Tramite la commistione della realtà
quotidiana con elementi di carattere soprannaturale o surreale o
tramite l'inserimento inatteso di circostanze non razionali, la
narrativa horror ipotizza situazioni che destabilizzano le sicurezze
acquisite e suscitano in questo modo nell'animo e nella psicologia
del lettore un sovrapporsi di sensazioni di orrore, di repulsione, di
spavento o di paura.
Caratteristiche salienti
Una narrazione si può definire horror
quando, agendo sulla fallacia delle percezioni sensoriali e sulle
differenze soggettive della rappresentazione del reale, descrive
possibili irruzioni di elementi irrazionali nella vita quotidiana e
ne immagina le conseguenze, spesso connotate da reazioni violente e
da sviluppi estremi, talora altamente drammatici e tragici.
Il tipico racconto dell'orrore alimenta
le paure ancestrali radicate nell'inconscio collettivo dell'essere
umano, come quelle:
- per la morte e per le incognite che si celano nel mistero dell'esistenza,
- per il buio e per i luoghi inesplorati,
- per l'isolamento o per la perdita delle relazioni con le persone care,
- per il sovvertimento delle regole della scienza e della vita sociale,
- per l'ignoto e le "forze" incomprensibili dell'Universo.
Spesso l'autore del romanzo horror
deforma, in modo a volte sensazionalistico e grottesco, le
convinzioni presenti nelle fedi religiose, oppure enfatizza i
contenuti emozionali e istintivi che si annidano nei rapporti
sentimentali o nelle relazioni erotiche.
Alle volte, più banalmente, l'horror
fa leva sulle comuni ossessioni e sulle fobie più diffuse nella
psiche umana, ed ottiene reazioni forti ed immediate facendo leva:
- sull'istinto di conservazione,
- sul disgusto provocato dalla malattia (fisica e mentale) o dalle deformità,
- sull'angoscia suscitata dalla violenza e dal dolore,
- sul disagio dovuto a condizioni di vita estrema, esposta alle avversità climatiche,
- sulla reazione al contatto con certi animali ripugnanti (insetti, serpenti, ecc.).
L'orrore letterario trae origine dalle
contrapposizioni violente dei rapporti umani, che vengono spinte ai
limiti del paradosso, con percorsi e contenuti a tratti persino
grotteschi ed ironici, e quindi in modo analogo, sia pure con
maggiori estremismi, ai contenuti tipici del racconto tragico della
classicità. Proprio come le cosiddette tragedie dell'orrore
della tradizione greca e shakespeariana, il romanzo horror ricava
gran parte della sua attrattiva dall'effetto catartico che si genera
spontaneamente nel lettore, dopo che questi è stato messo
brutalmente a confronto con le sensazioni più forti ed estreme, tali
da far apprezzare con sollievo il ritorno all'esistenza normale.
Analogamente alla letteratura
poliziesca o gialla, la narrazione horror si serve spesso della
tecnica della suspense per mezzo della quale, insinuando
progressivamente dubbio o senso di attesa circa gli sviluppi
narrativi, determina nel lettore l'ansiogena sensazione di temere e,
al tempo stesso, trepidare per la sorte dei personaggi principali e
per quelle che saranno le rivelazioni e gli sviluppi presenti nella
conclusione del racconto.
Oggetto imprescindibile del racconto
horror è la presenza di elementi soprannaturali, senza le quali il
racconto, per quanto possa avvalersi di ambientazioni e situazioni
tipiche dell'horror oppure determinare effetti psicologici analoghi,
non appartiene a questo genere, ma può eventualmente rientrare nella
letteratura gialla (thriller o noir).
Storia
Le origini: il romanzo gotico
Sebbene si trovino episodi di carattere
precipuamente orrorifico in opere antichissime (tanto nei poemi
epici, quanto negli scritti sacri), la letteratura a carattere
orrorifico ha mosso i suoi primi passi significativi come genere
autonomo solo con l'avvento del romanticismo e si è alimentata del
crescente gusto per il mistero, per il fantastico ed il
soprannaturale, radicato soprattutto nei salotti degli intellettuali
post-illuministici, quasi come speculazione sorta per reazione
all'eccesso di sicurezza derivanti dalle sempre più diffuse scoperte
scientifiche. Nell’alveo della cultura preromantica, a partire
dagli anni ’70 del Settecento, si sviluppò in Inghilterra un
particolare genere di narrazione, il romanzo gotico, caratterizzato
da atmosfere e trame particolarmente oscure, misteriose e
inquietanti, ambientate in castelli diroccati, abbazie isolate e
luoghi solitari. I protagonisti erano quasi sempre giovani nobili e
fanciulle vergini vessate da aguzzini diabolici, spesso appartenenti
al clero, aiutati da banditi senza scrupoli. La componente
sovrannaturale (la presenza di fantasmi e dèmoni, lo scatenarsi di
forze infernali ecc.) era quasi sempre al centro della narrazione,
sebbene in alcuni casi essa venisse spiegata razionalmente alla fine
del romanzo.
Il capostipite del romanzo gotico è Il
Castello di Otranto (1764) di Horace Walpole (1717-1797), che può
essere considerato la prima vera ghost story (lett. storia di
fantasmi) della letteratura moderna. Il romanzo è ambientato a
Otranto, in Puglia, all’epoca delle crociate, e narra una storia di
dinastie e delitti miscelando realtà e sovrannaturale. La seconda
edizione del romanzo aveva come sottotitolo proprio A Gothic Story
(“Una storia gotica”): il termine gotico, relativo alla corrente
artistica riguardante le chiese tardo-medievali (XII-XVI secolo)
nelle quali spesso erano ambientati i romanzi, passò da allora a
definire il nuovo genere. Al romanzo di Walpole seguì, negli anni
’70 e ’80 del secolo, un numero enorme di romanzi, la gran parte
di scarso rilievo letterario e tra i quali è doveroso ricordare
soltanto Il vecchio barone inglese (1778) di Clara Reeve e
Vathek (1785) di William Beckford.
Soltanto con Ann Radcliffe (1764-1823)
si arrivò a degli esiti originali, che non fossero semplicemente
delle copie pedisseque del romanzo di Walpole. I romanzi della
scrittrice, infatti, presentano delle trame più elaborate, un gusto
più raffinato per il mistero, la meraviglia e il terrore, e la
tendenza a rimuovere il sovrannaturale. Dopo aver pubblicato tre
romanzi minori (The Castle of Athlin and Dunbayne, Romanzo
siciliano e Il romanzo della foresta), la Radcliffe
ottenne il suo maggior successo nel 1794, con la pubblicazione de I
misteri di Udolpho. Il romanzo narra la storia della giovane
Emily St. Aubert e delle sue disavventure in castelli tenebrosi,
vessata da un brigante italiano. Nel 1797 l’autrice pubblicò un
romanzo altrettanto noto, L’italiano, o il confessionale dei
penitenti neri, nel quale troviamo il personaggio dello
scellerato padre Schedoni, sicuramente una delle figure più riuscite
della letteratura gotica (e non è da escludere che il Manzoni si sia
ispirato a lui nella creazione dei personaggi di Don Rodrigo e
dell’Innominato).
Nella stesura de L’italiano la
Radcliffe fu probabilmente influenzata da un altro celebre romanzo,
pubblicato nel 1796, Il monaco di Matthew Gregory Lewis
(1775-1818). La storia è quella del monaco Ambrosio, una figura
demoniaca, autore di spaventose nefandezze. L’opera ha
un’importanza forse ancora maggiore rispetto ai romanzi della
Radcliffe, sia perché in esso viene posto l’accento sull’orrore
e sul macabro piuttosto che sul terrore e sul sublime, sia per
l’attenzione rivolta alla sessualità e alle perversioni ad essa
legate (lo stupro, l’incesto, l’omosessualità ecc.). Esso
presenta inoltre una forte componente sovrannaturale, che sarà
centrale in quasi tutta la narrativa dell’orrore.
Dagli anni ’90 del Settecento in poi
la letteratura gotica godette di molto successo in tutta Europa.
Notevole fu il suo influsso (specie quello de Il monaco) sulla
narrativa del marchese de Sade, caratterizzata da situazioni erotiche
al limite dell’assurdo, tanto che molti critici hanno classificato
i suoi romanzi, o parte di essi (Justine o le disavventure della
virtù), nel filone gotico. Ma dopo il romanzo di Lewis, la
qualità e l’originalità andarono perdendosi gradualmente per
scomparire ben presto del tutto. Una breve ripresa del genere (ma in
realtà si tratta già di manifestazioni tardo-gotiche e romantiche)
si ebbe nel triennio 1818-1820.
Nel 1818 venne pubblicato, infatti, il
più celebre di tutti i romanzi gotici, Frankenstein di Mary
Shelley (1797-1851). Il romanzo, in realtà, andrebbe considerato un
erede del gotico e un precursore della fantascienza, piuttosto che
un’opera inserita interamente nel solco della tradizione di
Walpole. La storia sfugge ai canoni del genere: non sono presenti
castelli diroccati, fanciulle perseguitate da monaci diabolici e
signorotti sadici o fantasmi. Nonostante ciò, vengono mantenute le
atmosfere cupe, che in certe parti del romanzo assumono toni ancor
più lugubri. La storia di Victor Frankenstein e della sua Creatura
rimane una delle più suggestive della letteratura ottocentesca e
certamente una delle più influenti nel campo della letteratura
dell’orrore. Mary Shelley pubblicò anche alcuni racconti dai toni
gotici, tra i quali ricordiamo Metamorfosi, Il mortale
immortale e Il malocchio.
Nel 1819 John William Polidori
(1795-1821) pubblicò anonimo il racconto Il vampiro,
considerato il prototipo di tutta la letteratura vampiresca
successiva. È qui infatti che per la prima volta la figura del
vampiro assume i tratti di un uomo aristocratico assetato di sangue,
piuttosto che quelli di un demone folkloristico.
Il 1820 è l’anno di pubblicazione
dell’ultimo romanzo inscrivibile nel genere gotico, Melmoth
l'errante di Charles Robert Maturin (1782-1824). L’opera è
incentrata sul patto con il Diavolo compiuto dal giovane John Melmoth
per guadagnare l’immortalità.
In America il romanzo gotico non ebbe
il successo riscosso in Inghilterra, ma ciò non toglie che la
letteratura americana annovera al suo interno un discreto numero di
opere ad esso riconducibili. Di particolare rilevanza sono i romanzi
di Charles Brockden Brown (1771-1810): Wieland, o La
trasformazione (1798), Ormond, o Il testimonio segreto
(1799), Arthur Mervyn; or, Memoirs of the Year 1793
(1799-1800).
Vicine per tematiche al gotico sono le
opere del tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776-1822), che
però si inserisce più in generale nella corrente romantica. Il
romanzo Gli elisir del diavolo (1815-16) e i Racconti
notturni (1816-17), tra i quali spicca L'uomo della sabbia,
figurano ancora oggi tra le vette più alte raggiunte dai tedeschi
nel campo della letteratura gotica e horror.
Edgar Allan Poe
La figura di Edgar Allan Poe
(Boston, 19 gennaio 1809 – Baltimora, 7 ottobre 1849) rappresenta
l'anello di congiunzione tra il genere gotico e l'horror moderno. Lo
scrittore americano, infatti, può essere considerato senza ombra di
dubbio il vero padre della letteratura dell'orrore: è soltanto nei
suoi racconti che il terrore e l'orrore assumono autonomia,
liberandosi dai tipici cliché del gotico. Non sono più il fantasma,
il castello diroccato e il malefico persecutore a caratterizzare il
genere, ma l'orrore puro, che viene declinato nelle sue varie
espressioni. Così, l'orrore può essere richiamato da elementi
gotici, come il castello (La caduta della casa Usher) e il
fantasma/morto vivente (Ligeia), ma può anche essere legato a
tematiche del tutto diverse: la sepoltura da vivi (La sepoltura
prematura), la doppia personalità (William Wilson), il
mare (Manoscritto trovato in una bottiglia, Una discesa nel
Maelstrom), la malattia (La maschera della morte rossa),
il mesmerismo (Rivelazione mesmerica, La verità sul caso di Mr.
Valdemar), la tortura fisica e psicologica (Il pozzo e il
pendolo) e soprattutto la follia omicida (Il gatto nero, Il
cuore rivelatore, Il barile di Amontillado). In Poe sono presenti
in nuce tutti i temi che caratterizzeranno la narrativa dell'orrore
fino ai nostri giorni, meno uno, quello dell'orrore cosmico
dell'ignoto, che sarà sviluppato solo da Hodgson, Machen e
soprattutto da Lovecraft (sebbene un suo abbozzo possa essere
riscontrato già nelle ultime pagine dell'unico romanzo di Poe, Le
avventure di Gordon Pym). Nella narrativa dell’autore americano
il genere acquista non solo autonomia, ma anche e soprattutto dignità
letteraria: le pagine evocative, macabre e poetiche di Poe rimangono
ancora oggi vette insuperate nell’intera letteratura ottocentesca.
L’Ottocento durante e dopo Poe
L'Ottocento è la prima epoca di vero
sviluppo dell’horror, ormai codificato dalla narrativa di Poe.
Alcune manifestazioni sono persino contemporanee alla produzione
dello scrittore di Boston: ricordiamo i romanzi e racconti di
Nathaniel Hawthorne (La casa dei sette abbaini, Il fauno di marmo,
La figlia di Rappaccini, Il giovane Goodman Brown,
L’esperimento del dottor Heidegger ecc.), Edward George
Bulwer-Lytton (Zanoni, La casa e il cervello), Thomas
de Quincey (Suspiria de Profundis), Frederick Marryat (The
Phantom Ship), Prosper Mérimée (La venere d’Ille,
Mateo Falcone), Théophile Gautier (La morta innamorata,
Jettatura, Il romanzo della mummia, Arria Marcella,
Il piede di mummia ecc.).
A partire dagli stessi anni si impone
il genere della “ghost story”, la storia di fantasmi, che ha i
suoi prodromi nel romanzo gotico e nei racconti di Walter Scott (La
novella di Willie il vagabondo, Il racconto dello specchio
misterioso), James Hogg (Spedizione all’inferno, Il
folletto delle torbiere nere) e Washington Irving (La leggenda
di Sleepy Hollow, Rip van Winkle) e che raggiungerà
livelli elevati nella narrativa di Charles Dickens (Il
segnalatore, Racconti di Natale), Wilkie Collins (La
follia dei Monkton, La donna del sogno), George Eliot (Il
velo dissolto), Elizabeth Gaskell (La storia della vecchia
nutrice) e soprattutto nelle opere di Joseph Sheridan Le Fanu
(1814-1873). Quest'ultimo rappresenta uno dei migliori autori horror
dell'Ottocento; in particolare rimane celebre il suo romanzo breve
Carmilla (1871), incentrato sulla figura dell’omonima
vampira. Tra le altre sue opere si ricordano i racconti Il destino
di Sir Robert Ardagh (1838), Il fantasma e il conciaossa
(1838), Il pittore Schalken (1851), Tè verde (1869),
Il fantasma della signora Crowl (1870), Il signor giudice
di giustizia Harbottle (1872) e il romanzo post-gotico Lo Zio
Silas (1864).
Nella letteratura americana uno dei più
degni eredi di Poe è Fitz-James O'Brien (1826-1862), considerato uno
dei padri della fantascienza e più in generale del fantastico. Per
quanto riguarda la letteratura del terrore, è doveroso citare il
tanto lodato Che cos’era? (1859) e L’artefice delle
meraviglie (1859).
Sebbene la letteratura horror abbia il
suo maggiore sviluppo nei paesi anglosassoni non bisogna mancare di
citare i francesi Guy de Maupassant (1850-1893) e Auguste de Villiers
de L'Isle-Adam (1838-1889). Il primo è certamente più rimarchevole,
autore di racconti “macabri” e “crudeli”, tra i quali
spiccano L'Horla, La mano dello scorticato, Il lupo, Il
tic, La paura, Lui? . Il secondo è autore di
racconti in bilico tra la satira, l'orrore e la fantascienza, i
Racconti crudeli (1883) e i Nuovi racconti crudeli
(1888).
Di particolare rilievo è la figura
dello scozzese Robert Louis Stevenson (1850-1884), che porta verso
nuove direzioni la narrativa dell'orrore. In particolare riprende il
tema del doppio nel suo celeberrimo romanzo Lo strano caso del
dottor Jekyll e del signor Hyde (1886) e scrive racconti
originali su svariate tematiche (Il trafugatore di salme,
Markheim, Janet la Storta, Olalla, Il diavolo
nella bottiglia).
Un autore poco noto per i suoi racconti
dell'orrore e molto conosciuto invece per i suoi romanzi gialli è
Arthur Conan Doyle (1859-1930), l’inventore di Sherlock Holmes, che
pur continuando a scrivere fino agli anni '30 del Novecento, è per
le tematiche trattate e le forme utilizzate uno scrittore pienamente
fine-ottocentesco. Tra i suoi migliori racconti horror (spesso legati
all’avventura e alla fantascienza) ricordiamo L'anello di Thoth
(1890) e La mummia (1892), tra i primi dedicati alla figura
della mummia, e Il racconto dell'americano (1879), La scure
d'argento (1883), Il terrore delle altezze (1913).
Oscar Wilde (1854-1900) è ricordato
come uno dei più grandi poeti e drammaturghi della storia della
letteratura inglese, ma è notissimo anche per il suo unico romanzo
Il ritratto di Dorian Gray (1891), che pur non appartenendo al
genere del terrore, presenta così tante caratteristiche a esso
riconducibili (il doppio, il patto diabolico, il delitto) da entrare
a pieno diritto nella narrativa horror.
I grandi maestri
È tra la fine dell'Ottocento e i primi
decenni del Novecento che viene alla ribalta un nuovo gruppo di
scrittori, estremamente eterogeneo, che ha contribuito in maniera
sostanziale alla rivoluzione di temi e forme della narrativa horror.
Ambrose Bierce (1842-1914) è noto
principalmente per aver combinato le situazioni inquietanti e
spaventose dell'horror con una vena umoristico-satirica tipica di
tutta la sua produzione (un tale connubio si può riscontrare nella
narrativa precedente soltanto in alcuni racconti di Poe e
L'Isle-Adam). Tra i suoi migliori racconti si ricordano Accadde al
ponte di Owl Creek (1891), Chickamauga (1891), Il
segreto del burrone di Macarger (1893), La morte di Halpin
Frayser (1893), La cosa maledetta (1898).
Certamente più rilevante è
l'irlandese Bram Stoker (1847-1912), che con il suo Dracula
(1897) portò in auge definitivamente la figura del vampiro. Ancora
oggi il romanzo, intriso sia di atmosfere gotiche che di nuovi
elementi psicologici, rimane insuperato nella sua tematica. Si può
dire che è con Stoker che nasce il moderno romanzo horror: sino ad
allora infatti la forma prediletta per l’horror era stata il
racconto o al massimo il romanzo breve. Dagli inizi del Novecento in
poi il romanzo iniziò ad essere un degno sostituto del racconto e
alla fine del secolo batté definitivamente la forma breve. Tra le
altre opere dell'autore sono particolarmente degni di nota i romanzi
Il gioiello delle sette stelle (1903), La dama del sudario
(1909) e La tana del Verme Bianco (1911) e i racconti raccolti
ne L’ospite di Dracula (1914).
Robert William Chambers (1865-1933) è
uno dei più noti scrittori americani del fantastico e dell’orrore.
La sua fama è dovuta principalmente alla raccolta Il Re Giallo
(1895), nella quale sono inseriti alcuni tra i più originali
racconti dell’epoca (Il segno giallo, L’aggiustareputazioni,
La Demoiselle d’Ys, La maschera), che già anticipano
situazioni tipiche della narrativa lovecraftiana, come il tema del
libro maledetto.
Henry James (1843-1916) e Montague
Rhodes James (1862-1936) sono gli autori con i quali la “ghost
story” classica raggiunge il suo apice letterario. Il primo è
autore, oltre che di numerosissimi romanzi e racconti realistici, di
una ventina di racconti di fantasmi. Tra questi, il migliore è
certamente il romanzo breve Il giro di vite (1898),
considerato un capolavoro all’interno del genere. Del secondo si
ricordano i circa trenta racconti raccolti in The Collected Ghost
Stories of M. R. James (1931), tra i quali spiccano Il conte
Magnus, «Fischia e verrò da te, ragazzo mio», Il
tesoro dell’abate Thomas, L’album del Canonico Alberico.
Tra gli altri autori di “ghost stories” e racconti vampireschi
del periodo, hanno un certo rilievo Walter de la Mare (La zia di
Seaton, Il rinchiuso, Dall’abisso), Edith Wharton
(Dopo, Ognissanti, Gli occhi), E. F. Benson (La
stanza della torre, La signora Amworth), Oliver Onions (Il
volto dipinto, La bella adescatrice, La corda fra le
travi), Francis Marion Crawford (La cuccetta superiore, Il
sangue della vita), Mary Wilkins Freeman (Il lotto vuoto,
Il vento nel cespuglio di rose, Luella Miller).
L’austriaco Gustav Meyrink
(1868-1932) rappresenta una delle poche voci non anglosassoni nel
campo della letteratura soprannaturale degli inizi del Novecento.
Noto per i suoi numerosi romanzi dalle tinte esoteriche e mistiche,
la sua opera più nota è certamente Il Golem (1915). Di un
certo rilievo rimangono anche alcuni suoi racconti, come La morte
violetta (1902), Le piante del dottor Cinderella (1905) e
L’albino (1908).
Algernon Blackwood (1869-1951) è uno
degli autori più singolari nel panorama della letteratura horror ed
è considerato anche un precursore del fantasy. I suoi racconti
d'atmosfera, basati sulla meraviglia e sul sottile terrore, si
distinguono dalle altre produzioni del tempo per la cura attentissima
verso il processo narrativo e l'effetto. Il suo racconto più noto è
I salici (1907), considerato uno dei migliori racconti
soprannaturali di tutti i tempi, ma degno di menzione è anche Il
Wendigo (1910). Egli è noto altresì per aver dato inizio al
sottogenere dell’“investigatore dell’occulto”, con i romanzi
brevi e i racconti dedicati al detective John Silence.
Il gallese Arthur Machen (1863-1947) e
l’inglese William Hope Hodgson (1877-1918) sono probabilmente le
due figure più importanti della narrativa horror prima di Lovecraft.
Essi infatti furono i primi ad approcciarsi ad una visione cosmica
dell'orrore, inserendovi elementi mitico-fantastici (Machen) e
fantascientifici (Hodgson), creature mostruose non classificabili nei
vecchi “tipi” del vampiro, del fantasma, del licantropo ecc.
L'opera più nota di Machen è certamente il romanzo breve Il
grande dio Pan (1894), definito da Stephen King “probabilmente
la migliore storia horror in lingua inglese”. Tra le altre si
citano I tre impostori (1895), Il Popolo Bianco (1904)
e Il terrore (1917). Il capolavoro di Hodgson è invece La
casa sull'abisso (1908), che per la prima volta offre una visione
dell’orrore chiaramente cosmica e che fu fonte d’ispirazione
primaria per Lovecraft. Gran parte delle sue altre opere è dedicata
agli orrori marini (i romanzi I pirati fantasma, Naufragio
nell’ignoto e moltissimi racconti). Non si possono trascurare,
infine, i suoi racconti su Carnacki, investigatore dell’occulto, e
il romanzo La terra dell'eterna notte (1912), uno dei primi
connubi di horror, fantasy e fantascienza.
Importante per la storia dell'horror,
ma ancor di più per quella del fantasy è Lord Dunsany (1878-1957),
la cui produzione ebbe sicuramente influssi sulla narrativa di J. R.
R. Tolkien. Autore di numerosissimi racconti e drammi teatrali (si
ricordano in particolare Gli dei di Pegana, Il libro delle
meraviglie e La maledizione della veggente), le sue opere
possono essere catalogate in quello che oggi viene definito dark
fantasy: esse infatti presentano caratteristiche riconducibili sia al
genere del meraviglioso che a quello horror. Peculiarità saliente
delle sue opere è l’importanza rivestita dal sogno, che ha il
potere di portare l’uomo in territori fantastici e mitici.
Altri scrittori della fine
dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento degni di nota per i
loro romanzi e racconti del terrore sono M. P. Shiel (La nube
purpurea, Xelucha), Gaston Leroux (Una storia
terribile, Il museo delle cere), Saki (Sredni Vashtar,
Gli intrusi, Gabriel-Ernest), W. W. Jacobs (La zampa
di scimmia). Leggermente posteriore, ma legato alla tradizione
del fantastico di inizio Novecento, è il belga Jean Ray (1887-1964),
autore del celebre Malpertuis (1943).
H. P. Lovecraft
Howard Phillips Lovecraft
(Providence, 20 agosto 1890 – Providence, 15 marzo 1937) è
certamente la figura chiave della letteratura dell’orrore moderna.
Senza considerare la sua opera, non si potrebbe comprendere la
seconda fortunatissima fase dell’horror, che va dai primi decenni
del Novecento ad oggi. Intorno al 1910-1920, la spinta originale del
macabro, del fantasma e vampiro ecc. (in poche parole dell’horror
classico), era finita: i due James e Stoker l’avevano oramai
portata a livelli che sarebbero stati raggiunti nuovamente soltanto
negli anni ’50, con la ripresa della “ghost story”. Alcuni
autori erano stati portati dunque a percorrere nuove strade
all’interno del variegato mondo del racconto del terrore:
situazioni fantascientifiche (Hodgson), creature mitico-mostruose
(Machen), libri maledetti (Chambers), mondi onirici (Lord Dunsany).
Ma fu solo con Lovecraft che tutti questi elementi trovarono una
sintesi originale ed energica, tanto che si è arrivati a parlare di
lui come del “Copernico della letteratura dell’orrore”: egli,
infatti, ebbe lo straordinario merito di spostare l’attenzione
dalla Terra al cosmo (con qualche anticipazione in Hodgson, come
abbiamo visto) e dalla paura della morte alla paura dell’ignoto (e
qui i precedenti risiedono principalmente in Machen). Se gli
scrittori della generazione a cavallo tra fine Ottocento e inizio
Novecento avevano per la prima volta affrontato (perlopiù in maniera
velata) le terre sconosciute dell’ignoto e del cosmico, fu solo con
il “solitario di Providence” (che tra l’altro ammise sempre di
essere debitore nei confronti di quegli autori, oltre che ovviamente
nei confronti di Poe, considerato maestro assoluto) che si compì il
definitivo sovvertimento.
La narrativa di Lovecraft può essere
suddivisa in tre grandi categorie (si badi che si tratta di una
divisione di comodo, poiché spesso i suoi racconti presentano
caratteristiche riconducibili a più di una categoria): le storie
dell’orrore puro, il Ciclo dei Sogni e il Ciclo di Cthulhu (o Miti
di Cthulhu). Nelle prime, prodotte maggiormente all’inizio della
sua attività (1917-1925 ca.) ma anche successivamente, è evidente
il modello di Poe e di tutti i grandi classici dell’orrore macabro.
Esse tuttavia sono già estremamente rappresentative della poetica
lovecraftiana, che abbandona del tutto vampiri, licantropi e castelli
diroccati: spesso l’orrore è evocato da situazioni già note (il
fantasma, il sepolcro, la resurrezione dei morti, gli orrori marini,
la casa maledetta ecc.), ma è poi estrinsecato in maniera del tutto
originale (si vedano La tomba, Il tempio, Herbert West,
rianimatore, La casa evitata, Nella cripta). Catalogabili nella
prima tipologia, ma già caratterizzate da situazioni e riferimenti
originali che le proiettano verso il Ciclo di Cthulhu, sono alcuni
tra i capolavori di Lovecraft: La musica di Erich Zann (1922),
I ratti nei muri (1924), L'estraneo (1926), L'orrore
a Red Hook (1927), Il modello di Pickman (1927).
Il Ciclo dei Sogni è invece un insieme
di racconti fantasy, prodotti intorno agli anni 1919-1922 e
debolmente connessi tra di loro, ispirati chiaramente all’opera di
Lord Dunsany. Di tutta la produzione lovecraftiana, essi rimangono
quelli meno significativi, specie in relazione al genere horror. Di
particolare rilievo rimane però la saga di Randolph Carter, della
quale fa parte il romanzo breve fantasy La ricerca onirica dello
sconosciuto Kadath (scritto 1926-27, pubblicato postumo nel
1943), fortemente collegato ai Miti di Cthulhu.
Il più grande contributo di Lovecraft
alla narrativa dell’orrore è rappresentato dalla ventina di
romanzi e racconti brevi, scritti tra la seconda metà degli anni ’20
e la morte, ai quali successivamente è stato dato il titolo
collettivo di Ciclo di Cthulhu. Queste storie sono quasi sempre
caratterizzate dall’incontro casuale di sventurati uomini con
terribili realtà aliene, che li porteranno alla follia o alla morte,
e mostrano un’evidente vena pessimistica. Il ciclo prende il nome
da Cthulhu, una delle divinità mostruose che abitano il pantheon
lovecraftiano, ed è caratterizzato principalmente da
un’originalissima fusione di horror, fantasy e fantascienza, che
raggiunge il suo apice in opere quali Il richiamo di Cthulhu
(1928), Il caso di Charles Dexter Ward (scritto nel 1927,
pubblicato postumo nel 1943), Il colore venuto dallo spazio
(1927), L'orrore di Dunwich (1929), Colui che sussurrava
nelle tenebre (1931), L'ombra su Innsmouth (1936), Alle
montagne della follia (1936), L'ombra venuta dal tempo
(1936), L'abitatore del buio (1936).
Le opere di Lovecraft stanno alla base
di un filone della narrativa e della cinematografia horror
(caratterizzato da mostri amorfi, libri maledetti, sette esoteriche e
simili) che avrà un estremo successo a partire dagli anni ‘50.
Alcuni autori hanno dedicato romanzi, racconti e graphic novel ai
Miti di Cthulhu (August Derleth, Clark Ashton Smith, Robert Bloch,
Fritz Leiber, Ramsey Campbell, Stephen King, Brian Lumley, Neil
Gaiman, Alan Moore ecc.), in altri l’influsso di Lovecraft è meno
evidente, ma comunque riconosciuto da loro stessi (scrittori come
Clive Barker, Robert McCammon, Peter Straub, Caitlín R. Kiernan e
registi quali John Carpenter e Guillermo del Toro). Per ulteriori
informazioni, vedi Howard Phillips Lovecraft nella cultura di massa.
Lovecraft, infine, va ricordato quale
uno dei primi studiosi critici della narrativa dell’orrore. Scrisse
infatti un celebre saggio, L’orrore soprannaturale nella
letteratura (1927, poi aggiornato negli anni seguenti), che può
essere considerato il primo studio dedicato all’argomento.
Le riviste pulp e l’Arkham House
I racconti di Lovecraft vennero
pubblicati principalmente sulle cosiddette riviste pulp e restano il
meglio di ciò che venne pubblicato su quelle pagine. Per la maggior
parte, infatti, le storie pubblicate sulle pulp magazine tra gli anni
‘20 e ‘40 erano di scarso livello, stereotipiche e ripetitive.
Ciò non toglie però che esse abbiano ospitato alcuni valenti
scrittori o lanciato altri che entrarono poi nella grande editoria.
Dopo Lovecraft, i più grandi scrittori
apparsi sulle riviste pulp sono certamente Clark Ashton Smith
(1893-1961) e Robert Ervin Howard (1906-1936). Il primo fu autore di
racconti prevalentemente fantasy e fantascientifici, spesso però
contaminati con l’horror, riuniti poi in vari cicli (Hyperborea,
Xiccarph, Averoigne ecc.), il migliore dei quali resta quello di
Zothique (raccolto nel 1970 nell’antologia omonima). Il secondo
invece è la figura centrale dell’heroic fantasy moderno (grazie
alla creazione del personaggio di Conan il Barbaro), ma anche autore
di numerosi racconti dell’orrore di indubbia qualità (I figli
della notte, La cosa sul tetto, L’orrore nel tumulo,
I colombi dell’inferno e altri). Anche le sue storie possono
essere raggruppate in vari cicli (oltre a quello di Conan, il ciclo
di Solomon Kane, quello di Faccia di Teschio, quello di Kirby Buchner
ecc.). Entrambi gli autori furono corrispondenti di Lovecraft e
scrissero dei racconti direttamente ispirati ai Miti di Cthulhu, tra
i quali ricordiamo La vendetta dello stregone e Ubbo-Sathla
di C.A. Smith e La pietra nera di R.E. Howard.
Tra gli altri autori abbastanza noti
delle riviste pulp, ricordiamo Manly Wade Wellmann, Seabury Quinn,
Henry S. Whitehead, Carl Jacobi, G. G. Pendarves. Su di esse
apparvero anche i primi racconti di autori come Robert Bloch, Fritz
Leiber, Ray Bradbury, che diventarono in seguito i nuovi maestri
della narrativa dell’orrore.
Un evento di una certa rilevanza
all’interno del mondo horror fu la fondazione, da parte di August
Derleth e Donald Wandrei, della Arkham House, una casa editrice
dedicata a Lovecraft. Nel 1939, a due anni di distanza dalla morte
dello scrittore di Providence, essa pubblicò The Outsider and
Others, la prima raccolta di racconti di Lovecraft. Dagli anni
’40 essa iniziò a pubblicare raccolte di racconti e romanzi di
chiara ispirazione lovecraftiana, ma anche opere weird e horror di
diverso conio. La casa editrice ha il pregio di aver reso noto H.P.
Lovecraft (d’altra parte, però, bisogna notare che falsò la vera
natura della sua opera, in quanto Derleth alterò i Miti di Cthulhu
sia tagliando parti dei racconti originali, sia stendendo nuovi
racconti avulsi dal vero spirito della narrativa lovecraftiana), ma
ancor di più quello di aver pubblicato le prime opere di autori che
sono stati poi centrali nella narrativa dell’orrore degli ultimi
cinquant’anni (il già citato Bloch, Ray Bradbury e Ramsey
Campbell, solo per citarne alcuni).
I nuovi maestri
Gli anni ’40-‘60 furono
fondamentali nella codificazione del nuovo horror. Una parte
fondamentale fu ricoperta, come abbiamo detto, dalla narrativa
lovecraftiana e dalla sua pubblicizzazione ad opera della Arkham
House. Ma questi furono anche gli anni della sperimentazione ad opera
di un gruppo di scrittori non particolarmente vasto, che pur avendo
ben presenti sia la narrativa classica dell’orrore sia le storie di
Lovecraft (tranne in alcuni casi, come vedremo), approdarono a
produzioni originali. Perlopiù si tratta di autori attivi non solo
nel campo dell’horror, ma anche in quelli della fantascienza e del
fantasy.
Fritz Leiber (1910-1992) è
stato un celebre scrittore americano, noto principalmente per i suoi
romanzi fantascientifici e fantasy, ma autore anche di racconti
horror. Fortemente influenzato da Lovecraft, egli raggiunse ben
presto una sua originale voce narrativa, che ha dato origine a veri e
propri capolavori della narrativa breve del terrore (Fantasma di
fumo, La ragazza dagli occhi famelici, Ali nere).
Il suo principale merito è quello di aver inserito la storia
dell’orrore e fantasy nelle ambientazioni urbane, intuizione che
avrà estremo successo nella narrativa seguente. Ma la narrativa di
Leiber non si limita al racconto breve. Nel 1943 pubblicò Ombre
del male, uno dei primi dark fantasy della storia della
letteratura, e nel 1977 concluse in grande stile la sua carriera di
romanziere con Nostra Signora delle Tenebre, considerato da
molti il suo capolavoro, sicuramente uno dei migliori romanzi fantasy
e horror dell’ultimo cinquantennio. Nel 1987 fu il primo, insieme a
Frank Belknap Long e Clifford D. Simak, a venir insignito del premio
Bram Stoker alla carriera. Nel 1997, dopo la sua morte, è stato
ritrovato e pubblicato un interessante romanzo giovanile
lovecraftiano, L’esperimento di Daniel Kesserich.
In direzioni diverse si mosse la
narrativa breve di Robert Aickman (1914-1981), caratterizzata da una
prosa raffinata e da situazioni sottilmente inquietanti. La sua
produzione è stata definita da Peter Straub “psicologica, persino
psicoanalitica” e include capolavori come L’ultimo rintocco
(1955), Più forte di noi (1966), Le spade (1969) e
L’ospizio (1975).
Ci fu un altro autore, o meglio
un'autrice, che assurse al ruolo di maestra del sovrannaturale e
dell’horror psicologico, pur ignorando molto probabilmente del
tutto la lezione di H. P. Lovecraft. Si parla ovviamente di Shirley
Jackson (1916-1965), la cui importanza letteraria va al di là del
genere analizzato. Quasi tutti coloro che si avventurarono nel
territorio dell’horror tradizionale finirono per produrre delle
semplici copie dei classici (con qualche eccezione, come Aickman): la
Jackson riuscì invece a produrre delle opere di straordinario
livello e originalità. Il suo talento narrativo apparve palese già
nel racconto La lotteria, pubblicato nel 1948 e considerato
uno dei capolavori della narrativa breve horror, e nel romanzo
psicologico Lizzie (1954), ma raggiunse il suo apice ne
L'incubo di Hill House (1959), che contende a Il giro di
vite di Henry James e ai migliori racconti di M. R. James la
palma di migliore “ghost story” di sempre. L’autrice pubblicò
nel 1962 il suo ultimo romanzo, Abbiamo sempre vissuto nel
castello, un horror non sovrannaturale.
Robert Bloch (1917-1994) è
stato uno dei pilastri dell’horror psicologico contemporaneo. Dopo
aver iniziato la sua carriera con la pubblicazione di un’antologia
di racconti lovecraftiani precedentemente pubblicati su Weird Tales,
Colui che apre la via (1945, Arkham House), si dedicò alla
narrativa dell’orrore e in particolare all’horror-thriller
incentrato su serial killer psicopatici. Il suo primo romanzo, La
sciarpa (1947), è già un autentico capolavoro del genere, ma il
suo più gran successo è sicuramente Psycho (1959), dal quale Alfred
Hitchcock trasse l’omonima trasposizione cinematografica. Al filone
dell’horror psicologico appartengono anche molti romanzi degli anni
seguenti (Il regno della notte, Gotico americano, Jack
lo Squartatore) e alcuni racconti (il più celebre dei quali è
Sinceramente tuo, Jack lo Squartatore, nel quale la storia
criminale è unita al sovrannaturale), ma Bloch si dedicò a tutti i
sottogeneri dell’horror, firmando opere lovecraftiane (L’ira
di Cthulhu), ghost stories (L’incubo di Lori) ecc. Vinse
un Premio Bram Stoker alla raccolta narrativa (The Early Fears),
un Premio Bram Stoker al racconto lungo (The Scent of Vinegar),
un Premio Bram Stoker al saggio (Once Around the Bloch) e, nel
1989, il premio Bram Stoker alla carriera.
Ray Bradbury (1920-2012) è
certamente il più noto, dopo Asimov, degli autori di fantascienza
degli anni ’50 (celebri i suoi Cronache marziane e Fahrenheit 451),
ma è stato anche un valentissimo scrittore dell’orrore.
Prediligendo la forma del racconto, ha prodotto un numero smisurato
di brevi storie, riunite in varie raccolte, tra le quali si ricorda
Paese d’ottobre (1955). Del 1962 è il romanzo Il popolo
dell'autunno, un interessante romanzo breve fantasy-horror,
considerato un piccolo capolavoro. Vinse un Premio Bram Stoker alla
raccolta narrativa (Tangerine) e nel 1988, insieme a Ronald
Chetwynd-Hayes, il premio Bram Stoker alla carriera.
Richard Matheson (1926-2013) è
lo scrittore centrale nel campo dell’horror popolare degli anni ’50
e ’60. Iniziata la carriera sulle pagine delle riviste pulp,
scrisse agli inizi degli anni ’50 due romanzi noir e venne lanciato
definitivamente da Io sono leggenda (1954), un noto romanzo
apocalittico che impiega in maniera del tutto originale la figura del
vampiro e che apre nello stesso tempo la strada al filone degli
zombie. Seguono altri romanzi, come Tre millimetri al giorno (1956),
al confine con la fantascienza, Io sono Helen Driscoll (1958), una
“ghost story” reinventata, La casa d'inferno (1971), sul tema
della casa maledetta. Ancor più originali sono i suoi racconti,
raccolti poi nelle antologie Shock 1 (1961), Shock 2
(1964), Shock 3 (1966), Shock 4 (1970), Incubo a
seimila metri (2004), Duel e altri racconti (2005). Vinse un Premio
Bram Stoker alla raccolta narrativa (Richard Matheson: Collected
Stories) e nel 1990, insieme a Hugh B. Cave, il premio Bram
Stoker alla carriera.
Gli anni esaminati furono abbastanza
densi di narrativa horror, scritti perlopiù da autori di
fantascienza, tra i quali basti menzionare Theodore Sturgeon (La
cosa, Killdozer!, Qualche goccia del tuo sangue),
Jack Williamson (Il figlio della notte), Harlan Ellison (Non ho
bocca, e devo urlare), Charles Beaumont (The Hunger and Other
Stories, Yonder), Philip K. Dick (Qualcosa per noi
temponauti), Thomas Disch (Scarafaggi, La costa
asiatica, Il taumaturgo), Colin Wilson (I parassiti
della mente, I vampiri dello spazio).
Il boom
Dopo l’apparire di autori quali
Robert Bloch e Richard Matheson, l’horror si sviluppò in maniera
straordinaria, ritornando però, dopo i fantascientifici anni ‘50 e
‘60, a situazioni più tradizionali. Oltre ai grandi scrittori dei
decenni precedenti, furono essenzialmente tre gli autori artefici di
quello che è noto come “boom” dell’horror. Furono loro infatti
a rilanciare il “brand”, ad attirare un pubblico molto più vasto
ed eterogeneo rispetto a quello delle riviste pulp e a permettere
negli anni seguenti un enorme dilagare di narrativa horror (di
qualità oscillante).
Il primo di questi autori è Ira Levin
(1929-2007), che nel 1967 pubblicò un celebre romanzo, Rosemary's
Baby, che portò alla ribalta il tema della possessione demoniaca e
degli influssi satanici (già riscontrabile in alcuni romanzi di
bassa lega pubblicati da Dennis Wheatley nei decenni precedenti e in
un interessante romanzo di Ray Russell del 1963, The Case Against
Satan). L’omonima trasposizione cinematografica di Roman
Polański è forse più nota del romanzo stesso. Nel 1996 fu
insignito, insieme a F.J. Ackerman, del Premio Bram Stoker alla
carriera.
Ancor più centrale per l’horror di
stampo demoniaco fu William Peter Blatty (1928-2017), autore del
celebre romanzo L’esorcista (1971), che narra della possessione
demoniaca della giovanissima Regan MacNeil da parte di un demone.
Ancora una volta il film da esso tratto, prodotto e sceneggiato dallo
stesso Blatty, è più conosciuto del romanzo stesso. Nel 1997 vinse,
insieme a Jack Williamson, il Premio Bram Stoker alla carriera.
Ricordiamo infine l’attore e
scrittore Tom Tryon (1926-1991), autore de L’altro (1971) e
de La festa del raccolto (1973), che, insieme alle due opere
citate in precedenza, sono i primi lavori di horror ad inserirsi nel
solco della narrativa popolare. Senza di loro è impossibile
comprendere il successo di autori successivi come Stephen King, James
Herbert, Clive Barker e altri.
Stephen King
Negli anni ’70, dopo l’“accensione
della miccia” da parte di romanzi come Rosemary’s Baby,
L’esorcista e L’altro, uno sterminato numero di
autori iniziò a pubblicare romanzi dell’orrore. Il racconto breve,
al contrario, subì una sorta di deflazione, che lo ha portato quasi
a scomparire ai nostri giorni. Dopo la breve epoca del romanzo
gotico, era stata la narrativa breve a rappresentare il mezzo
privilegiato dell’horror, per oltre un secolo e mezzo: ora vi era
un ritorno alla forma lunga, più adatta al mercato. Di tutti gli
autori lanciati in quegli anni, il più conosciuto è certamente
Stephen King (Portland, 21 settembre 1947 – vivente), che ha
superato i confini dell’horror ed è in breve diventato uno degli
autori americani più popolari al mondo. Dalla pubblicazione di
Carrie nel 1974, i suoi bestseller sono stati sempre tra i romanzi
più letti dal pubblico. Certamente King è uno dei più straordinari
narratori dell’ultimo cinquantennio: la sua prosa priva di fronzoli
si inserisce nel solco della grande narrativa americana realistica.
Così non è per le tematiche da lui trattate, che sono quasi sempre
fantastiche.
Con King l’horror raggiunge il suo
massimo splendore popolare. Nei suoi romanzi sono trattati i più
svariati temi della narrativa dell’orrore: il vampiro (Le notti di
Salem), il morto vivente (Pet Sematary), la presenza (Mucchio
d'ossa), il licantropo (Unico indizio la luna piena), i poteri
misteriosi e terribili (Carrie, La zona morta, L'incendiaria), la
macchina infernale (Christine, Buick 8), l’animale impazzito
(Cujo), lo psicopatico (Misery), il doppio (La metà oscura), la
creatura extraterrestre (Le creature del buio, L'acchiappasogni), i
miti lovecraftiani (Revival) e molti altri. Ha scritto anche romanzi
di diverso genere, catalogabili nel thriller (Colorado Kid),
nell’hard boiled (Mr. Mercedes, Chi perde paga, Fine turno), nel
fantasy (Il talismano, Gli occhi del drago), nella fantascienza (The
Dome, 22/11/'63), nella distopia (La lunga marcia, L'uomo in fuga) e
nel drammatico/fantastico (Il miglio verde). Si ricordano inoltre i
romanzi dedicati alle donne e alla violenza domestica (Il gioco di
Gerald, Dolores Claiborne, Rose Madder, La storia di Lisey).
Egli raggiunge il suo massimo
letterario sostanzialmente in tre romanzi: Shining (1977), che è uno
dei più bei libri sul tema della casa maledetta, L'ombra dello
scorpione (1978, poi ripubblicato nel 1990 nell’edizione completa),
un dark fantasy post-apocalittico di dimensioni epiche, e soprattutto
IT (1986), la storia di un gruppo di ragazzini (e poi adulti) e del
loro scontro contro l’omonima creatura. Quest’ultimo romanzo in
particolare, rappresenta la summa dei temi della letteratura
kinghiana.
I romanzi di King sono caratterizzati
da una straordinaria abilità nel tratteggiare i personaggi, la loro
psicologia e le loro situazioni familiari e sociali, e da una certa
tendenza a riunificare le varie storie in un unico universo
fantastico, grazie a numerosissime citazioni e rimandi interni. Ciò
avviene soprattutto con la saga fantasy/horror/fantascientifica La
torre nera (1982-2012), che rappresenta, per sua stessa ammissione,
“la madre di tutte le mie storie”, ricollegandosi direttamente o
indirettamente, con situazioni e personaggi, a gran parte della sua
narrativa (principalmente a Le notti di Salem, L’ombra
dello scorpione, Gli occhi del drago, It, Insomnia
e La casa del buio).
L’autore americano ha anche il merito
di non aver abbandonato la forma del racconto e del romanzo breve,
nella quale si destreggia sempre con abilità. Di particolare qualità
rimangono le sue prime raccolte di racconti, A volte ritornano (1978)
e Scheletri (1985), e le sua prime raccolte di romanzi brevi,
Stagioni diverse (1982) e Quattro dopo mezzanotte (1990). Tra quelle
più recenti si segnala la pluripremiata Notte buia, niente stelle
(2010).
Stephen King ha vinto tredici Premi
Bram Stoker: sei al romanzo (Misery, Il miglio verde,
Mucchio d'ossa, La storia di Lisey, Duma Key, Doctor
Sleep), tre alla raccolta narrativa (Quattro dopo mezzanotte,
Al crepuscolo, Notte buia, niente stelle), uno al
racconto lungo (Pranzo al "Gotham Cafe"), uno al
racconto (Herman Wouk è ancora vivo), uno al saggio (On
Writing: Autobiografia di un mestiere) e quello alla carriera nel
2002.
L’horror contemporaneo britannico
Negli anni ’70, in parallelo al
successo del giovane Stephen King, si sviluppa il successo di altri
scrittori dell’orrore, soprattutto nel Regno Unito e in America.
Il più grande degli scrittori horror
britannici contemporanei è certamente Ramsey Campbell
(1946-vivente), definito dal critico S. T. Joshi “il principale
scrittore horror della nostra generazione”. Iniziata la carriera
con la pubblicazione di una raccolta di racconti lovecraftiani, The
Inhabitants of the Lake and Less Welcome Tenants (Arkham House,
1964), raggiunge il successo e l’autonomia letteraria con la
raccolta di racconti Demons by Daylight (Arkham House, 1973) e
con il suo primo romanzo, La bambola che divorò sua madre
(1976), che rimane ancora oggi tra le sue opere migliori. Tra gli
altri suoi capolavori si ricordano i romanzi La faccia che deve
morire (1979, ripubblicato incensurato nel 1983), incentrato su
un serial killer psicopatico, Luna affamata (1986), una storia
di druidi e presenze malefiche, La casa a Nazareth Hill
(1996), che contende a L’incubo di Hill House e a Shining
il titolo di migliore romanzo sul tema della casa maledetta, e The
Grin of the Dark (2007), le raccolte di racconti Il sesso
della morte (1987) e Incubi & Risvegli (1991) e il
romanzo breve L’ultima rivelazione di Gla'aki (2013), che
segna il suo ritorno alle tematiche lovecraftiane. Le sue opere sono
caratterizzate da una prosa elevata e da uno straordinario gusto per
l’atmosfera, che le rendono stilisticamente superiori alle opere di
tutti gli altri autori degli ultimi anni. Ha vinto un Premio Bram
Stoker alla raccolta narrativa (Alone with the Horrors: The Great
Short Fiction of Ramsey Campbell 1961-1991), un Premio Bram
Stoker al saggio (Ramsey Campbell Probably: Essays on Horror and
Sundry Fantasies) e il Premio Bram Stoker alla carriera, insieme
a Roger Corman, nel 1998.
L’altro grande maestro della
narrativa horror contemporanea nel Regno Unito è lo scrittore,
regista e artista Clive Barker (1952-vivente), vicino per temi e
forme al movimento splatterpunk, caratterizzato da scene crude ed
esplicite. A differenza che in altri scrittori, però, in Barker tale
crudezza assume un velo poetico, che rende le sue storie le migliori
nel panorama dell’horror internazionale. I suoi capolavori
rimangono i sei Libri di sangue (1984-85, pubblicati in Italia
con i titoli Infernalia, Ectoplasm, Sudario, Creature, Visions,
Monsters), che contengono eccezionali racconti horror
sovrannaturali e psicologici, i romanzi Gioco dannato (1985) e
Cabal (1988) e il romanzo breve Schiavi dell’inferno
(1986), da cui egli stesso ha tratto il film cult Hellraiser
(1987). Le opere successive sono perlopiù ascrivibili al genere
fantasy e sono di livello inferiore alle precedenti (con qualche
eccezione: rimangono molto interessanti Il mondo in un tappeto,
Apocalypse, Imagica, La casa delle vacanze e la
serie di Abarat). Negli ultimi anni è ritornato all’horror
con Mister B. Gone (2007) e The Scarlet Gospels (2015).
Ha vinto un Premio Bram Stoker per il miglior romanzo per ragazzi
(Abarat. Giorni di magia, notti di guerra) e il Premio Bram
Stoker alla carriera nel 2012.
Tra gli altri autori britannici si
ricordano Angela Carter (La camera di sangue), James Herbert
(I topi, Nebbia), Brian Lumley (Necroscope, La
saga di Titus Crow) e Graham Masterton (Il Manitou).
L’horror contemporaneo in America
Negli Stati Uniti il successo
dell’horror è stato decisamente maggiore che in Gran Bretagna.
Anne Rice (1941-vivente) è
spesso ricordata come scrittrice horror, ma si ritiene che i suoi
romanzi non siano pienamente appartenenti al genere, in quanto
privilegiano scene e situazioni tipici della narrativa mainstream e
sentimentale. In ogni caso, Intervista col vampiro (1978) è
uno dei migliori romanzi sul tema del vampirismo e tratta la tematica
in un modo del tutto innovativo. Altri romanzi del periodo che
affrontano in maniera originale la figura del vampiro sono Hotel
Transilvania (1978) di Chelsea Quinn Yarbro, The Hunger
(1981) di Whitley Streiber e Il battello del delirio (1982) di
George R. R. Martin. Sia Anne Rice che Chelsea Quinn Yarbro sono
state insignite, rispettivamente nel 2003 e nel 2008, del Premio
Stoker alla carriera.
Uno dei più grandi scrittori horror
viventi è Peter Straub (1943-vivente), che nella sua carriera
ha privilegiato tre sottogeneri in particolare: la storia
sovrannaturale neogotica, il dark fantasy e il thriller psicologico.
Alla prima categoria appartengono i suoi primi romanzi (Julia,
Patto di sangue) e soprattutto il suo capolavoro, Ghost
Story (1979), che rielabora molte delle tipiche tematiche horror
in una maniera del tutto originale. Della seconda ricordiamo
Shadowland (1980) e Il drago del male (1983). Della
terza hanno particolare rilievo la Blue Rose Trilogy (Koko,
Mystery e The Throath) e La cosa oscura (2010).
Si segnalano anche i due romanzi scritti in collaborazione con
Stephen King, Il talismano (1984) e La casa del buio
(2001). Straub ha vinto cinque Premi Bram Stoker al romanzo (The
Throat, Mr. X, Lost Boy, Lost Girl, In the Night
Room, La cosa oscura), due Premi Bram Stoker al racconto
lungo (Mr. Clubb and Mr. Cuff, La ballata di Ballard e
Sandrine), un Premio Bram Stoker alla raccolta narrativa (Magic
Terror: Seven Tales) e il Premio Bram Stoker alla carriera nel
2005.
Un altro valentissimo autore è T. E.
D. Klein (1947-vivente), poco prolifico ma eccezionalmente abile nel
creare la suspense e il terrore, oltre che nella ricerca stilistica.
Egli ha scritto soltanto una decina tra racconti e romanzi brevi (i
quattro più noti sono raccolti ne Gli dei delle tenebre), un
romanzo (Cerimonia di sangue) e la sceneggiatura del film
Trauma di Dario Argento, ma tutti questi lavori dimostrano un
autentico talento, non riscontrabile in molti altri autori.
Più popolare è invece Dan Simmons
(1948-vivente), maestro non solo nel campo dell’horror, ma anche e
soprattutto in quello della fantascienza (i suoi Canti di Hyperion
sono ritenuti tra le migliori opere fantascientifiche degli ultimi
anni). I suoi maggior successi nella narrativa dell’orrore sono
Danza macabra (1989), un originale e lungo romanzo sul tema
dei vampiri, L'estate della paura (1991), un romanzo horror di
formazione, e L'inverno della paura (2002), sequel del
precedente. Ha vinto un Premio Bram Stoker al romanzo (Danza
macabra), un Premio Bram Stoker alla raccolta narrativa (Prayers
to Broken Stones), un Premio Bram Stoker al racconto (This
Year's Class Picture) e un Premio Bram Stoker al romanzo breve
(Morire a Bangkok).
Joe R. Lansdale (1952-vivente) è
uno degli scrittori più originali della narrativa americana
contemporanea. Autore di romanzi thriller, noir, western, umoristici,
fantascientifici e drammatici, è anche noto per i suoi romanzi e
racconti dell’orrore, caratterizzati da originalissimi e
improbabili fusioni di fantascienza, splatter e satira. Si ricordano
in particolare Il drive-in (1988) e i suoi due seguiti, Il
giorno dei dinosauri (1989) e La notte del drive-in 3. La gita
per turisti (2005). Ha vinto cinque Premi Bram Stoker al racconto
lungo (Nel lontano deserto delle Cadillac con il popolo dei morti,
The Events Concerning a Nude Fold-Out Found in a Harlequin
Romance, La grande burrasca, L'estate della rabbia,
Fishing for Dinosaurs), due Premi Bram Stoker al racconto (La
notte che si persero il film dell'orrore, The Folding Man)
e, nel 2011, il Premio Bram Stoker alla carriera.
Robert McCammon (1952-vivente) è
un autore che si inserisce tipicamente nella grande produzione di
bestellers del mercato moderno: ha scritto romanzi più che racconti
e non sembra curare particolarmente la forma. Ma a differenza di gran
parte della narrativa di questo tipo, ha una sua voce narrativa
personale e scrive delle storie originali. In particolare rimangono
di ottimo livello i romanzi La maledizione degli Usher (1984),
chiaramente ispirato a La caduta della casa degli Usher di
Poe, Tenebre (1987), un romanzo post-apocalittico, Mary
Terror (1990), uno straordinario horror psicologico, e Il
ventre del lago (1991), una storia di formazione sul modello di
It e L’estate della paura. Ha vinto tre Premi Bram
Stoker al romanzo (Tenebre, Mary Terror, Il ventre
del lago), due Premi Bram Stoker al racconto (The Deep End,
Mangiami) e, nel 2012, il Premio Bram Stoker alla carriera.
La figura di Thomas Ligotti (1953-) è
una delle più misteriose della letteratura contemporanea. Misantropo
e pessimista, si tiene lontano dai circuiti del successo, ma è
ritenuto da molti (in primis da Nic Pizzolatto, produttore della
serie True Detective), uno dei maestri della prosa moderna e il degno
erede letterario di Edgar Allan Poe e H. P. Lovecraft. I suoi
racconti, tra i quali spiccano quelli raccolti ne I canti di un
sognatore morto (1989) e Lo scriba macabro (1991), sono
fini horror filosofici, scritti in uno stile ricercato e dai toni
fortemente pessimistici. Ha vinto due Premi Bram Stoker al racconto
lungo (The Red Tower, My Work Is Not Yet Done) e un
Premio Bram Stoker alla raccolta narrativa (The Nightmare
Factory).
Si ricordano anche alcuni scrittori che
hanno prodotto una o due opere degne di note, ma in genere inferiori
alle precedenti: Karl Edward Wagner (I graticci di legno,
Lacune), David Seltzer (Il presagio), Richard Laymon
(La casa della bestia, L’isola), Dean Koontz
(Mostri), Charles L. Grant (I morti di Oxrun Station),
F. Paul Wilson (La fortezza), Dennis Etchison (The Dark
Country), John Saul (Gioco crudele), John Farris (Fury),
Joanne Fluke (Video Kill), Jack Ketchum (La ragazza della
porta accanto).
Sviluppi recenti
L’ultima generazione di scrittori
horror, attiva negli anni ’90 e 2000, sembra aver ritrovato in
parte una sua originalità di forme e contenuti, ma è ovviamente
meno numerosa di quella degli anni del boom.
La principale corrente del nuovo horror
è lo splatterpunk, che ha le sue origini nelle opere di alcuni
autori degli anni ’80 (Lansdale, Barker, George R.R. Martin,
Douglas E. Winter, Paul S. Sammon e altri) e caratterizzata da scene
particolarmente violente e tematiche forti (cannibalismo, stragi,
incesto, stupro ecc.). Alcuni racconti di questi autori vennero
raccolti nel 1990 in un’antologia dal titolo Splatter Punk,
che rappresenta l’inizio ufficiale della “scuola”. Il suo
massimo sviluppo avviene in autori quali Poppy Z. Brite (Lost
Souls, Disegni di sangue, Cadaveri squisiti),
Richard Christian Matheson (Created By), John Skipp e Craig
Spector (In fondo al tunnel), che mostrano in molti casi un
valido talento narrativo. Esiti ancor più crudi sono raggiunti dal
cosiddetto "horror hardcore", i cui principali esponenti
sono Charlee Jacobs (The Symbiotic Fascination, I giorni
della bestia) ed Edward Lee (The Bighead).
In direzioni del tutto diverse va la
narrativa dello scrittore e fumettista Neil Gaiman (1960-vivente),
autore di romanzi, racconti e fumetti fantasy e dark fantasy di
elevata qualità, caratterizzati da trame originali e situazioni
meravigliose o sottilmente inquietanti. In particolare si ricordano
la serie di fumetti Sandman (1989-1996), il romanzo American
Gods (2001), vincitore del premio Bram Stoker al romanzo, e le
raccolte Cose fragili (2006) e Il cimitero senza lapidi e altre
storie nere (2007).
Tra gli autori del nuovo millennio
hanno una particolare rilevanza lo svedese John Ajvide Lindqvist
(1968-vivente), che ha ripreso le classiche tematiche dell’horror
rielaborandole in maniera originalissima in romanzi come Lasciami
entrare (2004), L'estate dei morti viventi (2005), Il porto degli
spiriti (2008) ecc., Joe Hill (1972-vivente), figlio di Stephen King,
autore di racconti (Ghosts) e romanzi (La vendetta del diavolo,
NOS4A2) di indubbia qualità, Brian Keene (I vermi conquistatori),
Tim Curran (Cannibel Corpse, M/C, Nightcrawlers), Laird
Barron (The Imago Sequence and Other Stories, La
cerimonia), Jonathan Maberry (Ghost Road Blues), Sarah
Langan (The Missing, Audrey's Door), Simon Strantzas
(Soli carbonizzati), Nicole Cushing (Mister Suicidio).
Tra gli autori horror non anglosassoni si ricorda in particolare il
giapponese Koji Suzuki, autore del celebre Ring (1991).
Archetipi della letteratura horror
Nel corso dei decenni, la narrativa
horror è venuta a caratterizzarsi mediante figure archetipiche e
ricorrenti:
- il fantasma, strumento attraverso cui vengono alimentate la paura per l'oltretomba, il dolore per la perdita dei propri cari, il desiderio di ritrovarli e di entrare in contatto con loro, sia pure in un contesto assolutamente impalpabile e dalle conseguenze non prevedibili. Presente in molti racconti della classicità, la figura del fantasma, o spirito inquieto, o poltergeist trova alcune delle sue prime espressioni letterarie significative nell'Amleto di William Shakespeare, nel racconto satirico Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde. Nel Novecento su questo tema vengono scritte, tra le altre, opere particolarmente significative, come Il giro di vite (1898) di Henry James, L'incubo di Hill House (1959) di Shirley Jackson, L'altro (1972) di Thomas Tryon o Shining (1977) di Stephen King;
- il vampiro, che incarna la figura del "predatore", di chi esercita sulle proprie vittime una forma di predominio violento, che sottopone a schiavitù morale e fisica il debole e il pavido, ma che è anche un simbolo perverso dell'aggressività sessuale e della seduzione più morbosa. I capostipiti letterari di questo archetipo horror sono Il Vampiro (1819) di John Polidori e Dracula (1897) di Bram Stoker. In tutta la prima metà del Novecento, il vampiro ha trovato grande fortuna nel cinema, per poi essere riscoperto anche a livello letterario in opere significative come Io sono leggenda (1954) di Richard Matheson, Le notti di Salem (1975) di Stephen King, Intervista con il vampiro (1976) di Anne Rice, capostipite quest'ultimo di una lunga saga letteraria. Nel primo decennio del 2000 la figura del vampiro torna al centro dell'attenzione letteraria e mediatica, con particolare popolarità tra i giovani, grazie alla saga iniziata con il romanzo Twilight (appartenente al genere fantasy) di Stephenie Meyer e ad un'opera di inconsueta verosimiglianza come Lasciami entrare dello svedese John Ajvide Lindqvist: in entrambe queste opere, tuttavia, il vampiro diventa un personaggio positivo, capace di instaurare radicate relazioni sentimentali con normali esseri umani. Sono in qualche modo riconducibili all'archetipo del vampiro anche altre due tipologie ricorrenti di personaggi orrorifici:
- il demone, che anche in questo caso simboleggia una forma di predominio aggressivo, ingiusto, vorace e distruttivo, spesso perpetrato a danno di persone deboli ed innocenti (molte volte si tratta di donne, o di bambini e comunque di persone molto giovani, e pertanto più vulnerabili). Presente in tutte le principali tradizioni religiose, tanto pagane quanto monoteiste, il demone letterario trova un importante antesignano nel Lucifero dell'opera teatrale La tragica storia del Dottor Faust di Christopher Marlowe (e nelle numerose varianti del tema della tentazione demoniaca che sono state prodotte nei secoli a seguire). A questo archetipo si rifanno anche le vicende relative ai fenomeni di possessione diabolica, che traggono spunto da episodi biblici ed hanno avuto particolare successo nella seconda metà del Novecento, con la pubblicazione di romanzi divenuti celebri come Rosemary's Baby (1967) di Ira Levin, L'esorcista (1971) di William Peter Blatty, Il presagio (1975) di David Seltzer, tutte opere che rispecchiano una sorta di reazione ai tentativi di affrancamento della società moderna dalla pressione degli imperativi etici legati alla fede religiosa;
- lo stregone e lo scienziato pazzo. Pur essendo raramente causa principale ed immediata di orrore, l'archetipo dello stregone o dello scienziato è l'artefice delle situazioni paurose in cui si sviluppano molte trame dei romanzi di questo genere. Esso simboleggia la tracotanza della conoscenza, il fallimento del presunto dominio del sapere e delle arti. L'associazione tra stregone e paura alimenta la diffidenza dell'uomo comune per chi è ritenuto detentore di segreti ineffabili ed inarrivabili. Discendente diretto delle temute streghe che venivano arse sui roghi dalla Santa Inquisizione medievale per annullare gli effetti dei loro malefici, ma anche del leggendario Merlino del ciclo arturiano, come si è detto lo stregone della letteratura horror riveste ruoli analoghi a quelli del vampiro (nelle lingue mitteleuropee il termine strigoi individua entrambi). Lo scienziato pazzo trova l'esempio letterario più celebre nel medesimo dottor Frankenstein del capolavoro di Mary Shelley.
- il licantropo o lupo mannaro, simbolo sia di instabilità psicologica (non a caso soggetto, come molti malati di mente, all'influsso delle fasi lunari), sia dell'incontrollabile dominio delle pulsioni e degli istinti ferini, mai del tutto sopiti nell'uomo, che in molti casi prendono quindi il sopravvento sulla mente razionale. È figura leggendaria presente, come il vampiro, in tutte le culture umane, anche le più primitive. Sebbene sia presente nella letteratura (essendo, tra l'altro, una delle possibili incarnazioni fisiche del vampiro) il lupo mannaro è una figura dell'horror che ha finora avuto miglior fortuna soprattutto al cinema. Tra i più noti romanzi dedicati al tema della licantropia si ricordano La Maledizione Eterna (1922) di Jessie Douglas Kerruish, Il figlio della notte (1948) di Jack Williamson, Wolfen (1978) di Whitley Strieber e Unico indizio la luna piena (1983) di Stephen King. Una variante letteraria del lupo mannaro è il mutevole e duplice personaggio al centro del romanzo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886) di Robert Louis Stevenson.
- il mostro o creatura informe, dalla morfologia animalesca oppure "mutaforma", può essere il prodotto di esperimenti scientifici, della ribellione della natura o di influssi extraterrestri, oppure è l'abitatore di recessi ancora non conosciuti del mondo reale. In questa tipologia di archetipo ricorrente dell'horror, il cui capostipite sono senza dubbio il Golem della tradizione ebraica mitteleuropea (che compare nell’omonimo romanzo di Gustav Meyrink) ed il "mostro" di Frankenstein di Mary Shelley possono rientrare anche la mummia (Il gioiello delle sette stelle di Bram Stoker, La mummia di Arthur Conan Doyle, La mummia di Anne Rice), Mr. Hyde, lo yeti (Everest. Alba di sangue di Dan Simmons), l’alieno (i racconti di H. P. Lovecraft, It e L'acchiappasogni di Stephen King, L’invasione di Robert McCammon), il mostro della palude, l’animale preistorico, e così via. Una variante moderna di questo archetipo è:
- lo zombie, ovvero il morto vivente; anche questo personaggio si ricollega alla leggenda del vampiro, ma in epoca più recente lo zombie ha assunto un'identità propria ed è diventato più specificamente un corpo umano privo di mente, mosso da incontenibili istinti cannibaleschi, capace di suscitare particolari reazioni di ripulsa proprio perché, come simulacro vivente di un uomo privo dell'anima e della ragione, esso rappresenta una morbosa e grottesca dissacrazione del culto per i defunti, presente in modo trasversale in tutte le tradizioni e religioni umane. Proprio per questo è ricorrente nelle storie che riguardano gli zombie l'attacco da parte di persone care, tornate alla vita in questa versione inebetita e dissennata, parodia grottesca dell'essere vivente. Lo zombie viene introdotto, nell'era moderna, dal romanziere statunitense Richard Matheson: l'umanità mutante descritta nella sua opera seminale Io sono leggenda (1954) prende le mosse dal vampiro, ma con varianti tali da ispirare, alcuni anni dopo la sua pubblicazione, la realizzazione del film La notte dei morti viventi (1968) di George A. Romero, dove l'archetipo dello zombie trova la sua configurazione definitiva e ancora attuale.
Il romanzo horror in Italia
In Italia si registrano episodiche
escursioni in questo genere da parte di autori solo raramente
interessati alla narrativa fantastica, come Luigi Pirandello, Mario
Soldati. Più rilevante rimane l’importanza di scrittori dedicatisi
specificamente al genere fantastico, come Dino Buzzati (Sette piani,
Eppure battono alla porta, Paura alla Scala, Qualcosa era successo, I
topi, Non aspettavano altro) e Tommaso Landolfi (Il
racconto del lupo mannaro, Ombre, Il Mar delle Blatte,
Il babbo di Kafka).
Tra gli scrittori contemporanei, si
sono dedicati con prevalenza al genere horror autori come Eraldo
Baldini (Gotico Rurale), Valerio Evangelisti (con i romanzi
dei cicli dedicati all'inquisitore Nicolas Eymerich e a Nostradamus,
che si collocano ai margini tra il romanzo storico, la fantascienza e
l'horror), Gianfranco Nerozzi (Il cerchio muto), Alda
Teodorani, definita in diversi paesi "la regina dell'horror"
(Giù, nel delirio, Belve, Snake il vampiro della città morta),
Claudio Vergnani (Il 18º vampiro, A volte si muore),
Alessandro Manzetti (vincitore, con Eden underground, del
premio Bram Stoker alla raccolta poetica e autore di numerosi
romanzi, come Naraka e Shanti, pubblicati sotto lo
pseudonimo di Caleb Battiago), Nicola Lombardi (La cisterna).