venerdì 19 settembre 2025

Gli alieni promossi alla maturità: quando gli UFO entrano nei temi d’esame


Per la prima volta nella storia recente, il Ministero dell’Istruzione ha inserito nella traccia di maturità un tema dedicato agli UFO e al dibattito contemporaneo sugli avvistamenti extraterrestri. Una scelta che ha sorpreso studenti, docenti e persino gli esperti di cultura scientifica, aprendo una discussione più ampia sul rapporto fra scienza, società e immaginario collettivo.

Nel nostro blog abbiamo chiesto a Marco Bianchi, ricercatore e consulente di ufologia razionale, e a Laura Conti, insegnante di lettere in un liceo classico di Torino, di commentare la traccia e riflettere su cosa significhi oggi parlare di “alieni” in un’aula scolastica.

Il testo ministeriale partiva da un articolo pubblicato nel 2024 su Scientific American, dedicato al rinnovato interesse per gli “UAP” (Unidentified Aerial Phenomena), termine oggi preferito a UFO. Venivano proposti ai maturandi alcuni documenti di riferimento: estratti di rapporti del Pentagono, dichiarazioni di piloti militari statunitensi e un passo di Carl Sagan tratto da Contact.
La richiesta finale invitava gli studenti a riflettere sul confine tra conoscenza scientifica e credenza popolare, discutendo come i fenomeni inspiegabili abbiano influenzato la cultura di massa e la percezione dell’universo.

Un tema insolito, ma perfettamente coerente con la sensibilità del nostro tempo — un’epoca in cui il confine tra informazione, spettacolo e scienza si fa sempre più sottile.

Per Marco Bianchi, ufologo con trent’anni di esperienza e autore di Cieli sorvegliati, la scelta del Ministero rappresenta «un segnale di maturità intellettuale».

“Finalmente si può parlare di UFO a scuola senza vergogna, ma anche senza mitologia. L’argomento è perfetto per insegnare il metodo scientifico: osservare, raccogliere dati, verificare le fonti e distinguere ciò che è ignoto da ciò che è inventato.”

Bianchi sottolinea come l’interesse istituzionale per gli UAP, rilanciato dai rapporti del Department of Defense e dal Congresso americano durante la presidenza di Donald Trump, abbia restituito dignità a un tema troppo a lungo relegato ai margini.

“Oggi non parliamo più di dischi volanti ma di fenomeni aerei non identificati, osservati con strumenti militari. Il fatto che la scuola chieda agli studenti di ragionarci sopra dimostra che la cultura scientifica si sta evolvendo: non si tratta di credere o non credere, ma di capire cosa sia verificabile.”

Secondo l’esperto, la traccia è anche un’occasione per discutere di epistemologia, ovvero di come la conoscenza si costruisca. «Ogni volta che qualcosa sfida le nostre categorie — dagli UFO alla vita su Marte — la scienza si mette alla prova. È un esercizio perfetto per una maturità che, più che risposte, dovrebbe formare domande.»

Diversa, ma complementare, la lettura di Laura Conti, insegnante di lettere con lunga esperienza nelle commissioni d’esame.

“Quando ho letto la traccia ho sorriso. Non perché fosse bizzarra, ma perché finalmente chiedeva agli studenti di pensare, non di ripetere. Parlare di UFO è un modo per parlare di conoscenza, immaginazione e linguaggio.”

Per Conti, la sfida principale era superare la superficialità del tema mediatico.

“Chi ha saputo andare oltre la battuta o la curiosità televisiva ha trovato un terreno fertile per riflettere su cosa distingua la scienza dalla credenza. Alcuni elaborati hanno paragonato gli avvistamenti UFO alle grandi scoperte astronomiche del passato: anche Galileo, in fondo, osservava ‘oggetti non identificati’ finché la scienza non li spiegava.”

L’insegnante sottolinea anche il valore letterario della traccia.

“Molti hanno citato Leopardi, il suo stupore cosmico e la tensione verso l’infinito. Altri hanno richiamato Calvino e la fantascienza come metafora del desiderio umano di conoscenza. È stata una traccia trasversale, adatta a un liceo come a un tecnico, perché permetteva di spaziare tra cultura scientifica, filosofia e letteratura.”

Il successo della traccia dimostra quanto il linguaggio influenzi la percezione della realtà. Negli anni ’50 si parlava di “dischi volanti”; oggi si parla di “fenomeni aerei non identificati”, in un linguaggio più neutro, adatto alla ricerca. Questo cambiamento semantico non è solo formale: segna il passaggio da una visione fantastica a una razionale del mistero.

In classe, spiega Conti, questo passaggio è diventato un esercizio di interpretazione testuale:

“Abbiamo discusso come le parole ‘alieno’, ‘estraneo’, ‘altro’ siano radici della stessa idea: ciò che non conosciamo. Gli studenti hanno capito che il tema non parlava solo di UFO, ma del rapporto dell’uomo con l’ignoto.”

Bianchi concorda:

“Gli UFO non sono più una questione di fede, ma di conoscenza incompleta. In questo senso, la traccia è profondamente scientifica, perché riconosce che non sapere non significa credere, ma continuare a indagare.”

Dal dopoguerra a oggi, gli UFO hanno influenzato il cinema, la letteratura e la musica. Da Incontri ravvicinati del terzo tipo a The X-Files, fino alle dichiarazioni di piloti e astronauti, il fenomeno ha costruito un immaginario planetario. Portarlo all’esame di Stato significa, in un certo senso, riconoscere che gli alieni sono parte integrante della cultura contemporanea.

Secondo Conti:

“Il tema ha permesso di collegare la cultura pop alla riflessione filosofica. Alcuni studenti hanno citato persino Nietzsche, leggendo gli alieni come metafora dell’‘oltreuomo’, o Platone, con il mito della caverna come simbolo della nostra ignoranza cosmica. È raro vedere un tema che riesca a unire rigore e fantasia in modo così naturale.”

Bianchi, invece, evidenzia il valore educativo del confronto tra fonti.

“Le generazioni nate con Internet devono imparare a distinguere il dato verificato dal complotto. Parlare di UFO a scuola serve proprio a questo: a insegnare come si costruisce una verità condivisa. E in tempi di disinformazione, è forse la lezione più importante.”

Al termine del dibattito, una cosa appare chiara: il tema sugli UFO non era un vezzo né un diversivo, ma una scelta consapevole per misurare la maturità cognitiva degli studenti.
In un mondo dove i confini tra scienza e finzione si confondono — dai video di droni alle immagini del telescopio James Webb — l’educazione deve insegnare a interpretare, non solo a credere.

Bianchi chiude con una riflessione che sembra un manifesto:

“La maturità non consiste nel credere agli alieni o nel negarli. Consiste nel sapere cosa non sappiamo e continuare a cercare con mente aperta.”

Conti gli fa eco:

“È questo che valutiamo nei temi: la capacità di pensare, di interrogare, di collegare. Gli UFO, alla fine, sono solo un pretesto per parlare di noi, del nostro desiderio di conoscere e del coraggio di affrontare l’incertezza.”

Forse, allora, la scelta del Ministero è stata più lungimirante di quanto sembri. Perché parlare di alieni alla maturità non significa aprire la porta ai marziani, ma spalancarla alla curiosità umana — quella stessa curiosità che, da Galileo a Sagan, ci ha spinti a guardare il cielo e a chiederci, con meraviglia, chi c’è dall’altra parte.


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