È un’ipotesi che da decenni alimenta la narrativa fantascientifica e la speculazione filosofica, ma ora potrebbe trovare un solido appiglio nella fisica teorica. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Physical Review X, la possibilità che esistano mondi paralleli non è solo materia per romanzieri o registi, ma potrebbe costituire una spiegazione plausibile – e matematicamente formalizzata – per alcuni dei più sconcertanti fenomeni della meccanica quantistica.
Il team di ricerca, guidato da fisici della Griffith University di Brisbane (Australia) in collaborazione con l’Università della California a Davis, ha sviluppato un modello teorico noto come Many Interacting Worlds (MIW) – “Molti mondi che interagiscono” – che si propone come alternativa all’interpretazione quantistica più celebre: quella dei “Molti Mondi” di Hugh Everett III, formulata nel 1957.
Mentre l’interpretazione di Everett ipotizzava che ogni possibile esito di un evento quantistico desse origine a un universo distinto che si sviluppa in parallelo agli altri, il modello MIW elimina la necessità della “diramazione” infinita. Secondo gli scienziati australiani, esisterebbero già molteplici mondi indipendenti che coesistono e si influenzano attraverso una forza di repulsione. È questa interazione tra universi vicini a generare gli effetti quantistici osservabili, come l’indeterminatezza della posizione di una particella subatomica o il comportamento duale della luce, che si manifesta sia come onda sia come particella.
“Nel nostro modello, ogni universo è reale e autonomo, ma non isolato”, spiega il professor Howard Wiseman, direttore del Centre for Quantum Dynamics della Griffith University. “È l’interazione tra questi universi paralleli a generare il comportamento apparentemente bizzarro che la meccanica quantistica ci impone di accettare”.
Il gruppo di ricerca ha sviluppato simulazioni basate su 41 mondi paralleli e ha dimostrato come questo schema teorico riesca a riprodurre alcuni dei risultati più noti della fisica quantistica, inclusi esperimenti fondamentali come quello della doppia fenditura, che dimostra la dualità onda-particella della luce. Il fatto che la luce – e per estensione altre particelle – possa comportarsi in modi incompatibili con l’intuizione classica, troverebbe così un’interpretazione alternativa non più fondata sull’indeterminatezza assoluta, ma su un’interazione concreta tra universi adiacenti.
Il dibattito, naturalmente, è tutt’altro che concluso. Sebbene il modello MIW offra una prospettiva coerente con le leggi della fisica, rimane confinato alla sfera teorica. Nessun esperimento attualmente è in grado di confermare direttamente l’esistenza materiale di questi mondi paralleli o delle loro interazioni. Alcuni scienziati, come lo stesso Wiseman ha ammesso in un articolo su The Conversation, restano scettici: “La difficoltà principale di molte teorie sui mondi paralleli è definire chiaramente cosa si intenda per ‘osservazione’ e determinare quando esattamente si generino nuove ramificazioni. Il nostro modello evita questo problema, ma introduce nuove sfide interpretative”.
Eppure, l’ipotesi affascina, anche per le sue possibili implicazioni filosofiche. Se esistono infiniti mondi, ciascuno con lievi differenze rispetto agli altri, allora esisterebbero versioni alternative di ciascuno di noi: un alter ego che ha scelto una strada diversa, una carriera differente, un amore mai vissuto. Un concetto che il cinema ha saputo trasformare in emozione, come dimostrano film iconici quali Sliding Doors (1998) o il più recente Everything Everywhere All at Once (2022), dove le infinite versioni dell’identità personale sono esplorate in chiave esistenziale e metafisica.
Tuttavia, la fisica non è narrativa, e i fisici non sono narratori. La loro ambizione non è intrattenere, ma spiegare la natura della realtà. In quest’ottica, l’ipotesi dei mondi paralleli interagenti si inserisce in un lungo percorso che, da oltre un secolo, tenta di decifrare l’enigma della meccanica quantistica: una teoria straordinariamente precisa nelle sue previsioni sperimentali, ma ancora avvolta nel mistero concettuale.
In effetti, il cuore della meccanica quantistica resta il paradosso. Celebre è l’esperimento mentale del “gatto di Schrödinger”, ideato nel 1935: un felino chiuso in una scatola, vivo e morto allo stesso tempo fino all’apertura del contenitore, a causa dell’indeterminatezza dello stato quantistico. Interpretazioni come quella dei “Molti Mondi” o, ora, quella dei “Molti Mondi Interagenti”, cercano di fornire un contesto più razionale a questi dilemmi, ponendo la questione in termini di realtà multiple anziché di probabilità.
Naturalmente, il modello MIW, per quanto elegante, non è ancora verificabile sperimentalmente. Nessun rivelatore quantistico ha ancora catturato un segnale proveniente da un altro universo. E forse, mai lo farà. Ma la forza della scienza non risiede solo nella verifica, bensì anche nella capacità di generare modelli che aprano nuovi orizzonti alla comprensione.
Nel frattempo, l’idea che la nostra realtà possa essere solo una delle tante continua a esercitare un fascino irresistibile. Se confermata, non solo cambierebbe per sempre la nostra visione del cosmo, ma riformulerebbe in profondità anche il nostro concetto di identità, libertà e destino.
Forse, in un altro mondo, la conferma è già arrivata.
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