Nel Libro dei morti egiziano, in particolare, la purezza del defunto veniva valutata tramite la psicostasia, nota come la "pesatura del cuore". Il cuore, considerato il registratore di tutte le azioni compiute durante la vita, veniva posto su una bilancia con una piuma sull'altro piatto. La dea Maat, simbolo dell'ordine cosmico, della giustizia e della verità, sorreggeva la bilancia e posizionava il cuore del defunto. Se il cuore bilanciava con la piuma, il defunto veniva dichiarato "giusto" e ammesso nel Regno dei morti. Altrimenti, per ordine di Osiride, il cuore veniva dato in pasto al Divoratore, chiamato Ammit, mentre l'anima era condannata a risiedere nel duat, il regno degli inferi.
Nel Bardo Thödol tibetano, si trova una versione simile del Divoratore, ma sulla bilancia, al posto della piuma, venivano poste pietruzze bianche e nere.
Jorge Luis Borges, nel suo Manuale di zoologia fantastica, descrive il tribunale dell'aldilà dei tibetani, dove il defunto giurava di non aver causato sofferenza o morte, di non aver rubato, di non aver commesso ingiustizie. Se le sue parole fossero risultate false, i giudici lo avrebbero consegnato al Divoratore, assistito da un'altra mostruosa creatura chiamata Babài, di cui Plutarco parla soltanto accennando alla sua spaventosa somiglianza con uno dei Titani, forse il padre della Chimera.
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