mercoledì 29 aprile 2020

Antoinismo

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L'antoinismo è un nuovo movimento religioso di derivazione cristiana e spiritista, fondato nel 1910 dal belga Louis Antoine, chiamato Il Padre (1846-1912).
Questo movimento religioso è caratterizzato da una struttura decentrata, la semplicità dei suoi riti, la sua discrezione e la tolleranza verso le altre religioni.

Storia

Louis Antoine, che è stato cresciuto in una famiglia cattolica, ha lavorato come minatore in una miniera di carbone nella sua giovinezza, poi come operaio siderurgico prima del servizio militare nel 1866. Dopo il matrimonio con Catherine nel 1873, hanno più volte modificato il loro luogo di residenza per motivi professionali. Profondamente impressionato dai lavori di Allan Kardec e di Jakob Lorber, ha creato un gruppo spirituale chiamato "I viticoltori del Signore" (Les Vignerons du Seigneur) organizzato nel 1890. Il 23 aprile del 1893, la morte di suo figlio gli ha fatto perdere definitivamente la fede nel cattolicesimo. Nel 1896, ha spiegato la sua nuova visione spiritualista in un libro e in seguito ha dichiarato che aveva il dono della guarigione. Louis Antoine ha pubblicato nel 1896 un libro intitolato Piccolo Catechismo Spiritista (Petit Catéchisme Spirite) per spiegare i suoi punti di vista dottrinali. Poi ha scoperto i doni di guarigione e nel 1900 ha ricevuto molti malati per guarire e da allora in poi era conosciuto come il guaritore di Jemeppe-sur-Meuse. Ha distribuito rimedi tratti dallo spiritismo e ha sostenuto vigorosamente come cura anche il vegetarianismo, così come la temperanza e di evitare cibi grassi. Nel 1900, il procuratore di Liegi ha chiesto a due medici di indagare sulle attività curative di Antoine. Hanno notato la sua "sincerità assoluta", ma hanno anche affermato che le sue attività potrebbe essere "un pericolo per la salute pubblica" e per questo motivo è stato poi condannato nel 1901 a una multa di 60 franchi e sospeso definitivamente dall'esercizio della professione medica. Ha pubblicato un annuncio sulla rivista spiritualista le Messager, in cerca di medici che si associassero con lui, ma il tentativo non è stato soddisfatto con successo.
Conosciuto da allora come un guaritore, Louis Antoine ha raccolto molti seguaci, soprattutto tra i delusi con il cattolicesimo o la medicina. Nel 1906, dopo lo spiritismo, egli ha iniziato una vera e propria nuova religione, poi ha pubblicato tre libri che descrivono la sua dottrina e ha istituito a Jemeppe-sur-Meuse che è una sezione della città belga di Seraing il primo grande tempio antonista nella Provincia di Liegi, in Vallonia, che diventerà la sede ufficiale ed il centro mondiale e morale dell'antoinismo.
Dopo la sua morte nel 1912, Catherine ha assicurato la continuità della religione, promuovendo un culto della persona centralizzato intorno alla figura del marito e la promozione di norme supplementari per l'organizzazione. Quando morì nel 1940, hanno avuto luogo alcune differenze rituali tra i templi belgi e francesi, fra un "rito di Mère" (maggioritario in Francia, e con qualche propaggine in Belgio), che continua alcune innovazioni rituali introdotte dalla moglie del fondatore dopo la morte di quest'ultimo (in particolare l'uso di ritratti di Antoine e di sua moglie), e il più austero rito belga delle origini.

Dottrina

Per gli antoinisti, il male viene della mancanza di fede e dall'eccessiva fiducia nella scienza. Bisogna ritornare alla fede che dà il potere di guarire, tralasciando la scienza naturalistica. Negli opuscoli diffusi dagli antoinisti, si avverte che «il Culto non va sul terreno della scienza, ed in particolare non compie diagnosi, non consiglia né sconsiglia medicine e operazioni chirurgiche, non fa imposizioni di mani né predizioni del futuro». Il fondatore Louis Antoine fu condannato nel 1901 per esercizio illegale della professione medica. Più cautamente i suoi discepoli di oggi non parlano di vera e propria cura anche se la cerimonia del culto ("operazione") si svolge, nel tempio, quattro volte la settimana, e si compone di tre momenti: guarigione collettiva, letture, guarigione individuale dietro un paravento, dove l'operatore riversa ancora fluido sul malato. Gli Antonisti parlano di "guarigione spiritica", non per nulla il nuovo movimento religioso sorse nel periodo di grande diffusione dello spiritismo. Le idee religiose orientali si diffusero in Occidente proprio con la dottrina dello spiritismo che Allan Kardec, e poi anche Jakob Lorber, avevano appreso dai disincarnati. Gli spiritisti e gli antoinisti avevano e hanno questi princìpi base: esistenza di Dio, somma sapienza e bontà; Immortalità dell'anima; gli spiriti hanno gradi diversi di evoluzione, sono ignoranti, ma perfettibili; anche se le bestie hanno un'anima che arriverà a reincarnarsi in un uomo, tutti gli spiriti seguono questa legge di reincarnazione; l'incarnazione è una prova per lo spirito, non il suo stato naturale; si possono vivere molte vite, che si dimenticano, ma ritornano alla memoria quando si è in stato spiritico; raggiunta la perfezione cessa la reincarnazione. Legge suprema è quella del Karma per la quale ci si reincarna secondo le opere compiute. Tutti i corpi celesti sono abitati da spiriti, in diverso stato di evoluzione. Oltre l'anima (lo "spirito", appunto) c'è il "doppio". Esso è un involucro fluidico che assomiglia al corpo e lo accompagna sempre. V'è dunque un legame tra corpo, "doppio" e anima che rende possibile l'intervento taumaturgico dello spirito sul corpo.

Diffusione

Il gruppo è attivo particolarmente in Francia con 31 templi e dal 1913 uno anche nel Principato di Monaco, così come è attivo in Belgio, quest'ultimo con la presenza di 32 templi. Con un totale di 64 templi e 40 sale di lettura in tutto il mondo, fra cui l'Italia con le sale di lettura di Milano e di Postua in provincia di Vercelli, e tra i 10.000 ed i 20.000 membri complessivamente, è l'unica religione con sede in Belgio, a Jemeppe-sur-Meuse, la cui notorietà e il successo ha superato i confini del paese.

martedì 28 aprile 2020

Giardino dell'Eden

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Il giardino dell'Eden è un luogo citato nella Bibbia e presente anche nella mitologia sumera.

L'Eden nella Bibbia

Nel libro della Genesi è il luogo in cui Dio mise tutti gli esseri viventi, tra cui Adamo ed Eva, la prima coppia umana, dopo averli creati da un'altra parte. Esso si trovava ad oriente (di Israele) e dal giardino usciva un fiume che si divideva in quattro rami fluviali: il Tigri, l'Eufrate, il Pison che circondava la terra di Avila e il Gihon che circondava la terra di Etiopia. Eden è una parola sumera che significa "steppa, pianura", mentre in ebraico il paradiso (sia quello terrestre primigenio sia l'aldilà) viene indicato con la locuzione Gan 'Eden (גן עדן), traducibile con "giardino delle Delizie" (Genesi 2,8-14).

Ipotesi sulla localizzazione geografica

Secondo queste indicazioni l'Eden si collocherebbe nell'odierna regione della Mesopotamia meridionale, più precisamente nella pianura attraversata dal fiume Shatt al-'Arab, sepolto sotto decine di metri di sedimenti. Nello Shatt al-‘Arab oggi confluiscono due dei fiumi citati nella Genesi: il Tigri e l'Eufrate. Se poi si considera che il golfo Persico era completamente all'asciutto durante l'ultima glaciazione ed è stato allagato dalla trasgressione marina fra i 5000 o 6000 anni prima di Cristo, è possibile che l'Eden si trovi ora in fondo al mare. Questa teoria e l'identificazione degli altri due fiumi (Pison e Ghicon) è stata proposta dall'archeologo Juris Zarins.
Un'altra ipotesi sulla localizzazione dell'Eden si trova nel saggio Omero nel Baltico di Felice Vinci, dove l'autore, nell'ambito della totale localizzazione geografica dei poemi omerici in Scandinavia, teorizza diversi collegamenti con le mitologie di molti altri popoli, tra cui quello ebraico; e una volta identificata l'Etiopia con la penisola di Nordkynn, anche in Norvegia: «Esaminiamo [...] uno dei fiumi che la bagnano, il Tana (che pertanto potrebbe corrispondere al Gihon biblico): esso nasce in una zona della Lapponia finlandese [...] da cui effettivamente si dipartono altri corsi d'acqua. Uno è l'Ivalo, che i Lapponi chiamano Avvil. L'assonanza con Avila [...] da sola potrebbe essere casuale, ma proprio questo territorio è ricco d'oro». Il passo citato prosegue con l'identificazione di Tigri ed Eufrate con i loro corrispettivi scandinavi; il complesso di questi fiumi delinea, secondo Vinci, "una sorta di Mesopotamia finnica, straordinariamente assomigliante a quella asiatica".

L'albero della conoscenza del bene e del male

Secondo il racconto biblico tra tutti gli alberi piantati nel giardino ne erano due particolari: l'albero della conoscenza del bene e del male e l'albero della vita. Dio proibì all'uomo di mangiare i frutti del primo e la disobbedienza portò alla cacciata dal giardino dell'Eden, negando all'uomo anche i frutti del secondo, come in Genesi 3,22: Poi Dio YHWH disse: «Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre».

L'Eden nei miti sumeri

Il paradiso dei Sumeri si chiamava Dilmun e può essere identificato nel golfo Persico (Bahrein). In questo luogo, dove non esistevano malattie e morte, il dio Enki usava accoppiarsi sessualmente con le dee sue figlie. Dopo aver mangiato i frutti degli alberi creati dalla dea Ninhursag viene da questa maledetto e condannato a molteplici mali. Una volta riappacificatasi, per far guarire il dio Enki la dea Ninhursag crea varie dee il cui nome corrisponde alla parte del corpo del dio. Fra le altre, in relazione alla costola, Ninhursag crea una dea dal nome Nin.ti che significa "dea che fa vivere" e "dea costola" (sumerico TI = vita e costola). Questo significato, traslato in ebraico, potrebbe aver dato origine alla figura di Eva.
In un altro mito sumero il contadino Shukallituda, non riuscendo a coltivare la sua terra troppo arida, chiese aiuto alla dea Inanna: questa gli consigliò di piantare degli alberi per fare ombra, facendo così nascere la prima oasi con una tecnica di coltivazione comune nei deserti intorno al golfo Persico. Il mito si conclude con una trasgressione sessuale in cui il contadino stupra la dea addormentata: come punizione per l'affronto Shukallituda è costretto ad abbandonare il suo giardino.
Infine nel mito di Gilgamesh l'eroe cerca l'ultimo uomo sopravvissuto al diluvio, Utnapishtim, il quale conosce la pianta dell'immortalità che cresceva in paradiso. Utnapishtim rivela a Gilgamesh che il paradiso è sprofondato nel mare, allora Gilgamesh recupera una fronda della pianta sul fondo del mare, ma durante il ritorno un serpente divora la fronda e ritorna giovane. È quindi probabile che i compilatori dei testi biblici abbiano adottato e modificato il racconto mitologico sumero. È già noto che lo stesso abbiano fatto i cinesi (ciò viene confermato dai caratteri di scrittura cinese) riguardo all'Eden e al diluvio.

L'Eden nei miti di varie civiltà

L'idea di uno stato felice perduto e non più ritornato è presente anche nella civiltà classica greca e romana. Lo attestano ad esempio lo scrittore greco Esiodo (Opere e Giorni, 109-119) e il poeta latino Publio Ovidio Nasone (Le metamorfosi, I, 89-112).
Lo studioso Arturo Graf espone ampiamente i risultati dei suoi studi sul mito del paradiso terrestre nella prima parte del suo saggio Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo. Egli scrive che "i libri sacri dell'India e il Mahābhārata celebrano l'aureo monte Meru da cui sgorgano quattro fiumi, che si spandono poi verso le quattro plaghe del cielo e sulle cui giogaie eccelse olezza e risplende l'incomparabile paradiso, detto Uttara-Kuru, dimora degli dei, prima patria degli uomini, sacra ai seguaci di Buddha non meno che agli antichi adoratori di Brahma. Gli Egizi, a cui forse appartenne in origine la immaginazione degli Orti delle Esperidi, serbavano lungo ricordo di una età felicissima, vissuta dagli uomini sotto la mite dominazione di Ra, l'antichissimo dio solare. Airyâna vaegiâh, che sorgeva sull'Hara-berezaiti degli iranici, fu un vero paradiso terrestre, innanzi che il fallo dei primi parenti e la malvagità di Angrô-Mainyus l'avessero trasformato in un buio e gelido deserto; e nell'Iran e nell'India, come in Egitto, durava il ricordo di una prima età felicissima. I cinesi coronarono il Kunlun di un paradiso, dove sono parecchi alberi meravigliosi e di onde sgorgano parecchi fiumi. Nelle tradizioni religiose degli Assiri e dei Caldei il mito appare con sembianze che non si possono non riconoscere come affatto simili a quelle del mito biblico. Greci e Latini favoleggiavano dell'età dell'oro, dei regni felici di Crono e Saturno e di più terre beate. I quattro fiumi che scaturivano dall'Eden biblico (Genesi 2, 10-17) lasciano congetturare che esso fosse un monte, così come lo erano il Meru indiano, l'Alburz iranico, l'Asgard norrena, il Kâf arabico nonché l'Eden citato dal profeta Ezechiele nel Vecchio Testamento (28, 12-19).
Inoltre Graf ricorda i miti delle Isole Fortunate nel mondo greco, rappresentazioni del paradiso terrestre. Esse sono l'isola dei Feaci e di Ogigia in Omero (Odissea), l'isola di Pancaia descritta da Diodoro Siculo, l'Atlantide di Platone, la Merope di Teopompo. Gli Arabi credevano nell'isola beata di Vacvac, oltre il monte Kâf, ricordata nei viaggi di Sindbad ne Le mille e una notte. Di un'isola "dalle poma d'oro" narravano i Celti. Questa fu la credenza dei padri della Chiesa e dei dottori della Chiesa, ripresa da Dante Alighieri, quando a Matelda nel paradiso terrestre faceva dire: «Quelli che anticamente poetaro/l'età dell'oro e suo stato felice/forse in Parnaso esto loco sognaro» (Purgatorio, XXVIII, vv. 139-141). Alighieri pone l'Eden nell'opposto emisfero terrestre, proprio secondo le indicazioni dei padri e dottori della Chiesa.
D'altra parte le indagini degli studiosi hanno portato a individuare una lontana convergenza dei miti paradisiaci dei popoli della doppia famiglia ario-semitica. Graf rileva altresì che "nel mito paradisiaco ario-semitico [e in altri affini] si trovano tracce di un antichissimo culto della natura. L'albero della vita è albero che porge il nutrimento; l'albero della scienza è l'albero che dà responsi: entrambi appaiono in numerose mitologie, fatti spesso compagni dell'albero generatore da cui procedono gli uomini".

L'Eden nella Divina Commedia

Nella Divina Commedia di Dante Alighieri il paradiso terrestre è posto sulla sommità del monte del purgatorio (situato agli antipodi del mondo allora conosciuto) e rappresenta l'ultima tappa del percorso di purificazione che compiono le anime per poter accedere al paradiso. È rappresentato come una foresta lussureggiante percorsa dal fiume Letè che toglie la memoria del male commesso e il fiume Eunoè che rinnova la memoria del bene compiuto. Il giardino dell'Eden compare in tutti i canti dal ventottesimo al trentatreesimo del Purgatorio. Il poeta fa qui il suo primo incontro con Beatrice e conosce Matelda, una donna che funge da allegoria dello stato d'innocenza dell'uomo prima del peccato originale. Inoltre assiste a una processione che rappresenta la storia dell'uomo e del suo rapporto con la fede, dal peccato originale al tempo di Alighieri.

lunedì 27 aprile 2020

De Sphaera

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Le Sphaerae coelestis et planetarum descriptio, o semplicemente De Sphaera, è un trattato di astrologia, miniato e decorato su pergamena attorno al 1470 da un artista lombardo, presumibilmente Cristoforo de Predis, per la corte sforzesca di Milano. È attualmente conservato presso la Biblioteca Estense di Modena.

Storia

Sulla storia del manoscritto si hanno poche notizie certe. Fu composto per la corte milanese degli Sforza, come risulta dagli stemmi sforzeschi e viscontei riportati nel quarto foglio (4r). Per via degli scambi culturali con la famiglia estense, il De Sphaera approdò alla corte di Ferrara, probabilmente nel 1491 al seguito di Anna Maria Sforza in occasione del suo matrimonio con Alfonso I d'Este, come dono di nozze da parte di suo padre Galeazzo. Insieme ad altri codici, come la Bibbia di Borso d'Este, il manoscritto avrebbe seguito le sorti della casata venendo trasferito a Modena, dove intorno al 1770 Gerolamo Tiraboschi lo avrebbe riadattato, privandolo della sua originaria rilegatura in velluto.

Descrizione e contenuto

Composta da quindici illustrazioni miniate e nove disegni astronomici, l'opera è un commentario al trattato medioevale De Sphaera Mundi di Giovanni Sacrobosco. I pochi versi letterari, le cui miniature sono in scrittura semigotica libraria, sono attribuiti al poeta umanista cortigiano Francesco Filelfo.
Il contenuto è di 16 carte o folii per un totale di 32 pagine, numerate in base al foglio cui appartengono. Le prime descrivono eventi astronomici come eclissi, maree, costellazioni e aspetti dei pianeti, mentre nel foglio 3 verso (v) è presente una tabula climatum.
A partire dal foglio 4v sono illustrate le personificazioni dei sette pianeti dell'astrologia allora conosciuti, archetipi che ricalcano le tradizionali divinità greco-romane; per ogni pianeta, accompagnato dai segni zodiacali corrispondenti, è presente sulla pagina a fianco un'analogia con le attività umane che esso governa od alle quali è associato, con particolare attenzione alla vita di tutti i giorni:
  • 4v-5r: Saturno, ed i relativi domicili, Capricorno ed Aquario
  • 5v-6r: Giove, con domicilio in Sagittario e Pesci
  • 6v-7r: Marte, domiciliato in Ariete e Scorpione
  • 7v-8r: Sole, domiciliato in Leone
  • 8v-9r: Venere, domiciliato in Toro e Bilancia
  • 9v-10r: Mercurio, domiciliato nei Gemelli e nella Vergine
  • 10v-11r: Luna, domiciliata in Cancro
Nelle ultime pagine vi sono nuovamente dei disegni geometrici che illustrano lo zodiaco, i quattro elementi e i rapporti astronomici tra i pianeti. Il manoscritto sembrerebbe così composto di due parti diverse, una di tipo matematico e scientifico, con scritte in latino, presente nelle prime e ultime pagine, l'altra invece, inserita nelle pagine centrali e con scritte in volgare, che attiene al significato simbolico dei pianeti attinto dal sapere umanistico e astrologico rinascimentale. Ne risulta dunque una struttura particolarmente complessa, che ha dato adito a varie ipotesi.
È stato anche rilevato come l'esplicazione di ogni archetipo planetario in immagini di vita quotidiana presenti una notevole analogia con l'iconografia degli affreschi del Salone dei Mesi di palazzo Schifanoia a Ferrara.

domenica 26 aprile 2020

Joseph-Antoine Boullan

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Joseph-Antoine Boullan, meglio noto come l'Abate Boullan (Saint-Porquier, 18 febbraio 1824 – Lione, 4 gennaio 1893), è stato un presbitero francese, condannato per satanismo.

Biografia

Dopo brillanti studi presso il seminario di Montauban, venne ordinato sacerdote il 23 settembre 1848 e nominato vicario della parrocchia di Saint Jean a Montauban, dove rimase due anni. Quindi si recò a Roma, per ottenere il dottorato in teologia. In Italia, divenne membro dei Missionari del Preziosissimo Sangue, e predicò diverse missioni prima di tornare in Francia, dove fu nominato superiore della casa che la Congregazione aveva a Trois-Épis, presso Turckheim, in Alsazia. Nel 1853 pubblicò a Colmar la sua prima opera, una traduzione in francese della Vita divina della Santa Vergine, un estratto dalla Mistica Città di Dio, opera di María di Ágreda, celebre badessa e mistica spagnola del XVII secolo.
Nel 1854 abbandonò la carica e si recò a Parigi come semplice prete. Collaborò a diverse riviste religiose, tra cui Le Rosier de Marie, e assunse la direzione spirituale di una giovane chiamata Adèle Chevalier, conversa nel monastero di Saint Thomas-de-Villeneuve a Soissons, che, nel 1855, durante un pellegrinaggio a Notre Dame de La Salette, era stata miracolosamente guarita dalla cecità: lì Boullan la incontrò nel marzo 1856.
In una rivista da lui fondata, gli Annales de la Sainteté, divenuti dal 1870 Annales de la Sainteté au XIXe siècle, Boullan espose le teorie che aveva elaborato: egli si proponeva
(FR)
«d'offrir à Dieu, à titre de satisfaction ou de réparation, soit des prières spéciales, soit des souffrances physiques ou morales chrétiennement acceptées, ou même sollicitées, de manière à compenser ainsi dans une certaine mesure les offenses continuellement faites à la majesté divine par les pécheurs non repentis.»
(IT)
«di offrire a Dio, a titolo di soddisfazione o di riparazione, sia preghiere speciali, sia sofferenze fisiche o morali cristianamente accettate, o addirittura desiderate, in modo da compensare in una certa misura le offese continuamente fatte alla maestà divina dai peccatori non pentiti.»
Nel 1859, assieme ad Adèle Chevalier, fondò una congregazione religiosa, l'"Opera della Riparazione", che ricevette l'autorizzazione provvisoria del vescovo di Versailles. Questa comunità, che aveva la sua sede a Sèvres, serviva in realtà solo a nascondere la relazione tra l'abate e la sua protetta. Vi si svolgevano pratiche scandalose: ad esempio, quando la religiosa si ammalò, Boullan la curò facendo uso di ostie consacrate, urina e materia fecale applicata come impiastro. L'8 dicembre 1860, al termine della messa, si sbarazzò del bambino che era nato dalla relazione clandestina.
Questo crimine non venne scoperto, ma presso la diocesi cominciarono ad arrivare denunce circa i metodi di Boullan per procurarsi il denaro e sui suoi strani metodi terapeutici. Nel 1861 egli e la sua amante vennero portati in giudizio con l'accusa di frode e oltraggio al pudore e, riconosciuti colpevoli della prima, vennero condannati a tre anni di prigione. Boullan scontò la sua pena nel carcere di Bonne-Nouvelle a Rouen dal dicembre 1861 al settembre 1864. Nell'estate del 1869 venne aperto un processo ecclesiastico contro di lui dal Sant'Uffizio, a causa di un conflitto di competenze tra la curia di Versailles, da cui la congregazione aveva ricevuto l'autorizzazione, e di Parigi, nella cui giurisdizione Boullan risiedeva fin dal suo rilascio. Nella cella monastica che, in attesa del processo, gli era stata assegnata, egli scrisse la confessione dei propri crimini in un documento conosciuto come il "Quaderno rosa", che Joris Karl Huysmans ritrovò fra le sue carte dopo la sua morte e che dal 1930 è conservato nella Bibliothèque nationale de France. Boullan fu definitivamente assolto dal Sant'Uffizio e tornò a Parigi nell'inverno del 1869.
Si attirò di nuovo le attenzioni dell'arcivescovo a causa delle teorie eretiche che esponeva nella sua rivista, in particolare, la teoria della sostituzione mistica, secondo cui delle "anime riparatrici" ricevono la missione di peccare per tutti, affinché le altre non pecchino più. Questa curiosa concezione, naturalmente, apriva la porta a ogni sorta di dissolutezza. Inoltre, dietro l'apparenza dell'esorcismo, Boullan insegnava alle religiose tormentate dalle ossessioni diaboliche dei metodi di autosuggestione e di autoipnosi che permettevano loro di avere, in sogno, rapporti sessuali con i santi e con Gesù Cristo.
L'arcivescovo di Parigi, il cardinale Guibert, chiesto un parere a Roma, ricevette nel febbraio 1875 l'ordine di interdire l'abate Boullan. Dopo un vano tentativo di appello a Roma, Boullan lasciò definitivamente la Chiesa cattolica il 1º luglio 1875. Entrò quindi in contatto con il taumaturgo Eugène Vintras, di Tilly-sur-Seulles, che riteneva di essere la reincarnazione del profeta Elia, inviato sulla Terra per preparare "il Terzo Regno, l'era del Paracleto, la venuta di Cristo glorioso", che gli fece dono di alcune delle sue ostie "miracolose", su cui erano tracciati simboli cabbalistici col sangue. Quando Vintras morì, il 7 dicembre 1875, Boullan si proclamò suo successore alla testa dell'"Opera della Misericordia" e si recò a Lione nel febbraio 1876 per consultare l'archivio privato di Vintras e familiarizzarsi con le sue dottrine, che, come egli comprese, non erano molto diverse dalle sue.
Le sue affermazioni tuttavia suscitarono diffidenza nei discepoli di Vintras: alla fine dell'anno 1876, solo tre "papi", sui diciannove che Vintras aveva consacrato, lo riconobbero come loro guida. Boullan stabilì il suo quartier generale a Lione, dapprima presso un certo François-Ours Soiderquelk, detto "Adhalnaël, pontefice vintrasiano della Cordiale e Santa Unificazione", poi, nel 1884, presso un architetto di nome Pascal Misme, "pontefice del divino Crisma Melchisediano", in rue de La Martinière n. 7. Lì si riuniva un piccolo gruppo di seguaci, che assistevano ai riti del "Sacrificio di gloria di Melchisedec" o del "Sacrificio provittimale di Maria", celebrati da Boullan. Un pubblico più ristretto era poi ammesso alle "Unioni di vita", le cerimonie più importanti.
Boullan insegnava ai suoi discepoli che "la cacciata dall'Eden [era] avvenuta a causa di un atto d'amore colpevole, ed [era] attraverso atti d'amore compiuti religiosamente che [poteva] e [doveva] essere operata la Redenzione dell'Umanità" e consigliava all'adepto che desiderava redimere se stesso di avere rapporti con le entità celesti, mentre colui che, per atto di carità, voleva aiutare degli esseri inferiori a redimersi doveva avere dei rapporti sessuali con loro. Secondo Stanislas de Guaita, Boullan aveva "eretto la fornicazione a pratica liturgica".
Col tempo, Boullan abbandonò la prudenza: ammise nel suo circolo il canonico Roca, un prete occultista che pubblicava una rivista intitolata L'Anticlérical, che si allontanò da lui disgustato, così come Stanislas de Guaita, che era giunto a Lione nel novembre 1886, e l'occultista Oswald Wirth che, dopo aver fatto finta per oltre un anno di aderire alle dottrine di Boullan, ruppe improvvisamente con lui una volta entrato in possesso di un documento scritto in cui erano riassunte. All'inizio del 1887, Guaita e Wirth convocarono un "tribunale iniziatico" che condannò Boullan, informandolo della sentenza il 24 maggio 1887. Nel 1891, esposero pubblicamente le sue dottrine nel libro Le temple de Satan. Boullan, da parte sua, pensò che la condanna in questione fosse una sentenza di morte, e si gettò in ogni sorta di incantesimi per cercare di contrastarla.
Nel 1890, Boullan fu presentato a Joris Karl Huysmans da Berthe de Courrière, con la quale era in contatto, e ispirò allo scrittore il personaggio del Dottor Johannès in Là-Bas (L'abisso), pubblicato nel 1891: alla sua morte, tre anni dopo, Boullan avrebbe lasciato in eredità a Huysmans le sue carte personali, tra cui la Confessione, scritta quando attendeva la sentenza del Sant'Uffizio. Nel 1892, Boullan fu condannato dal tribunale di Trévoux per esercizio illegale della professione medica e fu apparentemente Huysmans a versare la relativa ammenda, il che indica come fossero divenuti stretti i rapporti fra i due. Boullan morì nel 1893, convinto di essere vittima della magia nera di Wirth e Guaita: Huysmans sostenne questa ipotesi, e si credette lui stesso vittima di attacchi magici.
Quando il giornalista Jules Bois, noto amico di Boullan, accusò apertamente Guaita d'aver assassinato il vecchio prete, Guaita lo sfidò a un duello con la pistola. Entrambi ne uscirono illesi, e Jules Bois affermò poi che uno dei proiettili era stato "magicamente bloccato dentro la pistola" (Jules Bois, Le Monde Invisible).
L'abate Boullan è anche uno dei personaggi del romanzo storico Il cimitero di Praga, di Umberto Eco, pubblicato nell'ottobre 2010.

sabato 25 aprile 2020

Angeli di Mons

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Col termine Angeli di Mons è passato alla storia un clamoroso fatto d'armi che si svolse il 26 agosto 1914, quando le soverchianti armate tedesche che stavano attuando il Piano Schlieffen travolsero, presso la città belga di Mons (nella provincia di Hainaut), le divisioni del Corpo di Spedizione Britannico accorso in soccorso del Belgio e della Francia nordorientale, che stavano subendo la schiacciante avanzata tedesca.
La stampa dell'epoca riportò la sensazionale notizia che la fortunosa ritirata dell'esercito britannico da Mons fosse stata coperta dall'intervento soprannaturale di spettri.

Storia

Il 22 agosto 1914 il secondo Corpo di Spedizione Britannico, forte di circa 40.000 uomini, si era disposto lungo il canale Mons in Belgio e stava tenendo la posizionetentando di ostacolare le preponderanti forze tedesche comandate dal generale Alexander von Kluck. Dopo aver arrestato una prima offensiva, gli inglesi erano in oramai prossimi al tracollo tuttavia i tedeschi, in vantaggio per numero di uomini e di obici, non furono in grado di sferrare il colpo di grazia all'esercito britannico, che ebbe tutto il tempo di ritirarsi fino ad una quarantina di chilometri a nord di Parigi, unendosi alle forze francesi e consentendo di battere i tedeschi sul fiume Marna (battaglia della Marna). La ritirata e la successiva riorganizzazione delle forze anglo-francesi impededirono di fatto l'occupazione della Francia e il suo collasso, bloccando l'offensiva tedesca e dando inizio alla tragica guerra di trincea che vide lo stallo sul fronte occidentale sino alla sconfitta tedesca dell'11 novembre 1918.

La leggenda

Una delle leggende più antiche e famose per spiegare un fatto sconcertante quale quello che impedì l'annientamento dell'esercito britannico nelle Fiandre nacque il 29 settembre 1914 dalla penna di Arthur Machen, giornalista dedito all'occultismo e conoscente del famoso mago Aleister Crowley. La ritirata britannica era pressoché impossibile da Mons, in quanto i tedeschi avevano sfondato le linee della Triplice Intesa e stavano aggirando gli'inglesi con la cavalleria ma, in modo del tutto imprevisto, il colpo di grazia ai britannici non venne sferrato.
Un articolo pubblicato sul periodico londinese Evening News un mese dopo la miracolosa ritirata dei soldati britannici affermò che questi ultimi erano stati tratti in salvo dall'apparizione di una squadriglia di angeli che si libravano sulle loro teste. Al tempo, la notizia, manifestamente inventata, fece un enorme scalpore e venne tramandata di bocca in bocca. Si parlò d'una forma di "isteria collettiva" che s'era impadronita dei soldati, i quali pare avessero descritto i fantasmi come figure diafane, pallide, evanescenti, armati di lungo arco, che avevano fatto imbizzarrire i cavalli dei tedeschi, i quali dalla paura s'erano dispersi. Gli spettri apparsi sul campo di battaglia vennero identificati come gli spiriti rimasti senza sepoltura degli arcieri inglesi che avevano volto in fuga, nel 1415, le armate francesi durante la battaglia di Azincourt. Essi avrebbero protetto la ritirata britannica puntando le loro frecce contro i tedeschi ed uccidendoli in un modo che non lasciava ferite evidenti. Machen testimoniò che alcune lettere in suo possesso, ricevute da alcuni soldati che avevano combattuto a Mons, descrivevano la scena come "una lunga schiera di ombre trasparenti, circondate da un alone luminoso". Nonostante Machen abbia sempre affermato che l'incredibile resoconto non era altro che opera di fantasia, alla storia dell'evento sovrannaturale fu dato credito tanto da diventare una famosa leggenda, ancora oggi da molti ritenuta una vicenda vera.
In realtà, l'arresto delle armate teutoniche non ebbe alcunché di sensazionale, e tanto meno di prodigioso. Al tempo, infatti, la fanteria marciava anche per quaranta chilometri al giorno con quaranta chili di zaino sulle spalle, essendo pochissimi i mezzi motorizzati, mentre la cavalleria doveva viaggiare ad una velocità non di troppo superiore, al fine di coprire la fanteria da possibili attacchi. Non è del tutto improbabile che l'arresto delle armate assalitrici fosse imputabile proprio alla stanchezza, la quale fu fatale sulla Marna il mese successivo, in quanto costrinse l'alto comando germanico a modificare i piani di guerra connessi al "Piano Schlieffen".

Nella cultura di massa

  • The Angels of Mons è un cortometraggio muto del 1915, diretto da L.C. MacBean e Fred Paul, che narra la fantastica vicenda.




venerdì 24 aprile 2020

Eva

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Eva è il nome che Adamo, primo uomo secondo la Genesi 3,20, ha dato alla sua compagna dopo che l'aveva chiamata "donna".
La Bibbia dà di questi due nomi un'etimologia popolare. Eva viene fatto derivare da "vivente" o "che suscita la vita" (Madre dell'umanità). Il nome "donna" ('ishshah) viene considerato come forma femminile di ish (= maschio). L'intendere donna come "maschi-a" indica una relazione essenziale: sia per origine che per finalità, la donna costituisce una unità con l'uomo. A ciò allude anche il racconto di Genesi 2,18-22, secondo cui la donna è tratta dal fianco del primo uomo.
È venerata come santa della Chiesa cattolica.

Creazione di Eva

La prima donna, Eva, venne generata da una costola di Adamo, dopo che egli non aveva trovato nessuno simile a lui tra tutti gli animali:

«20 Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche, ma l'uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. 22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo.»
(Genesi 2,20-22)



Esegesi ebraica

  • Il serpente decise di tentare Eva e non Adamo per la facilità nel convincere le donne e far loro "cambiare idea".
  • Dopo il peccato, quando vide l'angelo Same-l, Eva capì che sarebbe morta.
  • Eva decise che anche Adamo dovesse peccare come lei stessa per il timore che, dopo la sua morte, lui potesse trovare un'altra compagna; invero uno dei motivi per cui Adamo cedette fu il discorso di Eva sull'impossibilità che questo avvenisse dicendo: "se io vivo, vivi anche tu... ma se io muoio tu resterai solo...", fu per questo che Adamo decise di vivere e morire "assieme" ad Eva. (Midrash Bereshit Rabbah 19, 8)
  • Le sette maledizioni e la morte contro Eva (Pirke Derabbi Eliezer 14):
  • sofferenza e "sacrifici" per l'educazione e l'allevamento dei figli;
  • afflizione e sconforto nelle gravidanze;
  • dolori nel parto;
  • dominio del marito su di lei;
  • "custodirai però il desiderio nel tuo cuore";
  • relegata in casa e divieto di apparire in pubblico a capo scoperto;
  • divieto di essere ammessa a testimoniare davanti al Bet Din per essere menzognera;
  • "infine dovrai morire"
  • I modi per riparare all'errore fatto da Eva sono oggi per le donne ebree l'accensione dei lumi prima dello Shabbat ed anche di alcune festività ebraiche (cfr Berakhot e Qiddush), il prelevamento della Challah dal pane ed il rispetto delle leggi di Niddah, anche attraverso la Tevilah nel Mikveh.
  • Soprattutto prima del peccato originale Eva era molto bella, di bellezza celeste.



Figli

Con Adamo ebbe Caino, Abele, Set e generò ancora altri figli e figlie. La tradizione biblica narra che i figli furono tra 14 e 140. Caino e Abele sposarono le loro sorelle gemelle Calmana e Deborah.
Dopo la morte di Abele, Caino sposò sua sorella Awan e generò un figlio, Enoch. Set sposò la sorella Azura, di quattro anni più giovane. Nel 235 AM Azura diede alla luce Enos.



giovedì 23 aprile 2020

Congiunzione

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In astrologia si definisce congiunzione l'aspetto che si forma quando due o più pianeti si trovano ad una distanza angolare tra 0 e 3 gradi ed il cui simbolo è .
All'interno di un tema natale non è segnato graficamente poiché si nota a occhio nudo; l'interpretazione astrologica è variabile, poiché a seconda dei pianeti coinvolti avrà connotazioni positive oppure negative. Ad esempio, un congiunzione tra Venere e Sole (entrambi pianeti positivi) è indice di amore per la vita, serenità, ottimismo, fascino, buona salute. Una congiunzione tra Venere (pianeta positivo) e Urano (pianeta negativo) denota instabilità affettiva, amori anticonvenzionali, irrequietezza e comportamento imprevedibile.
Più pianeti vicini tra loro in un oroscopo formano più congiunzioni, questo raggruppamento è definito stellium.

 
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