Il termine sanscrito rākṣasa
(anche rakṣas; devanāgarī: राक्षसः;
kannada: ರಾಕ್ಷಸ; indonesiano:
raksasa; assamese: ৰাক্ষস;
tibetano: སྲིན་པོ་ srinpo;
cinese: 羅剎 pinyin luóchà
Wade-Giles lo-ch'a; coreano: 나찰
nachal, giapponese: 羅刹
rasetsu; vietnamita: la sát) intende, nelle
religioni induista e buddhista, quegli spiriti disturbatori e
malefici che avviano le loro attività demoniache in particolar modo
la notte (cfr, ad esempio, Manusmṛti, III, 280):
(SA)
« rātrau śrāddhaṃ
na kurvīta rākṣasī kīrtitā hi sā
saṃdhyayor ubhayoś
caiva sūrye caivācirodite »
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(IT)
« Non deve compiere il
rito per i defunti di notte, giacché questa appartiene ai
rākṣasa, e neppure durante i due crepuscoli o subito
dopo il tramonto. »
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(Manusmṛti,
III, 280; traduzione di Federico Squarcini e Daniele Cuneo.
Torino, Einaudi, 2010, p. 75)
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Induismo
Secondo il Ramayana furono creati dai
piedi di Brahma, ma alcune tradizioni popolari attribuiscono la loro
nascita a Pulastya, Khasa o Nirriti. Molti Rakshasa, nella precedente
reincarnazione, erano esseri umani particolarmente crudeli. Sono noti
per la loro abitudine nel rovinare cerimonie sacre, dissacrare tombe,
molestare sacerdoti, possedere esseri umani: le loro unghie sono
velenose, si nutrono di carne umana e di tutto ciò che è marcio.
Hanno l'abilità di cambiare aspetto, fare magie, e spesso assumono
la forma di esseri umani, di cani, e di grandi uccelli. Sempre nel
Ramayana, quando Hanuman visita il loro villaggio nell'isola di
Lanka, osserva che i demoni si presentano sotto ogni aspetto
immaginabile. Una delle loro tipiche raffigurazioni li descrive come
esseri spaventosi, giallastri, con denti granitici, capelli
arruffati, cinque piedi e grandi ventri.
Re di Rakshasa era il grande demone
dalle dieci teste Ravana, nemico di Rama. Suo fratello minore
Vibhishana era considerato uno dei pochi Rakshasa buoni; fu
infatti esiliato dal re suo fratello, che ne deprecava il
comportamento. Vibhishana si alleò successivamente con Rama e re di
Lanka. Tra gli altri Rakshasa famosi citiamo il dio guardiano
Nairitya, associato al Sud-Ovest. Il termine ha, stranamente,
un'etimologia in comune con rakṣa, che significa "protettore".
I Rakshasa sono una famiglia che
comprende diverse razze di demoni che si cibano di carne umana.
Alcune razze (come i vampiri) non possono esporsi alla luce solare
perché le parti anatomiche che li compongono ne verrebbero
disintegrate in pochi secondi, ma la maggior parte di loro, tra cui
(orchi e streghe) non possiedono questo limite. I Rakshasa, a
differenza dei diavoli, sono creature del caos, portate alla guerra,
al furto, alla devastazione per il puro piacere che ne traggono. Sono
molto esperti nell'arte dell'uccidere e del torturare. Le Rakshasi,
sono tutte ninfe e prima di divorare la vittima ignara ci si
accoppiano. Rakshasa e Diavoli pur appartenendo entrambi al regno
delle tenebre, si odiano profondamente per il diverso approccio che
hanno con il modo di vivere.
I Veda / Storie dai Purana
L'antica storia Vedica afferma che un
tempo esistevano sulla terra solo due popoli: gli Asura e i Deva.
Solo molto più tardi venne introdotto un principio secondo il quale
era permesso considerare i Rakshasa appartenenti al popolo degli
Asura. La parola con la quale gli si definisce venne storicamente
introdotta solo molto più tardi. Solo gli Asura al pari dei Deva
potevano risalire ai tempi Vedici.
Per comprendere l'origine dei Rakshasa
è necessario risalire ai tempi di Kaśyapa, considerato secondo la
letteratura Post-Vedica come il padre dell'umanità. Era sposato con
tredici figlie Daksha, tra cui: Aditi, Diti e Danu; fu così il padre
di una prole numerosa:
I figli di Kashyapa concepiti con
Danu furono chiamati Danava.
I figli di Kashyapa concepiti con
Diti furono chiamati Daitya.
I figli di Kashyapa concepiti con
Aditi furono chiamati Aditya.
Gli Aditya erano considerate delle vere
e proprie divinità.
Altri Rakshasa sono spesso raffigurati
come esseri feroci, brutti, giganti, neri come la fuliggine, con due
zanne situate nella parte superiore della bocca sporgenti verso il
basso, con unghie affilate simili ad artigli, ringhianti come bestie.
Sono anche descritti come cannibali con una fame insaziabile, in
grado di captare a distanza l'odore degli animali, degli uomini o
della carne putrefatta. Alcuni di quelli più feroci sono descritti
aventi occhi rossi e capelli fiammeggianti, mentre bevono sangue con
le palme delle mani o da un teschio umano. In generale, secondo
queste l'iconografia vedica, hanno il potere di volare, di svanire e
anche mutare le loro dimensioni. Possono anche assumere a loro
piacimento la forma di qualsiasi animale, di qualsiasi essere umano,
o di altra cosa. Questi poteri sono chiamati Maya.
I
Rakshasa nei poemi epici hindu
Nel mondo del Ramayana e del
Mahabharata i Rakshasa sono considerati come una razza umanoide
dotata di poteri soprannaturali. Nelle guerre Vediche erano schierati
su entrambi i fronti, chi per il bene, chi per il male, e, come
guerrieri combatterono a fianco degli eserciti di entrambe le parti.
Erano guerrieri valorosi, maghi, esperti illusionisti, e mutaforma,
ma non è chiaro se l'epica indù si riferisse ad una effettiva
mutazione fisica o metaforica. Come illusionisti erano in grado di
creare apparizioni, reali per le loro vittime.
Nonostante che l'epica vedica citi,
senza nomi, la loro presenza nei ranghi militari, si raccontano le
storie di alcuni dei loro membri, storie salite alla ribalta quasi
tutte aventi come protagonista un eroe negativo.
I Rakshasa
nel Ramayana
Si racconta di una battaglia, avvenuta
a Lanka, fra un esercito di Rakshasa al comando di Ravana, contro un
esercito di Vanaras o scimmie al comando di Rama e Sugriva.
Ravana, re dei Rakshasa dalle 10
teste, era il nemico mortale di Rama, eroe del Ramayana. Nel
Mahabarata, il Saggio Markandeya racconta la storia di come Ravana
aveva rapito Sītā, la moglie di Rama, del suo viaggio verso la
roccaforte di Lanka, e di come Rama, aiutato dal re delle scimmie
Surgriva e dal suo esercito di scimmie, assediarono Lanka, uccisero
Ravana e liberarono Sita.
Vibhishana era il fratello minore
di Ravana. Tra i Rakshana rappresentava una vera e propria anomalia,
in quanto era di buon cuore, bello, pio e assiduo nelle osservanze
religiose. Quando Brahma gli concesse un favore, Vibishana gli
chiese di poter mai deviare dal sentiero della rettitudine e di
essere illuminato dalla conoscenza divina. Vibhishana si alleò con
Rama nella sua campagna contro il fratello Ravana, e aiutò
l'esercito di Rama ad attraversare l'oceano tra l'India e Lanka.
Quando Rakshasa invisibili, si infiltrarono nel campo di Rama,
Vibhishana li smascherò rendendoli visibili, consentendo ai soldati
di Rama di ucciderli. Dopo la vittoria finale di Rama su Ravana, il
leale Vibhishana fu incoronato re di Lanka.
Kumbhakarna era l'altro fratello
di Ravana. Era un temibile guerriero, maestro dell'illusione, ma per
gran parte della battaglia di Lanka dormì a causa di un dono
chiesto e ricevuto da parte di Brahma: un lungo sonno, ma si alzò,
e scese in campo quando Ravana lo svegliò con notizie allarmanti
circa le sorti del conflitto. Una volta fuori città, venne
immediatamente circondato dalle scimmie di Rama che lo distrassero e
lo fecero ridere, seminando panico e confusione fra le sue truppe.
Quando il re delle scimmie Sugriva lo attaccò, Kumbhakarna riuscì
ad afferrarlo trascinandolo via. A quel punto Rama e suo fratello
Lakshmana lanciarorno sui Rakshasa un'arma segreta chiamata
brahmastra ("arma di Brahma") uccidendo Kumbhakarna, così
come un fulmine colpisce un albero e lo spezza in due.
Nel Ramayana appaiono altri Rakshasa:
Kabandha, Tataka, Surpanakha, Maricha, Subahu, Khara, Indrajit,
Prahasta, Akshayakumara e Atikaya.
Rakshasa
nel Mahabharata
L'eroe Pandava Bhima rappresentava la
nemesi della foresta-dimora nella quale viveva il Rakshasa che cenava
con i corpi dei viaggiatori, terrorizzando gli insediamenti umani.
Hidimba era un Rakshasa cannibale
ucciso da Bhima. Il Mahabharata lo descrive come un cannibale
crudele con denti lunghi ed affilati e dotato di una forza
prodigiosa. Quando Hidimba vide le Pandava che dormivano nella sua
foresta, decise di cibarsene. Fece l'errore di inviare sua sorella
Hidimbi a esplorare l'insediamento, ma la fanciulla si innamorò del
bel Bhima, il quale fu avvertito del pericolo. Infuriato, Hidimba si
dichiarò pronto a uccidere non solo il Pandava, ma anche sua
sorella, ma venne ostacolato dall'eroismo di Bhima, che sconfisse
uccidendolo in un duello.
Ghatotkacha, era il figlio di
Bhima e di Hidimbi. Il suo nome si riferisce alla sua testa rotonda
calva, formato dalle parole : ghata il cui significato è
vaso e la parola utkacha, testa in sanscrito,
ossia testa a forma di vaso. Durante l'infanzia Ghatotkacha, visse
con sua madre Hidimbi, quando un giorno ebbe un litigio con
Abhimanyu, suo cugino, senza sapere che era il figlio di Arjuna.
Ghatotkacha era considerata una figura umile e leale. Sia lui che
chi i suoi seguaci erano in qualsiasi momento a completa
disposizione di suo padre Bhima. Come suo padre, Ghatotkacha
combatteva principalmente con la mazza. Sua moglie si chiamava
Ahilawati e suo figlio Barbarika.
Nel Mahabharata, Ghatotkacha venne
invitato da Bhima a combattere dalla parte dei Pandava nella
battaglia di Kurukshetra. Invocando i suoi poteri magici, contribuì
notevolmente alla disfatta dell'esercito dei Kaurava, in particolare
durante la notte e dopo la morte di Jayadratha, quando i suoi poteri
erano maggiori.
Quasi al termine della battaglia, il
capo dei Kaurava Duryodhana, poco prima della disfatta, fece appello
al suo miglior combattente, Karna, ordinandogli di uccidere
Ghatotkacha. Karna possedeva una arma divina, chiamata Shakti e
concessa dal dio Indra. Poteva essere utilizzato una sola volta, e
Karna l'aveva tenuta in serbo per utilizzarla contro il miglior
combattente dei Pandava, Arjuna il suo più acerrimo nemico.
Impossibilitato a rifiutare la
richiesta di Duryodhana, Karna uccise Ghatotkacha usando la Shakti.
Questo venne considerato il punto di svolta della guerra. Dopo la sua
morte, infatti, il consigliere dei Pandava Krishna, sorrise
considerando che la guerra di fatto venne vinta dai Pandava in quanto
Karna non possedeva più quell'arma divina che avrebbe potuto
utilizzare nella lotta contro Arjuna.
A Manali vi è un tempio chiamato
Himachal Pradesh costruito per onorare Ghatotkacha. Questo tempio si
trova vicino ad un altro tempio, l'Hidimba Devi.
Kamsa era fratello di Devaki.
Kamsa era un rakshasa così crudele che uccise i figli di sua
sorella, perché pensava che in futuro sarebbe morto a causa di uno
di essi. Vasudeva, marito di Devaki venuto a conoscenza del
complotto, fu in grado di salvare solo uno dei suoi figli, Krishna.
Bakasura era un cannibale che
viveva nella foresta-dimora, uno dei diversi Rakshasa che terrorizza
gli uomini, costringendoli a turno a offrigli regolari consegne di
prodotti alimentari, comprese vite umane. Sfortunatamente per
Bakasura, Bhima, il Pandava, era in viaggio nella zona venendo
ospitato da un bramino locale dal quale era giunto per una
commissione. Nel momento in cui il bramino e la sua famiglia stavano
discutendo chi fra di loro avrebbe dovuto sacrificarsi per Bakasura,
il robusto Bhima si offrì di occuparsi della questione. Andò nella
foresta a consegnare il cibo, ma si prese l'iniziativa di mangiarlo
lungo la strada al fine di provocare il Rakhasa. Lo impegnò così
in una lotta feroce, che si concluse con la vittoria di Bhima nel
momento in cui gli ruppe la schiena. La gente del paese era stupita
e grata al Pandava. Così i Rakshasa locali invocarono a Bhima la
sua pietà, che gliela concesse, a condizione che rinunciassero al
cannibalismo. Questi accettarono la proposta, facendo ben presto
acquisire a Bhima la reputazione di essere benevolo verso gli esseri
umani.
Kirmira è il fratello di
Bakasura, cannibale ed maestro illusionista. Il suo luogo di caccia
era il bosco di Kamyaka dove si cibava principalmente dei esseri
umani. Come prima di lui suo fratello, Kirmira commise l'errore
fatale di combattere Bhima, l'eroe Pandava, che lo uccise con le sue
stesse mani.
Jatasura fu un astuto Rakshasa,
che, travestito da bramino, tentò di rubare le armi del Pandava e
di rapire la moglie di Bhima, Draupadi. Bhima giunse appena in tempo
per intervenire, uccidendo Jatasura in un duello. Il figlio Jatasura
si chiamava Alamvusha, entrambi combatterono a Kurukshetra, dalla
parte dei Kaurava.
Eroi Rakshasa combattono su entrambi i fronti durante la battaglia
di Kurukshetra.
L'eroe Ghatotkacha, combatteva
dalla parte dei Pandava: figlio di Bhima e della donna Rakshasa,
Hidimbi, sorella di un Rakshasa ucciso dallo stesso Bhima. Dopo
molti duelli, combattimenti ed imprese eroiche contro numerosi altri
grandi guerrieri (tra cui il Rakshasa Alamvusha, l'elefante condotto
dal re Bhagadatta e Aswatthaman, il figlio di Drona), Ghatotkacha fu
egli stesso ucciso dall'eroe umano Karna. Per sconfiggere
Ghatotkacha, Karna si trovò costretto a usare un'arma segreta,
utilizzabile solo una vota, che aveva riservato per sconfiggere il
suo acerrimo rivale Arjuna. Fu grazie all'aver precedentemente
utilizzato quest'arma segreta che Karna venne sconfitto da Arjuna.
Alamvusha era un Rakshasa abile
nel combattere sia con armi convenzionali che i poteri magici.
Secondo il Mahabharata ha combattuto dalla parte dei Kaurava. Sia
Arjuna che Abhimanyu lo sconfissero in un duello. Tuttavia,
Alamvusha fu in grado di uccidere Iravan, un figlio di Arjuna, avuto
da una Naga, la principessa Ulupi, assumendo con la magia la forma
di Garuda. Alamvusha fu sconfitto anche da Bhima, ma venne poi
ucciso dal Rakshasa Ghatotkacha
I Rakshasa nella tradizione buddhista
Nella letteratura buddista Theravada
Nel Maha Samaya Sutta, un antagonista
sconfitto di Buddha, il demone Mara conosciuto anche come Namuci o
l'Oscuro è descritto come un Asura, il cui esercito era composto di
"passioni sensuali, malcontento, fame, sete, brama, pigrizia,
sonnolenza, terrore, incertezza, ipocrisia, caparbietà, guadagno,
sacrificio, fama e status sociali indebitamente acquisiti, e da
coloro che vogliono lodare se stessi e denigrare gli altri". Gli
Asura cercavano di catturare i Deva per legarli.
Il Sutta Alavaka del Canone Pali
descrive una storia in cui Buddha viene molestato da un Rakshasa, che
lo obbliga ad andarsene per ritornare più e più volte. Il Buddha si
rifiutò, a quel punto il Rakshasa lo minacciò se non fosse stato in
grado di rispondere alle sue domande. Il resto della sutra si dipana
attraverso la domanda del Rakshasa e la risposta del Buddha: alla
fine la risposta del Buddha è tale che il demone diventa un suo
seguace. Uno dei dieci epiteti del Buddha è Sasta Deva Manusanam,
o Maestro degli Dei e degli Uomini.
I Rakshasa nella letteratura buddhista Mahayana
Qui Ravana è menzionato nel famoso
Sutra buddista, Sutra Lankavatara, come omaggio al Buddha. Nel
capitolo 26 del Sutra del Loto, è presente un dialogo tra il Buddha
e un gruppo di figlie Rakshasa, che giurano di sostenere e proteggere
il Sutra del Loto. Esse insegnano anche il magico dharani per
proteggere anche i seguaci che sostengono il sutra. Nel testo Il
nato nel Loto: la storia della vita di Padmasambhava, scritta da
Yeshe Tsogyal, Padmasambhava riceve l'epiteto di Demone
Rakshasa per stigmatizzare le sue sfuriate volte a sottomettere i
buddisti eretici.
Raffigurazioni artistiche e folcloristiche dei Rakshasa
Raffigurazioni dei Rakshasa di Angkor in Cambogia
fiancheggiata da statue in pietra
di grandi dimensioni di Deva e Asura mentre partecipano alla
zangolatura e al sollevamento della testa del serpente, fratello di
Ravana. Le dieci teste di Ravana vengono visualizzate
all'ancoraggio della linea di Asura.
Analoga figura si può trovare in
un bassorilievo del XII secolo situato nel tempio di Angkor Wat.