domenica 4 maggio 2025

I Nephilim: Giganti, Figli degli Dèi o l’Eco di una Storia Antica Dimenticata?

Londra – Sono tra le figure più enigmatiche e controverse dell’Antico Testamento: i Nephilim, menzionati appena due volte nelle Scritture, continuano a generare dibattiti teologici, storici e, più recentemente, pseudo-scientifici. Chi erano veramente? Giganti mitologici, angeli caduti, ibridi uomo-divinità o — come alcuni ipotizzano — visitatori di mondi lontani?

La questione, da secoli relegata ai margini dell’esegesi biblica, oggi torna a riemergere con forza in un clima culturale in cui le barriere tra mito, scienza e speculative fiction si fanno sempre più porose. Il versetto chiave è nel Libro della Genesi (6,1-4), laddove si narra che «i Figli degli Dèi videro che le figlie degli uomini erano belle, e ne presero per mogli». I Nephilim — tradotti in molte versioni come "giganti" — sono descritti come presenti sulla Terra in quel tempo remoto, e identificati con gli “eroi dell’antichità, uomini famosi”.

La prima interpretazione tradizionale, sostenuta anche dalla Chiesa Cattolica, identifica i Nephilim come giganti di statura e forza sovrumana. Ma è una lettura che, se pur radicata, appare oggi parziale. Il termine “nephilim” potrebbe derivare dal verbo ebraico nafàl — “cadere” — e qui si aprono diverse interpretazioni: coloro che caddero, come gli angeli decaduti, o forse coloro che scesero, implicando un atto volontario. Una differenza non solo grammaticale, ma filosoficamente dirompente.

Autori come Mauro Biglino, già traduttore ufficiale dell’ebraico antico per Edizioni San Paolo, propongono una lettura radicale e letterale dell’Antico Testamento. Secondo Biglino, la parola Elohim — tradotta convenzionalmente come “Dio” — è in realtà un plurale, riferito a “gli splendenti”, esseri potenti ma non spirituali, giunti da altrove. La creazione dell’uomo, in questa chiave, non è atto divino ma intervento tecnologico, un episodio di ingegneria genetica compiuto da entità superiori. È l’ipotesi degli antichi astronauti, che trova paralleli nelle tesi speculative di Zecharia Sitchin e negli scenari cospirazionisti di David Icke.

Queste letture alternative vedono i Nephilim come ibridi: nati dall’unione tra esseri di un altro mondo e donne terrestri. Una mitologia inquietante, che riecheggia nel racconto del peccato originale, dove il seduttore ha le sembianze di un serpente. E proprio su questa figura si concentrano le ipotesi di natura “rettiliana”: secondo Icke, una razza aliena, abilmente celata dietro apparenze umane, avrebbe da millenni manipolato il destino dell’umanità.

Sul piano accademico, studiosi come Michael Heiser e Ronald Hendel hanno provato a riportare il dibattito su binari filologici. Heiser sottolinea che nephilim non deriverebbe direttamente da nafàl, mentre Hendel sostiene che la radice ebraica può benissimo indicare anche una “discesa intenzionale”, come quella di guerrieri o dei. In altre parole, i Nephilim potrebbero non essere affatto caduti, ma discesi di loro volontà.

Le ipotesi si moltiplicano, ma l’unica certezza è che il termine nephilim non esaurisce il suo mistero con la semplice etichetta di “giganti”. Potrebbero essere un ricordo mitizzato di antichi popoli scomparsi, forse superstiti di una civiltà perduta come Atlantide. Oppure rappresentano una simbolizzazione di archetipi: la caduta, la mescolanza tra umano e divino, il limite valicato dall’ambizione prometeica.

Non è un caso che quasi tutte le culture umane conservino il ricordo di una colpa originaria, di un “prima” che ha segnato una deviazione nel corso della storia. Il racconto biblico, con la sua drammatica tensione tra obbedienza e conoscenza, tra creatore e creatura, tra ordine cosmico e desiderio di ascendere, sembra custodire qualcosa di più di un ammonimento teologico.

Oggi, tra documentari su piattaforme streaming, studi comparativi e riflessioni filosofiche, i Nephilim tornano ad abitare il nostro immaginario. Non solo come giganti del passato, ma come specchio delle nostre domande irrisolte sul destino dell’uomo, sull’origine della civiltà e sul significato ultimo dell’intelligenza — naturale o artificiale — che ci guida.

Forse, dopotutto, non importa stabilire se i Nephilim fossero davvero reali. Conta piuttosto comprendere perché, a migliaia di anni di distanza, il loro nome continua a interrogare la nostra coscienza. E forse anche a indicarci che, nella polvere della storia, ci sono ancora verità che aspettano solo di essere riscoperte.



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