giovedì 29 maggio 2025

Nettare, ambrosia e amrita: un confronto interculturale tra il sostentamento degli immortali

 


Nelle mitologie greca e indù, il tema dell’immortalità è strettamente legato al consumo di sostanze divine capaci di conferire vita eterna o lunga longevità. In Grecia, queste sostanze sono comunemente note come nettare e ambrosia, mentre nell’Induismo si parla di amrita. Sebbene provenienti da contesti culturali profondamente differenti, queste sostanze presentano sorprendenti affinità, oltre a differenze che riflettono la specificità di ciascuna tradizione.

Nel pantheon greco, la distinzione tra nettare e ambrosia è sfumata e incoerente nelle fonti antiche. Alcuni autori li descrivono entrambi come cibo solido o come bevanda, rendendo difficile stabilire una differenza netta. L’ambrosia e il nettare sono spesso trattati come sinonimi e sono entrambi associati alla divinità, riservati agli dei dell’Olimpo come fonte del loro vigore e immortalità.

L’amrita indù, al contrario, è esplicitamente una bevanda, frutto della mitica “torsione del mare di latte” (Samudra Manthan), che i Deva (divinità) consumano per mantenere la loro immortalità. La sua natura liquida è sottolineata in modo chiaro, e la sua produzione mitica è legata a un evento cosmico fondamentale.

Un aspetto peculiare della mitologia greca riguarda l’effetto dell’ambrosia sul corpo divino: chi la consuma vede il proprio sangue trasformarsi in icore, una sostanza distinta dal sangue umano, indicativa della natura immortale e divina. Questo dettaglio non ha un corrispettivo evidente nella tradizione indù, dove l’amrita non modifica la composizione fisica del corpo ma purifica e prolunga la vita conferendo longevità.

Entrambe le sostanze donano longevità e, se assunte in quantità sufficienti, l’immortalità. Nel caso indù, però, la maggior parte dei Deva ottiene una vita lunga ma limitata – circa 36.000 anni – una forma di immortalità che può essere considerata simbolica o metaforica. In Grecia, l’immortalità è più assoluta, benché il consumo sia rigidamente controllato e limitato agli dei per evitare che i mortali diventino immortali.

Un punto di convergenza importante è la capacità di purificare: l’amrita purifica il corpo dalle impurità e mantiene salute e giovinezza, mentre l’ambrosia e il nettare greci sono associati a uno stato di perfezione fisica e spirituale.

Nelle rispettive mitologie, queste sostanze sono custodite e consumate in luoghi sacri e inaccessibili ai mortali: il monte Olimpo per gli dei greci e il monte Sumeru per i Deva indù. Qui esse sono servite durante banchetti celesti, simboli di ordine divino e armonia cosmica.

Oltre al loro ruolo mitologico, ambrosia e amrita sono usati metaforicamente per indicare liquidi pregiati, delizie culinarie o preparazioni medicinali nelle rispettive culture. Questa connotazione riflette la loro valenza come simboli di perfezione, salute e piacere.

Alla luce di queste considerazioni, appare ragionevole ipotizzare che nettare/ambrosia e amrita rappresentino variazioni culturali di un medesimo archetipo mitico: una sostanza divina capace di conferire l’immortalità, simbolo di purezza, perfezione e connessione con il divino. Nonostante le differenze nella forma, nella narrazione e nella funzione specifica, la sostanza che sostiene gli immortali è un elemento fondamentale che collega l’antica Grecia e l’India attraverso un comune bisogno di esprimere, nei miti, il desiderio umano di trascendere i limiti della mortalità.


0 commenti:

Posta un commento

 
Wordpress Theme by wpthemescreator .
Converted To Blogger Template by Anshul .