L'espressione esperienza
extracorporea, nota anche con le sigle OBE e talvolta
OOBE (dall'inglese out of body experience), sta a indicare
tutte quelle esperienze, la cui interpretazione rimane controversa,
nelle quali una persona percepisce di "uscire" dal proprio
corpo fisico, cioè di proiettare la propria coscienza oltre i
confini corporei.
Più stringatamente, sta a indicare
quella sensazione che taluni provano come se stessero fluttuando
all'esterno del proprio corpo e, in taluni casi, percependo la
presenza del proprio corpo da un punto esterno ad esso (autoscopia).
Circa una persona su dieci ritiene di
aver avuto qualche volta nella vita una di queste esperienze.
In medicina sono descritti alcuni
disturbi della coscienza ("disturbi della coscienza dell'Io"
chiamati "depersonalizzazione") che potrebbero essere alla
base dell'OBE. Tali disturbi possono derivare da affaticamento o
alterazioni organiche.
La sensazione di trovarsi fuori dal
corpo è stata riferita durante:
- Sonno ipnagogico o ipnopompico (le fasi che precedono immediatamente l'addormentamento o il risveglio)
- Crisi epilettiche
- Intossicazione da droghe
- Fasi di psicosi acuta
Secondo l'interpretazione di alcuni,
questo potrebbe indicare che ciò che si osserva durante le
OBE, appare non essere altro che il frutto della propria mente e
la conseguenza di una temporanea iperattività anomala di alcune
regioni del cervello.
Le esperienze extracorporee (OBE) si
manifestano frequentemente nei fenomeni più complessi
denominati esperienze ai confini della morte (NDE),
attualmente oggetto di studio anche in ambito medico, come nei casi
di Pim van Lommel e Sam Parnia.
Un'ipotesi formulata in ambienti
mistici è che alcuni sogni lucidi sarebbero presunti viaggi fuori
dal corpo, mentre all'inverso talune esperienze che potrebbero
sembrare viaggi astrali sarebbero invece soltanto dei sogni o
rientrerebbero in quell'altra categoria di fenomeni denominata
"onironautica".
Uno studio condotto da Bigna
Lenggenhager, della Scuola Politecnica Federale di Losanna e
da Henrik Ehrsson dell'University College di Londra,
primo in assoluto del suo genere, è descritto in due articoli
pubblicati su Science.
Nell'esperimento eseguito i
partecipanti hanno indossato speciali occhiali utilizzati in
visioni tridimensionali attraverso i quali hanno visto,
proiettata a una distanza di due metri, la propria immagine mentre la
stessa era simultaneamente ripresa da una telecamera posta
dietro di loro. Durante le proiezioni, la loro schiena veniva toccata
diverse volte con un bastoncino, così che essi hanno potuto
osservare ciò che accadeva "in diretta" sull'immagine
virtuale. Quando poi ai partecipanti è stato chiesto in quale punto
si trovassero della stanza, quasi tutti hanno indicato la posizione
virtuale. Gran parte dei volontari, quindi, ha avvertito
una dissociazione dal proprio corpo.
Secondo gli autori, questo studio
fornisce una possibile spiegazione scientifica dell'origine del
fenomeno delle esperienze fuori dal corpo, alla base del quale
"potrebbe esserci una disconnessione fra i circuiti del cervello
che elaborano le informazioni sensoriali". Questo esperimento,
ha commentato Peter Brugger, dell'University Hospital di Zurigo,
dimostra che la coordinazione dei sensi e
la prospettiva visuale e visione sono importanti per la
sensazione di trovarsi all'interno del proprio corpo.
I ricercatori hanno quindi dedotto che
la percezione che una persona ha di se stessa può essere manipolata
usando una serie di stimoli multisensoriali in quanto l'unità
spaziale e la coscienza del corpo dipendono dai meccanismi del
cervello. Tali studi non permettono però di concludere in modo
definitivo circa la natura oggettiva o allucinatoria del fenomeno
dell'esperienza extracorporea, o di altri fenomeni simili, come
quelli di premorte.
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