Nella fantascienza e, più in generale,
nella cultura di massa, gli extraterrestri sono rappresentati
come forme di vita generalmente intelligenti provenienti da un
pianeta diverso dalla Terra. Spesso sono anche indicati
collettivamente come alieni; tale termine è antropocentrico
ed è usato per riferirsi a ipotetici rappresentanti di civiltà non
umane a partire da o su altri pianeti, anche nel contesto del proprio
habitat nativo. Questo può essere visto come un ritorno al
significato classico di "alieno", come riferito a un
"altro". La parola "alieno" (dal latino alienus
col vario significato di «appartenente ad altri, altrui; straniero;
estraneo; avverso») indica in generale un soggetto estraneo
all'ambiente di riferimento.
Per quanto la fantascienza abbia visto
la propria codifica come genere solo nella prima metà del Novecento,
gli extraterrestri compaiono già nella narrativa precedente, fin
dall'antichità, in racconti filosofici, spesso in relazione al tema
della "pluralità dei mondi", o in satire a sfondo sociale
e politico.
Durante la prima fantascienza delle
riviste "pulp" statunitensi, gli extraterrestri sono stati
spesso rappresentati come mostri o come "omini verdi" e più
in generale come semplici personaggi stereotipati, per lo più
antagonisti malvagi dell'eroe umano, o al massimo nel ruolo di
"spalla" del protagonista. In queste prime storie
avventurose, gli extraterrestri sovente erano fatti provenire dal
pianeta Marte o da altri luoghi del sistema solare. In seguito al
progredire delle osservazioni astronomiche e dell'esplorazione
spaziale, la loro origine è stata spostata in più remoti pianeti
extrasolari. Con la nascita dell'ufologia alla fine degli anni
quaranta e la corsa allo spazio durante la guerra fredda, gli
extraterrestri hanno goduto di rinnovato interesse nell'opinione
pubblica, diventando un popolare soggetto di indagine. Con gli anni
sessanta-settanta della New Wave e della "fantascienza
sociologica", nella narrativa queste figure dimettono il
semplice ruolo di mostri e crudeli invasori per venire descritti in
modo più complesso nei loro aspetti psicologici e culturali,
superando gli stereotipi precedenti e rendendosi più spesso
protagonisti delle storie, assieme alla loro civiltà e al loro
ambiente.
Nella cultura popolare lo stereotipo
degli "omini verdi" è stato nel frattempo sostituito da
quello dei "Grigi" delle pubblicazioni ufologiche.
Idee storiche
Benché la fantascienza come genere
definito si sia sviluppata a partire dal Novecento, le
rappresentazioni di personaggi extraterrestri compaiono nella
letteratura fin dall'antichità, nel racconto Una storia vera
di Luciano di Samosata (120-190 d.C.), o più avanti, agli albori
dell'era scientifica, nel Somnium (1634) di Keplero, ne Gli
stati e gli imperi della luna (1662) di Cyrano de Bergerac, nel
Micromega (1752) di Voltaire.
La protagonista del racconto popolare
giapponese del X secolo Taketori monogatari (Storia di un
tagliatore di bambù), è una hime (principessa) della
Luna, che viene mandata sulla Terra per sicurezza nel corso di una
guerra celeste e viene ritrovata e cresciuta da un tagliatore di
bambù in Giappone. In seguito ella viene riportata sulla Luna dalla
sua vera famiglia. L'illustrazione del manoscritto raffigura una
macchina volante circolare somigliante a un disco volante.
All'incirca nello stesso periodo, Le avventure di Bulukiya, un
racconto arabo medioevale da Le mille e una notte, descriveva
un cosmo costituito da diversi mondi, alcuni più grandi della Terra
e ciascuno con i propri abitanti.
Tuttavia è soprattutto a partire dal
XVII secolo, con l'invenzione del telescopio, che si crea un
autentico interesse per il tema della vita negli altri mondi.
Il poeta didattico Henry More riprese
il tema classico della pluralità dei mondi del greco Democrito nel
Democritus Platonissans, or an Essay Upon the Infinity of Worlds
(1646). Con il nuovo punto di vista relativo era sostenuta la
possibilità che "Il Sol del nostro mondo / divien altrove una
stella", oltre ad avere compiuto il salto speculativo dei
pianeti extrasolari.
La possibilità di vita extraterrestre
era un luogo comune del discorso dotto nel XVII secolo, benché nel
Paradiso perduto (1667) John Milton utilizzasse prudentemente
il condizionale, quando l'angelo suggerisce ad Adamo la possibilità
di vita sulla Luna:
«E se la luce effusa attraverso la
vasta e trasparente aria alla luna terrestre fosse come una stella
che di giorno la illumina, così come di notte lei illumina la
terra, reciprocamente, e vi fossero laggiù terreno e campi ed
abitanti?
Tu vedi le sue macchie come fossero nubi, e dalle nubi discende
la pioggia, e le piogge sul suolo ammollito producono frutti, in
modo che qualcuno si possa nutrire; e altri soli riesci forse a
discernere con il corteggio delle loro lune, che emanano una luce
maschile e femminile, due grandi sessi che animano il mondo,
raccolti in ogni orbita, e forse là c'è qualcuno che vive» |
Le Conversazioni sulla pluralità
dei mondi di Bernard le Bovier de Fontenelle, con le sue analoghe
escursioni sulla possibilità di vita extraterrestre, ampliano
piuttosto che negare la sfera creativa di un Artefice; vennero
tradotte in inglese nel 1686. Nelle Escursioni (1728) David
Mallet proclama: "Diecimila mondi splendono avanti, ciascuno con
il suo treno / di mondi popolati."
Nell'Ottocento l'idea che la Luna e gli
altri pianeti del sistema solare fossero abitati era abbastanza
diffusa a livello popolare e anche nell'ambito del mondo accademico
era una questione seriamente dibattuta. Il continuo miglioramento
della tecnologia dei telescopi rifrattori, inoltre, faceva presagire
nuove imminenti scoperte. L'astronomo francese Camille Flammarion
(1842-1925), ad esempio, rimase convinto per tutta la vita che vi
fossero altri pianeti abitati, concetto che divulgò nei suoi libri.
Flammarion, oltre che divulgatore, fu anche un noto scrittore di
romanzi scientifici precursori della fantascienza e fu tra i primi a
proporre l'idea che gli esseri extraterrestri fossero davvero alieni,
e non semplicemente variazioni delle creature terrestri.
Nell'opinione pubblica suscitò grande
scalpore, nel 1835, la notizia della scoperta della vita sulla Luna
in una serie di articoli pubblicati sul quotidiano New York Sun,
che aumentò vertiginosamente le proprie vendite. Tale storia è
passata alla storia col nome di Great Moon Hoax ("grande
beffa della Luna"). In essa era descritto un completo ecosistema
lunare e una razza intelligente di uomini alati. Le immaginarie
scoperte - falsamente attribuite a sir John Herschel, forse il più
noto astronomo del suo tempo - vennero prese per autentiche dai
newyorkesi e l'articolo tradotto in varie lingue, malgrado in origine
avesse, con ogni probabilità, un intento satirico: mettere in
ridicolo alcune delle stravaganti teorie astronomiche dell'epoca, e
in particolare le idee del rev. Thomas Dick, il quale aveva calcolato
che il sistema solare contenesse 21.891.974.404.480 (oltre 21
trilioni) di abitanti (la Luna da sola, secondo il suo calcolo,
avrebbe potuto contenerne 4,2 miliardi). Gli scritti di Thomas Dick
furono enormemente popolari negli Stati Uniti anche tra gli
intellettuali.
Dopo la Luna, il pianeta Marte è stato
considerato per lungo tempo un ottimo candidato per la vita
extraterrestre. Nel 1877 l'astronomo italiano Giovanni Virginio
Schiaparelli credette di scorgere una rete di canali sulla superficie
di Marte, i cosiddetti "Canali di Marte". Si diffuse l'idea
che tali formazioni fossero opere d'ingegneria idraulica realizzate
da una specie intelligente per sopravvivere in un mondo più arido
della Terra. L'astronomo statunitense Percival Lowell fu tra i
maggiori sostenitori di questa teoria, che ebbe grande impatto
popolare. Egli sostenne la tesi che i canali fossero stati costruiti
da esseri intelligenti col proposito di gestire al meglio le
insufficienti risorse idriche del pianeta, che immaginava -
differentemente da Schiaparelli - coperto di vegetazione.
La controversia scientifica si trascinò
per anni, fino ai primi del Novecento, quando fu dimostrato che i
canali di Schiaparelli erano delle illusioni ottiche. Le idee di un
Marte solcato da canali e abitato sarebbero tuttavia rimaste vive
nell'immaginario popolare, grazie soprattutto alle numerose storie di
fantascienza ambientate sul pianeta rosso, almeno fino al 1965,
quando la televisione mostrò le prime foto scattate dalla sonda
spaziale Mariner 4 della NASA di un pianeta desertico e inospitale.
Con il romanzo del 1898 La guerra
dei mondi di H.G. Wells, che rappresenta realisticamente
un'invasione della Terra da parte dei marziani, l'idea di abitanti di
altri mondi entra prepotentemente a far parte dell'immaginario
collettivo.
Benché già prima della pubblicazione
de La guerra dei mondi vi fossero state altre storie di alieni
e di invasioni aliene, questo romanzo è considerato generalmente
come il prototipo delle storie di invasione aliena e a Wells è
accreditata l'ideazione di diversi temi sugli extraterrestri che sono
stati poi notevolmente ampliati dagli scrittori di fantascienza nel
corso del Novecento, tra cui il primo contatto e la guerra
interplanetaria tra specie differenti.
Wells stesso, vari decenni dopo,
ribaltò lo stereotipo dell'alieno malvagio che egli stesso aveva
contribuito a creare in un successivo romanzo, Gli astrigeni
(Star Begotten, 1937): i marziani erano qui descritti come una
sorta di fratelli maggiori e più saggi dell'umanità, che guidano
l'evoluzione dell'intelletto umano con una dosata irradiazione di
raggi cosmici. Dalla Guerra dei mondi in poi, la paura
dell'invasione degli "alieni" rimase comunque una costante
in numerosissime opere popolari. Dal romanzo fu tratto nel 1938 un
dramma radiofonico omonimo prodotto e interpretato da Orson Welles
come una radiocronaca, talmente realistica e convincente da gettare
nel panico milioni di ascoltatori americani.
Durante la prima fantascienza delle
riviste "pulp" statunitensi (anni venti e trenta), gli
extraterrestri sono stati spesso rappresentati come mostri e più in
generale come semplici personaggi stereotipati, antagonisti malvagi
dell'eroe, o al massimo nel ruolo di "spalla" del
protagonista, che quasi invariabilmente è un giovane maschio bianco
terrestre. In queste prime storie avventurose e nelle illustrazioni
di copertina compare spesso il personaggio del mostro dagli occhi da
insetto (BEM, bug-eyed monster) che insidia la fanciulla da
salvare. Nell'epoca d'oro della fantascienza (dalla fine degli anni
trenta agli inizi dei cinquanta) gli extraterrestri sovente erano
fatti provenire dal pianeta Marte, da Venere o da altri luoghi del
sistema solare allora considerati misteriosi. In seguito, con il
progredire delle osservazioni astronomiche e dell'esplorazione
spaziale, la loro origine sarà spostata in pianeti sempre più
remoti.
Vari autori già agli inizi degli anni
trenta avevano messo in discussione lo stereotipo degli
extraterrestri come crudeli invasori o guerrieri simili all'uomo.
Stanley G. Weinbaum, in Un'odissea marziana (1934), descrive
un Pianeta Rosso abitato da creature pacifiche, spesso intelligenti
quanto gli esseri umani ma con una psicologia del tutto diversa e
incomprensibile. Dello stesso anno, nel racconto Vecchio fedele
di Raymond Z. Gallun, un marziano fugge dal governo dispotico del suo
pianeta e, con l'aiuto di una cometa, raggiunge la Terra dove riesce
a incontrare i terrestri con cui era entrato in contatto radio;
infine muore perché l'atmosfera terrestre è troppo densa per lui.
L'elenco dei libri di narrativa che
contengono descrizioni di extraterrestri o di forme di vita aliene,
dal romanzo di Wells in poi, è sterminato. Le opere di questo tipo
vanno dalla narrativa di anticipazione o di speculazione (Infinito
di Olaf Stapledon), agli horror (molti dei racconti del "terrore
cosmico" di Lovecraft) fino alla space opera, l'avventura
spaziale popolare a partire dagli anni trenta-quaranta. Nel romanzo
Infinito (1930) di Olaf Stapledon, i marziani hanno la forma
di nuvole capaci di comunicare telepaticamente e formano una
coscienza collettiva sul loro pianeta; tentano anch'essi una
invasione della Terra ma vengono respinti, anche se la vittoria sarà
fatale ai terrestri.
Gli alieni sono protagonisti dei primi
fumetti di fantascienza, inizialmente comici e satirici, pubblicati
in forma di strisce o vignette nei quotidiani: Marsoozalums,
apparso nel 1901 sul New York Journal, e Mr. Skygack, from
Mars, del 1907. In Flash Gordon, del 1934, il protagonista
è catapultato nel planetoide alieno di Mongo, popolato da numerose
razze diverse. Il più famoso personaggio di origine extraterrestre,
Superman, fa la sua apparizione nel 1938.
Il secondo dopoguerra vede l'inizio
della Guerra fredda, che viene riflessa nell'immagine ancora una
volta popolare dell'alieno malvagio, minacciosamente in procinto di
conquistare gli Stati Uniti con armi terribili. La più grande ondata
di pellicole sulle invasioni aliene si ha proprio tra l'ascesa di Joe
McCarthy nel 1950 e il lancio dello Sputnik nel 1957. La corsa allo
spazio condotta nell'ambito della guerra fredda tra USA e URSS,
provoca un rinnovato interesse per l'esplorazione del cosmo e per i
suoi possibili abitatori.
Con la nascita dell'ufologia alla fine
degli anni quaranta e soprattutto negli anni cinquanta, gli
extraterrestri divengono anche, da elemento narrativo e soggetto
filosofico, oggetto di indagine con velleità scientifiche. Dopo
decenni di ricerche inconcludenti, la mancanza di risultati
scientifici che potessero comprovare - o escludere - l'origine
extraterrestre del fenomeno UFO non ha diminuito la popolarità degli
alieni, mantenendo l'entità extraterrestre una figura enigmatica,
misteriosa e aperta a qualsiasi interpretazione. Essa continua dunque
a essere un terreno fertile per i narratori, che la possono adattare
per qualsiasi ruolo all'interno delle proprie storie, anche di tipo
allegorico.
Nelle Cronache marziane (1950),
di Ray Bradbury, Marte viene conquistato e colonizzato dai terrestri.
I marziani sono un'antichissima e saggia razza in malinconica
decadenza, destinata ad una rapida estinzione. Vi è un evidente
parallelo con la conquista del Nuovo Mondo: gli umani si insediano
sul suolo marziano senza considerazione per gli indigeni, che vengono
uccisi dalle malattie portate dalla Terra, come accadde per i nativi
americani.
Sulla scorta dell'ufologia nascono
anche dei culti religiosi, tra cui i Raeliani, che riprendono
elementi dalla Teosofia e dalle religioni orientali; in genere queste
credenze propongono la figura di alieni saggi e benevoli; tuttavia
non manca la figura dell'alieno malvagio, che in tale ambito
religioso è più che altro riconducibile ai miti e ai simboli della
demonologia cristiana.
Con gli anni sessanta-settanta della
New Wave e della "fantascienza sociologica", gli
extraterrestri nella narrativa dismettono il semplice ruolo di
crudeli invasori per godere di maggiore risalto nella loro componente
psicologica e culturale, superando gli stereotipi e diventando,
sempre più spesso, i veri protagonisti della narrazione, che
approfondisce la descrizione del loro habitat e della loro civiltà;
nascono storie interamente ambientate in contesti alieni e narrate
dal punto di vista degli extraterrestri, per le quali è stato
coniato il termine di "xenofiction".
In Straniero in terra straniera
(Stranger in a Strange Land, 1961), di Robert A. Heinlein, i
saggi e antichi Marziani allevano il protagonista umano, orfano, il
quale al termine dell'adolescenza fa ritorno sulla Terra, per
conoscere la cultura umana a lui "aliena". La controcultura
dei tardi anni sessanta fu influenzata da questo libro per i suoi
temi libertari e per la sua esaltazione dell'"amore libero".
L'elenco dei libri di narrativa che
contengono descrizioni di extraterrestri o di forme di vita aliene è
sterminato. Le opere di questo tipo vanno dalla narrativa di
anticipazione o di speculazione (La nuvola nera (1957) di Fred
Hoyle), al racconto filosofico (come in alcune opere di Stanislaw
Lem, dove l'alieno è solitamente un enigma: ad esempio Solaris,
Il pianeta del silenzio), agli horror fino alla fiaba per bambini
(Clorofilla dal cielo blu di Bianca Pitzorno), alla
tradizionale space opera.
Extraterrestri - più o meno
pittoreschi - compaiono abitualmente (anche come personaggi
principali) in film, serie televisive e fumetti.
Una espressione ricorrente per indicare
gli extraterrestri è "omini verdi" od "ometti verdi"
(in inglese "little green men"), per riferirsi a delle
figure stereotipate di alieni. La loro raffigurazione può variare
notevolmente, ma il più delle volte sono rappresentati come creature
umanoidi dalla pelle verdastra e dalla statura inferiore a quella
umana, glabre e dotate di una testa imponente (a suggerirne
l'intelligenza assai sviluppata), occhi grandi e privi di pupille,
naso appena abbozzato e arti esili; talvolta presentano delle antenne
sul capo.
L'etichetta di "omini verdi",
spesso utilizzata in senso umoristico e parodico, è rimasta
associata per molti anni ai marziani. Il colore verde in riferimento
agli alieni deriva forse dal romanzo originale di Edgar Rice
Burroughs Sotto le lune di Marte (A Princess of Mars,
1912), dove sono descritte varie specie di marziani, tra cui appunto
una razza con la pelle verde. Nella tradizione narrativa, il colore
verde è onnipresente per evocare creature magiche e spettrali;
Claude Lecouteaux, nel suo saggio Les nains et les elfes au Moyen
Âge, sostiene che questo colore è una prerogativa delle forze
dell'Aldilà.
Il colore verde in associazione agli
extraterrestri sarà ripreso, dopo Burroughs, da molti altri autori e
compare, in qualche caso, anche nel titolo delle loro opere, come nel
romanzo The Green Man di Harold Sherman (1946, su Amazing
Stories) e nel seguito The Green Man Returns (1947), dove
un messia dalla pelle verde discende sulla Terra da un disco volante,
o nel racconto The Third Little Green Man di Damon Knight
(1948, su Planet Stories). Alieni verdi comparivano anche
nelle copertine di pulp magazine con le avventure di Flash
Gordon e Buck Rogers e persino nei cartoni animati della Warner
Brothers, dove fa la sua comparsa nel 1948 il personaggio comico di
Marvin il marziano (Marvin the Martian o Commander X-2),
un piccolo alieno bellicoso in divisa verde.
Gli omini verdi sono protagonisti, ad
esempio, del romanzo di Mack Reynolds The Case of the Little Green
Men (1951), in cui un detective indaga sugli extraterrestri che
vivono sulla Terra in mezzo alla popolazione. Fredric Brown, nel suo
romanzo del 1954 Marziani, andate a casa! (Martians, Go
Home!) descrive in tono umoristico una improvvisa invasione di
milioni di marziani verdi, intangibili e sostanzialmente pacifici ma
insopportabili nella loro invadenza.
I "Grigi" hanno rimpiazzato
gli omini verdi come stereotipo di extraterrestre nella cultura
popolare, grazie alla diffusione data loro dalle pubblicazioni
ufologiche, che comunque propongono anche altre rappresentazioni di
alieni, come i benevoli "Nordici" (presenti soprattutto
nell'immaginario ufologico europeo), i sanguinari Rettiliani o gli
inquietanti Insettoidi.
I Grigi fanno la loro prima
significativa apparizione cinematografica nel film del 1977 Incontri
ravvicinati del terzo tipo, in cui il regista Steven
Spielberg si servì di alieni simili a bambini come metafora
creativa.
Appartengono a questa vasta categoria
gli alieni rappresentati con un misto di caratteristiche umane e di
animali terrestri. I più noti di questo tipo di extraterrestri sono
i rettiliani - popolari tra gli ufologi - e gli insettoidi.
Gli alieni a forma di rettile sono i
protagonisti della serie televisiva Visitors, dove si
presentano camuffati sotto un aspetto umano.
Alieni dalle sembianze di insetti
compaiono nella serie televisiva Star Trek: Enterprise, dove
rappresentano una delle specie del popolo Xindi.
La rappresentazione di extraterrestri
non si limita a creature antropomorfe o zoomorfe.
Già nel sopracitato romanzo di H. G.
Wells i marziani sono rappresentati come esseri tentacoluti, con
cenni di biologia extraterrestre. Da qui seguirono altre
rappresentazioni di extraterrestri più o meno mostruosi. Murray
Leinster, nel racconto Proxima Centauri (1935) descrive gli
extraterrestri come dei ferocissimi mostri vegetali, senzienti ma
antropofagi. Molte delle entità che popolano i racconti di H. P.
Lovecraft sono spesso descritte come provenienti da altri mondi
(altri pianeti, altre galassie o altri piani di esistenza).
D'altra parte, C. S. Lewis, nel romanzo
Lontano dal pianeta silenzioso del 1938, descrive gli eldila,
esseri di energia (nel contesto, una versione fantascientifica degli
angeli).
Mentre questi extraterrestri possono
essere affini alla mitologia, altri autori hanno invece voluto
descrivere forme molto differenti di esseri viventi. Già Keplero,
nel Somnium (pubblicato postumo nel 1634), si rende conto che
l'irregolare clima lunare e il terreno ostile avrebbero prodotto
piante e animali molto diverse da quelle terrestri e, invece di
ideare una civiltà lunare simile a quelle terrestri, descrive delle
creature (forse solo animali, forse no), dal breve arco vitale, in
continua migrazione per sfuggire agli sbalzi di temperatura e a
condizioni ostili di vita.
Nel corso di questa voce sono state già
citate altre forme di vita più insolite, come le colonie senzienti
di batteri marziani di Olaf Stapledon (Infinito, 1930) e La
nuvola nera di Fred Hoyle (1969) (nel romanzo si suggerisce anzi
che sia una forma di vita comune nell'universo); di nuovo, Murray
Leinster, nel racconto Il pianeta solitario (1949), anticipa
Solaris raccontando di una massa gigantesca di protoplasma
senziente che ricopre un intero pianeta, sostanzialmente ben
intenzionata; Michael Crichton, nel romanzo Andromeda (1969),
descrive un virus alieno (non senziente).
Altri autori ancora sono passati a
forme di vita non basate sulla chimica del carbonio: il caso limite,
forse, è Dragon's Egg (1980) di Robert L. Forward, dove il
metabolismo degli extraterrestri si basa su reazioni nucleari anziché
sulle reazioni chimiche, con effetti sulla scala dei tempi: nell'arco
di pochi giorni terrestri, per queste forme di vita passano intere
civiltà, finché non superano rapidamente la stessa civiltà
terrestre. Il racconto fu suggerito da un saggio dell'astronomo Frank
Drake.
Un altro caso limite, di tipo più
ludico, è Dkrtzy RRR, un'equazione matematica senziente.
Questo personaggio inventato da Alan Moore compare nei fumetti e si
può considerare un'entità di natura memetica, come, per esempio, un
software. Questa equazione è stata scoperta (o costruita) da un
matematico extraterrestre e, nel contesto della storia, lavora e
coopera con altre entità.
Un soggetto da sempre legato agli
extraterrestri è immaginare come potrebbe svolgersi il primo
incontro con essi e a quali conseguenze - benefiche o disastrose -
potrebbe condurre per la specie umana.
A questo tema sono state dedicate
intere serie. Un classico è la serie di romanzi dei Free Traders
(dal 1966) di Andre Norton. Una trattazione moderna e
scientificamente curata, che usa segnali radio invece delle
astronavi, si ritrova nei romanzi Gli ascoltatori (Listeners,
1972) di James Gunn e Contact (1985) dell'astrofisico Carl
Sagan, veri e propri manifesti del progetto SETI. Una variazione
originale sul tema è quella di James White con il suo romanzo
Incontro nell'abisso (The Watch Below , 1965) in quanto
si svolge in ambiente sottomarino sulla Terra e con modalità del
tutto inconsuete.
Ultimatum alla Terra, un film
del 1951 liberamente tratto dal racconto Addio al padrone
(Farewell to the Master, 1940) di Harry Bates, mostra le
incomprensioni e il clima di diffidenza che potrebbero segnare e
rovinare il buon esito di un primo contatto fra la civiltà terrestre
e una maggiormente avanzata, che avvenisse sulla Terra.
Il primo film in cui appaiono
extraterrestri - per la precisione dei seleniti - è il Viaggio
nella Luna di Georges Méliès del 1902, considerato anche il
primo film di fantascienza. Gli abitanti della Luna sono
rappresentati come creature grottesche simili a folletti, senza
alcuna pretesa di scientificità. Segue nel 1918 il meno noto film
danese Himmelskibet di Holger-Madsen dove compaiono dei
marziani, l'inglese The First Men in the Moon di Bruce Gordon
e J.L.V. Leigh (1919) con abitanti della Luna e il film sovietico
Aelita diretto da Jakov A. Protazanov (1924), nuovamente con
dei marziani.
La più grande ondata di pellicole
sulle invasioni aliene si ebbe invece nell'epoca tra l'ascesa di Joe
McCarthy nel 1950 e il lancio dello Sputnik 1 nel 1957. Si tratta di
film hollywoodiani che giocavano sulla paranoia anticomunista
dilagante negli Stati Uniti dell'epoca, seppure senza affrontare in
modo esplicito i temi scottanti del Maccartismo e della "paura
rossa". In questa fase storica gli alieni sono quasi
invariabilmente ritratti come malvagi invasori alieni, con episodiche
eccezioni (come i film Ultimatum alla Terra del 1951,
Cittadino dello spazio del 1955, I figli dello spazio
del 1958).
Dagli anni cinquanta in poi la presenza
di extraterrestri diventa un tema fisso del cinema e di show
televisivi; i film in cui compaiono extraterrestri - anche a scopo
parodistico - sono ormai centinaia; così come le serie televisive.
Per queste ultime, i primi titoli - in ordine cronologico - sono la
serie britannica Doctor Who (dal 1963) e le serie statunitensi
Lost in Space (1965 - 1968) e Star Trek (1966 - 1969).
Nella serie originale di Star Trek l'incontro con "nuove
forme di vita e nuove civiltà" è un elemento centrale e le
serie succedutesi negli anni hanno mostrato un cospicuo numero di
differenti specie extraterrestri (oltre 400, quasi sempre del tipo
umanoide).
In anni più recenti, è da citare la
serie televisiva X-Files, che ha attinto a piene mani ai temi
della cultura popolare statunitense come le teorie del complotto
sugli UFO.
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