domenica 15 dicembre 2019

Splatter


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Il cinema splatter, noto anche come gore, è un sotto-genere cinematografico del cinema horror. È basato sull'estremo realismo degli effetti speciali, che descrivono lo schizzare del sangue ("To splat", in inglese) o la lacerazione dei corpi umani, con conseguente fuoriuscita di interiora. Spesso dal realismo si è passati all'esagerazione, allo scopo di disgustare o anche di far macabramente ridere gli spettatori.
Nato essenzialmente nell'ambito dell'exploitation, come fenomeno per attirare il pubblico curioso, nelle mani di alcuni talentuosi registi il cinema splatter si è trasformato in una "forma artistica" peculiare, che ha mostrato la debolezza del corpo umano soprattutto in un momento storico, gli anni ottanta, in cui la perfezione fisica e l'edonismo erano considerati simboli di scalata sociale.
Il termine "cinema splatter" è stato coniato per la prima volta dal regista statunitense George Romero, per descrivere il suo film Zombi, diretto nel 1978.

Storia

Ispirazioni

Il cinema splatter trae ispirazione dalle tavole anatomiche rinascimentali, che mischiavano realismo e fantasia, dalle illustrazioni di torture dei martirologi del Cinquecento, ma soprattutto dal teatro parigino Grand Guignol, specializzato dal 1897 al 1963 in spettacoli macabri, violenti ed esagerati. Il Grand Guignol metteva in scena i delitti più efferati, mischiandoli con il grottesco. Va poi nominato lo scrittore francese Gaston Leroux, il quale in alcuni suoi racconti di inizio '900 (ad esempio Il mistero dei quattro mariti) descrisse atti estremamente brutali. Inoltre alcuni registi del cinema splatter sono stati influenzati dai fumetti violenti pubblicati negli anni cinquanta dalla EC Comics.

Le origini

L'apparizione dello splatter nel cinema si può far risalire ad Intolerance, diretto da David Wark Griffith nel 1916, che presenta numerose sequenze violente quali decapitazioni e altre scene di violenza grafica come una lancia che si conficca nel ventre di un soldato, accompagnata da abbondanti schizzi di sangue.
Uno dei primi esempi di film splatter è considerato Blood Feast, del 1963, diretto da Herschell Gordon Lewis. Il film narra la storia di un uomo che uccide belle ragazze e ne conserva pezzi del corpo per resuscitare una dea. Girato in nove giorni, con un budget di 30.000 dollari, il film riscosse un enorme successo, scioccando il pubblico dell'epoca, non abituato a certe scene estreme quali un cuore estratto dal petto, arti smembrati e una lingua strappata, e divenne negli anni un cult movie. Lewis in seguito si specializzò nel genere splatter, dirigendo film come Two Thousand Maniacs!, A Taste of Blood, The Gore Gore Girls e Blood Feast 2.
Il film che fece conoscere definitivamente lo splatter fu La notte dei morti viventi, diretto da Romero nel 1968: il cinema splatter nasceva in America.

Lo splatter negli anni settanta

Negli anni settanta il cinema horror statunitense scoprì definitivamente lo splatter, grazie a una serie di registi come George Romero, Wes Craven e Tobe Hooper. Lo splatter venne inserito in dosi massicce in questi film, come reazione alle violenze della Guerra del Vietnam e come conseguenza del grande periodo di ribellione e cambiamento in atto nella società statunitense di quegli anni. I film di questi registi, conosciuti anche con il termine "New Horror", rientrano anche nel cosiddetto periodo della New Hollywood, attraversato dal cinema statunitense dal 1967 al 1979.
Film come La notte dei morti viventi, L'ultima casa a sinistra, Non aprite quella porta, Zombi e Le colline hanno gli occhi presentano molte scene splatter, atte non solo a disgustare il pubblico (come i film di Lewis), ma anche a farlo ragionare e riflettere sulla violenza presente nella società reale.

Lo splatter negli anni ottanta

Il cinema splatter esplose definitivamente negli anni ottanta, grazie a film diretti da registi quali Sam Raimi (La casa e La casa 2), Peter Jackson, (Fuori di testa), Brian Yuzna (Society - The Horror), David Cronenberg (Scanners e La mosca) e Lloyd Kaufman (fondatore della celebre casa di produzione indipendente Troma e autore con l'amico Michael Herz di film splatter come Il vendicatore tossico e i tre sequel, Tromeo and Juliet e Terror Firmer).
Lo splatter degli anni ottanta è fortemente contaminato con il cosiddetto body horror, ossia un cinema che narra delle deformità fisiche del corpo umano, e segna l'avvento definitivo, totalizzante e provocatorio dello splatter come principale sotto-genere dell'horror. I film splatter degli anni ottanta sono anche contaminati con il grottesco e con l'iperrealismo: la dissezione dei corpi viene mostrata in dettaglio, accompagnata da un'ilarità provocatoria e repellente.

Lo splatter negli anni novanta

Negli anni novanta il cinema splatter perse il suo fascino provocatorio, superato dal nuovo horror ironico inaugurato nel 1996 da Scream, diretto da Wes Craven. Nel 1992 Peter Jackson diresse Splatters - Gli schizzacervelli, considerato l'unico film splatter estremo degli anni novanta insieme a Re-Animator 2 di Stuart Gordon.

Lo splatter negli anni duemila: il Torture Porn

Negli anni duemila il cinema splatter è ritornato prepotentemente di moda, soprattutto dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 e la scoperta delle torture inflitte dai soldati statunitensi ai prigionieri di Abu Grahib e Guantanamo. Questa nuova stagione del cinema splatter è stata definita dal critico cinematografico del New York Magazine David Edelstein come "torture porn", evidente riferimento alla pornografia presente in questi film, non ovviamente per quanto riguarda le scene di sesso ma per il fatto che i "Torture Porn" mostrano ogni atto di tortura senza stacchi e censure, proprio come un film porno fa nei confronti del sesso.
Il film che inaugura il "Torture Porn" è considerato Saw - L'enigmista, diretto nel 2004 da James Wan, mentre il film che ha portato il genere alla ribalta è considerato Hostel, diretto da Eli Roth nel 2006. I film inseriti in questo genere sono, oltre ai due precedentemente citati, Saw II - La soluzione dell'enigma, Saw III - L'enigma senza fine, Saw IV, Saw V, Saw VI, Saw 3D - Il capitolo finale, Hostel: Part II, La casa dei 1000 corpi, La casa del diavolo, Wolf Creek, Le colline hanno gli occhi e Captivity.
I registi considerati i maggiori esponenti del "Torture Porn" sono stati definiti dal critico Alan Jones come appartenenti allo "Splat-Pack", e sono: Eli Roth, Rob Zombie, Alexandre Aja, James Wan, Darren Lynn Bousman, Greg McLean e Neil Marshall. Le peculiarità principali che legano questi registi sono l'essere stati dei pionieri del genere, l'assoluta assenza di ironia nei loro film e il fatto di aver riproposto dopo anni una violenza grafica dettagliata e provocatoria.

Lo splatter nel cinema europeo

Nel cinema europeo lo splatter è presente soprattutto nel cinema italiano degli anni settanta. I primi registi italiani a mostrare scene splatter nei loro film furono Dario Argento (con L'uccello dalle piume di cristallo) e Mario Bava (con Reazione a catena).
Ma il maestro del cinema splatter italiano è considerato Lucio Fulci, che nel 1979, dopo aver diretto film appartenenti a vari generi, diresse il suo primo horror, Zombi 2. Fulci diresse negli anni ottanta e novanta molti film horror-splatter divenuti dei film di culto. I più noti e apprezzati sono ...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà, Paura nella città dei morti viventi, Quella villa accanto al cimitero e Lo squartatore di New York. Per questi suoi film, Fulci fu soprannominato dalla critica cinematografica francese il "poeta del macabro".
Un altro regista che, dopo aver diretto film dai generi più disparati, si cimentò con lo splatter fu Joe D'Amato, autore di titoli come Antropophagus, Rosso sangue e Buio Omega.
Il genere italiano che ha mostrato più scene splatter è sicuramente il cannibal movie, inaugurato nel 1972 da Umberto Lenzi con Il paese del sesso selvaggio. Lenzi diresse altri due film molto splatter, Mangiati vivi! e Cannibal Ferox. Anche Ruggero Deodato ha diretto dei film splatter, il più celebre di tutti è il controverso e scioccante Cannibal Holocaust, girato nel 1979, che ebbe svariati problemi con la censura per le sue sequenze estreme e realistiche e fu bandito in più di 50 paesi.
Nel Regno Unito il film splatter più noto è Non violentate Jennifer, che per le sue immagini scioccanti ed estreme ebbe molti problemi e fu bandito da tutto il Regno Unito; ciò ha determinato il divieto assoluto per molti film splatter nel paese.
In Francia il cinema splatter ha avuto popolarità negli ultimi anni, grazie soprattutto ai registi Alexandre Aja (che diresse nel 2003 Alta tensione), Xavier Gens (che diresse nel 2007 Frontiers - Ai confini dell'inferno), e la coppia Alexandre Bustillo-Julien Maury (autori nel 2007 di À l'intérieur).

Lo splatter nel cinema orientale

Nel cinema orientale lo splatter è stato sempre molto presente. Veniva usato spesso nei film di samurai, per spettacolarizzare le scene di morte violenta. In seguito lo splatter è stato usato da vari registi, quali Takeshi Kitano, Kinji Fukasaku, Shinya Tsukamoto e soprattutto Takashi Miike. Scene splatter sono presenti in abbondanza nella celebre serie Guinea Pig e in recenti film quali Tokyo Gore Police, The Machine Girl e Wild Zero.

Lo splatter negli altri generi

Lo splatter non è presente solo nei film horror. Anche in molti altri generi cinematografici è stato fatto un uso abbondante di sequenze splatter. Il primo film hollywoodiano a inserire scene splatter, pur non appartenendo direttamente al genere horror, essendo di fatto un thriller, è Piano... piano... dolce Carlotta, diretto da Robert Aldrich nel 1965, in cui appare, seppur brevemente, la sequenza di una mano mozzata con una mannaia. Ma fu soltanto nella New Hollywood degli anni settanta, caduti alcuni tabù e abbandonato il Codice Hays, che molti registi iniziarono a inserire sequenze splatter nei loro film non horror: un western come Soldato blu, girato nel 1970, presenta delle sequenze molto splatter, insostenibili per l'epoca. Nel 1976 Martin Scorsese inserì alla fine di Taxi Driver alcune sequenze splatter, come la strage finale ad opera di Travis Bickle (Robert De Niro).
Russ Meyer inserì molte sequenze splatter nei suoi film erotici, come in Lungo la valle delle bambole, Supervixens e Le deliranti avventure erotiche dell'agente Margò.
Nel 1982 John Carpenter diresse La cosa, film di fantascienza fortemente contaminato con lo splatter.
Anche Quentin Tarantino ha inserito nei suoi film alcune sequenze splatter, pur non avendo mai diretto un horror vero e proprio: ci sono molte scene in cui la violenza viene estremizzata come in Le iene, Pulp Fiction e soprattutto Kill Bill vol. 1, Kill Bill vol. 2 (i combattimenti della Sposa/Uma Thurman) e Bastardi senza gloria (gli scalpi e le incisioni sui corpi dei nazisti).
Anche in John Rambo ci sono scene al limite dello splatter, con decapitazioni, sbudellamenti e squartamenti, che però sono state censurate nella versione italiana.
In Italia basti pensare a film come il western Django, diretto da Sergio Corbucci nel 1966, con un orecchio mozzato e fatto ingerire alla malcapitata vittima oppure, sempre nello stesso anno, al grottesco L'armata Brancaleone di Mario Monicelli con una mano mozzata all'inizio della pellicola, per non parlare di Luca il contrabbandiere, noir diretto da Lucio Fulci nel 1980, che presenta sequenze degne di un horror-splatter, quali colpi di pistola che squarciano i volti e le gole, coltellate che squarciano il petto e una donna torturata con la fiamma ossidrica.

sabato 14 dicembre 2019

Anguana

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L'anguana è una creatura legata all'acqua, dalle caratteristiche in parte simili a quelle di una ninfa e tipica della mitologia alpina.

La tradizione

Storie sulle anguane (agane nelle tradizioni friulane, carniche e ladine dolomitiche) si ricordano soprattutto nelle regioni pedemontane e montane (Carnia, Valli del Natisone, Val Badia, Val Gardena, Livinallongo del Col di Lana, Val di Fassa, Ampezzano, Cadore), ma sono creature fatate anche di altre zone, per esempio del folklore della Laguna di Grado e di Marano. Le anguane presentano caratteristiche e nature diverse a seconda delle varie leggende e delle località. Sono conosciute anche come subiane, aganis, ogane, gane, vivane, pagane, zubiane, acquane, longane.
L'antico termine anguana lo si può trovare nel De Ierusalem celesti, opera scritta da Frate Jakomin da Verona (Giacomino da Verona) nel XIII secolo. Le anguane sono presenti nella celebre, e antichissima, Saga dei Fanes, racconto mitologico delle Dolomiti, conosciuto soprattutto nella versione scritta da Karl Felix Wolff nel 1932.
Generalmente le anguane sono rappresentate come spiriti della natura affini alle ninfe del mondo romano (probabile modello originario del mito), i cui caratteri molto spesso si fondono però con quelli delle ondine e altre figure della mitologia germanica e slava (le rusalki in particolare). In molte zone del Friuli il loro mito si sovrappone e si confonde con quello delle Krivapete (tipiche invece delle grotte e delle montagne), con le quali condividono numerose leggende. Alcune storie affermano che le anguane, al pari di altre creature mitiche, fossero donne morte di parto, o anche fanciulle morte giovani, oppure anime di bambine nate morte, oppure ancora donne nate avvolte nel sacco amniotico (le si potrebbe definire, perciò, benandanti al femminile). Secondo altre tradizioni erano donne dei boschi, dedite ad un culto pagano (fondendone evidentemente il mito con la realtà delle religioni sciamaniste ancora vive in Friuli e in Carnia almeno sino al XVII secolo), ma erano perlopiù considerate figure non umane appartenenti al mondo degli spiriti.
Vengono descritte frequentemente come giovani donne, spesso molto attraenti e in grado di sedurre gli uomini; altre volte però appaiono invece come esseri per metà ragazze e per metà rettile o pesce, in grado di lanciare forti grida (in Veneto esisteva, fino a poco tempo fa, il detto "Sigàr come n'anguana", gridare come un'anguana). In altre storie sono delle anziane magre e spettrali, o figure notturne che si dileguano sempre prima che chi le incontra sia in grado di vederne il volto. Vestite, nelle leggende friulane, quasi sempre di bianco, altre tradizioni affermano che amassero, invece, i colori brillanti e accesi, come il rosso e l'arancione (in rari casi appaiono con stracci logori di colore nero).
In ogni caso le leggende sulle anguane hanno in comune la presenza, in queste creature, di uno o più tratti non umani: piedi di gallina, di anatra o di capra, gambe squamate, una schiena "scavata" (che nascondono con del muschio o con della corteccia). L'altro elemento comune su cui tutte le leggende concordano è che le anguane vivono presso fonti e ruscelli e sono protettrici delle acque. Talvolta anche dei pescatori (ai quali, se trattate con rispetto, spesso portano fortuna). In molte storie (comuni anche alle krivapete e ad altri esseri soprannaturali) si narra di come abbiano insegnato agli uomini molte attività artigianali tradizionali, quali la filatura della lana o la caseificazione (tali storie si concludono generalmente con gli uomini che rompono il patto o non si dimostrano riconoscenti e la anguana che se ne va, offesa, senza insegnare loro un'arte essenziale - generalmente la produzione del sale, dello zucchero, del vetro o di altre arti nelle quali la popolazione dei luoghi delle varie leggende è carente).
Nei comuni cimbri veronesi le anguane (in questo territorio chiamate anche Bele Butèle, Belle Ragazze), erano un tempo addette ai pozzi e lavavano i panni della gente delle contrade, ma si rifiutavano di lavare i capi di colore nero. A Campofontana abitavano in una grotta dietro al Sengio Rosso, sotto la vetta del monte Telegrafo.
Talora (così come le "sorelle" krivapete) assumono tratti sinistri. In diverse leggende sono solite terrorizzare o burlare i viaggiatori notturni, spargere discordia, in particolare tra le donne, rivelando segreti e pettegolezzi, inoltre, se insultate, sono inclini alla vendetta, portando sfortuna a vita al malcapitato (molte leggende tuttavia specificano chiaramente che, a differenza di orchi e "strie", le streghe, le anguane non uccidono mai uomini o animali). Si dice anche che spesso asserviscano coloro che si attardano fuori casa la sera (soprattutto giovani ragazze), costringendoli a riempire vanamente cesti di vimini (incapaci di trattenere l'acqua) per tutta la vita. Altri racconti popolari, invece, raccontano vicende di anguane male intenzionate ingannate dall'astuto protagonista che chiede loro di riempire un cesto di vimini, trattenendole così fino al sorgere del sole (in diversi luoghi del Friuli vigeva l'usanza di lasciare davanti all'ingresso un cesto di vimini, che l'agana avrebbe invano cercato di riempire per tutta la notte, lasciando in pace gli abitanti della casa). Secondo la tradizione popolare, le anguane smisero di mescolarsi con le persone comuni dopo il Concilio di Trento. Il passaggio dalla dedicazione all'anguana alla titolazione al diavolo deriva dalla demonizzazione delle divinità pagane nel medioevo.
Era presente il culto dell'anguana presso lo Scalfìn dal diaul (= Tallone del diavolo), detto anche Cèpp da l'Angua , a Canzo. Questo viene ricordato durante la sofisticata celebrazione della Giubiana da Canz con la presenza del personaggio. Anche numerosi luoghi del Triveneto ricordano le anguane nella toponomastica: grotte, massi, rupi valli. L'Anguan-tal, valle dell'Anguana, è una zona di contrada Pagani di Campofontana, Verona. Buso dell'anguana è il nome dato a diverse caverne del Vicentino.

Curiosità

  • Nella serie animata Monster Allergy e sull'omonimo fumetto, un'anguana è una strega commerciante caratterizzata da un volto deforme fatto per ottenere l'immortalità.
  • La cantante Patrizia Laquidara, in collaborazione con gli Hotel Rif, ha dedicato il suo terzo album Il canto dell'anguana a questa creatura mitologica, in particolare nella canzone Nota d'Anguana.
  • La Piana delle Anguane è una fiaba musicale di Angela Citterio e Stefano Zeni su libretto di Raffaella Benetti.




venerdì 13 dicembre 2019

Arione

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Arione o Areione è una figura della mitologia greca.
Cavallo dalla nera criniera, secondo Pseudo-Apollodoro sarebbe nato dall'unione di Poseidone con Demetra, quest'ultima sotto forma di Furia. Invece, secondo il racconto di Pausania, Demetra, stanca e scoraggiata dopo tanto errare alla ricerca di sua figlia Persefone, rapita dallo zio Ade, non volendo unirsi con un dio o con un titano, si trasformo in giumenta e cominciò a pascolare tra gli armenti del dio Onco, che regnava a Onceo in Arcadia. Essa non riuscì, tuttavia, a trarre in inganno Poseidone, che si trasformò a sua volta in stallone e la violentò. Dalla loro unione nacque una figlia, di cui non era lecito pronunciare il nome (la dea misterica Despena), e un cavallo, Arione. Il furore di Demetra fu tale che in Arcadia fu onorata come Demetra la Furia.
Secondo Pausania il cavallo Arione appartenne dapprima a Onco, poi passò a Eracle, al quale servì nella spedizione contro la città di Elide e nella lotta contro Cicno. Eracle donò Arione ad Adrasto dicendo che, dopo tutto, preferiva combattere a piedi. Grazie alla velocità di Arione, Adrasto fu l'unico dei sette re che assediarono Tebe a salvarsi con la fuga. Dopo la disfatta dell'esercito argivo, infatti, Arione condusse Adrasto rapidamente lontano dal campo di battaglia e lo depose al sicuro in Attica, vicino a Colono.

giovedì 12 dicembre 2019

Apsaras

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Un'Apsaras (sanscrito: अप्सरा: apsarāḥ, plurale अप्सरस: apsarasaḥ, tema apsaras-, femminile in consonante) o Accharā (in pāli), è uno spirito femmina delle nubi e delle acque nelle mitologie indù e buddista, come attesta l'etimologia del nome ap ("acqua") e sar ("muoversi"). La -s finale del nome appartiene al tema, ma molti la scambiano per la terminazione di nominativo plurale e da ciò consegue una diffusa tendenza a trascrivere il nome come Apsara.

Le Apsaras nell'induismo

Nel Rig Veda (il più antico dei Veda, risalente al 1200 a.C.), si incontra una sola Apsaras, moglie di Gandharva, che è la personificazione della luce del sole ed è addetto alla preparazione del soma, la bevanda degli dei; negli scritti più tardi invece vi sono numerose apsaras, create dal Signore Brahma, che fungono da ancelle di Indra o da damigelle celesti della sua corte, che danzano al cospetto del suo trono.
Possono assumere qualunque forma umana, animale o vegetale e spesso appaiono con le sembianze di un cigno. Nel Brahamana le Apsaras risiedono all'interno di alberi sacri, radicandosi sempre più nella natura.
Per quanto riguarda la loro origine esistono versioni molto differenti: secondo un mito sarebbero apparse nel corso del "frullamento dell'Oceano" primordiale, mentre in base ad altri racconti sarebbero state procreate direttamente da Brahma.
Il Natya Shastra elenca le seguenti Apsaras: Manjukesi, Sukesi, Misrakesi, Sulochana, Saudamini, Devadatta, Devasena, Manorama, Sudati, Sundari, Vigagdha, Vividha, Budha, Sumala, Santati, Sunanda, Sumukhi, Magadhi, Arjuni, Sarala, Kerala, Dhrti, Nanda, Supuskala, Supuspamala e Kalabha.
Delle Apsaras viene detto che sono capaci di cambiare a piacimento il proprio aspetto e che in particolare hanno il potere sulla fortuna al gioco e nelle scommesse. Le più famose tra le Apsaras sono Urvasi, Menaka, Rambha e Tilottama, che sono molto versate nelle arti della musica e della danza, i loro strumenti preferiti sono il cembalo e il flauto. In più di un'occasione esse vennero mandate da Indra sulla terra allo scopo di sedurre e distogliere dalla retta via quei saggi che, per la loro continenza e costanza nella ricerca della perfezione, rischiavano di diventare una minaccia per la supremazia dello stesso Indra o di altre divinità. Per esempio, nel Ramayana si narra di come Indra abbia inviato l'Apsaras Menaka dal brahmano Vishvamitra per distrarlo dalle sue meditazioni, compito questo che essa eseguì con successo.
Il numero totale di Apsaras alla corte di Indra è di 26, ciascuna delle quali rappresenta un aspetto particolare delle arti dello spettacolo. In un certo senso le si può paragonare alle Muse dell'antica Grecia. Per il loro legame con la Natura si possono tuttavia paragonare anche alle Ninfe, Driadi, Naiadi, ecc.
Apsaras sono le mogli dei Gandharva, anch'essi moltiplicatisi rispetto all'unico Gandharva del Rig Veda e rappresentati come servitori della corte di Indra. Esse danzavano alla musica eseguita dai loro mariti, perlopiù nei palazzi delle varie divinità.
Uno dei loro doveri è quello di guidare in paradiso gli eroi caduti in battaglia (paragonabili quindi anche alle Valchirie della mitologia norrena), di cui quindi divengono le consorti. Si distinguono in daivika ("divine") o laukika ("terrene").
L'Apsaras veniva associata ai riti di fertilità. Nell'induismo, le Apsaras di rango inferiore (dette anche Vṛkṣakas, Driadi o Fate dei boschi) vengono a volte considerate spiriti della natura, che in certe occasioni ammaliavano gli uomini causandone la morte; per qualcosa di analogo, si vedano le Rusalki slave.
Molti nomi di Apsaras, tramandati nei vari testi epici indiani, in particolare il Mahabharata e il Ramayana, sono oggi diventati diffusi nomi di donna in India, ad esempio: Urvashi (la più bella delle Apsaras), Menaka, Rambha, Parnika, Parnita, Subhuja, Vishala, Vasumati (Apsaras "di splendore incomparabile") e Surotama.
Le Apsaras vengono spesso raffigurate anche nell'arte buddista, fino in Cambogia e in Cina, anche se il loro uso come decorazione comune è un'innovazione khmer. Sono un motivo decorativo frequente nei templi di Angkor.

Le Apsaras ad Angkor

Le Apsaras ebbero un particolare rilievo nella mitologia khmer all'epoca dell'Impero Khmer di Kambuja, la cui capitale è oggi nota col nome di Angkor (IX - XV secolo, Cambogia). La leggenda vuole che il re Jayavarman II, considerato il fondatore del regno di Kambuja, abbia ricevuto il regno da Indra, il re degli dei, e che nella medesima circostanza le Apsaras avrebbero insegnato al popolo di Kambuja l'arte della danza.
Raffigurazioni delle celesti semidee danzanti vennero incise nella pietra su molte pareti dei templi di Angkor. Solo in quello di Angkor Wat si contano in totale circa 1850 immagini, di cui nessuna è uguale all'altra.
La tradizione della danza di corte cambogiana, a volte denominata "danza Apsara", risale alla corte imperiale di Angkor. Questa danza, artisticamente molto elaborata, ha poi avuto anche un grande influsso sullo sviluppo della danza tailandese, che è oggi più nota in occidente.

Le Apsaras nel Buddhismo

In generale, nel buddhismo le divinità e le creature celesti occupano un ruolo secondario e poco significativo. Vengono considerate esseri che si trovano su di un piano di esistenza diverso dagli uomini, ma anch'esse, come gli abitanti della terra, debbono soggiacere al ciclo di vita, morte e reincarnazione (Saṃsāra). Secondo la dottrina buddhista il godimento delle Apsaras costituisce il premio dei beati nei paradisi inferiori (devaloka),
Le Apsaras si trovano, tra l'altro, in un racconto dei Jataka ("Storie della nascita") in cui vengono narrate vicende del Buddha nelle sue vite precedenti. Il Catudvara-Jataka racconta di Mittavinda avido e dedito ai piaceri mondani, che nel corso dei suoi viaggi incontra, tra gli altri, anche alcune Apsaras. Alla fine viene poi istruito dal Buddha - in qualità di Bodhisattva in una delle sue precedenti reincarnazioni - sul fatto che tutti i piaceri mondani sono transeunti.
È soprattutto in Estremo Oriente e in Indocina che le Apsaras, all'interno di un processo di sincretismo vengono inserite anch'esse nell'iconografia buddhista. Loro rappresentazioni si trovano così anche all'interno di edifici di culto buddhisti, tra l'altro in Cina, Cambogia, Thailandia e Indonesia.




mercoledì 11 dicembre 2019

Ankou

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Ankou o Ankoù è, nella mitologia bretone, la personificazione della morte, personaggio principale di riti e leggende, rappresentato come uno scheletro con una falce.
Fa da "traghettatore" nel mondo dei morti, a cui si giunge attraverso una porta localizzata a Yeun Ellez, nei Monts d'Arrée.
In Bretagna, si ritrova spesso raffigurata anche negli ossari e nei calvari, all'interno degli enclos paroissiaux, i complessi parrocchiali recintati del XVI – XVII secolo.

Caratteristiche

Ankou viene rappresentato come uno scheletro con una falce ed una pala in mano e, spesso, con un cappello a larghe falde: se lo si incontra o se si avverte la sua presenza, significa che si sta per morire.
Si dice che guidi, in sella ad un cavallo, un carro scricchiolante, ed appaia come il “cocchiere della morte” a coloro che moriranno entro l'anno; oppure che vaghi su una barca (la "barca dei defunti") e che, per questo, sia sconsigliabile navigare nei pressi delle coste dopo il tramonto, perché si potrebbe incontrarlo.

Etimologia

La parola ankou deriva probabilmente dal termine bretone ankounac'h, che significa “dimenticanza” (bret. (bret. koun “memoria”, preceduto dal suffisso negativo an-; cfr. gallese: angof). Viene inoltre collegato a termini che significano “angoscia”, “paura”, come lat. angustia, fr. angoisse, ingl. angst (= "ansia"), ted. Angst (= "paura").

Leggende

La leggenda di Fanch ar Floch e l'Ankou

In una leggenda, si racconta che, la sera di Natale, un artigiano di nome Fanch ar Floch fosse impossibilitato ad accompagnare la moglie e i figli a messa, perché oberato dal troppo lavoro, e decise di attenderli per il momento dell'Elevazione.
Ma quando scoccò l'ora dell'Elevazione, Fanch ar Floch stava ancora lavorando e, in quel momento, si presentò anche un tizio con un cappello a larghe falde (Ankou), che aveva una falce da far riparare.
Una volta che Fanch ar Floch, ebbe riparato la falce allo sconosciuto, quest'ultimo gli disse poi di andare a coricarsi, dopo aver avvisato la moglie di cercare un prete: al canto del gallo, Fanch ar Floch morì per aver riparato la falce di Ankou durante l'Elevazione.

Modi di dire legati ad Ankou

  • "Non essere ancora pronto per l'Ankou", ovvero "non essere ancora pronto per morire"

Curiosità

  • Si chiama Ankou anche la squadra di football americano di Rennes.

martedì 10 dicembre 2019

Animale di Seth

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L'animale di Seth è un animale immaginario della mitologia egiziana.

Mitologia

Ruolo

Seth si fece animale per proteggere il dio Ra e in cambio Seth ottenne Ra come "avvocato" in tribunale.

Identificazioni

L'animale di Seth è stato identificato con il fennec, con il mulo, con l'oritteropo o con lo sciacallo, anche se potrebbe semplicemente trattarsi di una figura chimerica ispirata dai tratti caratteristici degli animali appena citati.

lunedì 9 dicembre 2019

Anguana

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L'anguana è una creatura legata all'acqua, dalle caratteristiche in parte simili a quelle di una ninfa e tipica della mitologia alpina.


La tradizione

Storie sulle anguane (agane nelle tradizioni friulane, carniche e ladine dolomitiche) si ricordano soprattutto nelle regioni pedemontane e montane (Carnia, Valli del Natisone, Val Badia, Val Gardena, Livinallongo del Col di Lana, Val di Fassa, Ampezzano, Cadore), ma sono creature fatate anche di altre zone, per esempio del folklore della Laguna di Grado e di Marano. Le anguane presentano caratteristiche e nature diverse a seconda delle varie leggende e delle località. Sono conosciute anche come subiane, aganis, ogane, gane, vivane, pagane, zubiane, acquane, longane.
L'antico termine anguana lo si può trovare nel De Ierusalem celesti, opera scritta da Frate Jakomin da Verona (Giacomino da Verona) nel XIII secolo. Le anguane sono presenti nella celebre, e antichissima, Saga dei Fanes, racconto mitologico delle Dolomiti, conosciuto soprattutto nella versione scritta da Karl Felix Wolff nel 1932.
Generalmente le anguane sono rappresentate come spiriti della natura affini alle ninfe del mondo romano (probabile modello originario del mito), i cui caratteri molto spesso si fondono però con quelli delle ondine e altre figure della mitologia germanica e slava (le rusalki in particolare). In molte zone del Friuli il loro mito si sovrappone e si confonde con quello delle Krivapete (tipiche invece delle grotte e delle montagne), con le quali condividono numerose leggende. Alcune storie affermano che le anguane, al pari di altre creature mitiche, fossero donne morte di parto, o anche fanciulle morte giovani, oppure anime di bambine nate morte, oppure ancora donne nate avvolte nel sacco amniotico (le si potrebbe definire, perciò, benandanti al femminile). Secondo altre tradizioni erano donne dei boschi, dedite ad un culto pagano (fondendone evidentemente il mito con la realtà delle religioni sciamaniste ancora vive in Friuli e in Carnia almeno sino al XVII secolo), ma erano perlopiù considerate figure non umane appartenenti al mondo degli spiriti.
Vengono descritte frequentemente come giovani donne, spesso molto attraenti e in grado di sedurre gli uomini; altre volte però appaiono invece come esseri per metà ragazze e per metà rettile o pesce, in grado di lanciare forti grida (in Veneto esisteva, fino a poco tempo fa, il detto "Sigàr come n'anguana", gridare come un'anguana). In altre storie sono delle anziane magre e spettrali, o figure notturne che si dileguano sempre prima che chi le incontra sia in grado di vederne il volto. Vestite, nelle leggende friulane, quasi sempre di bianco, altre tradizioni affermano che amassero, invece, i colori brillanti e accesi, come il rosso e l'arancione (in rari casi appaiono con stracci logori di colore nero).
In ogni caso le leggende sulle anguane hanno in comune la presenza, in queste creature, di uno o più tratti non umani: piedi di gallina, di anatra o di capra, gambe squamate, una schiena "scavata" (che nascondono con del muschio o con della corteccia). L'altro elemento comune su cui tutte le leggende concordano è che le anguane vivono presso fonti e ruscelli e sono protettrici delle acque. Talvolta anche dei pescatori (ai quali, se trattate con rispetto, spesso portano fortuna). In molte storie (comuni anche alle krivapete e ad altri esseri soprannaturali) si narra di come abbiano insegnato agli uomini molte attività artigianali tradizionali, quali la filatura della lana o la caseificazione (tali storie si concludono generalmente con gli uomini che rompono il patto o non si dimostrano riconoscenti e la anguana che se ne va, offesa, senza insegnare loro un'arte essenziale - generalmente la produzione del sale, dello zucchero, del vetro o di altre arti nelle quali la popolazione dei luoghi delle varie leggende è carente).
Nei comuni cimbri veronesi le anguane (in questo territorio chiamate anche Bele Butèle, Belle Ragazze), erano un tempo addette ai pozzi e lavavano i panni della gente delle contrade, ma si rifiutavano di lavare i capi di colore nero. A Campofontana abitavano in una grotta dietro al Sengio Rosso, sotto la vetta del monte Telegrafo.
Talora (così come le "sorelle" krivapete) assumono tratti sinistri. In diverse leggende sono solite terrorizzare o burlare i viaggiatori notturni, spargere discordia, in particolare tra le donne, rivelando segreti e pettegolezzi, inoltre, se insultate, sono inclini alla vendetta, portando sfortuna a vita al malcapitato (molte leggende tuttavia specificano chiaramente che, a differenza di orchi e "strie", le streghe, le anguane non uccidono mai uomini o animali). Si dice anche che spesso asserviscano coloro che si attardano fuori casa la sera (soprattutto giovani ragazze), costringendoli a riempire vanamente cesti di vimini (incapaci di trattenere l'acqua) per tutta la vita. Altri racconti popolari, invece, raccontano vicende di anguane male intenzionate ingannate dall'astuto protagonista che chiede loro di riempire un cesto di vimini, trattenendole così fino al sorgere del sole (in diversi luoghi del Friuli vigeva l'usanza di lasciare davanti all'ingresso un cesto di vimini, che l'agana avrebbe invano cercato di riempire per tutta la notte, lasciando in pace gli abitanti della casa). Secondo la tradizione popolare, le anguane smisero di mescolarsi con le persone comuni dopo il Concilio di Trento. Il passaggio dalla dedicazione all'anguana alla titolazione al diavolo deriva dalla demonizzazione delle divinità pagane nel medioevo.
Era presente il culto dell'anguana presso lo Scalfìn dal diaul (= Tallone del diavolo), detto anche Cèpp da l'Angua , a Canzo. Questo viene ricordato durante la sofisticata celebrazione della Giubiana da Canz con la presenza del personaggio. Anche numerosi luoghi del Triveneto ricordano le anguane nella toponomastica: grotte, massi, rupi valli. L'Anguan-tal, valle dell'Anguana, è una zona di contrada Pagani di Campofontana, Verona. Buso dell'anguana è il nome dato a diverse caverne del Vicentino.

Curiosità

  • Nella serie animata Monster Allergy e sull'omonimo fumetto, un'anguana è una strega commerciante caratterizzata da un volto deforme fatto per ottenere l'immortalità.
  • La cantante Patrizia Laquidara, in collaborazione con gli Hotel Rif, ha dedicato il suo terzo album Il canto dell'anguana a questa creatura mitologica, in particolare nella canzone Nota d'Anguana.
  • La Piana delle Anguane è una fiaba musicale di Angela Citterio e Stefano Zeni su libretto di Raffaella Benetti.

 
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