Il giardino
dell'Eden è un luogo citato nella
Bibbia e
presente anche nella mitologia sumera.
L'Eden nella Bibbia
Nel libro della Genesi è il luogo in
cui Dio mise tutti gli esseri viventi, tra cui Adamo ed Eva, la prima
coppia umana, dopo averli creati da un'altra parte. Esso si trovava
ad oriente (di Israele) e dal giardino usciva un fiume che si
divideva in quattro rami fluviali: il Tigri, l'Eufrate, il Pison che
circondava la terra di Avila e il Gihon che circondava la terra di
Etiopia. Eden è una parola sumera che significa "steppa,
pianura", mentre in ebraico il paradiso (sia quello terrestre
primigenio sia l'aldilà) viene indicato con la locuzione Gan 'Eden
(גן עדן), traducibile con "giardino
delle Delizie" (Genesi 2,8-14).
Ipotesi sulla localizzazione geografica
Secondo queste indicazioni l'Eden si
collocherebbe nell'odierna regione della Mesopotamia meridionale, più
precisamente nella pianura attraversata dal fiume Shatt al-'Arab,
sepolto sotto decine di metri di sedimenti. Nello Shatt al-‘Arab
oggi confluiscono due dei fiumi citati nella Genesi: il Tigri e
l'Eufrate. Se poi si considera che il golfo Persico era completamente
all'asciutto durante l'ultima glaciazione ed è stato allagato dalla
trasgressione marina fra i 5000 o 6000 anni prima di Cristo, è
possibile che l'Eden si trovi ora in fondo al mare. Questa teoria e
l'identificazione degli altri due fiumi (Pison e Ghicon) è stata
proposta dall'archeologo Juris Zarins.
Un'altra ipotesi sulla localizzazione
dell'Eden si trova nel saggio Omero nel Baltico di Felice
Vinci, dove l'autore, nell'ambito della totale localizzazione
geografica dei poemi omerici in Scandinavia, teorizza diversi
collegamenti con le mitologie di molti altri popoli, tra cui quello
ebraico; e una volta identificata l'Etiopia con la penisola di
Nordkynn, anche in Norvegia: «Esaminiamo [...] uno dei fiumi che la
bagnano, il Tana (che pertanto potrebbe corrispondere al Gihon
biblico): esso nasce in una zona della Lapponia finlandese [...] da
cui effettivamente si dipartono altri corsi d'acqua. Uno è l'Ivalo,
che i Lapponi chiamano Avvil. L'assonanza con Avila [...] da sola
potrebbe essere casuale, ma proprio questo territorio è ricco
d'oro». Il passo citato prosegue con l'identificazione di Tigri ed
Eufrate con i loro corrispettivi scandinavi; il complesso di questi
fiumi delinea, secondo Vinci, "una sorta di Mesopotamia finnica,
straordinariamente assomigliante a quella asiatica".
L'albero della conoscenza del bene e del male
Secondo il racconto biblico tra tutti
gli alberi piantati nel giardino ne erano due particolari: l'albero
della conoscenza del bene e del male e l'albero della vita. Dio
proibì all'uomo di mangiare i frutti del primo e la disobbedienza
portò alla cacciata dal giardino dell'Eden, negando all'uomo anche i
frutti del secondo, come in Genesi 3,22: Poi Dio YHWH disse: «Ecco,
l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene
e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del
frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre».
L'Eden nei miti sumeri
Il paradiso dei Sumeri si chiamava
Dilmun e può essere identificato nel golfo Persico (Bahrein). In
questo luogo, dove non esistevano malattie e morte, il dio Enki usava
accoppiarsi sessualmente con le dee sue figlie. Dopo aver mangiato i
frutti degli alberi creati dalla dea Ninhursag viene da questa
maledetto e condannato a molteplici mali. Una volta riappacificatasi,
per far guarire il dio Enki la dea Ninhursag crea varie dee il cui
nome corrisponde alla parte del corpo del dio. Fra le altre, in
relazione alla costola, Ninhursag crea una dea dal nome Nin.ti che
significa "dea che fa vivere" e "dea costola"
(sumerico TI = vita e costola). Questo significato, traslato in
ebraico, potrebbe aver dato origine alla figura di Eva.
In un altro mito sumero il contadino
Shukallituda, non riuscendo a coltivare la sua terra troppo arida,
chiese aiuto alla dea Inanna: questa gli consigliò di piantare degli
alberi per fare ombra, facendo così nascere la prima oasi con una
tecnica di coltivazione comune nei deserti intorno al golfo Persico.
Il mito si conclude con una trasgressione sessuale in cui il
contadino stupra la dea addormentata: come punizione per l'affronto
Shukallituda è costretto ad abbandonare il suo giardino.
Infine nel mito di Gilgamesh l'eroe
cerca l'ultimo uomo sopravvissuto al diluvio, Utnapishtim, il quale
conosce la pianta dell'immortalità che cresceva in paradiso.
Utnapishtim rivela a Gilgamesh che il paradiso è sprofondato nel
mare, allora Gilgamesh recupera una fronda della pianta sul fondo del
mare, ma durante il ritorno un serpente divora la fronda e ritorna
giovane. È quindi probabile che i compilatori dei testi biblici
abbiano adottato e modificato il racconto mitologico sumero. È già
noto che lo stesso abbiano fatto i cinesi (ciò viene confermato dai
caratteri di scrittura cinese) riguardo all'Eden e al diluvio.
L'Eden nei miti di varie civiltà
L'idea di uno stato felice perduto e
non più ritornato è presente anche nella civiltà classica greca e
romana. Lo attestano ad esempio lo scrittore greco Esiodo (Opere e
Giorni, 109-119) e il poeta latino Publio Ovidio Nasone (Le
metamorfosi, I, 89-112).
Lo studioso Arturo Graf espone
ampiamente i risultati dei suoi studi sul mito del paradiso terrestre
nella prima parte del suo saggio Miti, leggende e superstizioni
del Medio Evo. Egli scrive che "i libri sacri dell'India e
il Mahābhārata celebrano l'aureo monte Meru da cui sgorgano quattro
fiumi, che si spandono poi verso le quattro plaghe del cielo e sulle
cui giogaie eccelse olezza e risplende l'incomparabile paradiso,
detto Uttara-Kuru, dimora degli dei, prima patria degli
uomini, sacra ai seguaci di Buddha non meno che agli antichi
adoratori di Brahma. Gli Egizi, a cui forse appartenne in origine la
immaginazione degli Orti delle Esperidi, serbavano lungo ricordo di
una età felicissima, vissuta dagli uomini sotto la mite dominazione
di Ra, l'antichissimo dio solare. Airyâna vaegiâh, che
sorgeva sull'Hara-berezaiti degli iranici, fu un vero paradiso
terrestre, innanzi che il fallo dei primi parenti e la malvagità di
Angrô-Mainyus l'avessero trasformato in un buio e gelido
deserto; e nell'Iran e nell'India, come in Egitto, durava il ricordo
di una prima età felicissima. I cinesi coronarono il Kunlun di un
paradiso, dove sono parecchi alberi meravigliosi e di onde sgorgano
parecchi fiumi. Nelle tradizioni religiose degli Assiri e dei Caldei
il mito appare con sembianze che non si possono non riconoscere come
affatto simili a quelle del mito biblico. Greci e Latini
favoleggiavano dell'età dell'oro, dei regni felici di Crono e
Saturno e di più terre beate. I quattro fiumi che scaturivano
dall'Eden biblico (Genesi 2, 10-17) lasciano congetturare che esso
fosse un monte, così come lo erano il Meru indiano, l'Alburz
iranico, l'Asgard norrena, il Kâf arabico nonché l'Eden
citato dal profeta Ezechiele nel Vecchio Testamento (28, 12-19).
Inoltre Graf ricorda i miti delle Isole
Fortunate nel mondo greco, rappresentazioni del paradiso terrestre.
Esse sono l'isola dei Feaci e di Ogigia in Omero (Odissea),
l'isola di Pancaia descritta da Diodoro Siculo, l'Atlantide di
Platone, la Merope di Teopompo. Gli Arabi credevano nell'isola
beata di Vacvac, oltre il monte Kâf, ricordata nei
viaggi di Sindbad ne Le mille e una notte. Di un'isola "dalle
poma d'oro" narravano i Celti. Questa fu la credenza dei padri
della Chiesa e dei dottori della Chiesa, ripresa da Dante Alighieri,
quando a Matelda nel paradiso terrestre faceva dire: «Quelli che
anticamente poetaro/l'età dell'oro e suo stato felice/forse in
Parnaso esto loco sognaro» (Purgatorio, XXVIII, vv. 139-141).
Alighieri pone l'Eden nell'opposto emisfero terrestre, proprio
secondo le indicazioni dei padri e dottori della Chiesa.
D'altra parte le indagini degli
studiosi hanno portato a individuare una lontana convergenza dei miti
paradisiaci dei popoli della doppia famiglia ario-semitica. Graf
rileva altresì che "nel mito paradisiaco ario-semitico [e in
altri affini] si trovano tracce di un antichissimo culto della
natura. L'albero della vita è albero che porge il nutrimento;
l'albero della scienza è l'albero che dà responsi: entrambi
appaiono in numerose mitologie, fatti spesso compagni dell'albero
generatore da cui procedono gli uomini".
L'Eden nella Divina Commedia
Nella Divina Commedia di Dante
Alighieri il paradiso terrestre è posto sulla sommità del monte del
purgatorio (situato agli antipodi del mondo allora conosciuto) e
rappresenta l'ultima tappa del percorso di purificazione che compiono
le anime per poter accedere al paradiso. È rappresentato come una
foresta lussureggiante percorsa dal fiume Letè che toglie la memoria
del male commesso e il fiume Eunoè che rinnova la memoria del bene
compiuto. Il giardino dell'Eden compare in tutti i canti dal
ventottesimo al trentatreesimo del Purgatorio. Il poeta fa qui
il suo primo incontro con Beatrice e conosce Matelda, una donna che
funge da allegoria dello stato d'innocenza dell'uomo prima del
peccato originale. Inoltre assiste a una processione che rappresenta
la storia dell'uomo e del suo rapporto con la fede, dal peccato
originale al tempo di Alighieri.
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