sabato 31 maggio 2025

Occhio di Ra e Occhio di Horus: tra mito, potere e simbolismo nella religione egizia

Nel vasto e stratificato pantheon dell’antico Egitto, pochi simboli religiosi sono riusciti ad attraversare i secoli con la stessa forza evocativa dell’Occhio di Horus e dell’Occhio di Ra. Due emblemi apparentemente simili, spesso confusi tra loro, ma profondamente distinti per origine, funzione e carica simbolica. Entrambi, tuttavia, testimoniano la potenza immaginifica della mitologia egizia, dove l’occhio non è solo organo della vista, ma manifestazione divina, strumento di guarigione, protezione, sacrificio e vendetta cosmica.

La leggenda dell’Occhio di Horus prende forma nel ciclo mitologico che ruota attorno alla lotta tra Horus, il figlio di Osiride, e Set, l’usurpatore che uccise suo padre. Durante lo scontro, Horus perse un occhio — o, in alcune versioni, entrambi — in una lotta brutale che rappresentava molto più di un semplice conflitto personale: incarnava il contrasto tra ordine e caos, tra giustizia e tirannia.

Fu il dio della sapienza, Thoth, a intervenire. Secondo la tradizione, Thoth recuperò l’occhio mutilato e, con un gesto carico di valenza magica e terapeutica, sputò sulla ferita e lo guarì. Il racconto, sebbene carico di elementi simbolici, conserva una nota concreta: il gesto di Thoth può essere letto come reminiscenza di un antico rimedio popolare, un eco del legame profondo che la medicina egizia aveva con la religione.

Ma l’elemento centrale del mito si compie dopo la guarigione. Horus, in un atto di estremo sacrificio e pietà filiale, dona il proprio occhio risanato al padre Osiride, affinché possa tornare in vita nell’aldilà. Questo gesto fa dell’Occhio di Horus un simbolo di giustizia, di sacrificio e di redenzione, e segna la consacrazione di Horus come araldo del Ma’at, l’ordine cosmico egizio.

Nella prassi religiosa e funeraria, l’Occhio di Horus (conosciuto anche come “Wadjet”) divenne un potente talismano. Simboleggiava protezione, salute e integrità. I suoi elementi grafici — ogni parte dell’occhio rappresentava una frazione numerica — venivano interpretati come le sei parti dell’anima o come misura dell’interezza ritrovata. Era consuetudine porre amuleti a forma di occhio sui corpi mummificati, negli scrigni votivi o incisi nei sarcofagi, proprio per conferire protezione eterna al defunto.

Inoltre, ogni offerta votiva presentata agli dèi veniva poeticamente definita “Occhio di Horus”: un dono che non era solo materiale, ma carico di significato spirituale, assimilabile al sacrificio originario del dio.

Diverso, per concezione e funzione, è l’Occhio di Ra, legato alla figura del dio solare supremo. Se l’Occhio di Horus ha connotazioni lunari, pacificatrici e protettive, quello di Ra è solare, incandescente, punitivo. È un potere che brucia e distrugge, uno strumento attraverso il quale Ra manifesta la sua onnipotenza, spesso impersonato da dee terribili come Sekhmet, Bastet, Hathor o Tefnut.

In uno dei miti più celebri, l’Occhio di Ra si ribella al suo creatore e vaga lontano, finché gli dèi devono placarlo e ricondurlo, pena il collasso dell’equilibrio cosmico. In un altro racconto, Ra invia il suo Occhio — nella forma della dea Sekhmet — per punire l’umanità colpevole di empietà. La dea si abbandona a una furia distruttiva tale da dover essere ubriacata con birra tinta di rosso per impedirle di sterminare tutta la razza umana.

Così, l’Occhio di Ra è potere attivo, irruente, autonomo: un'estensione dell’autorità divina che, pur nata per proteggere l’ordine, può degenerare in distruzione. Rappresenta la forza visibile del Sole, la luce che illumina ma anche che acceca, che nutre ma anche che brucia.

Nonostante le affinità iconografiche, i due occhi rappresentano poli opposti ma complementari:

  • L’Occhio di Horus è luna, guarigione, sacrificio, protezione e completezza spirituale. È l’occhio offerto.

  • L’Occhio di Ra è sole, furia, dominio, vendetta e potere incendiario. È l’occhio che punisce.

Entrambi, però, convergono in un messaggio fondamentale della religione egizia: la visione divina non è mai neutra. È la facoltà che consente di vedere oltre l’apparenza, di distinguere l’ordine dal disordine, la verità dalla menzogna, la giustizia dalla sopraffazione. È ciò che gli dèi fanno per mantenere in equilibrio il cosmo — e ciò che i faraoni, incarnazione degli dèi in terra, erano chiamati a fare tra gli uomini.

Ancora oggi, l’Occhio di Horus sopravvive come simbolo di protezione e guarigione, scolpito su gioielli, tatuaggi e amuleti; mentre l’Occhio di Ra incarna la potenza sacra che vigila e giudica. Due volti della stessa divinità che guarda — e che nessun mortale può ignorare.



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