
I lemuri (dal latino "lemures",
cioè "spiriti della notte", detti anche Larva[e],
termine equivalente a fantasma) sono gli spiriti dei morti
della religione romana, considerati come vampiri, ossia
anime che non riescono a trovare riposo a causa della loro morte
violenta. Secondo il mito tornavano sulla terra a tormentare i vivi,
perseguitando le persone fino a portarle alla pazzia.
Si credeva che queste creature, non ben
identificate né definibili proprio per la loro condizione di fatale
ed eterna transitorietà, vagassero senza posa per le strade come
anime in pena, in una sorta di limbo, dopo una morte prematura o
violenta. Il senso di orrore che circondava queste figure spettrali
venne poi a delineare quello della loro domina, la dea Ecate.
Per tenere lontani questi spiriti erano
state istituite delle feste chiamate Lemuria. La
tradizione voleva che ad istituire queste festività fosse
stato Romolo per placare lo spirito del fratello Remo,
da lui ucciso. Le Lemuria ricorrevano il 9, 11 e 13 maggio: è molto
probabile che queste siano le più antiche feste dei morti celebrate
a Roma. Il rituale prevedeva che il Pater
familias gettasse
alle sue spalle alcune fave nere per il numero simbolico
di nove volte, recitando formule propiziatorie. Durante
queste feste i templi venivano chiusi ed era proibito sposarsi.
I lemuri hanno ispirato la terminologia
usata da Carlo Linneo per designare un particolare tipo
di primati dalla vita prevalentemente notturna. Le figure
dei lemuri sono state inoltre rappresentate nel Faust di Goethe,
in veste di schiavi di Mefistofele, costretti a scavare la fossa
in cui Faust sarebbe stato sepolto. Vengono descritti come
creature sub-umane, rabberciate con ossa, legamenti e tendini:
(Tedesco)
«Herbei, herbei!Herein, herein! Ihr schlotternden Lemuren, Aus Bändern, Sehnen und Gebein Geflickte Halbnaturen.» |
(IT)
«Venite avanti, entrate,Lèmuri traballanti, esseri malcreati, messi insieme a stento con fibre, ossa e tendini!» |
(Mefistofele, Faust, II, vv. 11511-15) |
L'esoterista Rudolf Steiner ha
sottolineato la profondità spirituale di Goethe nel saperli ritrarre
come creature che «ricordano a metà di derivare da uomini
defunti»: i lemuri da lui messi in scena consistono infatti di
forze sovrasensibili, che operano nelle componenti
più terrestri dell'essere umano, quali appunto le ossa, i
tendini e i legamenti. A differenza degli uomini viventi, essi sono
privi della coscienza dell'Io, di cui è rimasta loro soltanto una
vaga eco; per questo non hanno memoria, e non sanno più chi sono o
cosa fanno.
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