venerdì 20 giugno 2025

L’apparizione di Krishna: l’esperienza mistica di Srila Prabhupada a Jhansi


Nel cuore della città di Jhansi, negli anni che precedettero la partenza di Srila Prabhupada per New York, si consumò un episodio straordinario che ancora oggi affascina studiosi e devoti della tradizione vaishnava. La vicenda, raccontata da Acharya Prabhakara Misra, primo discepolo di Prabhupada, testimonia la profonda connessione spirituale tra il maestro indiano e il Signore Krishna.

Acharya Prabhakara, stimato studioso di sanscrito con un master e un dottorato, descrive la vita quotidiana condivisa con Prabhupada a Jhansi. I due organizzavano insieme festival religiosi, programmi di bhajan e Ratha-yatra nei villaggi limitrofi, consolidando un legame basato sulla devozione e sulla pratica spirituale intensa. Fu in questo contesto che si verificò l’evento che avrebbe lasciato un segno indelebile nella memoria dei presenti.

Durante la notte di Krishna Janmastami del 1954, Acharya Prabhakara si recò a Delhi per un breve viaggio. Al suo ritorno, intorno all’una di notte, sentì il suono estatico del mridanga provenire dalla sala del tempio. Salendo al piano superiore, rimase stupito: Prabhupada cantava il kirtan con un’intensità senza pari, saltellando per la sala immerso in uno stato di beatitudine totale. La sua figura era ornata da una ghirlanda di fiori kadamba, di dimensioni straordinarie, grandi come palline da tennis, dai profumi così intensi da apparire quasi sovrannaturali.

Acharya Prabhakara tentò di chiedere a Prabhupada l’origine di quella ghirlanda, ma il maestro rimase assorto nella sua danza e nel canto. Solo il mattino seguente, dopo che il kirtan si era concluso, il devoto riuscì a ottenere una spiegazione. Srila Prabhupada, con voce tremante e occhi pieni di lacrime, raccontò che mentre cantava a Krishna provava un amore così profondo che il Signore stesso apparve e gli donò la ghirlanda, svanendo immediatamente dopo il contatto. La gioia e l’emozione furono così intense da spingere Prabhupada a danzare per la sala del tempio, incapace di trattenere il sentimento che lo pervadeva.

Questa esperienza, riportata con sincerità e rigore da Acharya Prabhakara, appare straordinaria anche nel contesto della vita spirituale di Prabhupada. Il maestro era noto per i suoi periodi prolungati di kirtan, a volte continuando a cantare senza cibo né sonno. Tuttavia, l’episodio di Jhansi si distingue per la sua intensità e per la manifestazione tangibile della divinità: una presenza che si concretizzò nella ghirlanda e nell’atmosfera vibrante del tempio, riconosciuta dal devoto come “aprakrt”, ovvero immateriale e fuori dal comune.

La testimonianza sottolinea la natura unica della devozione di Prabhupada, capace di trascendere le normali esperienze sensoriali. L’evento dimostra come la pratica sincera e costante della bhakti, il canto e la danza devozionale, possano generare momenti in cui la realtà materiale e quella spirituale sembrano incontrarsi. Non si tratta di un fenomeno isolato nella storia dei mistici vaishnava, ma la documentazione diretta da parte di un testimone credibile rende questo episodio particolarmente significativo.

Dal punto di vista storico e culturale, l’episodio di Jhansi offre un’interessante testimonianza della vita quotidiana di Prabhupada prima della sua partenza per occidente. La città stessa, il contesto accademico e spirituale in cui operava, e i rapporti con i suoi primi discepoli forniscono uno sfondo concreto a un’esperienza altrimenti difficile da verificare. Acharya Prabhakara, uomo di notevole rigore morale e intellettuale, conferma la serietà della vicenda, rafforzando la sua credibilità agli occhi della comunità dei devoti.

Questo racconto ha inoltre implicazioni profonde per la comprensione della pratica spirituale: esso illustra come l’amore devozionale possa diventare catalizzatore di esperienze trascendenti, in cui la percezione ordinaria viene sostituita da una realtà interiore più intensa e vivida. Il dono della ghirlanda, la sua dimensione straordinaria e l’aroma celestiale, rappresentano simbolicamente il riconoscimento divino della devozione pura, un segno tangibile dell’unione tra il devoto e l’oggetto della sua venerazione.

Per chi studia la vita di Prabhupada, l’episodio a Jhansi diventa così un punto di riferimento essenziale, una finestra su un momento di estasi spirituale che anticipa le missioni e le sfide che il maestro avrebbe affrontato negli anni successivi, in particolare nel portare la tradizione vaishnava nel contesto occidentale. La capacità di mantenere tale intensità devozionale, il controllo della mente e del corpo durante giorni di canto ininterrotto, è una lezione pratica sulla disciplina e sulla dedizione richieste per raggiungere la comunione con il divino.

L’esperienza mistica raccontata da Acharya Prabhakara non è solo un aneddoto devozionale: rappresenta una testimonianza concreta della realtà interiore della bhakti, una pratica che trasforma profondamente la percezione e l’esperienza della vita. La ghirlanda di Krishna, con la sua presenza visibile e olfattiva, incarna il riconoscimento del divino, mentre la danza e il canto di Prabhupada diventano espressione immediata della gioia spirituale.

La narrazione di Jhansi mostra un aspetto fondamentale della vita di Srila Prabhupada: la capacità di esperire la presenza diretta di Krishna attraverso la devozione pura e il canto incessante. L’episodio non solo rafforza la fede dei devoti, ma offre anche a studiosi e appassionati di spiritualità un esempio tangibile di come la pratica religiosa possa condurre a esperienze di trascendenza e visioni che vanno oltre la realtà materiale, sottolineando il legame indissolubile tra maestro e divinità.



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