martedì 27 maggio 2025

LA BASE DELLA MAGIA AZTECA: TRA RESPIRO DIVINO, DUALISMO COSMICO E STREGONERIA IMPERIALE


Quando si affronta l’enigmatica e complessa dimensione della magia azteca, ci si immerge in un universo dove il respiro dell’uomo non è solo aria che entra ed esce dai polmoni, ma l'alito degli dèi stessi; dove il cuore non è mero organo vitale, ma la sede pulsante della divinazione e del sacro; e dove l’ombra, lungi dall'essere una semplice assenza di luce, può condensarsi e diventare un’arma letale. È un mondo in cui la natura e la persona umana non sono entità distinte e separate, ma coessenziali e intrinsecamente connesse, e in cui le forze magiche non rappresentano un semplice corollario di credenze spirituali, bensì estensioni concrete e palpabili della cosmologia, della politica e della spietata arte della guerra.

Oggi, a dispetto della vertiginosa distanza temporale che ci separa e della frammentazione quasi irreversibile delle fonti primarie, l’interesse per la magia azteca è in una fase di rinnovato e vigoroso fervore accademico. Studi pionieristici di autori come David Bowles, David Carrasco e Alfredo López Austin stanno rivelando come il sistema magico-religioso del popolo Mexica, lungi dall’essere un semplice ammasso di superstizioni primitive, fosse in realtà una sofisticata metafisica profondamente incarnata nella carne viva, pulsante e spesso sanguinosa dell’Impero. La base della magia azteca, dunque, non si riduce a effimeri riti occulti o a innocui incantesimi da folklore: è un’elaborata e complessa cosmologia che intreccia in modo indissolubile la vita, la morte e l'onnipresente sete di potere.

Alla radice di questa visione profonda e totalizzante vi è la tripartizione intrinseca dell’essere umano in tre entità vitali, ognuna con la sua sede e la sua funzione specifica: il tonalli, l’ihiyotl e il teyolia.

Il tonalli, situato nella testa e associato ai capelli, rappresenta il calore vitale, la volontà individuale, il carattere intrinseco e il destino preordinato. È considerato un dono diretto di Ometeotl, la divinità primordiale e duale (Signore e Signora della Dualità) che risiede nel tredicesimo cielo, la fonte stessa dell'energia cosmica. Il tonalli non è solo l'anima individuale, ma è anche il fuoco cosmico, una radiazione sottile dell’anima che collega l'individuo al sole e al flusso universale dell'energia vitale. È così sensibile e delicato da poter essere disturbato e indebolito da uno starnuto improvviso, una parola imprudente, o persino un'eccessiva esposizione al sole. La perdita di tonalli, un disturbo noto come tlatlacolli, equivaleva a una perdita drammatica di vitalità, di discernimento o persino del controllo su sé stessi, portando a malattie fisiche e mentali. Guarirlo era l’obiettivo centrale di complessi rituali sciamanici, pratiche erboristiche millenarie e persino delle attenzioni protettive fornite dalle ostetriche tradizionali.

Diverso ma complementare è l’ihiyotl, la cui sede è nel fegato, ritenuto il centro delle passioni e delle emozioni più profonde e viscerali. È il respiro della passione ardente, l’energia potente dell’oscurità, il “vento della notte” freddo e penetrante associato a Tezcatlipoca, il Signore dello Specchio Fumante, divinità della notte, degli inganni, delle metamorfosi e della stregoneria. È proprio questa sostanza immateriale e potente che permette l’atto magico in senso stretto: la stregoneria, l’incanto, il maleficio e le possessioni. L’ihiyotl può essere usato per guarire malattie incurabili o per distruggere nemici, per vivificare il mais nei campi o per avvelenare insidiosamente un conquistatore. È il soffio sottile che, carico di intenzione e volontà, trasforma il parlato in comando ineludibile, il sussurro in incantesimo vincolante, il canto in preghiera di efficacia devastante. I suoi echi sopravvivono nei terrificanti racconti delle nahualli, i mutaforma e stregoni, capaci di camuffarsi e mimetizzarsi tra le bestie più oscure della notte, diventando l'incubo di chi osa sfidarli.

Il teyolia, infine, è la scintilla divina residente nel cuore, l’anima eterna e immortale che collega l’uomo direttamente al cosmo intero. Non solo gli dèi e gli esseri umani, ma anche entità apparentemente inanimate come montagne, pietre sacre e persino elementi naturali come l'acqua e il vento, possiedono una teyolia. Non è solo la sede dell’individualità e della coscienza, ma anche il punto di contatto più intimo e sacro con il divino. Per questo, i cuori umani strappati, ancora pulsanti e fumanti, durante i sacrifici non erano meri gesti di gratuita crudeltà rituale, ma offerte tangibili e potentissime di teyolia agli dèi, strumenti insostituibili per mantenere l’equilibrio cosmico precario e per garantire la continuazione della vita stessa.

La magia azteca, dunque, nasce dalla profonda e intrinseca capacità di manipolare questi tre elementi vitali, in una continua e dinamica tensione tra l’umano e il divino. Ma questa non è affatto semplice speculazione filosofica. Essa trova corpo in una religione in cui l’identificazione tra uomo e dio non è metaforica, ma concreta e letterale. Nella solenne celebrazione del Toxcatl, un uomo giovane e perfetto era scelto per impersonare Tezcatlipoca per un anno intero, vivendo come una divinità tra gli uomini, adorato e riverito, prima di essere sacrificato ritualmente per rigenerare il mondo. Non si trattava di mera recita teatrale, ma di una vera e propria incarnazione effettiva del sacro, un'esperienza mistica che culminava nel culmine tragico del sacrificio.

Anche il linguaggio giocava un ruolo primario e intrinsecamente magico. Il nahuatl, lingua rituale e quotidiana degli Aztechi, legava i concetti di “parlare” e “nascondere” in un unico, potente termine: nahualli. Parlare con autorità, con la corretta intonazione e intenzione, significava non solo comunicare ma dominare e plasmare il mondo, mentre nascondersi era la prerogativa stessa del divino, delle forze invisibili e dei mutaforma. Il suono stesso era carico di un potere numinoso: cantare un cuicatl – un poema sacro intriso di metafore complesse – era un atto performativo che evocava e manifestava una realtà parallela e spirituale.

Gli dèi stessi erano concepiti in modo ambiguo e poliedrico. Il termine teotl non indica una divinità nel senso monoteistico occidentale, ma un potere sacro, una forza primordiale e impersonale capace di assumere mille forme e manifestazioni. Tuttavia, queste forze erano anche personificate in figure divine con attributi e storie specifiche, ed è proprio in questa duplicità — tra forza astratta e figura concreta — che si fonda la percezione magica e complessa degli dèi aztechi. Quetzalcoatl, ad esempio, era al contempo il vento impalpabile e il serpente piumato tangibile, il portatore di cultura e il maestro dell'inganno, uomo e dio, incarnando la natura dialettica e complementare dell'universo.

L’uomo, in questa visione cosmologica, poteva persino aspirare a diventare dio. Figure storiche o semi-leggendarie come Huitziltzin o Malinalxochitl sono esempi di esseri umani che, tramite conoscenza esoterica e un potere magico acquisito o innato, si sono fusi con le potenze cosmiche, trascendendo la loro umanità e diventando divinità a loro volta. In alcuni casi, il cuore di un defunto – la sua teyolia – non si dissolveva nel nulla, ma si reincarnava in un animale, spesso un uccello potente come un'aquila o un colibrì, o saliva direttamente al Sole, diventando parte integrante dell’ordine eterno e celeste.

Anche il legame con il mondo animale era carico di significato profondo e magico: ogni persona possedeva un nahual, un animale spirituale o "alter ego" connesso intrinsecamente alla sua essenza più profonda, spesso legato al giorno di nascita. In alcuni casi, questi nahuales determinavano addirittura lo status sociale o le inclinazioni caratteriali: topi e insetti erano associati ai più umili, mentre giaguari, serpenti e gufi potenti erano i nahuales dell’élite guerriera e sacerdotale. Alcuni stregoni, i tlahuipuchtin o nahuales veri e propri, erano così potenti da possedere più di un nahual o persino da rubarne uno altrui, tramite rituali segreti, atti sacrileghi e pratiche di magia nera, alterando così il destino della vittima.

Ma la magia non era solo personale o legata all'individuo. Era anche ambientale, comunitaria e profondamente cosmologica, intessuta nel tessuto stesso della vita quotidiana e della sopravvivenza dell'Impero. Spiriti del vento chiamati ejecame potevano portare malattie debilitanti o influenzare direttamente i raccolti agricoli. Venti malefici, i cosiddetti "malos aires", erano temuti universalmente e placati con offerte propiziatorie per evitare calamità. E ancora una volta, dietro a questi spiriti, si intravedeva il volto di un dio potente e familiare: Huitzilopochtli, la sanguinaria divinità della guerra e del sacrificio, ma anche signore delle tempeste e del fuoco primordiale.

In questo intricato e pervasivo sistema, la magia non era un’arte proibita e marginale, confinata nell'ombra di pochi iniziati, ma un linguaggio sacro universale, una vera e propria grammatica del cosmo che coinvolgeva dèi, uomini, animali, piante e persino le inerti pietre. Ogni gesto, ogni parola pronunciata con intenzione, ogni sacrificio, dal più piccolo al più grandioso, aveva un peso specifico e una risonanza nell’equilibrio delicato e precario dell’universo.

Oggi, a secoli di distanza dalla caduta di Tenochtitlán sotto le lame dei conquistatori, resta l’eco potente e inquietante di quel sapere. Non solo nei testi antichi, nei codici dipinti che sopravvivono a stento o nelle leggende orali tramandate nei villaggi nahua più remoti, ma anche nella crescente consapevolezza accademica di quanto la magia azteca fosse molto più di semplice superstizione. Era una scienza del sacro, un ordine mistico incarnato nel sangue versato, nel respiro vitale e nel cuore pulsante. E in un mondo moderno che ha in gran parte dimenticato o rinnegato il sacro, forse non è un caso che si torni a interrogarsi con rinnovata curiosità e rispetto su ciò che gli Aztechi chiamavano teyolia – quel fuoco sacro che ancora oggi, forse, continua a bruciare, aspettando di essere riscoperto.



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