificano norme morali — ammonendo contro l’irrispettoso, l’empio, l’empio o il trasgressore.
Perfino la letteratura e il cinema, con le loro potenti immagini di case infestate e spiriti vendicativi, riflettono e alimentano questa dimensione archetipica. Ma, se i fantasmi hanno poteri — o meglio, se noi crediamo che li abbiano — è essenziale ricordare che tali “poteri” agiscono anzitutto nella sfera delle emozioni. In tal senso, il danno peggiore non è fisico, ma psicologico: senso di colpa, paura, ansia.
Un ultimo elemento merita riflessione: la soglia della percezione. In stati di particolare stress o in ambienti caratterizzati da isolamento, buio, rumori anomali, la mente umana può facilmente generare “presenze” che sembrano reali. Esperimenti condotti in laboratorio hanno dimostrato che stimoli ambigui o suggestioni mirate possono indurre anche individui sani a percepire entità inesistenti. In questi casi, ciò che viene attribuito a un fantasma non è altro che il frutto di una mente suggestionata.
I fantasmi — qualunque cosa essi siano — possono ferire, ma non con mani invisibili né con poteri soprannaturali: possono ferire risvegliando le nostre paure più profonde, i nostri sensi di colpa irrisolti, le nostre fragilità. E proprio per questo, il miglior antidoto non è l’esorcismo né la superstizione, ma la consapevolezza e la conoscenza. Perché, come spesso accade, ciò che temiamo di più è ciò che non comprendiamo. E nessun fantasma è mai così pericoloso come l’ignoranza e il timore che gli spalanchiamo la porta.
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