mercoledì 17 settembre 2025

L’incontro Garattini–Boiron: l’omeopatia funziona, per gli altri


Un confronto che, per molti, ha segnato un punto di svolta nella percezione pubblica dell’omeopatia. Da una parte Silvio Garattini, fondatore e direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, simbolo della medicina basata sull’evidenza scientifica. Dall’altra Christian Boiron, amministratore delegato dell’omonima multinazionale francese e leader mondiale nella produzione di rimedi omeopatici. L’incontro, svoltosi a Milano, è diventato emblematico non solo per il contenuto, ma per una confessione inattesa che ha scosso il pubblico: “L’omeopatia funziona, ma per gli altri.”

L’evento nacque come dibattito aperto sull’efficacia terapeutica dei prodotti omeopatici, tema da sempre al centro di un acceso scontro tra scienza e credenze alternative. Garattini, noto per la sua posizione rigorosamente empirica, aprì il dialogo ribadendo che nessuna evidenza scientifica solida ha mai dimostrato che i rimedi omeopatici superino l’effetto placebo. «L’omeopatia», affermò, «si fonda su presupposti incompatibili con la chimica, la fisica e la biologia moderna. Nessun farmaco può essere efficace se, come accade in molti preparati omeopatici, non contiene alcuna molecola attiva.»

Boiron, dal canto suo, tentò di difendere la filosofia della sua azienda sottolineando il rapporto di fiducia tra medico e paziente, l’attenzione alla persona nella sua interezza e l’importanza dell’esperienza soggettiva. Ma fu proprio nel tentativo di spiegare il “mistero” dell’efficacia percepita che pronunciò una frase destinata a rimbalzare sui media:

“L’omeopatia funziona, ma non per me. Funziona per gli altri.”

In quella breve ammissione, volutamente o meno, si racchiudeva un’intera filosofia di marketing e di fede terapeutica. Boiron non dichiarava che l’omeopatia non funziona: dichiarava che funziona per chi ci crede. Era il riconoscimento implicito di ciò che gli studi clinici hanno ripetutamente mostrato: l’effetto placebo, quando supportato da convinzione, ritualità e fiducia, può produrre miglioramenti reali nella percezione dei sintomi.

Garattini colse immediatamente la contraddizione e replicò con una punta d’ironia:

“Appunto. Funziona per gli altri perché è un placebo. E i placebo, per definizione, funzionano solo se non lo sai.”

Il dibattito mise a nudo la frattura profonda tra medicina basata sull’evidenza e medicina basata sulla credenza. Garattini sottolineò la responsabilità etica dei medici e delle istituzioni nel garantire cure efficaci, verificabili e sicure. Boiron, invece, insistette sull’importanza dell’approccio olistico, della personalizzazione della cura e dell’esperienza del paziente come parte integrante del processo di guarigione.

Questa divergenza si riflette anche sul piano economico: il mercato mondiale dell’omeopatia, allora stimato in oltre due miliardi di euro, continuava a crescere nonostante le critiche, alimentato da consumatori alla ricerca di alternative “naturali” e prive di effetti collaterali. Ma, come ricordò Garattini, «assenza di effetti collaterali non significa presenza di effetti terapeutici.»

L’incontro Garattini–Boiron rimase per anni un caso emblematico citato in conferenze e articoli scientifici. Da un lato fu interpretato come un raro momento di confronto civile tra posizioni opposte; dall’altro, come la dimostrazione che, anche nel cuore dell’industria omeopatica, la consapevolezza dei limiti scientifici era nota ma taciuta.

La frase “funziona, per gli altri” divenne un simbolo della distanza tra percezione e realtà terapeutica. Ricordò al pubblico che, in medicina, la convinzione soggettiva può generare effetti psicofisiologici reali — ma non sostituisce la verifica sperimentale, né giustifica la vendita di rimedi privi di principio attivo.

A quindici anni di distanza, il dibattito tra Garattini e Boiron resta una pietra miliare nel confronto tra scienza e pseudoscienza. La domanda centrale rimane immutata: quanto contano la credenza e l’esperienza soggettiva nella guarigione?
La risposta, forse, è nella stessa ammissione di Boiron: l’omeopatia funziona — ma non per chi la produce, bensì per chi vi crede.
Un’affermazione che, pur involontariamente, ha reso più chiaro che mai il confine tra fede e medicina.


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