venerdì 18 ottobre 2019

Ipotesi alternative sull'AIDS

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Le ipotesi alternative sull'AIDS identificano alcune congetture, in buona parte collegate a varie teorie del complotto, secondo le quali l'AIDS non sarebbe causato dal retrovirus HIV, o addirittura il virus stesso non esisterebbe.
Tali ipotesi sono comunemente catalogate come pseudoscientifiche in quanto infondate, essendo il nesso causale tra HIV e AIDS ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica.

Sinossi
Da parte dei movimenti negazionisti sono state formulate varie ipotesi riguardo la natura dell'HIV e dell'AIDS, come ad esempio:
  • l'HIV non esiste
  • l'HIV è innocuo, e la vera causa dell'AIDS sarebbe una combinazione di altri fattori
  • l'HIV esiste e potrebbe causare l'AIDS, ma non è stato mai provato scientificamente
  • il termine AIDS è improprio, in quanto rappresenterebbe un insieme di malattie già note
  • l'AIDS non si comporta come una malattia infettiva
  • l'AIDS non soddisfa i postulati di Koch sulle malattie infettive
  • il test HIV è inaffidabile
I fautori delle teorie alternative attribuiscono l'origine dell'AIDS primariamente all'abbassamento delle difese del sistema immunitario, rigettando tutte le ricerche e dimostrazioni effettuate nel corso dei decenni che fanno risalire al virus la causa della sindrome. Buona parte delle tesi alternative attribuiscono l'indebolimento talora irreversibile del sistema immunitario ad una presunta interazione di una serie di concause: una delle motivazioni addotte è per esempio l'uso o l'abuso di farmaci, in primis gli antibiotici, di cui viene sostenuto l'utilizzo spropositato anche quando non realmente necessari, e le capacità di debilitare il sistema immunitario dei soggetti affetti da AIDS. Simili accuse vengono avanzate contro i cortisonici (uno dei cui effetti collaterali, talora sfruttato a scopi terapeutici, è quello di deprimere il sistema immunitario), gli psicofarmaci e varie altre categorie di medicinali.

Storia
Prima del 1984, anno della definizione ufficiale del virus HIV come causa dell'AIDS, molte furono le ipotesi avanzate per spiegare questa nuova malattia. Fattori come l'abuso occasionale di droga e di farmaci, determinati ambienti sociali, infezioni da malattie veneree, modelli comportamentali ed altro furono presi in esame dai ricercatori. A seguito dell'aumento a livello mondiale dei casi di AIDS tra i soggetti sottoposti a trasfusioni di sangue, emofiliaci, partner sessuali infetti, ed altri gruppi di individui, si appurò che la malattia si trasmetteva attraverso il contatto con il sangue ed i rapporti sessuali, e si affermò quindi l'ipotesi dell'HIV come causa predominante (Cohen, 1994a; Horton, 1995).
Uno dei primi a mettere in dubbio la correlazione tra HIV e AIDS fu nel 1984 Casper Schmidt (morto 10 anni più tardi per patologie AIDS-correlate), il quale scrisse un articolo sul Journal of Psychohistory intitolato "The Group-Fantasy Origins of AIDS" (Schmidt 1984, pp. 37–78) in cui sosteneva che l'AIDS sarebbe un esempio di "isteria epidemica", in cui gruppi di persone inconsciamente darebbero forma concreta ai conflitti sociali, e paragonò la malattia a casi documentati di isteria epidemica del passato, che furono ritenuti erroneamente di origine infettiva. Tale articolo presentava tuttavia un elevato livello di speculazione teorica, dovuto anche alle scarsissime conoscenze allora disponibili sulla biologia dell'HIV. Dubbi sull'associazione HIV-AIDS vennero avanzati anche da ricercatori appartenenti al National Institutes of Health.
Diverse associazioni di fautori delle ipotesi alternative, spesso caratterizzate dal rifiuto di qualunque dibattito scientifico razionale, fanno spesso riferimento alla figura di Peter Duesberg, professore di Biologia Cellulare e Molecolare presso l'University of California, Berkeley, il quale è divenuto nel tempo una delle figure di spicco del movimento negazionista sulla correlazione HIV-AIDS.
Tra i più famosi attivisti del movimento dissidente, limitandosi ai deceduti dopo l'anno 2000, figurano: Karri Stokely, Christine Maggiore, Ken Anderlini, Michael Bellefountaine, Kim Bannon, Sophie Brassard, Ronnie Burk, Jerry Colinard, Sylvie Cousseau Gos Blank, Boyd Ed Graves, Mark Griffiths, Robert Johnston, John Kirkham, Kelly Jon Landis, Sandi Lenfestey, Jack Levine, Peter Mokaba, Marietta Ndziba, Isabel Otaduy Sömme, Maria Papagiannidou, David Pasquarelli, Emery Taylor, Huw Christie Williams Scott Zanetti. Tutti gli attivisti citati sono deceduti a causa di patologie AIDS-correlate.
Tra il 1992 e il 2001, a dare voce al movimento negazionista, vi fu anche una rivista, Continuum. Le sue pubblicazioni cessarono in quanto nel corso degli anni erano morti di patologie AIDS-correlate tutti i suoi editori.
Alcuni vincitori del premio Nobel, tra cui il chimico e ufologo contattista Kary Mullis, hanno espresso in varie situazioni il loro supporto alle teorie alternative sull'HIV.

Teorie riguardo l'HIV
L'HIV non esiste
Una delle più diffuse affermazioni dell'ambiente negazionista è che non esistano prove certe dell'esistenza del virus HIV. La mancata dimostrazione della sua esistenza avrebbe varie motivazioni, tra cui il fatto che il virus sarebbe isolabile solo tramite la centrifugazione a gradiente di densità (che permette la separazione delle particelle in base alla densità per mezzo di un gradiente di densità variabile).
Sebbene questa tecnica spesso sia ancora utilizzata per isolare l'HIV-1 e altri Lentivirus, a partire dai primi anni settanta sono stati ideati sistemi più elaborati, compresa la riproduzione di molecole infette clonate.
Ciò ha portato la comunità scientifica internazionale a stabilire al di là di ogni ragionevole dubbio che HIV-1 e HIV-2 esistano e siano responsabili dell'AIDS nell'uomo: entrambi i virus peraltro sono stati isolati, fotografati e i loro genotipi individuati. L'HIV-1 è stato isolato anche a differenti stadi dell'infezione.

L'HIV è innocuo
Opinione diffusa nell'ambito delle teorie alternative è che l'HIV sarebbe inoffensivo: a riprova di ciò viene sostenuto che un esiguo numero di individui positivi all'HIV non contrae alcuna malattia neppure 15 o 20 anni dopo essere risultato positivo al retrovirus, mentre in alcuni soggetti sieronegativi insorgono varie patologie correlate all'AIDS tipiche dei soggetti sieropositivi.
Va tuttavia ricordato che in diverse malattie infettive vi è un numero minoritario di individui che non manifesta alcun sintomo anche a distanza di molti anni, a causa delle differenze che caratterizzano gli individui stessi. Nel caso dell'HIV vi sono diverse condizioni genetiche che interferiscono sulla progressione della immunodepressione, la più nota dei quali è una mutazione CCR5-Δ32.
Vi sono diverse altre condizioni genetiche che svolgono un ruolo protettivo più o meno marcato, alcune note da tempo, altre ancora dibattute.
Anche negli individui senza condizioni genetiche particolari, secondo il punto di vista corrente, è prevedibile un lungo periodo di latenza prima che l'AIDS si manifesti, poiché il virus impiega anni per dare origine all'immunodepressione, condizione indispensabile per permettere l'insorgere di varie malattie opportunistiche. Si ritiene infatti che tra l'infezione da HIV e l'insorgere dell'AIDS trascorrano da otto a dieci anni.
L'HIV utilizza un sistema di trascrizione del suo materiale genetico diverso dagli organismi a DNA (essendo infatti un retrovirus a doppia catena di RNA+); questo sistema di trascrizione è molto "infedele" e provoca molti errori, inoltre nelle varie popolazioni virali risulta presente in moltissime varianti. Anche nello stesso paziente si possono trovare due cloni diversi dello stesso virus e ciò spiega anche la comparsa della resistenza ai farmaci antiretrovirali oggi in commercio. Infatti il virus, nei primi anni dell'infezione, si trova in un equilibrio dinamico con il sistema immunitario. Il virus è comunque in attiva replicazione all'interno dei linfociti CD4+, ma il numero di cellule infettate e che muoiono viene rimpiazzato da nuove cellule, che vengono a loro volta infettate. A ciò va aggiunto che condizioni di stress o infezioni virali promuovono la replicazione del virus e l'infezione di nuove cellule CD4+. Si arriva così ad uno squilibrio, con la progressiva riduzione dei linfociti e l'insorgere della malattia conclamata in un arco di tempo che può variare da 8 a 12 anni.
L'asserita innocuità del virus HIV è stata aspramente contestata da vari scienziati di calibro mondiale, tra cui la ricercatrice e senatrice a vita Elena Cattaneo:
«Un po' come dire che, siccome alcuni fumatori non si ammalano di cancro al polmone, allora il fumo è innocuo»
(Elena Cattaneo)
Vari negazionisti sostengono che più in generale tutti i retrovirus siano innocui: ma essendo ampiamente dimostrato il legame tra alcuni tipi di leucemia da linfocita T e di linfomi con il retrovirus RNA, chiamato virus linfotropo T umano di tipo I (HTLV-1), causa di una grave forma di leucemia diffusa ai Caraibi, in Africa e Giappone, tale ipotesi risulta confutata. In effetti l'HIV stesso in origine venne ritenuto una variante di HTLV, ovvero HTLV-3.

L'HIV esiste, ma non è stato mai provato che possa causare l'AIDS
Simile alla precedente è la teoria secondo cui non vi sono ancora prove sufficienti che l'HIV causi l'AIDS, e che servono ulteriori studi per raccogliere dati al riguardo.
Tale tesi è stata ampiamente smentita confrontando sottopopolazioni omogenee di pazienti: all'interno di quelle in cui si riscontra la presenza dell'HIV si osserva invariabilmente anche un notevole numero di diagnosi di AIDS. Ciò avviene anche nel caso degli emofiliaci, popolazione di pazienti che secondo il famoso ricercatore negazionista Peter Duesberg verrebbe colpita da AIDS non a causa dell'HIV ma di proteine contaminanti presenti nelle sacche di fattore VIII che in conseguenza della loro malattia sono obbligati a trasfondersi regolarmente.
I primi studi su ampie popolazioni furono pubblicati fin dalla metà degli anni '90. Ad esempio, il Multicenter Hemophilia Cohort Study, pubblicato nel 1995, osservava che in una popolazione di 1028 emofiliaci seguiti mediamente per 10,3 anni, gli individui HIV-sieropositivi (321) avevano una probabilità di morte 11 volte superiore rispetto a quelli HIV-sieronegativi (707) .
I dati epidemiologici raccolti in vari paesi mostrano come, col diffondersi dell'HIV, vi sia stato un drammatico aumento delle immunodepressioni e delle malattie AIDS-correlate. Particolarmente significativi sono i dati raccolti in Thailandia dal Center of Disease Control and Prevention successivamente alla rapida diffusione dell'HIV in tale paese, quando i test di controllo erano già di routine.
Epidemiologia dell'HIV e diagnosi di AIDS in Thailandia
Anno Casi stimati di HIV-sieropositivi Nuovi casi riportati di AIDS Casi cumulativi riportati di AIDS
1988 12850 18 18
1989 86000 34 52
1990 297000 91 143
1991 499000 460 603
1992 634000 1485 2088
1993 708000 6026 8114
Fonte: Science, vol.266, 9 dicembre 1994, pag.1647
In Thailandia il primo test anticorpale per l'HIV ebbe una ampia diffusione fin dalla fine del 1985, a tal punto che nel 1987 era stato effettuato in 200.000 campioni di sangue su ogni possibile gruppo a rischio, individuando poco meno di 100 casi positivi al contagio. Dal 1987 in poi si osservò un repentino aumento. Alla fine del 1993 si stima che gli HIV-sieropositivi fossero saliti a 700.000 individui. All'aumento delle diagnosi di HIV seguì, in un paio di anni, un proporzionale aumento dei casi di AIDS. Tra il 1988 e il giugno 1991 vi furono solo 603 casi di AIDS ma entro la fine del 1993 i casi totali salirono a più di 8000.
A questi si aggiungono ulteriori studi, come quelli effettuati nello Zaire (ora Repubblica Democratica del Congo), dove ad inizio anni novanta la probabilità di morte per diarrea i neonati HIV-sieropositivi era 11 volte superiore rispetto ai neonati HIV-sieronegativi.
Nello stesso periodo, in Ruanda, la mortalità entro i 5 anni di vita era 21 volte superiore tra i bambini HIV-sieropositivi rispetto ai bambini HIV-sieronegativi. Tra le madri di questi bambini, la mortalità era 9 volte superiore nei 4 anni di follow-up nelle madri sieropositive rispetto a quelle sieronegative.
Uno studio di tre anni in Malawi, alla fine degli anni novanta, ha osservato che la mortalità entro il primo anno di vita tra neonati HIV-sieropositivi era 9,5 superiore a rispetto a neonati HIV-sieronegativi.

Teorie riguardo l'AIDS
Il termine AIDS è improprio, è un altro nome per un insieme di malattie già note
Un'altra affermazione avanzata dai movimenti negazionisti sostiene che l'HIV non sia responsabile dell'AIDS, la cui causa verrebbe ricondotta ad una combinazione di altri fattori, sia infettivi che non infettivi. In base a queste teorie, sotto il termine "AIDS" si tenderebbe a classificare una ampia serie di patologie già note, e non esisterebbe quindi una definizione omogenea di AIDS dal punto di vista territoriale. In particolare, nelle nazioni svantaggiate dal punto di vista economico, come diverse nazioni in Africa, non è richiesto un esame di laboratorio per diagnosticare la sindrome a causa dei costi inaccessibili. Questo farebbe sì che l'epidemiologia dell'AIDS non avrebbe, secondo questa teoria, modelli o regolamentazioni uniforme.
Gli assertori dell'inesistenza dell'AIDS sono del parere che, per accertare la malattia, risulta di fondamentale interesse il test per la ricerca degli anticorpi HIV. Una trentina di patologie riconducibili all'AIDS, tra cui il sarcoma di Kaposi e la polmonite interstiziale plasmacellulare, possono essere diagnosticate come AIDS solo se è indubbia la prova sierologica del virus HIV, senza il quale queste malattie hanno origine da altre ridotte capacità immunitarie.
In altre parole, l'individuazione della sindrome sarebbe a loro dire un esempio di ragionamento vizioso: dal momento che per formulare una diagnosi di AIDS è necessaria la presenza di anticorpi HIV, per definizione non può esistere AIDS se non vengono rinvenute tracce di HIV nel sangue dei pazienti. Inoltre, aggiungono i critici, molte malattie riconducibili alla sindrome, come il cancro della cervice uterina, non sono direttamente collegate all'immunodeficienza e non devono essere ritenute una forma di AIDS.
Va tuttavia rammentata la stretta evidenza (più volte dimostrata) sulla correlazione tra HIV ed AIDS, per la quale sono gli anticorpi dell'HIV a definire le caratteristiche della sindrome, anche in concomitanza di diverse patologie. Ad esempio, per quanto riguarda l'Africa, in uno studio nel 1994-1995 in Costa d'Avorio, tra individui HIV-sieropositivi con tubercolosi polmonare, la probabilità di morire entro i sei mesi era 17 volte superiore agli individui HIV-sieronegativi con tubercolosi polmonare.
Un secondo riscontro si è avuto nella seconda metà degli anni '90, in Sudafrica, dove il tasso di mortalità tra i bambini ospedalizzati per gravi infezioni al tratto respiratorio inferiore era di 6.5 superiore tra bambini HIV-sieropositivi rispetto ai bambini HIV-sieronegativi (Madhi et al. Clin Infect Dis 2000;31:170).
Il termine "AIDS" ha inoltre subito una ridefinizione rispetto al periodo precedente alla scoperta dell'HIV: in origine esso non era riferito a tale virus, non ancora scoperto. Quando fu comprovata la teoria che è l'HIV a provocare l'AIDS, il virus fu associato inequivocabilmente alla sindrome. Nel campo della medicina è molto frequente descrivere una patologia sulla base della sintomatologia e, successivamente, modificare la terminologia medica quando si precisano le cause.
La prima definizione di AIDS da parte del CDC (Centers for Disease Control and Prevention) nel settembre del 1982 includeva un elenco di tredici malattie, "da ritenersi con cautela sintomatiche di un difetto nell'immunità delle cellule in un soggetto del quale non è nota la causa della minor resistenza a quella malattia". La scoperta dell'HIV risale al 1984; l'anno successivo, a seguito di una controversia con gli esperti di epidemiologia, il CDC modificò la definizione corrente di AIDS introducendo una serie di patologie che si sarebbero dovute associare all'AIDS soltanto se si presentavano in concomitanza con un test HIV positivo e che continuarono a diagnosticare casi di AIDS con o senza un test HIV positivo.
A seguito dell'esperienza dei diversi tipi di malattia, venne accertato che il morbo era correlato ad un numero maggiore di affezioni rispetto a quelle classificate in origine, al punto che nel 1987 il CDC ne aggiunse alcune, tra cui l'encefalopatia e la tubercolosi, precedentemente escluse dall'elenco perché non menzionate durante l'indagine epidemiologica.
Apparve comunque chiaro che il termine vigente non era suffragato da un'opportuna sperimentazione clinica. Alcuni pazienti avevano contratto l'HIV e soffrivano di malattie riconducibili alla sindrome AIDS; altri erano affetti da malattie derivate dalla sindrome (come una lesione cutanea da sarcoma di Kaposi), eppure erano in salute. Nel gennaio 1993 la definizione di AIDS negli USA venne modificata e la diagnosi fu formulata prendendo come valore di riferimento un numero di cellule CD4 inferiore a 200, oppure una percentuale inferiore a 14 e vennero aggiunte altre patologie sintomatiche sulla base di uno studio epidemiologico: il carcinoma invasivo della cervice uterina, la tubercolosi e la polmonite cronica.

L'AIDS non si comporta come una malattia infettiva
Vari negazionisti sostengono che:
  1. La "malattia dell'AIDS" avrebbe avuto un decorso diverso dalle più comuni patologie infettive, le quali si diffondono con estrema rapidità, a livelli quasi esponenziali; infatti, in confronto a queste, la propagazione dell'AIDS è avvenuta con una certa lentezza, e ciò a loro dire dimostrerebbe che non è dovuta ad un agente infettivo.
  2. I negazionisti sostengono altresì che nell'America settentrionale e nell'Europa occidentale la diffusione non sia casuale, poiché si riscontra maggiormente in determinati gruppi sociali, e inoltre si suddivide in distinte infezioni collaterali, con patologie specifiche riconosciute come AIDS.
  3. Sempre secondo l'opinione dei negazionisti, l'AIDS in Africa presenterebbe caratteristiche del tutto diverse da quelle dell'analoga sindrome diffusa nei paesi dell'Occidente. Uno fra gli esempi citati è che in quel continente colpisce lo stesso numero di uomini e donne, mentre in Nord America e nell'Europa occidentale ne sono affetti più gli uomini che le donne. Viene citata inoltre anche un'altra statistica, secondo la quale l'AIDS nei paesi occidentali è associata soprattutto all'uso di droghe, mentre in Africa con la malnutrizione e la povertà. Questi vengono presentati come presunti segnali indicatori di un'origine non infettiva dell'AIDS.
Il punto di vista unanime della comunità scientifica internazionale sostiene invece tesi diametralmente opposte, suffragate da vari dati ottenuti nel corso dei decenni:
  1. La lentezza con cui l'AIDS si diffonde è da attribuirsi ad un lungo periodo di incubazione dell'HIV, oltre che alle nuove cure e campagne di prevenzione che ne hanno rallentato la propagazione. Esistono del resto numerose patologie infettive molto note a progressione e diffusione lenta: ad esempio, il morbo di Creutzfeldt-Jakob e l'epatite C. In realtà, questo fatto non implica affatto che la malattia non sia contagiosa. La trasmissione attraverso il contatto con i fluidi corporei è stata ampiamente dimostrata, ed è tipica di un'infezione; l'HIV, in merito al contagio attraverso il sangue ed il latte materno, si comporta esattamente come tutti gli altri virus. La gran quantità ed incidenza dei dati a disposizione consente di fare previsioni certe, basate sull'assunto che l'AIDS è una malattia contagiosa e l'epidemiologia non è incompatibile con la causa infettiva.
  2. La diffusione maggiore all'interno di gruppi specifici di persone, come eroinomani o omosessuali, con elevata frequenza di rapporti non protetti, avviene proprio perché il contagio si ha, solitamente, per via sessuale o con lo scambio degli aghi.
  3. L'HIV induce lo stato di immunodepressione il quale, a sua volta, è causa di malattie specifiche tra gruppi diversi di individui. Ad esempio, nel caso di due persone entrambe immunodepresse, se una beve acqua pura e l'altra no, è ovvio aspettarsi che chi abbia bevuto acqua inquinata abbia maggiori probabilità di soffrire di diarrea, malgrado l'affinità delle difese dell'organismo.
  4. Molteplici elementi spiegherebbero perché l'AIDS sia presente in diversi gruppi di persone in continenti diversi: uno di essi è la pura coincidenza dell'insorgere dei primi casi di malattia in gruppi sociali diversi ed in continenti diversi. Le campagne d'informazione possono avere avuto un effetto positivo in Occidente, cosa che non è avvenuta in Africa. Considerato inoltre che povertà, malnutrizione e uso di droghe sono tutti fattori di rischio per l'infezione da HIV, risulta evidente che l'associazione dell'AIDS con l'uso di droghe in nord America e in Europa occidentale deriva dal maggior uso di droghe che viene fatto in queste zone, mentre la diffusione di povertà e malnutrizione in Africa verosimilmente determinano una minor presenza di elevati standard di igiene e controllo della salute pubblica in quel continente.
  5. Dal punto di vista storico, l'insorgenza dell'AIDS nella popolazione mondiale ha accompagnato la comparsa dell'HIV. Negli Stati Uniti, il primo caso di AIDS fu individuato nel 1981 tra omosessuali maschi di New York e californiani e, in precedenza, un esame su alcuni campioni congelati di sangue appartenenti ad un vasto numero di uomini omosessuali ha rivelato la presenza di anticorpi HIV fin dal 1978, non prima. Negli anni successivi, in ogni regione, paese, città dove è apparso l'AIDS, l'evidenza dell'infezione HIV ha preceduto l'AIDS di pochi anni.
L'AIDS non soddisfa i postulati di Koch sulle malattie infettive
Affinché l'HIV come causa dell'AIDS avvalori i postulati di Koch, devono sussistere le seguenti condizioni:
  • essere presente in tutti gli individui affetti da AIDS
  • poter essere isolato in persone malate di AIDS
  • far insorgere la malattia se iniettato in un soggetto sano
  • poter isolare l'HIV di un individuo nuovamente infetto
Idealmente, ed entro i limiti della sperimentazione etica, la dimostrazione della validità di quei postulati aiuta ad individuare in modo abbastanza efficace la causa di una malattia. Molti negazionisti sostengono che la presunta impossibilità di comprovare questi postulati potrebbe mettere in dubbio che l'HIV è causa di AIDS.
La comunità scientifica internazionale controbatte a tali ipotesi sottolineando come l'HIV confermi invece i postulati di Koch, e che le eventuali eccezioni sono semplicemente dovute alla scarsa reattività dell'esame HIV nel primo periodo dopo il contagio, o all'imperfezione delle prime tecniche di isolamento messe a punto, piuttosto che all'inesistenza del virus stesso, che è ampiamente identificato.
Nel caso specifico, per quanto riguarda i postulati 1 e 2 in rapporto all'HIV-1, le moderne tecniche di coltura hanno permesso di isolare l'HIV in quasi tutti i malati di AIDS, come pure in quasi tutti i soggetti risultati sieropositivi sia nel primo sia nell'ultimo stadio della malattia.I pochi casi in cui la presenza del virus non è stata riscontrata nei pazienti sieronegativi che successivamente hanno sviluppato AIDS risultano essere al di sotto del limite dell'errore sperimentale, quindi non significativi. La reazione polimerasica a catena (PCR, un sistema di riproduzione di una molecola di DNA) ed altre tecniche molecolari permettono ai ricercatori di accertare la presenza di geni HIV nella quasi totalità dei malati di AIDS, ed anche in soggetti al primo stadio della sindrome.
I rari casi di pazienti che non hanno sviluppato immunodeficienza in seguito ad infezione da HIV sono tutti risultati portatori di mutazioni a carico delle molecole (CD4; CCR5; CXCR4) che mediano l'ingresso del virus nella cellula, quindi fisiologicamente immuni alla malattia. La presenza di soggetti immuni, riscontrata nella maggior parte delle malattie infettive, tuttavia non è condizione che dimostri una mancata conferma dei postulati di Koch.
I postulati 3 e 4 sono stati inoltre confermati da circostanze che hanno interessato i tecnici di tre laboratori di analisi, che non presentavano fattori di rischio e che hanno sviluppato l'AIDS o una grave immunodepressione dopo essere stati esposti accidentalmente ad un'alta concentrazione di HIV clonato in laboratorio. In tutti e tre i casi, l'HIV è stato isolato dal soggetto infettato, monitorato, e ha dimostrato di essere il ceppo infettivo del virus. In un altro caso, la trasmissione dell'HIV da un dentista della Florida a sei suoi pazienti è stata documentata dagli studi genetici sul virus, isolato sia nel medico sia nei pazienti; il dentista e tre di loro si ammalarono di AIDS e morirono, ed almeno uno dei rimanenti ha sviluppato l'AIDS; cinque dei pazienti non erano soggetti a nessun fattore di rischio HIV, a parte le frequenti visite dentistiche a causa di infezioni.
Inoltre, nel dicembre del 1999 il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ha ricevuto i rapporti inerenti a 56 persone che esercitano la professione nel settore sanitario insieme alla prova documentata di un'infezione da HIV contratta sul lavoro, e di questi 25 avevano sviluppato l'AIDS in mancanza di altri fattori di rischio. L'insorgenza dell'AIDS a seguito della produzione di anticorpi da HIV è stata più volte riscontrata nei casi di trasfusione di sangue nei bambini e negli adulti, nella trasmissione madre-figlio e negli studi sull'emofilia, sull'uso di droga per iniezione e sulla trasmissione sessuale, in cui l'aumento degli anticorpi è dimostrabile con dei prelievi ripetuti di sangue[80][81]. Per esempio, in un'indagine condotta per dieci anni nei Paesi Bassi, i ricercatori hanno seguito undici bambini contagiati dall'HIV alla nascita da piccole quantità di plasma appartenenti ad un unico donatore di sangue infettato da HIV. In questi dieci anni, otto bambini sono morti di AIDS; gli altri tre hanno evidenziato una diminuzione progressiva dell'immunità delle cellule, e di questi tre, due hanno manifestato sintomi riconducibili all'infezione da HIV.
I postulati di Koch sono stati confermati anche su esemplari di animali contagiati da AIDS umano: scimpanzé infettati in laboratorio con HIV hanno sviluppato una grave immunodepressione e AIDS; in topi affetti da immunodeficienza grave mista (SCID), una sindrome che colpisce i neonati e provoca infezioni per lo scarso numero di linfociti T e B, l'HIV provoca casi analoghi di distruzione delle cellule e di patogenesi come quelli accertati nell'uomo. L'HIV-2, una variante meno infettiva dell'HIV, causa di AIDS in soggetti umani, è anche all'origine di una sindrome simile all'AIDS nei babbuini; oltre una decina di virus da immunodeficienza delle scimmie (SIV), imparentato con l'HIV, è causa di AIDS nei macachi dell'Asia; inoltre virus con più genomi, gli SHIV, contenenti un ceppo SIV con diversi geni HIV in luogo dei corrispondenti geni SIV, provoca l'AIDS nei macachi. Ad ulteriore riprova del legame di questi virus con l'AIDS, i ricercatori hanno avuto la conferma che virus SIV/SHIV isolati in animali malati di AIDS sono all'origine della malattia se trasmessi ad animali sani.
Va detto comunque come Koch stesso complessivamente cassò la seconda parte del primo postulato quando scoprì i portatori asintomatici di colera e, successivamente, di febbre tifoide.

Il test HIV sarebbe inaffidabile
Molti di quanti mettono in dubbio l'HIV come causa dell'AIDS dichiarano che la tecnica dell'esame della ricerca del virus HIV nell'uomo potrebbe essere difettosa. Uno degli esempi comunemente citati è la possibilità di avere a che fare con un falso positivo, ossia un soggetto riscontrato positivo all'HIV, mentre in realtà è negativo (il problema dei "falsi positivi" è problema comune a tutte le metodologie di ricerca clinica). Viene anche affermato che la presenza di anticorpi all'HIV dovrebbe comprovare che il virus all'interno dell'organismo stia per essere annientato dal sistema immunitario, piuttosto che essere un sintomo che il virus è attivo.
Biologi e ricercatori sono perfettamente consapevoli che da tutti i test medici emergono sempre piccoli numeri di falsi positivi e di falsi negativi, e si adoperano affinché la percentuale di entrambi sia sempre più bassa. In ogni modo, i ricercatori si basano sui dati relativi ad un gruppo e non ad un singolo individuo, in modo che ogni riscontro ingannevole non possa far travisare i risultati.In effetti, le infezioni diagnosticate per mezzo del test sugli anticorpi sono uno dei più apprezzati principi della medicina[senza fonte]. Dal punto di vista tecnico i risultati dei test degli anticorpi HIV sono ritenuti superiori alla maggior parte dei test sulle malattie infettive sia in termini di sensibilità (la capacità di dare un esito positivo in presenza della malattia) sia in termini di specificità (la capacità di dare un esito negativo in assenza della malattia). Tutti i test sierologici attualmente approvati ed effettuati presentano una sensibilità ed una specificità superiori al 98% dopo 3 mesi e pari al 100% dopo i 6 mesi dal presunto contagio ("periodo-finestra"), e perciò sono più che affidabili[89].Tutti i test approvati contengono una clausola che afferma che non esista un valore in base al quale stabilire l'assenza o la presenza di HIV nel sangue umano.
Grazie a tecnologie come la reazione a catena della polimerasi (PCR), o i campioni di DNA oggi applicate con regolarità in tutti i pazienti nelle nazioni economicamente avanzate, l'HIV è rintracciabile in quasi tutti i malati sintomatici di AIDS. I test attuali basati sulla struttura genetica del virus, sugli antigeni e sulla ricerca del virus stesso nei fluidi e nelle cellule, presentano sensibilità e specificità ancora maggiore di quelli basati sulla ricerca degli anticorpi, risultando ancora più affidabili. Sebbene non siano diffusi come esami di routine a causa dei costi elevati e della necessità di specifiche attrezzature da laboratorio, queste analisi tecniche dirette hanno confermato la validità dei test sugli anticorpi.
Esiste altresì l'asserzione che la presenza di anticorpi sarebbe prova di un'azione di soppressione del virus, ma essa non è assolutamente corretta. La presenza di anticorpi specifici significa semplicemente che il sistema immunitario ha riconosciuto qualcosa di estraneo, non che lo stia eliminando. Molte altre malattie stimolano la produzione di anticorpi, ma non sono certo la risoluzione della malattia[96]. Solo per citarne alcuni, i virus dell'epatite B, C e gli herpesviridae sono virus che rimangono latenti all'interno dell'organismo.

Teorie del complotto
Rientrerebbero tra gli argomenti delle teorie sul complotto le opinioni secondo le quali il retrovirus dell'HIV sarebbe stato creato dal governo USA per svariate finalità, come per il suo uso a scopi militari, oppure con il deliberato scopo di eliminare il più alto numero possibile di, alternativamente, omosessuali, ispanici, islamici o persone di colore, in USA, come in Africa, al fine di riprendere la sua colonizzazione.
In alcune varianti di queste tesi cospirazioniste, ad aver creato l'HIV non è stato il governo USA, bensì quello russo oppure le grandi case farmaceutiche internazionali, con lo scopo di ridurre enormi masse in "schiavitù farmaceutica", quali clienti forzati, in particolare le popolazioni africane.
Tali teorie sono non solo in contraddizione coi dati emersi dalle ricerche sull'origine del virus HIV, sono del tutto prive di consistenza storica e di riscontri scientifici


mercoledì 16 ottobre 2019

Geobiologia

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Etimologicamente la parola geobiologia deriva dall'associazione dei termini greci geo (terra), bio (vita) e logos (dottrina). Il termine è stato proposto negli anni Cinquanta del secolo passato da ricercatori tedeschi, per definire un ambito di ricerca controverso.
Nella pratica, con la geobiologia, si ipotizza di misurare dei presunti "aspetti energetici" di un determinato luogo. Secondo i sostenitori della pratica, esisterebbero diverse caratteristiche di un luogo che influenzerebbero tramite presunte "energie" gli esseri viventi. Nella categoria dei fenomeni tellurici all'attenzione dei sostenitori della teoria, ci sono le faglie, i corsi d'acqua sotterranei, le cavità, i depositi di minerali, i "camini tellurici", la "rete di Hartmann" e la "rete di Curry", ed altri.
Queste ipotesi indimostrate, prive di alcuna prova oggettiva o del supporto di sperimentazioni scientifiche, sono ritenute una forma di pseudoscienza dalla comunità scientifica internazionale, sia fisica che geologica.

Tecniche di misura
Nella geobiologia la misura della presunta "energia" avviene utilizzando due discipline, ritenute del tutto prive di fondatezza scientifica: la rabdomanzia e la radiestesia. La prima sostiene di poter individuare materiali e sostanze captando le presunte "vibrazioni" provenienti da bacchette di legno o materiale non ferroso con forma a forcella. La seconda asserisce di poter individuare ipotetiche forme di "energia" che non sarebbero percepibili attraverso i cinque sensi, utilizzando strumenti quali il pendolo o strumenti elettronici sviluppati appositamente.

Origini
In alcune credenze antropologiche e religiose (ad esempio, il Feng Shui cinese), si cercava di percepire le presunte "energie della terra" per posizionare conseguentemente le dimore abitative, o per cercare di modificare tali presunti "campi energetici" in modo tale da ottenere degli ipotetici effetti positivi nei luoghi di abitazione, di cultura e di culto.

Ipotesi dei fenomeni geobiologici
Alla fine del diciannovesimo secolo viene ipotizzata una relazione tra un luogo ed il vivente. Il primo ad asserire tale ipotesi di relazione tra malattia e luogo di abitazione è l'inglese Haviland.
Altri autori sostengono ipotesi simili: M. Stelys 1927, G. Lakhovsky 1933, Rambeau 1934, ingegnere Lienert e dottor Jenny (Svizzera, 1932-1939, esperienza su topi piazzati in presunte zone geopatogene), Peyré 1947, Huveland 1950).
Nel 1950 Ernst Hartmann, medico dell'università di Heildelberg, e suo fratello, realizzarono uno studio sull'impatto del posizionamento dei letti sulla salute. Asserirono di aver scoperto una presunta "rete geomantica", che chiameranno rete di Hartmann.
Altri lavori seguiranno, come quello del fisico Wüst 1955, che ipotizzerà la relazione tra il posizionamento dei letti dei malati gravi e la presenza di un presunto irradiamento tellurico importante. Williams e Lorenz 1957 studiarono gli effetti delle faglie geologiche ed il dottor Beck 1957 discusse l'ipotetica relazione tra il presunto irradiamento tellurico e le malattie cardiache. L'ingegnere J.W.F Staengle 1972 studiò le case sospettate di causare malattie oncologiche ed ipotizzò un presunto irradiamento tellurico che a suo dire sarebbe causato dai corsi d'acqua.
A partire dagli anni Ottanta vennero pubblicate diverse opere sulla geobiologia ed il presunto impatto dei fenomeni da essa descritti sulla salute. Tali pubblicazioni non furono però mai pubblicate su riviste scientifiche mediche.

Presunta analisi geobiologica
Diverse persone asseriscono di poter percepire presunti fenomeni geobiologici. Alcuni sostengono di poter essere in grado di effettuare delle analisi geobiologiche di un territorio, evidenziando i punti potenzialmente nocivi per la salute. Non risultano però in letteratura scientifica dei casi oggettivamente verificati di questa autoasserita capacità.



Critiche
La geobiologia ipotizza l'esistenza di presunte energie e di fenomeni mai dimostrati, per le quali non è in grado di fornire la minima prova sperimentale, ed in netto contrasto con le conoscenze scientifiche di base.
La natura di queste presunte energie non viene specificata, ma si lascia intendere che avrebbero a che fare con l'elettromagnetismo, cosa che le renderebbe in linea di principio rilevabili. Gli apparecchi utilizzati dai geobiologi si basano su questo assunto, ma le quantità misurate sono in realtà il campo magnetico terrestre, che non ha un andamento a griglia, o interferenze radio generate dall'apparecchio stesso, in cui la periodicità è dovuta alla lunghezza d'onda radio adoperata.
Inoltre il comportamento dei presunti campi geotellurici è assolutamente incompatibile con le leggi dell'elettromagnetismo.
Altre ipotesi dei sostenitori di tale teoria suggeriscono che i presunti campi geotellurici sarebbero collegati ai raggi cosmici, o a reticoli cristallini geologici, ma nessuno di questi fenomeni presenta strutture periodiche come quelle a griglia ipotizzate per i nodi. La stessa geometria dei nodi è del resto incompatibile con una superficie sferica, come quella terrestre.
Indipendentemente dalla loro natura, non sono comunque mai stati dimostrati (né con strumenti, né utilizzando particolari sensibilità) modi ripetibili per determinare la posizione dei presunti nodi geopatogeni; ed i ripetuti tentativi, da parte di scettici, di organizzare insieme ai geobiologi misure oggettive di questo tipo si sono scontrati con rifiuti o fallimenti. Di conseguenza la stessa esistenza dei nodi non risulta provata dalla scienza.
Le osservazioni degli studiosi di geobiologia sono inoltre state criticate da un punto di vista metodologico, in quanto caratterizzate da aneddoticità, mancanza di sistematicità, selezione delle prove a favore dell'ipotesi, vaghezza delle affermazioni e dei metodi impiegati; pertanto, secondo la fisica e la geologia hanno tutte le caratteristiche di una pseudoscienza.



lunedì 14 ottobre 2019

Flat Earth Society

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La Flat Earth Society ("Associazione della Terra Piatta") è una associazione nata in Inghilterra che sostiene l'ipotesi della "Terra piatta". Successivamente ha avuto sede in California.

Origini
Carpenter
Uno dei primi sostenitori moderni della Terra piatta fu William Carpenter (1830-1896), che realizzò nel 1885 un opuscolo intitolato "One hundred proofs the Earth is not a Globe" ("Cento prove che la Terra non è un Globo"), stampato e pubblicato in proprio. Una di queste prove, secondo Carpenter, era la testimonianza riferita dagli aeronauti secondo cui, nemmeno alle grandi altezze raggiunte con palloni aerostatici, era possibile vedere la curvatura terrestre; ma all'epoca le massime quote raggiunte non erano sufficienti a percepire ad occhio la curvatura della superficie.

Rowbotham e l'Astronomia Zetetica
L'inventore inglese Samuel Birley Rowbotham (1816 – 1884) nel 1849, con lo pseudonimo "Parallax" (Parallasse) pubblicò un opuscolo di 16 pagine intitolato Zetetic Astronomy: Earth Not a Globe (Astronomia Zetetica: la Terra non è un globo), dando origine all'uso dell'aggettivo "zetetica" (dal greco zêtêin, che significa cercare, indagare) usato per definire la sua visione dell'astronomia. Secondo il modello di Rowbotham, la Terra sarebbe un disco piano, con il Polo Nord al centro, e il Sud costituito dalla circonferenza del cerchio. Rowbotham pubblicò una seconda edizione del suo volume nel 1865 ampliandone il contenuto fino a 221 pagine, alla quale seguì una terza edizione nel 1881, di 430 pagine, in cui esponeva le basi della sua teoria. Pubblicò inoltre risultati di alcuni suoi esperimenti di misura della curvatura della superficie di diversi laghi per dimostrare come questa non fosse curva; secondo l'autore, il motivo per cui le navi spariscono all'orizzonte sarebbe un effetto prospettico. Rowbotham e i suoi seguaci guadagnarono popolarità conducendo pubblici dibattiti con i più noti scienziati dell'epoca.

La Universal Zetetic Society
Alla morte di sir Rowbotham, i suoi sostenitori fondarono la Universal Zetetic Society che pubblicava una rivista, intitolata The Earth Not a Globe Review. La società rimase attiva fino ai primi anni del XX secolo, ma dopo la Prima guerra mondiale conobbe un lento declino.

Wilbur Glenn Voliva
Negli Stati Uniti d'America l'idea di Rowbotham venne accolta dalla Christian Catholic Apostolic Church ("Chiesa Cristiana Cattolica Apostolica"), gruppo religioso fondato dal predicatore scozzese John Alexander Dowie (1847 – 1907). La chiesa stabilì nel 1895 una comunità teocratica a Zion, nell'Illinois. Al suo culmine, nel 1905, la chiesa contava 30 000 aderenti in tutto il mondo 7 500 dei quali nella sola città di Zion; la sua rivista, The Leaves of Healing, era distribuita negli Stati Uniti, in Australia, Europa e Africa del Sud. Nel 1906 Dowie fu sostituito alla guida della comunità dal suo luogotenente Wilbur Glenn Voliva, convinto sostenitore della teoria della Terra piatta. Voliva offrì un premio di 5.000 dollari[6] a chiunque fosse riuscito a dimostrare la non validità del modello della Terra piatta, ma solo alle sue condizioni. Si avvalse di una radio privata per propagandare le sue idee e volle che l'astronomia zetetica fosse insegnata nella scuola della comunità. Dopo la morte di Voliva nel 1942 la chiesa declinò, tuttavia fino agli anni cinquanta persistevano alcuni sostenitori a Zion.

La Flat Earth Society
Samuel Shenton
Nel 1956 un membro della Royal Astronomical Society, Samuel Shenton, fondò la Flat Earth Society, che doveva raccogliere l'eredità della scomparsa Universal Zetetic Society. La Società venne a confrontarsi con il programma spaziale della NASA, che negli anni sessanta produsse fotografie della terra vista dallo spazio, provandone definitivamente la forma sferica. Tuttavia, a proposito delle foto, Shenton commentò: «È chiaro che una foto simile possa ingannare un occhio inesperto». La posizione della Società fu che il programma spaziale fosse una montatura e gli sbarchi degli astronauti sulla Luna fossero una finzione cinematografica, il tutto mirato ad ingannare l'opinione pubblica con la falsa idea di una Terra sferica. Questa teoria del complotto ebbe successo anche tra persone che non aderivano alla teoria della Terra piatta (vedere Dubbi sull'allunaggio dell'Apollo), e nonostante le due teorie non fossero strettamente correlate fruttò comunque alla Società un grande numero di iscrizioni.

Charles K. Johnson
Alla morte di Shenton nel 1971 il texano Charles Kenneth Johnson (1924 - 2001), successore da lui stesso designato, diventò nuovo presidente della Società della quale fu energico promotore. Sotto la sua guida la Società divenne un movimento che, oltre a sostenere il consueto modello di Rowbotham, raccoglieva sostenitori di pseudoscienze in genere e si batteva contro le scienze consolidate. Johnson passò anni a esaminare studi a favore e contrari alla sua teoria; sulla base dei quali ipotizzò l'esistenza di un complotto contro la "Terra piatta" ed in proposito pubblicò un articolo su Science Digest nel 1980. Scrisse: «L'idea di un globo rotante è una cospirazione fallace contro cui Mosè e Colombo si batterono...». Le contestazioni all'articolo di Johnson furono molte, a cui il giornale replicò scrivendo: «Se la Terra è una sfera, allora la superficie di una grande massa d'acqua deve essere curva. Johnson ha controllato le superfici dei laghi Tahoe e Salton senza trovare alcuna curvatura».
Nel 1995 la sede della Società di Johnson, un rifugio nel Deserto del Mojave, in California venne distrutta da un incendio, e con essa tutti gli archivi comprese le liste degli associati. Il 19 marzo 2001 Johnson morì, lasciando la "Flat Earth Society" al suo destino; all'epoca la società contava poche centinaia di iscritti.

La Flat Earth Society nella cultura di massa
Letteratura
  • Nel racconto La nebbia di Stephen King un gruppo di persone si rifiuta di credere agli eventi che li circondano nonostante l'evidenza e per questo motivo vengono soprannominati, dagli altri personaggi, la "Flat Earth Society".
Musica
  • La Flat Earth Society (FES) è una orchestra jazz belga fondata nel 1997 dal musicista Peter Vermeersch.
  • Il gruppo melodic-hardcore-punk californiano Bad Religion pubblicò una canzone intitolata "Flat Earth Society", scritta da Brett Gurewitz. Il brano venne incluso nell'album Against the Grain del 1991 e successivamente anche nella raccolta All Ages del 1995.
  • Il gruppo indie californiano Wilderness Survival pubblicò nel suo primo album "Stereotypes and Types of Stereos" del 2005 una canzone intitolata "Flat Earth Society Gala".

Giochi
  • Nel gioco da tavolo Crack! (in inglese Go For Broke) una sorta di Monopoli al contrario prodotto dalla Milton Bradley Company, tra le spese inutili che il giocatore può compiere c'è un'ingente donazione alla Flat Earth Society.


domenica 13 ottobre 2019

Caratterologia

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In psicologia, la caratterologia si propone di studiare i tratti caratteriali; fondata da René Le Senne, perfezionando la teoria di Galeno (il quale aveva fornito una classificazione dei caratteri umani), la disciplina verrà sviluppata da Gaston Berger.
Note sulla terminologia. La psicologia europea contemporanea ricorre al concetto di carattere (usato perlopiù nella psicologia tedesca), mentre quello di personalità è preferito da quella americana; seppure i due termini a volte si assomiglino, la differenza principale sta nel fatto che le varie tipologie di personalità originano da un'analisi statistica della diversità umana. Per temperamento, infine, si intendono gli atteggiamenti puramente emotivi dell'individuo.

Il carattere come oggetto scientifico
La prima dottrina caratterologica si deve al padre della medicina Ippocrate e si fondava sui quattro elementi già indicati da Empedocle (aria, terra, fuoco, acqua) e ai quattro umori corporei collegati determinando i caratteri psicosomatici: sanguigno, melanconico, collerico, flegmatico e in qualche modo tale impostazione e sopravvissuta fino a Pavlov e altri. Nonostante l'idea spontanea che il carattere sia qualcosa di troppo personale e troppo sfuggente, la caratterologia è in realtà oggetto elaborato mediante l'applicazione di metodi scientifici (norme, misure, i mezzi oggettivi). Si prevede di riconoscere la grande diversità degli individui mentre si cerca di identificare i modelli generali scientificamente innegabili. Se la prima osservazione è che nella stessa situazione la gente reagisce in modi diversi, la caratterologia ritiene che gli atti individuali possano essere ricondotti a dei modelli, ossia tipi caratterologici individuati. Agendo in questa relativa stabilità dei comportamenti individuali (caratteri), cerca di far emergere le molle, comuni a tutti gli uomini, che giocano in modo diverso in ciascuno di essi. Per una trattazione scientifica della caratterologia bisognerà attendere l'avvento della psicoanalisi, della cui scuola fece parte anche Jung, e in particolare di Wilhelm Reich che con L'Analisi del Carattere, opera a fronte di 10 anni di lavoro clinico, arrivò a definire il carattere nevrotico in contrapposizione al carattere sano, riallacciando nuovamente soma e psiche come già il padre della medicina considerava.

Caratterologia di René La Senne
Secondo Le Senne, ciascuno di noi possiede un carattere innato, ereditato col proprio DNA, che dà forma alla mente. Questo carattere resta inalterato per sempre. I fatti della vita e le libere decisioni del singolo individuo faranno poi nascere la sua personalità, che però rimane sempre figlia del carattere. Esistono tre proprietà fondamentali, che combinandosi tra loro, formano il carattere:
  • emotività: basta un nonnulla per scuotere la psiche di una persona emotiva. Non è detto che questa scossa psichica si riveli esternamente: ci sono degli emotivi che non sono espansivi. Non bisogna inoltre confondere l'emotività con la tenerezza: gli emotivi possono benissimo essere crudeli.
  • attività: quando una persona attiva incontra un ostacolo nella sua azione, la persegue con maggior vigore; invece una persona non attiva si arrende subito.
  • primarietà/secondarietà: una persona primaria vive le sue esperienze nel presente e non si preoccupa del futuro; una persona secondaria si limita a pensare le esperienze del suo passato e medita sul futuro.
I caratteri risultanti sono:
  • nervoso emotivo - non attivo - primario (esempi storici: Byron, Chopin, Dostoevskij, Gauguin, Poe, Wilde)
  • sentimentale emotivo - non attivo - secondario (esempi storici: Kierkegaard, Leopardi, Lucrezio, Robespierre, Rousseau)
  • collerico emotivo - attivo - primario (esempi storici: Casanova, Cellini, Danton, Diderot, Dickens, Hugo)
  • passionale emotivo - attivo - secondario (esempi storici: Sant’Agostino, Dante, Michelangelo, Napoleone, Nietzsche, Tolstoj)
  • sanguigno non emotivo - attivo - primario (esempi storici: Bacone, Machiavelli, Metternich, Orazio, Voltaire)
  • flemmatico non emotivo - attivo - secondario (esempi storici: Darwin, Gauss, Hume, Kant, Leibniz, Locke)
  • amorfo non emotivo - non attivo - primario (esempi storici: La Fontaine)
  • apatico non emotivo - non attivo - secondario (esempi storici: Luigi XVI)
Collegamento interdisciplinare
Riferimento alla relazione fra costituzione e carattere sono stati stabiliti dalla biotipologia umana di Pende e di Kretschmer.


sabato 12 ottobre 2019

Linda Burfield Hazzard

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Linda Burfield Hazzard (1867 – 1938) è stata un medico digiunoterapeuta, dichiarata colpevole per avere ucciso almeno uno dei suoi pazienti con le sue pratiche, e morta essa stessa seguendo uno dei suoi digiuni.

Biografia
Hazzard è stata il primo medico statunitense ad ottenere il titolo di "digiunoterapeuta". Prima di allora il digiuno veniva considerato una cura medica da ciarlatani, accomunato ai "maniaci della salute" (health faddists) dell'epoca. Nel 1908 pubblicò il libro, Fasting For The Cure Of Disease, in cui teorizzò il digiuno come una cura per ogni disturbo, compreso il cancro.
Hazzard istituì un "sanitarium" alle Wilderness Heights ("cime solitarie"), a Olalla (Washington), (ribattezzate dalle persone del luogo Starvation Heights: "cime della fame") per i pazienti sottoposti a digiuno, per giorni, settimane e mesi, con una regime dietetico costituito da piccole quantità di succhi di pomodoro e asparagi e, talvolta, un piccolo cucchiaino di succo d'arancia. Mentre alcuni pazienti sopravvivevano al trattamento, lodando pubblicamente il suo operato, più di 40 pazienti morirono, soprattutto per inanizione. Lei assicurava alla gente che il suo metodo era una panacea per tutti i tipi di malattia, in quanto era capace di liberare il corpo dalle tossine che ne causavano lo squilibrio.
Nel 1912 venne dichiarata colpevole di omicidio colposo per la morte di Claire Williamson, una facoltosa donna britannica che, a causa del digiuno, era arrivata a pesare meno di ventidue chili. Al processo fu provato che la Hazzard avesse plasmato la volontà di Williamson, sottraendole buona parte di suoi valori. Anche la sorella di Williamson, Dorothea, fece il trattamento e sopravvisse solo grazie a un amico di famiglia che parlò in tempo, togliendola così d'impaccio, dato che era diventata troppo debole per poterlo fare da sola (pesava nemmeno 27 chili). Successivamente testimoniò contro al processo.
Hazzard venne condannata da 2 a 20 anni di prigione, pena da scontare nel penitenziario dello stato Washington, Walla Walla. Il 26 dicembre 1915, dopo due anni, venne rilasciata sulla parola e, l'anno seguente, il governatore Ernest Lister le concesse l'indulto. Lei e suo marito, Samuel Christman Hazzard, si trasferirono in Nuova Zelanda, dove svolse la professione di dietista e osteopata fino al 1920.
Nel 1920 ritornò a Olalla e aprì un nuovo sanatorio, noto al pubblico come "scuola della salute", in quanto la sua licenza medica era stata revocata, e continuò ad "affamare" i pazienti fino a che nel 1935 la scuola non subì un incendio e da allora non fu mai più ricostruita.
Linda Burfield Hazzard morì nel 1938 mentre stava facendo un digiuno (per perseguire la sua stessa dieta).

Nella cultura di massa
La Hazzard è stata anche il soggetto di un libro di saggistica, Starvation Heights, di Gregg Olsen, portato poi sulla scena dal drammaturgo di Portland (Oregon) Ginny Foster, con la sua prima al National New Play Festival nel luglio del 2008. Nel gennaio del 2009 venne annunciato un adattamento per il cinema fatto dal produttore Jason Fogelson e dal vincitore del premio Pulitzer Tracy Letts (sceneggiatura).
La Hazzard viene delineata attraverso ricostruzioni e interviste nel programma televisivo Investigation Discovery Network, "Deadly Women" (donne fatali) nel suo primo episodio intitolato "Obsession" ("ossessione").
Nella serie Omicidi da incubo la sua storia viene ricostruita nel primo episodio della terza puntata della prima stagione; la ricostruzione riporta fedelmente la clinica di Wilderness Heights a Olalla, la dieta a base di succo d'arancia e la vicenda delle sorelle Williamson ma il tutto è ambientato nel 1957 (molti anni dopo i reali eventi).


Vittime (lista parziale)
1908
  • Daisey Maud Haglund (Madre di Ivar Haglund fondatore dell'omonimo ristorante Ivar)
  • Ida Wilcox

1909
  • Blanche B. Tindall
  • Viola Heaton
  • Eugene Stanley Wakelin (morì per una pallottola in testa)

1910
  • Maude Whitney
  • Earl Edward Erdman

1911
  • Frank Southard
  • C.A. Harrison
  • Ivan Flux
  • Lewis Ellsworth Rader
  • Claire Williamson

1913
  • Ida J. Anderson
  • Mary Bailey





venerdì 11 ottobre 2019

Cappello di carta stagnola

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Un cappello di carta stagnola è un copricapo fatto di (o foderato con) uno o più fogli di alluminio per confezionamento, indossato nella convinzione che possa proteggere il cervello da minacce quali i campi elettromagnetici, il controllo o la lettura della mente.

Origine
L'immagine del cappello di carta stagnola utilizzato per proteggersi apparve in una storia fantascientifica di Julian Huxley, The Tissue-Culture King, pubblicata per la prima volta nel 1927, in cui il protagonista scopre che i "cappelli di fogli metallici" possono bloccare gli effetti della telepatia.
Nel tempo, il copricapo è diventato un diffuso simbolo usato per alludere alla paranoia, alla mania di persecuzione e a chi crede nelle pseudoscienze o nelle teorie del complotto.[2] Per questo motivo i cappelli di carta stagnola sono apparsi in altre opere letterario-cinematografiche, come i film Signs, Un poliziotto alle elementari o Futurama - Nell'immenso verde profondo e l'episodio Gli aiutanti speciali di Bart de I Simpson. Nella serie Better Call Saul, Chuck McGill soffre di elettrosensibilità (patologia non riconosciuta dall'OMS), ed è solito ripararsi dalle radiazioni con coperte termiche o altri teli di alluminio.

Basi scientifiche
L'idea che un cappello di alluminio possa significativamente ridurre l'effetto di una radiazione sul cervello dell'indossatore ha un vago fondamento di validità scientifica. Una recinzione in alluminio costituirebbe infatti l'approssimazione di una gabbia di Faraday, riducendo l'intensità delle onde radio, tipicamente innocue, che passano attraverso la superficie. Un semplice esperimento per mettere alla prova può consistere nel piazzare una radio a modulazione di ampiezza su un foglio d'alluminio e poi coprire la radio stessa con un cestino di metallo. Questo conduce ad una notevole riduzione della potenza del segnale. L'efficienza di tale involucro nel bloccare la radiazione dipende dallo spessore della carta stagnola. Con un foglio di alluminio spesso mezzo millimetro, una radiazione di circa 20 kHz verrebbe in parte bloccata, sebbene un singolo foglio non sia sufficiente poiché troppo sottile.
Uno studio di alcuni laureandi del Massachusetts Institute of Technology ha determinato che il cappello d'alluminio può attenuare le radiazioni a seconda della frequenza. A frequenze Wi-Fi (ca. 2.4 GHz) è attenuato fino a 90 dB; l'effetto appare essere grossomodo indipendente dalla posizione relativa dell'indossatore e della sorgente della radiazione.
Di fatto il cappello viene spesso indossato come misura di protezione dalle radiazioni elettromagnetiche, ma il potere di proteggere da tali onde di un cappello di carta stagnola (o di un oggetto strutturato in modo simile) non è mai stato comprovato da alcuna organizzazione autorevole.

giovedì 10 ottobre 2019

Bioritmo

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Un bioritmo (dal greco βίος - bios, vita e ῥυθμός - rhutmos, ritmo), è un tentativo di predire vari aspetti della vita di una persona attraverso una semplificazione matematica. La maggior parte degli scienziati crede che quest'idea non abbia un'efficacia maggiore del caso e considerano il concetto un esempio di pseudoscienza: “La teoria dei bioritmi è una teoria pseudoscientifica che afferma che le nostre vite quotidiane siano significativamente soggette a cicli ritmici ignorati dagli scienziati che studiano i ritmi biologici”.

Concetto
Secondo i sostenitori dell'esistenza dei bioritmi, la vita di una persona è influenzata da cicli biologici ritmici che influenzerebbero le abilità personali in vari aspetti, come quello mentale, fisico ed emotivo. Questi cicli iniziano alla nascita ed oscillano in modo costante (onde sinusoidali) nel corso della vita, così da semplificare con un modello matematico il livello delle abilità di una persona in questi ambiti, giorno per giorno. Il comportamento sinusoidale sarebbe derivato da aspetti ormonali e biochimici, con le loro attività di biofeedback corrispondenti alle concentrazioni chimiche.
La maggior parte dei modelli di bioritmo usa tre cicli: uno fisico di 23 giorni, uno emotivo di 28 ed uno intellettuale di 33. Sebbene il ciclo di 28 giorni sia della stessa lunghezza del ciclo mestruale medio delle donne, e sia stato in origine definito come ciclo “femminile” (vedi in seguito), i due non sono necessariamente sincronizzati. Ognuno di questi cicli varia tra estremi alti e bassi, in modo sinusoidale, con giorni in cui il ciclo incrocia la linea dello zero, descritti come “giorni critici” a maggior rischio di incertezza. In aggiunta a questi tre cicli, sono stati proposti vari altri cicli, basati sulla combinazione lineare dei tre, o su cicli più lunghi o più corti.

Calcolo
Le equazioni di calcolo dei cicli sono:
  • fisico:
  • emotvo:
  • intellettuale:
dove indica il numero di giorni dalla nascita.
Si può osservare che i cicli di 23 e 28 giorni hanno un periodismo di 644 giorni (od ogni anno e ¾), mentre i cicli di 23, 28 e 33 giorni hanno un periodismo di 21.252 giorni (o circa 58 anni).

Storia
Il concetto di ciclicità periodica del destino umano ha origini antiche. Lo si può ritrovare nell'astrologia della nascita e in credenze popolari sui “giorni fortunati”. I ritmi di 23 e 28 giorni usati in bioritmica sono stati individuati nel tardo XVIII secolo da Wilhem Fliess, un medico berlinese e paziente di Sigmund Freud. Fliess credeva nella regolarità di 23 e 28 giorni osservata in molti fenomeni, comprese la nascita e la morte. Elaborò questi cicli definendo quello di 23 giorni “maschile” e quello di 28 “femminile”, in concordanza con il ciclo mestruale.
Nel 1904 il professore di psicologia Hermann Swoboda disse di aver scoperto indipendentemente gli stessi cicli. Più tardi, Alfred Teltscher, professore di ingegneria all'Università di Innsbruck, arrivò alla conclusione che le giornate positive e negative dei suoi studenti osservassero uno schema ritmico di 33 giorni. Teltscher credeva che l'abilità umana dell'apprendere e la vigilanza si alternassero con un periodo di 33 giorni. Uno dei primi ricercatori accademici sui bioritmi fu anche l'estone Nikolai Pärna, che pubblicò un libro in tedesco chiamato Ritmi, vita e creazione, nel 1923.
La pratica di consultare i bioritmi diventò popolare negli anni settanta grazie ad una serie di libri di Bernard Gittelson, tra cui Bioritmi – Una scienza personale, Grafici dei bioritmi di gente famosa ed infame, e La previsione dei bioritmi nello sport. La società di Gittelson, Biorithm Computers Inc., basò la sua attività commerciale nella vendita di grafici di bioritmi e calcolatori dedicati, ma la possibilità di predire eventi sportivi non fu confermata. I grafici per i bioritmi per l'uso personale furono popolari negli Stati Uniti fino agli anni '70; molti luoghi (come le sale da gioco) possedevano apparecchi che potevano produrre grafici di questo tipo attraverso l'inserimento della data di nascita. I grafici di bioritmi si ritrovavano spesso anche sui quotidiani, di solito abbinati agli oroscopi. I programmi per i bioritmi erano anche comuni nei PC, e verso la fine degli anni '70 furono messi in vendita anche calcolatori di bioritmi portatili (Kosmos 1 e il Biolator della Casio). Sebbene i bioritmi siano ora meno popolari, ci sono numerosi siti in internet che offrono gratuitamente grafici di bioritmi. Inoltre, ci sono programmi che offrono analisi bioritmiche avanzate.





 
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