martedì 17 giugno 2025

Onan, il Barbaro: tra mito, malintesi e storia biblica

 


Nell’immaginario collettivo occidentale, il nome di Onan evoca immediatamente un’immagine di peccato legato all’autoerotismo. Da lui deriva infatti il termine “onanista”, associato alla masturbazione e all’idea di indulgenza sessuale colpevole. Tuttavia, uno sguardo più attento al testo biblico rivela una storia ben diversa, spesso travisata e semplificata dai secoli di interpretazioni culturali e religiose: Onan non era un masturbatore seriale, e il suo peccato non riguardava affatto l’autoerotismo. La sua trasgressione, come riportata nel libro della Genesi, si colloca in un contesto complesso di leggi familiari e obblighi sociali dell’antico Israele, con conseguenze morali e religiose precise.

Secondo la Bibbia, Onan era figlio di Giuda e, dopo la morte del fratello Er, fu chiamato a svolgere il dovere del levirato. Questa pratica prevedeva che il fratello del defunto sposasse la vedova, al fine di procreare un erede per il fratello morto, preservando così la linea di discendenza e i beni della famiglia. Onan si trovò quindi di fronte a un obbligo sacro: generare un figlio che avrebbe portato avanti il nome del fratello. Tuttavia, durante l’atto sessuale con la moglie del fratello, Onan compì un gesto che la tradizione giudica trasgressivo: “uscì fuori” e eiaculò a terra, piuttosto che all’interno della donna, impedendo così la concezione di un erede.

Il peccato di Onan, dunque, non consisteva nel piacere solitario o nell’atto di masturbazione, bensì nel rifiuto deliberato di adempiere a un dovere familiare e religioso. In termini biblici, il suo gesto rappresentava una violazione del principio di responsabilità verso la famiglia e verso Dio, un atto di egoismo che sottraeva al fratello defunto la possibilità di avere una discendenza. La gravità della sua colpa, secondo il racconto, fu tale da suscitare l’ira divina e portare alla sua morte immediata.

Questa distinzione fondamentale viene spesso trascurata nella cultura popolare. La parola “onanismo” e l’associazione con la masturbazione derivano da una lettura superficiale della Genesi, in cui si enfatizza il “verso fuori” e l’atto sessuale non procreativo, ma si ignora il contesto sociale e giuridico dell’epoca. L’errore interpretativo si è consolidato nei secoli, contribuendo a diffondere una morale sessuale fortemente repressiva e basata sul timore religioso, con implicazioni significative nella storia della pedagogia sessuale e nella condanna dei comportamenti erotici fuori dal matrimonio procreativo.

Storici e teologi hanno sottolineato come la punizione di Onan fosse strettamente legata alla trasgressione dei doveri familiari. In una società in cui la continuità della stirpe era centrale, il rifiuto di generare un erede per il fratello rappresentava un atto di disobbedienza grave, non un semplice peccato sessuale. Alcune interpretazioni moderne suggeriscono persino che Onan avrebbe potuto evitare la condanna divina se avesse trovato modi consensuali e appropriati per soddisfare la propria sessualità senza compromettere l’obiettivo procreativo, per esempio praticando sesso orale con la moglie del fratello e assicurandosi che il seme fosse ingerito. Sebbene l’idea possa oggi suscitare ilarità, storicamente indica la complessità delle norme sessuali e religiose nell’antico Israele, dove il valore del seme maschile era direttamente legato alla sopravvivenza della famiglia e alla volontà divina.

L’interpretazione di Onan come masturbatore seriale ha avuto profonde conseguenze culturali. Nel Medioevo, la Chiesa cristiana utilizzò il racconto per condannare la masturbazione e i rapporti sessuali non procreativi, creando una stigma morale che si è protratta fino all’età moderna. Manuali di morale, catechismi e sermoni religiosi citavano Onan come esempio di peccato sessuale, ignorando il contesto storico. Questo ha contribuito a una visione distorta della Bibbia come testo che condanna il piacere solitario, piuttosto che come documento complesso che riflette norme sociali e obblighi religiosi specifici.

Oggi, gli studiosi di religione e i filologi biblici cercano di restituire ad Onan la corretta collocazione storica. Analizzando il testo originale in ebraico, emerge chiaramente che l’atto punito è l’interruzione della procreazione, non il piacere sessuale personale. Inoltre, il concetto di levirato offre un quadro interpretativo più ampio: l’atto di Onan era una violazione di un dovere sacro e legale, il rifiuto di preservare la continuità della stirpe, e non una trasgressione morale legata alla masturbazione.

Questa rilettura ha importanti implicazioni culturali. Riabilitare la figura di Onan permette di distinguere tra peccato di egoismo e peccato sessuale, offrendo una visione più equilibrata della morale biblica. Inoltre, consente di comprendere come l’interpretazione dei testi antichi possa essere manipolata a scopi educativi, politici o religiosi, modificando la percezione del comportamento sessuale per generazioni intere.

Il caso di Onan, dunque, è emblematico del modo in cui la storia, la religione e la cultura popolare interagiscono, talvolta deformando la realtà dei testi antichi. La sua vicenda ci ricorda che il linguaggio, i simboli e le punizioni religiose devono essere letti all’interno del contesto storico, sociale e giuridico specifico, e non interpretati attraverso categorie moderne di peccato o morale personale.

In conclusione, Onan non era il simbolo della masturbazione né un “barbaro” in senso sessuale: il suo vero peccato era il rifiuto di adempiere a un dovere familiare sacro e fondamentale per la società del tempo. La condanna che ricevette riflette la centralità della continuità della stirpe e l’importanza del rispetto delle norme religiose, non la repressione del piacere sessuale in sé. Rivedere la sua storia significa correggere un malinteso millenario, distinguere tra trasgressione sessuale e trasgressione sociale, e capire come la Bibbia rifletta una visione del mondo lontana da quella moderna, ma rigorosa e coerente per il suo tempo.

Attraverso questa lente, il nome di Onan assume una nuova prospettiva: non un monito morale contro la masturbazione, ma un ammonimento contro l’egoismo, la disobbedienza e il mancato rispetto delle responsabilità familiari e religiose. La sua vicenda, a oltre tremila anni di distanza, ci invita a riflettere su come i testi antichi possano essere reinterpretati, e su quanto spesso la leggenda e il mito deformino la realtà storica. Onan diventa così una figura complessa, simbolo di un equilibrio tra dovere e libertà individuale, tra obbligo religioso e morale personale, tra storia e mito: un personaggio che merita di essere compreso nella sua autenticità, lontano dai fraintendimenti che ne hanno segnato la fama.

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