«I grandi uomini di Atene
non si sarebbero sentiti fuori luogo in un raduno di sacerdoti e
governanti maya»
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(J.E.S.
Thompson , The rise and fall of Maya
Civilization University of Oklahoma Press.
Norman 1954)
|
I Maya appaiono come
un popolo estremamente affascinato dai corpi celesti, dalla
misurazione del tempo e dai fenomeni astronomici. Dei differenti tipi
di astrologia precolombiana adottati da popoli come Maya e Aztechi
sono pervenuti ai giorni nostri pochi documenti autentici a causa
delle devastazioni perpetrate dai primi conquistatori spagnoli e
delle distruzioni documentarie successive tra cui l'incendio di
documentazioni raccolte nello Yucatan avvenuto ad opera dei
missionari impegnati a diffondere la religione cattolica.
Ciò che sappiamo dall'interpretazione
di sculture, geroglifici, codici ed opere architettoniche è che
l'astrologia maya era costituita da un insieme di osservazioni
di tipo astronomico e geodetico su cui venivano innestati riferimenti
mitologici, religiosi, genealogici e politici.
I quattro codici americani
I quattro manoscritti originali
utilizzati per interpretare le conoscenze e credenze maya sono il
Codice di Dresda, il Codice di Parigi, il Codice di Madrid e il
Codice Grolier. Altre fonti utilizzate sono la Relación di
Diego de Landa e i dizionari compilati dai primi missionari.
Il codice Dresda
Il Codice Dresda (Codex Dresdensis)
è un antico manoscritto ideografico Maya del XI-XII secolo,
probabilmente redatto a partire da testi originali precedenti
(VII-IIX secolo) ed è considerato il più completo tra i quattro
codici Americani giunti ai nostri giorni. Secondo alcuni studiosi è
il primo libro scritto nelle Americhe di cui si abbia un reperto. È
composto da 72 pagine in cui si trovano redatti con straordinaria
accuratezza tavole astronomiche, almanacchi, tavole astrologiche e
testi di contenuto religioso in cui vengono descritti riti e pratiche
divinatorie. Contiene tavole con le quali vengono calcolate con
discreta precisione le eclissi di sole (anche quelle non osservabili
dal centroamerica) e la rivoluzione sinodica di Venere. Il codice
Dresda era probabilmente un testo privato riservato alla
consultazione da parte di sacerdoti, indovini e pronosticatori che vi
trovavano descrizioni e istruzioni. Le raffigurazioni e geroglifici
con riferimenti astronomici su statue ed edifici, invece, potevano
essere letti da tutti e venivano utilizzati soprattutto per
divinizzare re e governanti.
Venere
Il codice di Dresda contiene importanti
informazioni sullo studio del pianeta Venere da parte dei Maya. Sei
pagine del codice sono dedicate all'accurato studio della posizione e
dei cicli del pianeta, frutto di centinaia di anni di osservazione.
Dopo la Luna Venere è l'oggetto naturale più luminoso nel cielo
notturno e raggiunge la sua massima brillantezza poco prima dell'alba
quando è visibile verso est e poco dopo il tramonto quando compare
basso sull'orizzonte verso ovest. È talora visibile anche di giorno
se la sua distanza dal sole è massima. Venere era importante per la
civiltà maya, che sviluppò un calendario religioso basato in parte
sui suoi movimenti, e si basava sulle posizioni di Venere per
valutare il tempo propizio per eventi quali le guerre, che venivano
cominciate quando Venere tornava visibile nel cielo, oppure
l'incoronazione di governanti.
Kukulkán, il serpente piumato, compiva un viaggio nel mondo inferiore simboleggiato dalla scomparsa e ricomparsa di Venere nel cielo. Venere è visibile per due cicli di circa nove mesi intervallati da due cicli di 8 e 50 giorni durante i quali scompare dal cielo. Il ciclo apparente di Venere si compie dunque in quasi 20 mesi come viene registrato nel codice Dresda.
È necessario rilevare che il calendario venusiano maya riporta delle macroscopiche imprecisioni anche di trenta giorni che dovevano essere note anche ai suoi compilatori, e che per certi versi possono far assimilare il calendario venusiano ad una metodica di previsione delle eclissi lunari. Il motivo per cui queste vistose imprecisioni venissero comunque canonizzate all'interno di un calendario, che serviva anche per prevedere la ricomparsa di Venere, rimane un mistero insoluto. Probabilmente i Maya piegavano a necessità astrologiche e rituali alcune semplici rilevazioni astronomiche probabilmente per permettere un accordo con le computazioni presenti in calendari precedenti come lo tzolkin. È probabile che i Maya studiassero i movimenti anche di altri pianeti come Marte, Mercurio e Giove.
Kukulkán, il serpente piumato, compiva un viaggio nel mondo inferiore simboleggiato dalla scomparsa e ricomparsa di Venere nel cielo. Venere è visibile per due cicli di circa nove mesi intervallati da due cicli di 8 e 50 giorni durante i quali scompare dal cielo. Il ciclo apparente di Venere si compie dunque in quasi 20 mesi come viene registrato nel codice Dresda.
È necessario rilevare che il calendario venusiano maya riporta delle macroscopiche imprecisioni anche di trenta giorni che dovevano essere note anche ai suoi compilatori, e che per certi versi possono far assimilare il calendario venusiano ad una metodica di previsione delle eclissi lunari. Il motivo per cui queste vistose imprecisioni venissero comunque canonizzate all'interno di un calendario, che serviva anche per prevedere la ricomparsa di Venere, rimane un mistero insoluto. Probabilmente i Maya piegavano a necessità astrologiche e rituali alcune semplici rilevazioni astronomiche probabilmente per permettere un accordo con le computazioni presenti in calendari precedenti come lo tzolkin. È probabile che i Maya studiassero i movimenti anche di altri pianeti come Marte, Mercurio e Giove.
Il codice di Madrid
Il codice Tro-Cortesianus di Madrid è
più tardo rispetto al dresdensis (probabilmente del XV
secolo), contiene 112 pagine ed è lungo più di sette metri. Fu
redatto da otto scriba differenti ed è di contenuto più ampio
rispetto al codice di Dresda. Vengono descritte procedure e tecniche
della divinazione, riti religiosi e cerimonie legate alla festa
dell'anno nuovo. È conservato a Madrid nel Museo de América.
Il codice di Parigi
Il Codice di Parigi della Biblioteca
Nazionale di Parigi è anch'esso di epoca tarda Il Codice Peresianus
della Biblioteca Nazionale di Parigi è anch'esso di epoca tarda
Siti archeologici di interesse astronomico
- El Caracol (la chiocciola) è un complesso monumentale edificato nel suo nucleo principale (basamento rettangolare) attorno al 900 d.C. È un edificio dalla insolita struttura a pianta circolare sormontato da una volta a cupola. La struttura cilindrica superiore poggia su un basamento rettangolare costituito da due piattaforme, una inferiore ed una superiore, ed ospita al suo interno una scala a chiocciola che conduce in un ambiente con sette aperture da cui si ipotizza che i sacerdoti osservassero e studiassero corpi celesti (Venere in particolare) e soprattutto fenomeni astronomici come i solstizi utilizzati per predire i primi giorni della primavera e dell'autunno. Le sette aperture comprendono quattro porte orientate secondo i punti cardinali e tre finestre: la più grande delle tre è rivolta ad ovest, le altre due guardano verso sud-ovest e sud.
La disposizione e l'orientamento dell'edificio sembrano avere un'impronta astronomica, in particolare le facce delle piattaforme rettangolari sembrano guardare all'orizzonte in corrispondenza di eventi astronomici osservabili dalla Terra che coinvolgono il sole e il pianeta Venere. Presenta alcune influenze di epoca tolteca soprattutto nelle decorazioni. Il monumento è correlato al culto di Kukulkan. - La Piramide di Kukulkan è un'imponente struttura piramidale, la più grande del sito archeologico di Chichén Itzá, che sembra riprodurre o simboleggiare un calendario maya: presenta nove terrazze sovrapposte divise in due da quattro scalinate centrali per un totale di 18 zone scoperte (18 sono i mesi del calendario Haab). La somma dei gradini delle quattro scalinate e della piattaforma più elevata è 365. Agli equinozi di primavera e d'autunno, al calare e al sorgere del sole, gli angoli della piramide proiettano un'ombra a forma di serpente piumato (Kukulkan) lungo il lato ovest della scalinata nord ai piedi della quale si trova una scultura che raffigura la testa di Kukulkan
- Il Tempio delle sette bambole (anche detto Tempio del Sole, ca. 700 d.C.) è l'edificio principale del sito archeologico di Dzibilchaltun nello Yucatan. Prende il nome dalle sette piccole statuine che furono ritrovate all'interno del tempio quando fu portato alla luce nel 1950. L'edificio ha due larghe finestre contrapposte sulla parete est ed ovest attraverso le quali, nell'equinozio di primavera, all'alba, i raggi solari attraversano completamente la struttura.
Ciclicità degli eventi astronomici e dell'attualità
K'inich Janaab' Pakal (23 marzo 603 -
28 agosto 683) è stato uno dei più influenti e celebri "ajaw"
maya di Palenque nel tardo periodo classico. Viene anche denominato
in altri modi tra cui Pacal (scudo in lingua maya),
Pacal il Grande, "Scudo solare" e 8 Ahau. È
seppellito nel Tempio delle iscrizioni all'interno di una cripta dove
è presente una celebre lapide che illustra la morte del re Pacal
come discesa negli inferi. Nel solstizio d'inverno, il giorno
dell'anno con la notte più lunga e in cui il sole appare al nadir
ossia il punto più basso all'orizzonte, a Palenque il sole tramonta
sotto il Tempio delle iscrizioni a simboleggiare la discesa del re
nel mondo inferiore a cui segue l'inizio di un nuovo periodo
astronomico, in cui il sole rimane per più tempo nella volta
celeste, e politico, con la trasmissione dei poteri al successore del
re. Il solstizio di inverno viene dunque visto come un momento di
morte e di rinascita e di continuità nella successione dei
governanti attraverso la via ereditaria.
L'ultima data compresa nel Lungo computo cade il 21 o, secondo altri studiosi, il 23 dicembre 2012 ossia in prossimità del solstizio d'inverno.
L'ultima data compresa nel Lungo computo cade il 21 o, secondo altri studiosi, il 23 dicembre 2012 ossia in prossimità del solstizio d'inverno.
Il calcolo del tempo
L'unità fondamentale per i Maya era il
giorno (kin) inteso come manifestazione del ciclo solare che
sorge e tramonta. I primi riferimenti alla numerazione dei giorni
attraverso l'uso delle dita si ritrovano nei geroglifici maya
presenti sulle steli 12 e 13 (ca. 275 a.C.) del Monte Alban, un
importante sito archeologico (ca. 300 a.C.) nei pressi di Oxaca, e
costituiscono uno dei documenti più antichi che attestano
l'interesse per il computo del tempo nel Nuovo Mondo.
Le incisioni su pietra rappresentanti
il kin sono tra le più frequenti iscrizioni dei Maya giunte
ai nostri giorni. Ogni glifo del kin che significa
contemporaneamente giorno, sole e tempo, indica
i quattro punti cardinali e la decorazione floreale, simboleggiante
la procreazione, indica verosimilmente le posizioni estreme del sole
all'orizzonte ossia i solstizi d'inverno e d'estate. In questo senso
i Maya operano una fusione tra tempo e spazio; invero nella lingua
maya i significati di spazio e tempo spesso si
sovrappongono. In alcune sculture, gli dei associati a giorni o
periodi dell'anno vengono raffigurati come chini sotto il carico dei
giorni, raffigurati come materiale da trasportare oppure stanchi e a
riposo, come nelle raffigurazioni a Copan e a Quiriguà.
Il dio della pioggia. Il pantheon dei Maya è popolato da numerose divinità sia benevole che avverse. Itzamna viene identificato come il dio creatore, che siede su un trono nel cielo. Troviamo inoltre quattro divinità capricciose corrispondenti ai punti cardinali (Bacabs), gli dei e le dee del Sole (Kinich Aham), della Luna (Ixchel), della pioggia (Chac, in foto) , della morte e dell'oltretomba (Ahpuch), della stella polare (Xaman ehk); ogni divinità reggeva uno dei tredici cieli superiori oppure uno dei nove cieli inferiori (mondi sotterranei) in cui i maya intendevano dividere la volta celeste. Le divinità che reggevano i mondi sotterranei erano chiamate Bolontiku. Il dio del mais era Ah Mun |
I Maya probabilmente scandivano alcune
attività della vita quotidiana a seconda della ricorrenza di giorni
particolari che venivano ritenuti fausti o infausti. Queste
supposizioni vengono avanzate sulla base di alcuni scritti di epoca
coloniale (probabilmente redatti con l'ausilio di documenti antichi
locali) contenenti profezie e nei quali venivano indicati giorni
sfavorevoli alle vendette o all'attraversamento della foresta,
favorevoli alle api o all'accensione fuochi rituali, oppure giorni
fausti e infausti in generale. L'attribuzione di capacità predittive
ad elementi derivati dall'osservazione naturale è comune a diverse
civiltà.
I calendari maya
I Maya erano soliti utilizzare
congiuntamente due calendari: uno di tipo rituale, più antico,
chiamato Tzolkin della durata di 260 giorni e uno di tipo
civile detto Haab di 365 giorni.
Il computo dei giorni adottava
originariamente un sistema vigesimale a carattere posizionale
scaturito dall'utilizzo delle dita delle mani e dei piedi, come
attestato dalle steli del Monte Alban, quindi sulla base di un
elemento naturale anatomico che dunque produceva inevitabilmente
cicli di 20 giorni e non sull'osservazione delle fasi lunari, come
avviene in altri calendari antichi -e ovviamente moderni- con cicli
di 30 giorni. Oltre al valore cronologico il calendario, sia nelle
sue originarie forme rudimentali che nelle elaborazioni successive,
aveva valore prognostico. Ad ogni giorno del ciclo corrispondeva una
divinità, benevola o avversa, da cui il giorno prendeva il nome:
Cimi è la divinità della Morte, Kan del mais: vi
erano poi divinità antropomorfe come Chiccan (il serpente) e
Chuen (la scimmia). Per i Maya ogni giorno e dunque ogni
numero (la nascita dei numeri viene fatta risalire nei Maya proprio
alla necessità di contare i giorni) corrisponde ad una divinità.
In epoche successive i calendari ebbero
una struttura più complessa, con la comparsa di scansioni temporali
più ampie che sostituirono o raggrupparono i periodi di breve
durata. Il ciclo completo tzolkin, che compare come unico calendario
nelle iscrizioni del Periodo Medio della civiltà maya (ca. 600 a.C.)
fu utilizzato principalmente a scopo divinatorio ed era composto da
260 giorni. Non è chiaro come sia stato ottenuto questo numero,
probabilmente fu utilizzato un riferimento a bioritmi di contenuto
concettuale universale come la nascita, di evidente significato
pratico, in quanto la gestazione dura all'incirca 38 settimane ossia
266 giorni. Alcuni cicli agricoli mesoamericani hanno un periodo di
circa nove mesi; Venere compare nitida e brillante alla sera o al
mattino in due cicli di nove mesi ognuno. Un altro calendario è lo
Haab, probabilmente posteriore al tzolkin. Si ritrova in forma
scritta associato al tzolkin solo nelle iscrizioni datate 200 anni
dopo quelle in cui lo tzolkin compare da solo. È diviso in 18 mesi
di 20 giorni ciascuno più un mese breve di 5 giorni per un totale di
365 giorni. L'allineamento non perfetto con l'anno astronomico di
365,24 giorni determina, nei decenni, uno sfasamento graduale
rispetto alle stagioni. Non esistono prove che testimonino che i Maya
avessero anni bisestili tuttavia è da ritenere che prevedessero
l'arrivo delle stagioni tenendo conto di questo errore poiché il
calendario Haab aveva un utilizzo pratico diretto in agricoltura. I
18 mesi dello Haab avevano nomi riferiti all'acqua, a condizioni del
terreno e in generale alla simbologia rurale. I due calendari
venivano usati contemporaneamente tanto che molte iscrizioni
riportano una doppia data, secondo lo Tzolkin e lo Haab.
Il Grande computo e le origini del mondo
Un'ulteriore organizzazione temporale,
che segue di oltre 800 anni l'introduzione dello tzolkin, descriveva
un ciclo ulteriore complessivo di 5000 anni. L'utilità del Grande
Computo era probabilmente quella di illustrare a ritroso nel tempo
l'origine della civiltà maya fino alla nascita delle divinità, in
un'operazione in cui mito e storia tendono a sovrapporsi. Nel periodo
classico della civiltà maya, la dimostrazione cronologica della
storia remota assunse un'importanza fondamentale sia come ricerca
delle origini sia come tentativo di datare tutto ciò che era
accaduto e che, nel misto di passato e futuro che caratterizza la
nozione di tempo dei Maya, avrebbe dovuto ripresentarsi.
I governanti maya erano soliti far
rappresentare in un'unica rappresentazione artistica la nascita di
divinità del passato e riferimenti alle dinastie del periodo attuale
in cui vivevano; questa fusione di scale temporali mitiche e reali
stabiliva la discendenza divina dei regnanti e l'inevitabilità del
loro potere. I calendaristi maya che si occupavano di eseguire
calcoli e computi matematici e astronomici erano sacerdoti, membri
della nobiltà o comunque personalità verso cui la comunità
indigena dedicava grande rispetto ed attenzione; svolgevano anche la
funzione di consiglieri dei governanti, scrivevano libri, si
occupavano della somministrazione di sacramenti, calcolo di festività
ed emanazione di profezie e pronostici.
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