sabato 5 febbraio 2022

Apuleio

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Lucio Apuleio (Madaura, 125 – 170 circa) è stato uno scrittore, sacerdote, filosofo e mago romano di scuola platonica.
È noto in particolare per la composizione del romanzo Le metamorfosi (o Asino d'oro). Il prenome Lucio, come tradotto dai codici, risulta sospetto, a causa dell'omonimia con il protagonista-narratore di quest'opera.

Biografia

Nascita e formazione

Apuleio nacque intorno al 125 presso Madaura, un piccolo ma importante centro situato nella provincia romana della Numidia.
La sua famiglia, di etnia berbera, era benestante ed influente: il padre fu duumviro, la più alta magistratura municipale, e lasciò ai suoi due figli una consistente eredità di quasi due milioni di sesterzi; Apuleio consumerà la sua parte in viaggi. I primi studi grammaticali e retorici li segue a Cartagine. Qui Apuleio approfondisce poesia, geometria, musica, e soprattutto filosofia, i cui studi sono terminati successivamente ad Atene. S'interessa anche dei riti misterici: a Cartagine dei misteri di Esculapio, il corrispettivo romano del dio greco della medicina e della guarigione Asclepio, e ad Atene dei misteri eleusini.

Viaggi

(LA)
« utpote peregrinationis cupiens impedimentum matrimoni aliquantisper recusaueram »
(IT)
« bramoso com'ero di viaggiare, respinsi per qualche tempo l'impaccio del matrimonio »
(Lucio Apuleio, Apologia o Pro se de magia, LXXIII, 7)



Apuleio è un grande amante dei viaggi: brillante conferenziere e curioso d'ogni scienza, filosofia o culto, è a lungo una specie di clericus vagans del suo tempo. Alcune tappe del suo pellegrinaggio segnano particolarmente il suo vissuto e la sua sensibilità. Recatosi a Roma, è iniziato al culto di Osiride e di Iside e intraprende con successo la carriera dell'avvocato. Prosegue per l'Egitto, Samo (isola natale di Pitagora), Gerapoli e l'Oriente. Qui approfondisce la sua cultura filosofica e religiosa.

Il processo per magia

(LA)
« Aggredior enim iam ad ipsum crimen magiae »
(IT)
« Eccomi così arrivato all'accusa di magia »
(Lucio Apuleio, Apologia o Pro se de magia, XXV, 5)



Sulla via di Alessandria, Apuleio sosta a Oea (l'odierna Tripoli), dove si imbatte in un vecchio compagno di studi, Ponziano, che lo trattiene offrendogli ospitalità. La madre di Ponziano, Emilia Pudentilla è vedova, non bella, ma particolarmente benestante. Pudentilla vuole sposarsi con Apuleio, perché fidato amico e, in quanto filosofo, indifferente alla ricchezza. Apuleio, inizialmente ritroso, cede alle insistenze della donna e si uniscono in matrimonio. Dì lì a breve, Ponziano muore e i parenti di Pudentilla, per timore di perdere la ricca eredità, accusano Apuleio di aver sedotto la vedova con incantesimi e magie per estorcerle il lascito; vorrebbero accusarlo di aver ucciso Ponziano ma non hanno prove a sufficienza. Dunque rimane l'accusa di magia: viene accusato non di usare la magia sporadicamente ma di farne un uso costante e di esercitare la professione di mago (tale reato veniva punito con la pena capitale).
È avviato un processo a suo carico, che viene celebrato a Sabratha, in Tripolitania, di fronte al proconsole romano Claudio Massimo, si suppone tra la fine del 158 e gli inizi del 159. Questa bega legale espone Apuleio addirittura alla pena capitale, in osservanza della lex Cornelia de sicariis et veneficis emanata dal dittatore Silla nell'81 a.C. Anche grazie all'orazione difensiva, poi pubblicata col titolo di Apologia o Pro se de magia, Apuleio viene assolto, o almeno così si può dedurre dal tono trionfale nella stessa.

Gli ultimi anni

Per merito delle sue pubblicazioni, Apuleio riscuote grande fama di filosofo platonico. Ritornato a Cartagine, la sua gloria viene riconosciuta con la sua investitura a sacerdos provinciae ("sacerdote della provincia"), una carica di grande prestigio religioso e civile: gli è affidato il culto dell'imperatore e di Roma, ma anche funzioni di governo e di rappresentanza. Muore dopo il 170, anno a cui risalgono le ultime notizie a suo riguardo. Ma probabilmente le Metamorfosi contengono allusioni o riferimenti ad un rescritto di Marco Aurelio e Commodo del 177 e ciò sposterebbe la data di composizione dell'opera e quindi della morte dell'autore circa al 180.

Stile e linguaggio

Apuleio usa uno stile prosastico ibrido: da un lato è manieristico, imitazione dello stile dell'età repubblicana (da qui, l'uso di termini, che si rifanno alla poetica di Catullo), e di arcaismi; dall'altro è innovativo, ricorrendo a termini del dialetto latino africano e neologismi, ai quali si aggiunge l'uso di espressioni colloquiali e gergali.
Ne Le metamorfosi, si fa più marcata la distanza dal modello ciceroniano di concinnitas e l'avvicinamento ad una maggiore suggestività, realizzata attraverso la musicalità, il ritmo e le figure sonore.
Apuleio è, inoltre, seguace della Seconda sofistica (conosciuta anche come Nuova sofistica e Neosofistica), un movimento culturale sviluppatosi in Grecia tra il II secolo e il VI secolo che riprende l'uso della dialettica e della retorica sofistica, della forma; ma abbandonandone i temi filosofici ed etici, il contenuto. Apuleio si distingue, infatti, per la sua abilità retorica. Ne dà prova nelle sue conferenze, verbalizzate nei Florida, di quand'è viaggiatore, come nel discorso difensivo, rivisto e trascritto nell'Apologia, di quando è più maturo.

Rapporto tra magia e filosofia

Il II secolo, età in cui visse Apuleio, è segnato da una profonda crisi spirituale. Il cosmopolitismo si afferma nell'Impero romano e decade il valore della cittadinanza romana, che legava il civis romanus alla res publica. Questa tendenza centrifuga favorisce un conseguente riflusso nel privato, concentrando l'attenzione sulle problematiche e sugli affanni che più interessano l'individuo, come la paura della morte e della perdita dell'«io». Per trovar conforto da queste angosce, l'uomo del II secolo adotta un atteggiamento sempre più rivolto al misticismo, che interessa tutti i campi culturali.
All'interno di questo contesto, Apuleio aderì al medioplatonismo, che ben incorpora tutte le tendenze della sua epoca. Il medioplatonismo è una corrente filosofica sviluppatasi tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C., che riprende le dottrine non scritte di Platone. Esso, talvolta, si rivolge anche ad altre tradizioni di pensiero, come il pitagorismo e l'orfismo, che vertono su un forte misticismo in grado di spingersi oltre un'indagine puramente materiale della realtà.
La componente mistica è fondamentale nella visione medioplatonica: essa è la via di separazione dal proprio corpo che costringe l'anima come in una prigione, e della conseguente ascensione verso il divino. Apuleio dimostra la sua adesione a questa corrente filosofica in modi diversi. I primi riscontri si trovano nel trattato filosofico De deo Socratis, che espone la sua visione filosofica in relazione a quella socratica, quindi nella dottrina demonologica esposta da Apuleio. Allo stesso modo, manifestazione dell'affiliazione dell'autore col medioplatonismo è anche il suo forte interesse per la magia, i rituali e i culti misterici. Gran parte della sua formazione è sicuramente dedicata, infatti, ai misteri di Esculapio e ai misteri eleusini. La stessa vicenda di Lucio, il protagonista de Le metamorfosi, riconosciuta come fortemente autobiografica, conferma la sua dedizione alla magia.

Le opere

Apuleio scrisse moltissimo, in versi e in prosa, in greco e in latino ma molti dei suoi scritti sono andati perduti; quelli pervenuti sono Le metamorfosi e alcune opere minori.

Le metamorfosi

L'opera maggiore di Apuleio è certamente Le metamorfosi, unico romanzo in lingua latina risalente all'epoca romana pervenutoci integralmente. È diviso in 11 libri. L'opera è conosciuta anche col titolo L'asino d'oro, indicato da sant'Agostino in De civitate Dei XVIII, 18. La trama del romanzo presenta notevoli somiglianze con un'operetta greca Lucio o l'asino conservata tra quelle di Luciano di Samosata (il neosofista contemporaneo di Apuleio), le due opere probabilmente sono da ricondurre ad una fonte comune. Importante nelle Metamorfosi è il rapporto dell'autore con la tradizione della fabula Milesia. Apuleio fa spesso riferimento a tale genere letterario, fin dalle prime parole del proemio rivolte al lettore.

Opere minori

Apuleio è autore di diversi scritti di filosofia e retorica, di inferiore rilevanza letteraria rispetto a Le metamorfosi. Alcuni di questi non sono pervenuti all'età moderna.

Opere pervenute

Le opere pervenute all'età moderna sono filosofiche e retoriche.
Quelle di argomento filosofico:
  • De mundo, rifacimento d'ispirazione stoica dell'omonimo trattato pseudoaristotelico e risalenti al periodo della giovinezza.
  • De Platone et eius dogmate ("Su Platone e la sua dottrina"), sintesi della fisica e dell'etica di Platone. Si suppone dovesse esser seguita da una logica, probabilmente Perì ermeneias. Emergono le teorie misteriche ed iniziatiche proprie di Apuleio.
  • De deo Socratis ("Sul demone di Socrate"), trattato filosofico che esamina la teoria demonologica di Socrate e ne espone una propria in modo articolato. È influenzato dalle filosofie orientali: i demoni assumono forma angelica di intermediari tra gli dèi e gli uomini e presiedono a rivelazioni e presagi.
Quelle di argomento retorico:
  • Apologia o Pro se de magia liber, trascrizione del discorso difensivo, successivamente rielaborato e diviso in due libri, pronunciato al processo per magia del 158. Costituisce l'unica orazione giudiziaria di età imperiale a noi pervenuta. l'opera è suddivisa in due parti: nella prima parte Apuleio si dedica ad un excursus sulla magia affermando che per alcuni popoli il mago era considerato un sacerdote, mentre nella seconda parte ritorna sulla questione di Pudentilla e inizia la sua apologia spiegando la questione dal suo punto di vista. Per quanto riguarda lo stile, nell'opera si rintracciano tutte le tecniche compositive di Apuleio: folgorazioni, sospensioni, parallelismi, allitterazioni ed altre nuove espressioni. C'è un largo uso dell'ironia e altre tecniche oratorie di gusto neosofistico. Per quanto riguarda i contenuti, lo scritto è fortemente autobiografico, grande fonte, quindi, di informazioni riguardo alla vita dell'autore. Il carattere autobiografico è, tuttavia, romanzato: la figura dell'autore appare emblematica, quasi mitica. L'orazione è incentrata a marcare la differenza d'intenti tra filosofia e magia: riflessione, purificazione e innalzamento spirituale, la prima; danno alle altre persone, la seconda.
  • Florida ("Fiori vari", quindi florilegio, in cui si rintraccia l'etimologia di "antologia"), raccolta in 4 libri di 23 estratti di declamazioni epidittiche, discorsi tenuti durante i suoi pellegrinaggi, specialmente a Roma e Cartagine. Emerge una grande varietà di tematiche. Vi è, però, un maggior interesse per l'aspetto formale: Apuleio vuole ottenere il plauso del pubblico.

Opere pervenute parzialmente o non pervenute

Ad Apuleio sono ascritte diverse opere andate perdute. Queste interessavano diversi campi culturali: cultura generale (Quaestiones conviviales, De republica, De proverbiis, Epitome historiarum), scienza (De arboribus, De piscibus, De re rustica, Naturales quaestiones, De musica, De arithmetica) e letteratura (Ludicra, Hymni in Aesculapium e Carmina amatoria, di cui rimangono conservati solo due epigrammi in Apologia 9). A queste opere vanno aggiunte una traduzione del Fedone e de La Repubblica platoniche, la traduzione de L'arte aritmetica di Nicomaco di Gerasa e Hermagoras, ritenuto da molti un romanzo.

Pseudo Apuleio

Vi è, inoltre, in corpus di opere di discussa ascrivibilità (lo "Pseudo Apuleio"), che si sospettano non autentiche ma solo legate alla fama di Apuleio taumaturgo e guaritore.
Tra queste, il trattatello di logica Perì hermeneias, che forse doveva seguire il De Platone et eius dogmǎte, Physiognomonĭa, De remediis salutaribus e De herbarum virtutibus.

Fortuna

Apuleio godette di un'eccezionale fama già da vivo: sappiamo di due statue erettegli dai Cartaginesi e di altre anche altrove (ne parla lui stesso in Florida 16), e disponiamo della lapide del basamento di una statua a lui dedicata dai suoi concittadini di Madaura. L'Africa dell'ultimo paganesimo esaltò Apuleio per il profondo afflato religioso del libro X delle Metamorfosi e per le sue virtù di mago e taumaturgo, contrapponendo i suoi miracoli, e quelli di Apollonio di Tiana, ai miracoli di Cristo. All'inizio del V secolo Apuleio diventa bersaglio dell'apologetica cristiana. La voce meno ostile è quella dell'africano Agostino, che proprio a Madaura studia fino ai sedici anni (Confessiones). Agostino non mostra di credere ad Apuleio mago, né ai suoi miracoli (Epistulae 138), rispetta e combatte l'Apuleio filosofo neoplatonico e la sua teoria dei demoni, apprezza molto però lo scrittore e il retore e soprattutto battezza le Metamorfosi col titolo L'Asino d'oro, titolo con cui il romanzo è conosciuto nel Medioevo.
Per secoli di Apuleio si lessero solo le opere filosofiche, finché con l'Umanesimo l'interesse si spostò sulle Metamorfosi. Il vero riscopritore delle Metamorfosi è Boccaccio, che copia il romanzo già intorno al 1338. La prima traduzione in volgare del romanzo apuleiano fu del Boiardo nel Quattrocento, seguita dalla rielaborazione dei primi dieci libri dal Firenzuola col titolo di L'Asino d'oro (1525). Non solo in Italia, ma in tutta l'Europa le Metamorfosi si diffusero in ottime e numerosissime traduzioni, esercitando un influsso senza confronti per vastità, consistenza e continuità sulle singole narrative nazionali: oltre alla novellistica, da ricordare anche i romanzi picareschi e, in età romantica, quelli di magia e visionari.

venerdì 4 febbraio 2022

Aradia, o il Vangelo delle Streghe





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Aradia, o il Vangelo delle Streghe è un libro scritto nel 1899 da Charles Godfrey Leland. Il libro è un tentativo di descrivere le credenze e i rituali di una oscura tradizione religiosa stregonesca toscana che, afferma Leland, era sopravvissuta per secoli fino alla scoperta della sua esistenza nel decennio del 1890. Vari studiosi hanno contestato la veridicità di tale affermazione. In ogni caso il libro è diventato uno dei testi da cui almeno in parte hanno tratto ispirazione i movimenti neopagani della Wicca e della Stregheria.
Il testo ha una struttura mista. Parte di esso si propone come la traduzione inglese, per mano dell'autore, di un manoscritto originale italiano, il cosiddetto Vangelo. Leland riferisce di averlo ricevuto dalla sua principale fonte di informazioni sulle tradizioni della stregoneria italiana, una donna che lo scrittore chiama Maddalena. Il resto del materiale è il frutto delle ricerche di Leland sul folklore e sulle tradizioni italiane, tra cui altre informazioni fornite da Maddalena. Leland venne a conoscenza dell'esistenza del Vangelo nel 1886 ma Maddalena impiegò undici anni per procurargliene una copia. Dopo aver tradotto e sistemato il materiale occorsero altri due anni per la sua pubblicazione. I quindici capitoli descrivono le origini, le credenze, i rituali e gli incantesimi tradizionali della stregoneria pagana italiana. La figura centrale di quella religione è la Dea Aradia, venuta sulla terra per insegnare la pratica della stregoneria ai contadini perché si opponessero ai signori feudali e alla Chiesa Cattolica Romana.
L'opera di Leland restò poco conosciuta fino agli anni cinquanta, quando iniziarono a essere discusse anche varie altre teorie sulla sopravvivenza di rituali pagani. Aradia iniziò a essere valutato nel più ampio contesto di tali teorie e affermazioni. Gli studiosi sono divisi; alcuni valutano false le affermazioni di Leland sulle origini del manoscritto, mentre altri ne sostengono l'autenticità e lo considerano una documentazione unica sulle credenze popolari. Oltre ad aver attirato l'attenzione degli studiosi, Aradia iniziò a occupare un ruolo importante nella tradizione della Wicca gardneriana e dei suoi rami collaterali, sia perché fu usata come mezzo di prova della sopravvivenza in Europa della tradizione pagana, sia perché alcuni passaggi del primo capitolo del libro furono impiegati come ispirazione per scrivere alcuni testi di quella religione. A seguito del rinnovato interesse nei confronti del testo, questo è diventato di facile reperibilità grazie a numerose ristampe presso vari editori.

Le origini e le pubblicazioni

Charles Godfrey Leland era uno scrittore e studioso del folklore statunitense e trascorse vari anni a Firenze compiendo studi e ricerche sul folklore italiano. Aradia è uno dei frutti di tali ricerche. Anche se il nome a cui generalmente ci si riferisce quando si parla di Aradia è quello di Leland, il manoscritto che ne costituisce il corpo centrale viene attribuito alle ricerche di una donna italiana che Leland e la sua biografa, la nipote Elizabeth Robins Pennell, chiamano Maddalena. Secondo lo studioso del folklore Roma Lister, contemporaneo e amico di Leland, il vero nome di Maddalena era Margherita Taleni o Zaleni, e si trattava di una "strega" fiorentina che sosteneva di essere di discendenza etrusca e di conoscere gli antichi rituali.
Maddalena, nella corrispondenza con Leland, si firmava "Maddalena Talenti".
Leland dice di aver incontrato Maddalena nel 1886 e che per diversi anni essa divenne la sua principale fonte per quanto riguardava il folklore italiano. La descrive come un'appartenente a una tradizione magica che stava per scomparire; scrive che "grazie alla sua lunga pratica... aveva capito perfettamente quello che volevo e come riuscire a carpirlo da quelle come lei." Ricevette dalla donna diverse centinaia di pagine di materiale, che incluse nei suoi libri Etruscan Roman Remains in Popular Tradition, Legends of Florence Collected From the People e infine Aradia. Leland scrisse che aveva "capito che esisteva un manoscritto che fissava i principi della dottrina della stregoneria italiana" nel 1886 e aveva pregato Maddalena di trovarlo. Undici anni dopo, il 1º gennaio 1897, Leland ricevette una copia del Vangelo per posta. Il testo era scritto a mano da Maddalena e si convinse di essere entrato in possesso di un documento autentico dell'"Antica religione" delle streghe, spiegando però di non sapere se provenisse da fonti orali o scritte. La corrispondenza tra Maddalena e lo scrittore rivela che ella intendeva sposarsi ed emigrare negli Stati Uniti e che il Vangelo fu l'ultima cosa che Leland ricevette da lei.
La traduzione e rielaborazione di Leland fu completata all'inizio del 1897 e presentata a David Nutt per la pubblicazione. Trascorsero due anni, alla fine dei quali Leland scrisse a Nutt chiedendo la restituzione del manoscritto per poterlo presentare a un'altra casa editrice. La richiesta spinse Nutt ad accettare di pubblicare il libro, che uscì nel luglio 1899 con una piccola tiratura. Lo scrittore seguace della Wicca Raymond Buckland sostiene di essere stato il primo a ristampare il libro nel 1968 con la sua casa editrice "Buckland Museum of Witchcraft press", ma in realtà una ristampa britannica era stata fatta all'inizio degli anni sessanta dai due "Wiccens" Charles Cardell ("Rex Nemorensis") e Mary Cardell. Da allora il testo è stato ripetutamente dato alle stampe da diversi editori.
Solo negli anni ottanta -novanta del Novecento il libro venne tradotto dall'inglese in italiano in copie ciclostilate, circolanti tra gli appassionati, per infine venire pubblicato per la prima volta anche nel nostro paese.

Contenuto

Leland scrive che, dopo undici anni di ricerche, non fu sorpreso dai contenuti del Vangelo. Era abbastanza precisamente quanto si aspettava, eccetto il fatto che non pensava includesse dei passaggi in "prosa-poesia". Nell'appendice Leland commenta "Credo anche che in questo Vangelo delle streghe ci sia un credibile abbozzo perlomeno della dottrina e dei riti osservati durante i sabba. Adoravano divinità proibite e praticavano riti vietati, ispirati tanto a una forma di ribellione contro la società quanto alle loro passioni personali".
Il risultato finale del lavoro di Leland fu un volume di piccole dimensioni. Organizzò il materiale in quindici capitoli, aggiungendo una breve prefazione e un'appendice finale. La versione pubblicata include anche delle note e, in vari passi, anche il testo italiano originale che aveva tradotto. La maggior parte del testo di Aradia si compone di incantesimi, benedizioni e formule rituali, ma comprende anche racconti e miti che suggeriscono vi sia un'influenza sia dell'antica mitologia romana che del cattolicesimo. Tra i protagonisti dei miti vi sono Diana, una divinità solare chiamata Lucifero, il Caino della Bibbia, una divinità lunare e la figura messianica di Aradia. La stregoneria del "Vangelo delle streghe" è sia un formulario per lanciare incantesimi che il testo di una sorta di "contro-religione" anti-gerarchica in opposizione alla Chiesa Cattolica.

Tematiche

Interi capitoli di Aradia sono dedicati a rituali e formule magiche. Tra questi incantesimi per ottenere l'amore (Capitolo VI), una scongiurazione da recitare quando si trova una pietra bucata o una pietra rotonda per trasformarla in un amuleto per ottenere il favore di Diana (Capitolo IV), e il modo per consacrare farina e altri alimenti per una festa rituale in onore di Diana, Aradia e Caino (Capitolo II). La parte narrativa occupa la minoranza del testo e si compone di brevi racconti e leggende sulla nascita della religione delle streghe e sulle gesta dei loro dei. Leland riassume questi miti nell'appendice, scrivendo "Diana è la Regina delle Streghe; è associata a Erodiade (Aradia) nelle sue relazioni con la stregoneria; generò un figlio da suo fratello il Sole (Lucifero); come divinità lunare è in qualche modo associata a Caino, che è prigioniero sulla luna. Le streghe di un tempo erano persone oppresse dal regime feudale che tentavano di vendicarsi in ogni modo e che facevano orge in onore di Diana che la Chiesa definiva come l'eredità di Satana". Diana non è l'unica dea delle streghe ma nel capitolo III è presentata come una divinità creatrice che si divide tra luce e oscurità. Dopo aver generato Lucifero, Diana lo seduce assumendo la forma di un gatto, e finendo poi per generare Aradia, la loro figlia. Diana dimostra la potenza delle sue arti magiche creando "i cieli, le stelle e la pioggia" e diventando la "Regina delle Streghe".
Il capitolo I presenta le prime streghe come schiave che sono sfuggite ai propri padroni che iniziano delle nuove vite come "ladre e persone malvagie". Diana manda loro sua figlia Aradia per insegnare a queste ex schiave la stregoneria, della quale possono usare la potenza per "distruggere la malvagia stirpe degli oppressori". Le allieve di Aradia diventano così le prime streghe e perpetueranno quindi l'eredità di Diana. Leland fu colpito da questa cosmogonia: "in tutte le altre Scritture di tutti i popoli è l'uomo... a creare l'universo; Nella società delle streghe è la femmina a rappresentare il principio fondamentale".

La struttura

Aradia è composto di quindici capitoli, i primi dieci dei quali sono presentati come la traduzione di Leland del Vangelo manoscritto datogli da Maddalena. La sezione, composta principalmente da incantesimi e rituali, è anche la fonte della maggior parte dei miti e dei racconti contenuti nel testo. Alla fine del capitolo I c'è il passo in cui Aradia istruisce le sue seguaci su come praticare la stregoneria.
I primi dieci capitoli non sono solo la diretta traduzione del Vangelo; Leland fornisce anche i suoi commenti e annotazioni su alcuni passaggi, mentre il capitolo VII è composto da altro materiale relativo al folklore italiano raccolto da Leland. Il medievalista Robert Mathiesen sostiene polemicamente che in realtà il manoscritto costituisca una parte minore dell'Aradia, dicendo che solo i capitoli I, II e la prima metà del IV corrispondano alla descrizione del manoscritto fatta da Leland, e suggerendo che il resto del materiale provenga da testi diversi raccolti da Leland tramite Maddalena.
I rimanenti cinque capitoli contengono in tutta evidenza altro materiale che Leland credeva avesse una certa attinenza con il Vangelo, acquisito durante la sua ricerca sulla stregoneria italiana, in particolare mentre stava lavorando a Etruscan Roman Remains e Legends of Florence. I temi affrontati in questi capitoli aggiuntivi si differenziano sotto vari profili dai primi dieci, e Leland li include in parte per "confermare il fatto che l'eredità di Diana coesistette per un lungo periodo con la Cristianità".
Il capitolo XV, ad esempio, presenta un incantesimo per evocare Laverna per mezzo dell'utilizzo di un mazzo di carte da gioco. Leland motiva la sua inclusione notando che Diana, come è ritratta nell'Aradia, viene adorata dai fuorilegge e Laverna era le dea romana dei ladri.
In diversi punti Leland lascia il testo italiano che stava traducendo. Secondo Mario Pazzaglini, autore della traduzione del 1999, il testo italiano presenta lettere o parole mancanti ed errori grammaticali ed è scritto in italiano standard invece che nel dialetto locale che sarebbe lecito aspettarsi. Pazzaglini conclude che l'Aradia rappresenta del materiale tradotto in italiano dal dialetto e quindi nuovamente tradotto in inglese, creando così un'accumulazione di testi, alcuni dei quali riportati in modo errato. Leland stesso definì il testo "una raccolta di cerimoniali, incantesimi e testi tradizionali", descrivendo il proprio lavoro come un tentativo di raccogliere materiale "di curiosi e interessanti resti della tradizione orale latina ed etrusca" che temeva sarebbero andati perduti. Non esiste alcuna continuità o coesione narrativa neppure nelle parti che Leland attribuisce al Vangelo. Tale mancanza di coesione, questa "inconsistenza" secondo lo studioso delle religioni Chas S. Clifton è un argomento a sostegno dell'autenticità del testo, dal momento che non mostra di essere stato in alcun modo "aggiustato... per i futuri acquirenti del libro".

Controversie sul testo

Lo scritto di Leland afferma senza alcun dubbio che "Le streghe costituiscono tuttora una frammentata società segreta o setta, che definiscono i seguaci dell'Antica Religione, e che in Romagna ci sono interi paesi in cui tutti gli abitanti sono pagani". Partendo da tale convinzione Leland ipotizzò che "L'esistenza di una religione presuppone la presenza di una Scrittura, e in questo caso si potrebbe ammettere, quasi senza doverlo neppure verificare, che il Vangelo delle Streghe è un'opera davvero antica... con ogni probabilità la traduzione di un qualche testo di epoca latina più o meno tarda."
Le affermazioni di Leland sulla genuinità del manoscritto, o addirittura il fatto stesso che lo abbia effettivamente ricevuto, sono state poste in discussione. Dopo la pubblicazione avvenuta nel 1921 di The Witch-cult in Western Europe di Margaret Murray, che ipotizzava che la caccia alle streghe fosse in realtà stata una persecuzione diretta contro una forma sopravvissuta di religione pagana, nel 1929 il libro della statunitense Theda Kenyon Witches Still Live mise in connessione le tesi della Murray con la religione delle streghe di Aradia. Le argomentazioni portate contro la Murray finirono per comprendere anche argomentazioni che si dirigevano contro Leland. lo studioso della stregoneria Jeffrey Burton Russell dedicò parte del suo libro, pubblicato nel 1980, A History of Witchcraft: Sorcerers, Heretics and Pagans alla confutazione di quanto scritto in Aradia, delle tesi della Murray e de La Sorcière di Jules Michelet (1862), altro testo che teorizzava che la stregoneria fosse in realtà una religione sommersa. A Razor for a Goat dello storico Elliot Rose liquidò Aradia come una raccolta di incantesimi che tentavano senza riuscirci di descrivere una religione. Nel suo Triumph of the Moon lo storico Ronald Hutton riassume la disputa sostenendo che potrebbe avere tre possibili soluzioni:
  1. Il manoscritto del vangelo è il testo autentico di una religione mai fino ad allora scoperta altrimenti.
  2. Maddalena scrisse il testo, con o senza l'aiuto di Leland, prendendo spunto dalla propria esperienza e conoscenza del folklore e della stregoneria.
  3. Il documento è stato interamente scritto da Leland.
Hutton è scettico, non solo riguardo all'esistenza della religione che Aradia sostiene di descrivere, ma anche sull'esistenza di Maddalena, e suggerisce che è più probabile che Leland abbia scritto tutta la storia da solo piuttosto che si sia fatto gabbare così facilmente da una fattucchiera italiana.
Clifton si distacca dalla posizione di Hutton, scrivendo che equivale a un'accusa di "grave truffa letteraria" portata con un argumentum ad ignorantiam perché una delle principali obiezioni di Hutton è che Aradia è diverso da qualsiasi altro testo finora ritrovato della letteratura medievale
Anche Mathiesen rifiuta la terza ipotesi, sostenendo che mentre i brani del libro scritti in inglese erano stati profondamente revisionati durante il processo di scrittura, le parti in italiano, al contrario, quasi non erano state toccate, tranne piccoli ritocchi "esattamente del tipo che avrebbe fatto un correttore di bozze confrontando la propria copia con l'originale". Quest'osservazione porta Mathisen a concludere che Leland stava lavorando su un ancora esistente originale italiano che descrive come "autentico ma non rappresentativo" di una tradizione popolare più vasta. L'antropologa Sabina Magliocco prende in considerazione la prima opzione, ovvero che il manoscritto di Leland descriva una tradizione popolare che fa riferimento a Diana e al culto di Erodiade nel suo articolo Who Was Aradia? The History and Development of a Legend. La Magliocco scrive che Aradia "potrebbe rappresentare la versione del XIX secolo della leggenda dei culti di Erodiade, che incorpora materiali di epoca più tarda, influenzati dal satanismo medievale: la presenza di "Lucifero", il diavolo cristiano, la pratica della magia, le danze eseguite nudi sotto la luna piena".

L'influenza sulla Wicca e sulla Stregheria

La Magliocco definisce Aradia "il primo vero testo della rinascita della stregoneria nel XX secolo" e il libro è in effetti ripetutamente citato come estremamente importante per lo sviluppo del culto Wicca.
Il testo apparentemente conforta la tesi di Margaret Murray che la stregoneria della prima epoca moderna e del Rinascimento rappresenti le usanze sopravvissute di antiche credenze pagane; dopo la pretesa di Gerald Gardner di aver incontrato seguaci della religione delle streghe nell'Inghilterra del XX secolo le opere di Michelet, della Murray e di Leland furono d'aiuto per sostenere perlomeno la possibilità che un simile culto possa essere davvero sopravvissuto.
L'Incarico della Dea, un'importante forma di liturgia usata nei rituali della Wicca, è ispirata al discorso di Aradia presente nel primo capitolo del libro. Parti del discorso comparvero in una delle prime versioni del rituale della Wicca gardneriana. Secondo Doreen Valiente, una delle sacerdotesse del culto gardneriano, Gardner rimase sorpreso del fatto che la Valiente stessa si fosse accorta che il materiale proveniva dal libro di Leland. La Valiente quindi decise di riscrivere il passaggio sia in prosa che in versi, mantenendo comunque la metrica tradizionale di Aradia. Alcune tradizioni Wicca si servono del nome "Aradia", o Diana, per riferirsi alla dea o alla Regina delle Streghe, e Hutton scrive che i primi rituali gardneriani usavano il nome "Airdia", una deformazione di Aradia. Hutton inoltre suggerisce che la ragione per cui la Wicca comprende pratiche di nudità rituale sia uno dei versi presenti in Aradia:
"Sarete liberi della schiavitù!
E così diverrete tutti liberi!
Però uomini e donne
Sarete tutti nudi, per fino.
Che non sarà morto l'ultimo
Degli oppressori e morto..."
Accettando Aradia come l'origine di tale pratica, Robert Chartowich mette in evidenza la traduzione del 1998 di Pazzaglini, argomentando che la nudità rituale nella Wicca derivi dalla cattiva traduzione di queste righe da parte di Leland, che aveva aggiunto la formula "In your rites" (It. Nei vostri riti) in realtà assente.
Esistono peraltro accenni di epoca precedente alla nudità rituale tra le streghe italiane. La storica Ruth Martin afferma che era pratica comune restare "nude con i capelli sciolti sulle spalle" mentre recitavano gli incantesimi. Jeffrey Burton Russell osserva che "Una donna chiamata Marta venne torturata a Firenze verso il 1375; era accusata di aver disposto delle candele intorno a un piatto, di essersi tolta i vestiti e di essere rimasta nuda di fronte al piatto facendo dei gesti magici". Lo storico Franco Mormando così parla di una strega italiana:"Ed ecco che durante le prime ore della notte, questa donna apre la porta che dà sull'orto, esce completamente nuda con i capelli sciolti e inizia a fare gesti magici e recitare incantesimi..."
Aradia non è stata accolto dalla comunità neopagana solo in termini positivi. Clifton sostiene che testi moderni che pretendono di svelare la tradizione stregonesca pagana italiana, ad esempio quelli di Leo Martello e Raven Grimassi, devono essere messi in contrapposizione e confrontati con quanto c'è scritto in Aradia. Inoltre afferma che il cattivo rapporto con Aradia possa essere dovuto a una certa "insicurezza" tra i neopagani riguardo alla pretesa del movimento di interpretare un'autentica religione riemersa dal passato.
La Valiente dà un'altra spiegazione per la reazione negativa di alcuni neopagani nei confronti del testo, ovvero che l'identificazione di Lucifero come Dio delle Streghe presente in Aradia sia una cosa troppo "difficile da digerire" per seguaci della Wicca abituati al paganesimo romantico e moderato di Gardner, e molto determinati a negare qualsiasi relazione tra la stregoneria e il satanismo.
Clifton scrive che Aradia influenzò soprattutto i capi del movimento wiccan degli anni cinquanta e sessanta, ma che al giorno d'oggi il libro non compare più nella lista delle letture consigliate dagli adepti ai neofiti, né viene particolarmente citato nelle opere neopagane di più recente realizzazione. La nuova traduzione inglese del libro del 1988 ha un'introduzione scritta dallo scrittore wiccano Stewart Farrar, che sostiene l'importanza di Aradia scrivendo che "L'abile ricerca di Leland su una tradizione morente ha dato un importante contributo a una che vive ed è in crescita."

giovedì 3 febbraio 2022

Bacchetta magica

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La bacchetta magica è un bastoncino, diritto e sottile, di legno, metallo o altro materiale, approssimativamente lungo 30 cm (1 piede), e con una circonferenza di 25 mm (1 pollice) circa.
Esistono tre tipi di bacchetta magica:
  • la bacchetta magica vera e propria
  • il bastone
  • lo scettro o verga
che hanno lo stesso utilizzo.



mercoledì 2 febbraio 2022

Perché sempre più persone vogliono essere salvate dagli alieni

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Il documentario di Elisa Fuksas 'ALBE — A Life Beyond Earth' ci accompagna nella periferia di Roma tra chi spera negli alieni e in una vera e propria redenzione.
Parecchi anni fa (rubando la battuta di un film), chiedevo a chiunque incontrassi se, trovandosi nel finale del cult di fantascienza Incontri ravvicinati del terzo tipo, sarebbe o meno salito sulla navicella aliena. In base alla risposta, giudicavo se quella certa persona fosse curiosa dell’ignoto come me, o no.
Il significato che leghiamo a un’entità extraterrestre non è, però, sempre quello di avventura e accoglienza che racconta Incontri ravvicinati del terzo tipo. Anzi: negli ultimi anni, per un nutrito gruppo di persone, gli alieni sono piuttosto oggetto di una sorta di cultismo religioso più o meno intenso — rappresentano, in altre parole, la specie evoluta “promessa” che verrà a salvarci dai guai e redimerci dalle nostre esistenze.
La necessità di sentire di appartenere a qualcosa di superiore è ciò che lega i protagonisti di ALBE — A Life Beyond Earth, documentario diretto da Elisa Fuksas e co-prodotto da Tommaso Fagioli che sarà presentato in anteprima a Roma, Milano e Firenze a partire da oggi.
In ALBE, un gruppo di persone dall’età e dal vissuto personale disparati si ritrova nella periferia di Roma per osservare il cielo, per fare sedute spiritiche in cerca di un contatto, per condividere le esperienze inesplicabili che sentono di aver vissuto.
Il documentario ritrae le vite reali dei suoi personaggi come una favola surreale — tra eteree immagini di periferia romana e video-diari girati con lo smartphone. La narrazione principale è alternata da brevi momenti di confronto della regista stessa con un prete, con l’astronauta Chris Hadfield e con l’astrofisica Amalia Ercoli-Finzi, che offrono un contraltare significativo: il senso di estasi dell’astronauta nello spazio e l’entusiasmo dell’astrofisica nell’elencare le ragioni per cui non è possibile escludere l’esistenza di vita extraterrestre si tramutano in una fede cieca nei protagonisti del film — per cui l’alieno non è più una domanda, ma una risposta assoluta. E, come ha spiegato la regista in un’intervista l’anno scorso, questa risposta ha anche implicazioni politiche impossibili da ignorare.
Guardando ALBE è inevitabile chiedersi: come siamo arrivati a far coincidere la mitologia degli alieni con quella della salvazione? Quand’è che abbiamo smesso di avere paura degli alieni e iniziato, piuttosto, a desiderare di essere conquistati?
La risposta è ovviamente complessa e ha, probabilmente, una radice (comune a tante delle teorie del complotto contemporanee) nella morte delle grandi ideologie religiose, politiche e sociali, culminata con la fine degli anni Settanta. Abbiamo bisogno di qualcosa in cui credere e, per certi versi, gli alieni sono un’opzione valida come un’altra. Senza voler scomodare troppa storia contemporanea, però, il fatto che il rapimento alieno sia stato sostituito in tempi più recenti da una sorta di “beatificazione” aliena è indicativo, in sé, della nostra necessità di avere un ruolo positivo, di essere scelti, di essere speciali, all’interno di questa mitologia specifica.
E, allo stesso tempo, riflette forse il nostro più profondo senso di inadeguatezza alle emergenze in atto ora sulla Terra. Confidare nell’intervento alieno, in questo senso, ci solleva da ogni responsabilità più di qualsiasi altra cosa, fatta forse eccezione per quello divino.
Il cinema — tanto quello mainstream che quello sperimentale e documentaristico — ha assegnato ruoli estremamente diversi all’alieno, nel corso della sua storia. Dalla metafora socio-politica di L’invasione degli ultracorpi, alla funzione antagonista e distruttiva dei blockbuster d’azione, all’oggetto di mistero e complotto di X-Files, alla curiosità per l’ignoto di Incontri ravvicinati del terzo tipo, fino alla metafora sociale di District 9 e alla malinconia esistenziale di L’ignoto spazio profondo.
E, di riflesso, ha raccontato in qualche modo le persone che credono agli alieni: quando come ribelli a un dato sistema, quando come complottisti, quando come reazionari intenti a ristabilire uno status quo, quando come romantici.
ALBE, oggi, ci accompagna con delicatezza tra chi, in Italia, nelle periferie delle grandi metropoli, cerca un segno di vita aliena come conferma che non solo non siamo soli, ma che non siamo neanche perduti. Che siamo ancora meritevoli di una salvezza che arriva dall’alto — non importa quanto, ai fatti, le fantasie di salvazione possano apparire spurie davanti a un mondo che collassa più in fretta che mai.



martedì 1 febbraio 2022

Magia bianca

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La magia bianca è una pratica esoterica che, a differenza della magia nera, si propone di intervenire unicamente sui fenomeni della natura attraverso lo studio delle sue leggi per raggiungere la perfezione interiore, protezione, salute e prosperità.

Caratteristiche

Mentre la magia nera mira ad accrescere il potere del mago tramite l'invocazione di forze soprannaturali e paranormali, che vadano oltre le leggi naturali imposte alla realtà, la magia bianca intende operare in armonia con esse, ritenendo che ogni organismo, fenomeno o evento abbia un suo posto nel disegno universale stabilito da Dio, in quanto partecipe di un'unica Anima del mondo (concezione tipica del neoplatonismo che si ritrova ad esempio in Marsilio Ficino).
Più precisamente, chi fa della magia nera cerca di sottomettere le entità del cosmo al proprio volere (sovvertendone le leggi), chi fa della magia bianca sottomette invece la propria volontà alle leggi del cosmo. Ciò significa che per operare in armonia con l'universo occorreva sviluppare un senso morale basato sull'obbedienza a Dio e sul rispetto della sua volontà.
E poiché si pensava che la volontà divina coincidesse con la razionalità oggettivata del mondo, la magia bianca si proponeva di preservarla, e anzi di favorire la sua naturale evoluzione. La magia bianca si inseriva così nell'ottica tipica dei pensatori rinascimentali, i quali ritenevano che tutta la creazione, corrottasi a causa del biblico peccato originale, tendesse a ritornare verso la perfezione originaria. Come l'uomo tende verso la divinizzazione, così ogni elemento tende a ritornare verso la meta cui è stato assegnato (o entelechia), secondo la concezione aristotelica mescolatasi con quella platonica. Si cercava in un certo senso di risolvere la materia nello spirito; la magia bianca finì in tal modo per coincidere con l'alchimia, che si prefiggeva di costruire la pietra filosofale, al fine di trasmutare i metalli in oro, considerato la meta naturale di ogni elemento. L'oro era ricercato non a scopi di avidità o di possesso, ma per le sue proprietà intrinseche, essendo tra i metalli quello più incorruttibile (cioè più resistente al tempo), oltre ad essere un ottimo catalizzatore da usare nelle reazioni chimiche.
Gli interessi suscitati dalla magia bianca, rivolta esclusivamente allo studio della natura e al rispetto delle leggi in essa presenti, funsero così da apripista alla chimica moderna. L'opera dell'alchimista consisteva infatti essenzialmente nello studio empirico delle sostanze elementari e in esperimenti scientifici su di esse. Egli ne cercava le proprietà operando all'incirca come un chimico, catalogandole, tentando miscugli, introducendo nel suo lavoro fornelli ed alambicchi che saranno poi gli strumenti principali utilizzati dalla chimica come la intendiamo oggi.

Brevi cenni storici

In ambito ebraico ha avuto una notevole rilevanza lo studio e lo sviluppo di un alfabeto, introdotto da John Dee e da questi attribuito al patriarca Enoch, dal quale venne chiamato appunto enochiano, alfabeto ritenuto adatto a parlare con gli angeli e gli spiriti buoni, i quali venivano chiamati con dei nomi formulati in questo particolare linguaggio.
Intorno al Quattrocento vi fu Abramelin il mago, che nel suo grimorio parla di una magia sacra e bianca solo leggermente inferiore alla più famosa Cabbala; nel suo manoscritto intitolato La Magia Sacra egli afferma di poter comandare spiriti demoniaci, dopo averli fatti giurare, con l'aiuto del proprio angelo custode. Allora, tuttavia, le pratiche che miravano a sovvertire l'ordine naturale erano considerate di ispirazione diabolica, e furono condannate dalla Chiesa durante tutto il Medioevo e il Rinascimento.
Nel XIX secolo uno dei grandi studiosi di magia in generale, ma dedito alla magia bianca fu Eliphas Lévi.
Secondo Omraam Mikhaël Aïvanhov (1900-1986) la magia dovrebbe essere distinta dall'occultismo: l'occultismo non è la vera scienza spirituale in quanto è un miscuglio di bene e di male. La vera magia è la magia divina che consiste nell'utilizzare le proprie facoltà e il proprio sapere per realizzare il regno di Dio sulla terra. Il mago, precisa questo autore, è colui che lavora nella luce e per la luce, è colui che desidera sempre di fare del bene, di consolare, illuminare e vivificare le creature.

lunedì 31 gennaio 2022

Cerchio (neopaganesimo)





Il rituale del cerchio (o "del cerchio magico", anche se l'aggettivo 'magico' non viene solitamente mai utilizzato) è una pratica rituale di origini molto antiche che ha avuto una riscoperta e rivalutazione nell'odierno movimento spirituale neopagano. Si trova traccia di esso sin dai tempi dei Babilonesi e più frequentemente al tempo dei maghi cerimoniali del Medioevo e del Rinascimento, così pure in diverse tribù degli indiani d'America, con ragioni e pratiche diverse.
L'obiettivo è di creare con l'energia della mente uno spazio che divide il mondo del soprannaturale da quello materiale, ma che rimane interconnesso ad entrambi i mondi, per facilitare la concentrazione, la sacralità del rituale e la comunione con le divinità. Questo è soprattutto l'obiettivo principale che caratterizza la religione Wicca, all'interno della quale la creazione di questo cerchio è indispensabile per operare dei rituali.

Significato, simboli, scopi

Il cerchio rituale attinge la sua essenza simbolica all'archetipo del cerchio, simbolo di pienezza ma anche di continuità e ciclicità. La stessa forma del cerchio vuole simboleggiare armonia, completezza e perfezione, quindi uno stato di coscienza proiettato in un simbolo che, secondo anche gli studi condotti in psicoanalisi da Carl Gustav Jung, rappresenta l'archetipo dell'individuazione psichica (ossia l'affermazione del proprio Sé).
La forma del cerchio è simbolo di armonia, di completezza e di perfezione. Nel contesto rituale, il cerchio esprime la volontà del praticante di ricreare intorno a sé uno spazio in cui richiamare energie, legate all'universo e alle sue dinamiche energetiche, necessarie al compimento dei suoi rituali. Il cerchio magico diventa, quindi, lo spazio sacro spirituale in cui compiere rituali, atti di devozione, meditazione e pratiche spirituali. Molti ritengono che l'uso del cerchio sia dovuto alla sua forma particolare: si può considerare senza inizio né fine, quindi rappresenta bene l'infinito, l'universo e il ciclo della vita che si ripete di continuo. Il cerchio rappresenterebbe la forma esteriore della sfera magica, all'interno della quale gli officianti sarebbero al sicuro da qualsiasi agente esterno.
Secondo la tradizione magica dell'Occidente l'universo, e l'energia cosmica che lo anima è divisa in cinque forme diverse:
  • Terra
  • Aria
  • Fuoco
  • Acqua
  • Spirito
e sono questi elementi che in genere vengono chiamati a vigilare sulla sfera (o bolla), della quale il cerchio non è altro che l'interconnessione al piano materiale.
La tracciatura del cerchio deriva indubbiamente dalla Magia cerimoniale, dove viene utilizzato soprattutto come forma di protezione, per tenere fuori eventuali energie negative e malvagie nel corso delle evocazioni. A questo scopo protettivo però, nella Wicca e non solo, si sono aggiunti due altri scopi: la creazione di un "luogo" particolare al suo interno, un luogo di contatto ed intersezione tra i mondi, cioè tra quello umano materiale e quello del piano divino; inoltre quello di contenere e preservare le energie raccolte ed innalzate durante il rituale, che saranno così a disposizione per diversi utilizzi.

La ritualità

I wiccan, e i neo-pagani più in generale, sono molto legati alla natura ed allo scorrere del tempo. Quindi applicano l'evoluzione naturale anche ai rituali. Nel cerchio seguono tre fasi precise:
  • Il cerchio viene innalzato/tracciato e sigillato
  • Operazioni rituale all'interno
  • Apertura o scioglimento (il cerchio viene rimosso o lasciato naturalmente dissipare)

Tracciatura

I praticanti ritengono che prima di creare il cerchio sia necessario pulire fisicamente e psichicamente l'area che verrà usata. Per la pulizia psichica le modalità sono svariate e dipendono dalle preferenze individuali.
Un cerchio ottimale ha un diametro di circa tre metri, viene tracciato con uno strumento rituale (athame, bacchetta magica, spada...) o con la mano. A volte il suo limite viene anche composto materialmente con sale grosso e delimitato da pietre o candele nei punti di forza. La strega officiante deve percorrere il perimetro del cerchio, in senso orario (in inglese Deosil), recitando il rituale scelto per la creazione: vengono invocati gli elementi o le divinità o, a seconda delle proprie inclinazioni, gli angeli.
Come per tutte le operazioni magiche richiede che la volontà dell'officiante sia tesa alla visualizzazione della sfera/cerchio e la dichiarazione a voce alta, possibilmente in rima, che il cerchio è stato creato; la dichiarazione serve a mettere in guardia eventuali nemici e a ringraziare le entità che ci hanno aiutato nella creazione, è un invito a restare con l'officiante fino al termine del rituale.

Astrale

I praticanti più esperti creano il cerchio con la visualizzazione. Essi devono vederlo nella loro mente, a questo punto lo riterranno reale. Un metodo di visualizzazione diffuso è quello per quarti, che usa i pentagrammi. Dopo la concentrazione e la meditazione si creerebbe il cerchio con il movimento del dito. I quarti vanno chiamati uno alla volta, a partire da quello orientale.

Opera

È bene non abbandonare il cerchio durante il rito per evitare dispersione energetica. In questa fase si accoglie/lgono la/le divinità di riferimento personale e si procede con l'incantesimo o con la meditazione o con il rituale, il fine cioè per cui si è creato il cerchio magico.

Rimozione

A conclusione del rituale si procede ad un frugale banchetto, con frutti di stagione o biscotti, succo di frutta o vino, e si ringraziano le divinità accorse al rituale.
Il cerchio si può cancellare attivamente, oppure lasciare dissipare naturalmente. Nel primo caso lo si può fare percorrendolo in senso antiorario (in inglese Widdershins), partendo da uno dei quarti, visualizzando l'energia che si scioglie e si salutano gli elementi. Lo stesso vale per la visualizzazione in astrale. Nel caso si sia usato il sale in apertura questo verrà gettato come prodotto di scarto, quanti usano i cristalli li puliranno e li riutilizzeranno in seguito



 
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