mercoledì 21 maggio 2025

Bigfoot: Perché la scienza continua a dire “no”

Di fronte al mito persistente del Bigfoot, la scienza resta ferma nella sua posizione: una creatura del genere, se realmente esistesse, lascerebbe dietro di sé prove inequivocabili. Ma tali prove, a oggi, semplicemente non esistono. E questo nonostante decenni di ricerche amatoriali, documentari sensazionalisti e testimonianze appassionate.

Il Bigfoot — o Sasquatch, come viene chiamato in Canada — è descritto come una grande creatura pelosa, bipede, simile a una scimmia, che abiterebbe le foreste remote del Nord America. Ma al di là delle narrazioni folkloristiche, delle impronte ambigue e delle immagini sfocate, la realtà scientifica non lascia molto spazio al mistero. Ecco le principali argomentazioni contrarie all’ipotesi che il Bigfoot sia un animale reale ancora non classificato.

1. Assenza totale di prove fisiche verificabili

In oltre mezzo secolo di presunti avvistamenti, non è mai stato trovato un solo osso, teschio, dente, pelo analizzabile o carcassa attribuibile con certezza a un Bigfoot. Ogni specie animale conosciuta dagli zoologi ha lasciato, prima o poi, dei resti: fossili, DNA, esemplari vivi o morti, o almeno tracce consistenti. Questo vale anche per gli animali più rari o elusivi. Gli orsi neri, ad esempio, che alcuni scienziati sospettano possano essere la vera identità dietro molti avvistamenti, sono largamente documentati, nonostante la loro tendenza a evitare l’uomo.

Il Bigfoot, invece, sembra evaporare senza lasciare traccia, il che va contro ogni logica ecologica, zoologica e biologica.

2. La documentazione fotografica peggiora con l’aumento della tecnologia

Un altro aspetto sconcertante è che, con il miglioramento costante delle fotocamere e delle tecnologie di monitoraggio ambientale, il numero e la qualità delle immagini del Bigfoot non sono aumentate: sono peggiorate.
Viviamo in un’epoca in cui milioni di videocamere ad alta definizione — da smartphone a fototrappole naturalistiche — catturano ogni giorno animali di ogni tipo, incluso il rarissimo giaguaro americano, presente in quantità irrisorie nel sud-ovest degli Stati Uniti.

Eppure, nessuna di queste tecnologie è mai riuscita a catturare in modo chiaro e inequivocabile il Bigfoot. Tutte le presunte immagini risultano sfocate, scattate a distanza, e facilmente spiegabili con un essere umano in costume o un'illusione ottica. Più la tecnologia migliora, più Bigfoot sembra scomparire.

3. Incoerenze anatomiche nelle presunte impronte

Le impronte attribuite al Bigfoot sono forse il tipo di “prova” più spesso presentato dai sostenitori della sua esistenza. Tuttavia, le impronte variano notevolmente da un caso all’altro, con differenze morfologiche tali da rendere impossibile attribuirle a una sola specie, o addirittura a un singolo tipo di essere vivente. Alcune mostrano cinque dita, altre sei, alcune appaiono troppo larghe, altre troppo strette o con proporzioni irrealistiche.

Questa varietà suggerisce piuttosto una produzione artificiale o frutto di interpretazioni errate, piuttosto che la traccia di un animale reale e coerente dal punto di vista biologico.

4. Inesistenza di qualsiasi parentela documentata nella linea evolutiva

Un aspetto spesso trascurato è la totale assenza di antenati fossili che possano suggerire l’esistenza di un ominide o di una scimmia gigante bipede nel continente americano.
La paleontologia ha documentato in modo dettagliato l’evoluzione degli ominidi, e nessuna delle scimmie giganti conosciute — come il Gigantopithecus, vissuto in Asia — ha mai messo piede nel Nuovo Mondo.

Inoltre, se una creatura simile fosse migrata assieme ai primi esseri umani attraverso la Beringia (il ponte di terra che collegava l’Asia all’Alaska durante le glaciazioni), ci si aspetterebbe di trovare resti fossili, ossa, utensili o tracce archeologiche a sostegno di questa coesistenza. Nulla di tutto ciò è mai stato ritrovato.

5. Confusione con animali reali: il caso dell’orso

C’è infine una spiegazione molto più semplice e razionale per molti avvistamenti di Bigfoot: l’orso nero (Ursus americanus). Questa specie, diffusa in gran parte degli Stati Uniti, è nota per la sua capacità di camminare brevemente in posizione eretta, soprattutto quando si sente minacciata o sta cercando di vedere meglio. Da lontano, un orso in piedi, magari osservato tra alberi o nella penombra, può sembrare un grande bipede peloso.

E non si tratta di semplice teoria: molti casi documentati mostrano come l’identificazione errata degli orsi sia alla base di presunti avvistamenti di creature misteriose. In breve, abbiamo già un animale con tutte le caratteristiche attribuite al Bigfoot, tranne il mito.

L’idea del Bigfoot è senza dubbio affascinante. È una leggenda radicata nell’immaginario collettivo, una figura mitologica moderna che parla del nostro desiderio di mistero, di esplorazione, di mondi ancora nascosti. Ma dal punto di vista scientifico, non c’è alcun fondamento concreto che sostenga l’esistenza di una creatura simile.

L’assenza di resti fisici, la mancanza di una documentazione fotografica coerente, l’inconsistenza delle tracce e la totale assenza di un contesto fossile e biologico suggeriscono una sola, semplice conclusione: il Bigfoot non esiste.

È molto più probabile che si tratti di una combinazione di folklore, testimonianze in buona fede ma imprecise, illusioni ottiche, burle, e confusione con animali noti. E finché non emergeranno prove concrete — come un cadavere, un DNA verificabile o un filmato inequivocabile — il Bigfoot rimarrà saldamente nel regno della leggenda, e non della zoologia.




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