mercoledì 8 aprile 2020

Astrologia maya

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«I grandi uomini di Atene non si sarebbero sentiti fuori luogo in un raduno di sacerdoti e governanti maya»
(J.E.S. Thompson , The rise and fall of Maya Civilization University of Oklahoma Press. Norman 1954)



I Maya appaiono come un popolo estremamente affascinato dai corpi celesti, dalla misurazione del tempo e dai fenomeni astronomici. Dei differenti tipi di astrologia precolombiana adottati da popoli come Maya e Aztechi sono pervenuti ai giorni nostri pochi documenti autentici a causa delle devastazioni perpetrate dai primi conquistatori spagnoli e delle distruzioni documentarie successive tra cui l'incendio di documentazioni raccolte nello Yucatan avvenuto ad opera dei missionari impegnati a diffondere la religione cattolica.
Ciò che sappiamo dall'interpretazione di sculture, geroglifici, codici ed opere architettoniche è che l'astrologia maya era costituita da un insieme di osservazioni di tipo astronomico e geodetico su cui venivano innestati riferimenti mitologici, religiosi, genealogici e politici.

I quattro codici americani

I quattro manoscritti originali utilizzati per interpretare le conoscenze e credenze maya sono il Codice di Dresda, il Codice di Parigi, il Codice di Madrid e il Codice Grolier. Altre fonti utilizzate sono la Relación di Diego de Landa e i dizionari compilati dai primi missionari.

Il codice Dresda

Il Codice Dresda (Codex Dresdensis) è un antico manoscritto ideografico Maya del XI-XII secolo, probabilmente redatto a partire da testi originali precedenti (VII-IIX secolo) ed è considerato il più completo tra i quattro codici Americani giunti ai nostri giorni. Secondo alcuni studiosi è il primo libro scritto nelle Americhe di cui si abbia un reperto. È composto da 72 pagine in cui si trovano redatti con straordinaria accuratezza tavole astronomiche, almanacchi, tavole astrologiche e testi di contenuto religioso in cui vengono descritti riti e pratiche divinatorie. Contiene tavole con le quali vengono calcolate con discreta precisione le eclissi di sole (anche quelle non osservabili dal centroamerica) e la rivoluzione sinodica di Venere. Il codice Dresda era probabilmente un testo privato riservato alla consultazione da parte di sacerdoti, indovini e pronosticatori che vi trovavano descrizioni e istruzioni. Le raffigurazioni e geroglifici con riferimenti astronomici su statue ed edifici, invece, potevano essere letti da tutti e venivano utilizzati soprattutto per divinizzare re e governanti.

Venere

Il codice di Dresda contiene importanti informazioni sullo studio del pianeta Venere da parte dei Maya. Sei pagine del codice sono dedicate all'accurato studio della posizione e dei cicli del pianeta, frutto di centinaia di anni di osservazione. Dopo la Luna Venere è l'oggetto naturale più luminoso nel cielo notturno e raggiunge la sua massima brillantezza poco prima dell'alba quando è visibile verso est e poco dopo il tramonto quando compare basso sull'orizzonte verso ovest. È talora visibile anche di giorno se la sua distanza dal sole è massima. Venere era importante per la civiltà maya, che sviluppò un calendario religioso basato in parte sui suoi movimenti, e si basava sulle posizioni di Venere per valutare il tempo propizio per eventi quali le guerre, che venivano cominciate quando Venere tornava visibile nel cielo, oppure l'incoronazione di governanti.
Kukulkán, il serpente piumato, compiva un viaggio nel mondo inferiore simboleggiato dalla scomparsa e ricomparsa di Venere nel cielo. Venere è visibile per due cicli di circa nove mesi intervallati da due cicli di 8 e 50 giorni durante i quali scompare dal cielo. Il ciclo apparente di Venere si compie dunque in quasi 20 mesi come viene registrato nel codice Dresda.
È necessario rilevare che il calendario venusiano maya riporta delle macroscopiche imprecisioni anche di trenta giorni che dovevano essere note anche ai suoi compilatori, e che per certi versi possono far assimilare il calendario venusiano ad una metodica di previsione delle eclissi lunari. Il motivo per cui queste vistose imprecisioni venissero comunque canonizzate all'interno di un calendario, che serviva anche per prevedere la ricomparsa di Venere, rimane un mistero insoluto. Probabilmente i Maya piegavano a necessità astrologiche e rituali alcune semplici rilevazioni astronomiche probabilmente per permettere un accordo con le computazioni presenti in calendari precedenti come lo tzolkin. È probabile che i Maya studiassero i movimenti anche di altri pianeti come Marte, Mercurio e Giove.

Il codice di Madrid

Il codice Tro-Cortesianus di Madrid è più tardo rispetto al dresdensis (probabilmente del XV secolo), contiene 112 pagine ed è lungo più di sette metri. Fu redatto da otto scriba differenti ed è di contenuto più ampio rispetto al codice di Dresda. Vengono descritte procedure e tecniche della divinazione, riti religiosi e cerimonie legate alla festa dell'anno nuovo. È conservato a Madrid nel Museo de América.

Il codice di Parigi

Il Codice di Parigi della Biblioteca Nazionale di Parigi è anch'esso di epoca tarda Il Codice Peresianus della Biblioteca Nazionale di Parigi è anch'esso di epoca tarda

Siti archeologici di interesse astronomico

  • El Caracol (la chiocciola) è un complesso monumentale edificato nel suo nucleo principale (basamento rettangolare) attorno al 900 d.C. È un edificio dalla insolita struttura a pianta circolare sormontato da una volta a cupola. La struttura cilindrica superiore poggia su un basamento rettangolare costituito da due piattaforme, una inferiore ed una superiore, ed ospita al suo interno una scala a chiocciola che conduce in un ambiente con sette aperture da cui si ipotizza che i sacerdoti osservassero e studiassero corpi celesti (Venere in particolare) e soprattutto fenomeni astronomici come i solstizi utilizzati per predire i primi giorni della primavera e dell'autunno. Le sette aperture comprendono quattro porte orientate secondo i punti cardinali e tre finestre: la più grande delle tre è rivolta ad ovest, le altre due guardano verso sud-ovest e sud.
    La disposizione e l'orientamento dell'edificio sembrano avere un'impronta astronomica, in particolare le facce delle piattaforme rettangolari sembrano guardare all'orizzonte in corrispondenza di eventi astronomici osservabili dalla Terra che coinvolgono il sole e il pianeta Venere. Presenta alcune influenze di epoca tolteca soprattutto nelle decorazioni. Il monumento è correlato al culto di Kukulkan.
  • La Piramide di Kukulkan è un'imponente struttura piramidale, la più grande del sito archeologico di Chichén Itzá, che sembra riprodurre o simboleggiare un calendario maya: presenta nove terrazze sovrapposte divise in due da quattro scalinate centrali per un totale di 18 zone scoperte (18 sono i mesi del calendario Haab). La somma dei gradini delle quattro scalinate e della piattaforma più elevata è 365. Agli equinozi di primavera e d'autunno, al calare e al sorgere del sole, gli angoli della piramide proiettano un'ombra a forma di serpente piumato (Kukulkan) lungo il lato ovest della scalinata nord ai piedi della quale si trova una scultura che raffigura la testa di Kukulkan
  • Il Tempio delle sette bambole (anche detto Tempio del Sole, ca. 700 d.C.) è l'edificio principale del sito archeologico di Dzibilchaltun nello Yucatan. Prende il nome dalle sette piccole statuine che furono ritrovate all'interno del tempio quando fu portato alla luce nel 1950. L'edificio ha due larghe finestre contrapposte sulla parete est ed ovest attraverso le quali, nell'equinozio di primavera, all'alba, i raggi solari attraversano completamente la struttura.

Ciclicità degli eventi astronomici e dell'attualità

K'inich Janaab' Pakal (23 marzo 603 - 28 agosto 683) è stato uno dei più influenti e celebri "ajaw" maya di Palenque nel tardo periodo classico. Viene anche denominato in altri modi tra cui Pacal (scudo in lingua maya), Pacal il Grande, "Scudo solare" e 8 Ahau. È seppellito nel Tempio delle iscrizioni all'interno di una cripta dove è presente una celebre lapide che illustra la morte del re Pacal come discesa negli inferi. Nel solstizio d'inverno, il giorno dell'anno con la notte più lunga e in cui il sole appare al nadir ossia il punto più basso all'orizzonte, a Palenque il sole tramonta sotto il Tempio delle iscrizioni a simboleggiare la discesa del re nel mondo inferiore a cui segue l'inizio di un nuovo periodo astronomico, in cui il sole rimane per più tempo nella volta celeste, e politico, con la trasmissione dei poteri al successore del re. Il solstizio di inverno viene dunque visto come un momento di morte e di rinascita e di continuità nella successione dei governanti attraverso la via ereditaria.
L'ultima data compresa nel Lungo computo cade il 21 o, secondo altri studiosi, il 23 dicembre 2012 ossia in prossimità del solstizio d'inverno.

Il calcolo del tempo

L'unità fondamentale per i Maya era il giorno (kin) inteso come manifestazione del ciclo solare che sorge e tramonta. I primi riferimenti alla numerazione dei giorni attraverso l'uso delle dita si ritrovano nei geroglifici maya presenti sulle steli 12 e 13 (ca. 275 a.C.) del Monte Alban, un importante sito archeologico (ca. 300 a.C.) nei pressi di Oxaca, e costituiscono uno dei documenti più antichi che attestano l'interesse per il computo del tempo nel Nuovo Mondo.
Le incisioni su pietra rappresentanti il kin sono tra le più frequenti iscrizioni dei Maya giunte ai nostri giorni. Ogni glifo del kin che significa contemporaneamente giorno, sole e tempo, indica i quattro punti cardinali e la decorazione floreale, simboleggiante la procreazione, indica verosimilmente le posizioni estreme del sole all'orizzonte ossia i solstizi d'inverno e d'estate. In questo senso i Maya operano una fusione tra tempo e spazio; invero nella lingua maya i significati di spazio e tempo spesso si sovrappongono. In alcune sculture, gli dei associati a giorni o periodi dell'anno vengono raffigurati come chini sotto il carico dei giorni, raffigurati come materiale da trasportare oppure stanchi e a riposo, come nelle raffigurazioni a Copan e a Quiriguà.

Il dio della pioggia.
Il pantheon dei Maya è popolato da numerose divinità sia benevole che avverse. Itzamna viene identificato come il dio creatore, che siede su un trono nel cielo. Troviamo inoltre quattro divinità capricciose corrispondenti ai punti cardinali (Bacabs), gli dei e le dee del Sole (Kinich Aham), della Luna (Ixchel), della pioggia (Chac, in foto) , della morte e dell'oltretomba (Ahpuch), della stella polare (Xaman ehk); ogni divinità reggeva uno dei tredici cieli superiori oppure uno dei nove cieli inferiori (mondi sotterranei) in cui i maya intendevano dividere la volta celeste. Le divinità che reggevano i mondi sotterranei erano chiamate Bolontiku. Il dio del mais era Ah Mun

I Maya probabilmente scandivano alcune attività della vita quotidiana a seconda della ricorrenza di giorni particolari che venivano ritenuti fausti o infausti. Queste supposizioni vengono avanzate sulla base di alcuni scritti di epoca coloniale (probabilmente redatti con l'ausilio di documenti antichi locali) contenenti profezie e nei quali venivano indicati giorni sfavorevoli alle vendette o all'attraversamento della foresta, favorevoli alle api o all'accensione fuochi rituali, oppure giorni fausti e infausti in generale. L'attribuzione di capacità predittive ad elementi derivati dall'osservazione naturale è comune a diverse civiltà.

I calendari maya

I Maya erano soliti utilizzare congiuntamente due calendari: uno di tipo rituale, più antico, chiamato Tzolkin della durata di 260 giorni e uno di tipo civile detto Haab di 365 giorni.
Il computo dei giorni adottava originariamente un sistema vigesimale a carattere posizionale scaturito dall'utilizzo delle dita delle mani e dei piedi, come attestato dalle steli del Monte Alban, quindi sulla base di un elemento naturale anatomico che dunque produceva inevitabilmente cicli di 20 giorni e non sull'osservazione delle fasi lunari, come avviene in altri calendari antichi -e ovviamente moderni- con cicli di 30 giorni. Oltre al valore cronologico il calendario, sia nelle sue originarie forme rudimentali che nelle elaborazioni successive, aveva valore prognostico. Ad ogni giorno del ciclo corrispondeva una divinità, benevola o avversa, da cui il giorno prendeva il nome: Cimi è la divinità della Morte, Kan del mais: vi erano poi divinità antropomorfe come Chiccan (il serpente) e Chuen (la scimmia). Per i Maya ogni giorno e dunque ogni numero (la nascita dei numeri viene fatta risalire nei Maya proprio alla necessità di contare i giorni) corrisponde ad una divinità.
In epoche successive i calendari ebbero una struttura più complessa, con la comparsa di scansioni temporali più ampie che sostituirono o raggrupparono i periodi di breve durata. Il ciclo completo tzolkin, che compare come unico calendario nelle iscrizioni del Periodo Medio della civiltà maya (ca. 600 a.C.) fu utilizzato principalmente a scopo divinatorio ed era composto da 260 giorni. Non è chiaro come sia stato ottenuto questo numero, probabilmente fu utilizzato un riferimento a bioritmi di contenuto concettuale universale come la nascita, di evidente significato pratico, in quanto la gestazione dura all'incirca 38 settimane ossia 266 giorni. Alcuni cicli agricoli mesoamericani hanno un periodo di circa nove mesi; Venere compare nitida e brillante alla sera o al mattino in due cicli di nove mesi ognuno. Un altro calendario è lo Haab, probabilmente posteriore al tzolkin. Si ritrova in forma scritta associato al tzolkin solo nelle iscrizioni datate 200 anni dopo quelle in cui lo tzolkin compare da solo. È diviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno più un mese breve di 5 giorni per un totale di 365 giorni. L'allineamento non perfetto con l'anno astronomico di 365,24 giorni determina, nei decenni, uno sfasamento graduale rispetto alle stagioni. Non esistono prove che testimonino che i Maya avessero anni bisestili tuttavia è da ritenere che prevedessero l'arrivo delle stagioni tenendo conto di questo errore poiché il calendario Haab aveva un utilizzo pratico diretto in agricoltura. I 18 mesi dello Haab avevano nomi riferiti all'acqua, a condizioni del terreno e in generale alla simbologia rurale. I due calendari venivano usati contemporaneamente tanto che molte iscrizioni riportano una doppia data, secondo lo Tzolkin e lo Haab.

Il Grande computo e le origini del mondo

Un'ulteriore organizzazione temporale, che segue di oltre 800 anni l'introduzione dello tzolkin, descriveva un ciclo ulteriore complessivo di 5000 anni. L'utilità del Grande Computo era probabilmente quella di illustrare a ritroso nel tempo l'origine della civiltà maya fino alla nascita delle divinità, in un'operazione in cui mito e storia tendono a sovrapporsi. Nel periodo classico della civiltà maya, la dimostrazione cronologica della storia remota assunse un'importanza fondamentale sia come ricerca delle origini sia come tentativo di datare tutto ciò che era accaduto e che, nel misto di passato e futuro che caratterizza la nozione di tempo dei Maya, avrebbe dovuto ripresentarsi.
I governanti maya erano soliti far rappresentare in un'unica rappresentazione artistica la nascita di divinità del passato e riferimenti alle dinastie del periodo attuale in cui vivevano; questa fusione di scale temporali mitiche e reali stabiliva la discendenza divina dei regnanti e l'inevitabilità del loro potere. I calendaristi maya che si occupavano di eseguire calcoli e computi matematici e astronomici erano sacerdoti, membri della nobiltà o comunque personalità verso cui la comunità indigena dedicava grande rispetto ed attenzione; svolgevano anche la funzione di consiglieri dei governanti, scrivevano libri, si occupavano della somministrazione di sacramenti, calcolo di festività ed emanazione di profezie e pronostici.

martedì 7 aprile 2020

Blakennomion

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Nel diritto della Grecia ellenistica, il blakennòmion (in greco antico: βλακεννόμιον) era un'imposta che incombeva sui guadagni che gli astrologi ricavavano dall'esercizio della loro professione.

Storia

Si trattava di un aggettivo sostantivato a cui, in origine, era legata la parola telos, cioè «tassa» (in greco antico: βλακεννόμιον τέλος), in seguito caducata nell'uso. Il significato letterale del termine era "tassa/imposta sulla stupidità" (o "sugli stupidi"), dal momento che si riteneva che fossero gli stupidi e i pigri di mente a far ricorso ai consigli e agli oroscopi degli astrologi.
Si ha notizia dell'esistenza di questo tributo nella città di Alessandria d'Egitto in età ellenistica.

Iconografia

Al tributo imposto agli astrologi, Pierre Coustau dedica uno degli emblemi contenuti nel suo libro Pegma, cum narrationibus philosophicis: l'illustrazione, che ha per titolo Ad vetus Astrologorum in Aegypto tributum: in nostrates medicos Prognosticorum mensularios, crea un'associazione polemica tra gli astrologi alessandrini del passato e la specie dei cerusici del suo tempo, che, come agenti di cambio (mensularii), erano usi a trasformare in denaro sonante i loro pronostici in materia medica.

lunedì 6 aprile 2020

Azzurrina

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Azzurrina è la protagonista di una leggenda popolare medievale, molto conosciuta in Romagna.

La leggenda

Nata intorno al 1370, Azzurrina sarebbe stata figlia di Ugolinuccio o Uguccione di Montebello, feudatario di Montebello di Torriana (RN), e sarebbe prematuramente scomparsa il 21 giugno del 1375, il giorno del solstizio d'estate.
Si dice che fosse una bambina albina. Poiché la superstizione popolare dell'epoca collegava l'albinismo con eventi di natura diabolica, la madre decise di tingerle periodicamente i capelli di nero. Tuttavia, dato che li tingeva con pigmenti di natura vegetale estremamente volatili, questi, complice la scarsa capacità dei capelli albini di trattenere il pigmento, avevano dato alla bimba riflessi azzurri come i suoi occhi: così avrebbe avuto origine il soprannome di "Azzurrina".
A causa di questo fatto il padre decise di far sorvegliare sempre la bimba da due guardie, Domenico e Ruggero, e non la faceva mai uscire di casa, per proteggerla dalle dicerie e dal pregiudizio popolare.
Si dice che il 21 giugno del 1375, mentre il padre era fuori in battaglia, Azzurrina, sempre vigilata dai due armigeri, giocasse nel castello di Montebello con una palla di stracci mentre fuori infuriava un temporale. Secondo il successivo resoconto delle guardie la bambina avrebbe inseguito la palla caduta dalla scala all'interno della ghiacciaia sotterranea, nell'intento di recuperarla. Avendo sentito un urlo, le guardie sarebbero accorse nel locale entrando dall'unico ingresso, ma non avrebbero trovato traccia né della bambina né della palla, e il suo corpo non sarebbe stato mai più ritrovato. Il temporale sarebbe cessato con la scomparsa di Azzurrina.
La leggenda vuole che il fantasma della bambina sia ancora presente nel castello e che torni a farsi sentire ogni cinque anni, in concomitanza con il cadere del solstizio d'estate.

L'assenza di fonti storiche

Secondo la versione più diffusa, la leggenda di Azzurrina sarebbe stata tramandata oralmente per tre secoli, presumibilmente venendo di volta in volta distorta, ampliata e abbellita. Solo intorno al 1620 un parroco della zona l'avrebbe messa per iscritto assieme ad altre leggende e storie popolari in una miscellanea di racconti della bassa Valmarecchia, e il primo e unico documento scritto su Azzurrina si chiamerebbe "Mons belli et Deline" (Montebello e Adelina).
Secondo la versione vulgata della leggenda, ossia la versione attualmente diffusa dai responsabili del castello e dalle guide turistiche che vi lavorano, il vero nome di Azzurrina sarebbe stato "Guendalina". Stando invece al titolo del documento del parroco che racconterebbe la leggenda, è presumibile che Azzurrina potesse chiamarsi Adelina (Deline), diminutivo del nome Adele o Delia, già diffuso in età medievale.
Va tuttavia precisato che il documento del parroco è attualmente solo presunto, poiché nessuno ha mai avuto modo di leggerlo o anche solo di appurarne con certezza la stessa esistenza. Pertanto non esistono fonti storiche che attestino che Azzurrina sia esistita realmente né che la leggenda si sia realmente tramandata. Le prime menzioni della leggenda di Azzurrina risalgono, di fatto, alla fine degli anni Ottanta del Novecento. Un altro particolare che sembrerebbe non avere fondamento è la sfumatura particolare che i capelli della bambina avrebbero assunto: qualsiasi pigmento ricavato nella zona non poteva portare a un colore azzurro, ma solo a tinte marroni o verdastro.
Esistono inoltre anche altri documenti che rimandano in generale a leggende riguardanti il Castello, come ad esempio "Memorie sul Castello di Montebello di Romagna" scritto da Tommaso Molari (1875 - 1935) ed edito agli inizi del 1900 in cui il Molari, mettendo per iscritto antichi racconti popolari del borgo di Montebello scrive; "La leggenda popolare vi intesse intorno il suo mondo di spiriti e di folletti, tanto che, nella notte per chi vi si attarda, sente salire dai trabocchetti rumori strani, tonfi e vagiti paurosi di anime chiedenti pace".

Le registrazioni

Nel 1989 il castello, che è inserito tra i monumenti nazionali italiani, è stato restaurato dai proprietari, la famiglia dei conti Guidi di Bagno, e aperto al pubblico a pagamento.
A partire da questa data vengono fatte ricerche da parapsicologi al fine di catturare, tramite registratori audio ad attivazione sonora, rumori all'interno del castello, chiuso ed isolato, prodotti dal presunto fantasma. Le registrazioni finora effettuate vengono normalmente fatte sentire ai visitatori al termine della visita guidata della rocca.
Il 21 giugno 2010, nel giorno della ricorrenza quinquennale della scomparsa di Azzurrina sono state effettuate dai ricercatori del CICAP altre registrazioni utilizzando apparecchiature professionali, dalle quali si riscontra l'assenza di rumori attribuibili ad un'entità intelligente. Come ha affermato Piero Angela, questo sarebbe uno di quei casi nei quali "quando il livello di controllo è molto elevato, il fenomeno scompare".

Nella cultura di massa

Il gruppo di rock sinfonico Evenoire ha dedicato una canzone ad Azzurrina.

domenica 5 aprile 2020

Fenomeno delle voci elettroniche

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Il cosiddetto fenomeno delle "voci elettroniche" (FVE), conosciuto anche col nome di psicofonia o metafonia o transcomunicazione strumentale, è un presunto fenomeno paranormale che riguarda la manifestazione di voci (ed eventualmente anche immagini) di origine apparentemente non umana in registrazioni, ricezioni o amplificazioni tramite strumentazione elettronica. Tale fenomeno risulta forse spiegabile come apofenia (dare un preciso significato a ciò che è di per sé oggettivamente insignificante) e/o pareidolia (interpretare dei suoni casuali come emessi da una voce che parla la propria lingua)
La tipologia più conosciuta di questo presunto fenomeno è rappresentata dalla registrazione anomala di voci (di solito poco chiare), attribuite a spiriti, su un nastro magnetico o supporti digitali, oppure la loro ricezione tramite una radio, un televisore o persino su un computer o un telefono.
Secondo i suoi sostenitori, tale fenomeno permetterebbe di entrare in contatto con i defunti e l'aldilà, o comunque con una dimensione diversa dal piano fisico, permettendo un contatto con entità intelligenti di origine ignota, che interagirebbero attivamente alle domande che vengono poste. Non vi è alcuna prova scientifica di ciò e la psicofonia non ha mai trovato alcun credito nell'ambito della comunità scientifica, ricadendo nell'ambito della pseudoscienza.

Storia

Già con la diffusione dello spiritismo si cercò di contattare i defunti. La scoperta della radio e il captare segnali distorti, che potevano assomigliare a voci, vennero quindi interpretate come voci di defunti.

La posizione della Chiesa e le opinioni di alcuni ecclesiastici

Il presunto fenomeno delle voci elettroniche - al pari dello spiritismo e di altri fenomeni medianici - non è in alcun modo riconosciuto dalla Chiesa cattolica; tuttavia nel corso del tempo alcuni ecclesiastici hanno, esclusivamente a titolo personale, espresso un qualche interesse nei confronti di tale possibilità.
Secondo lo scrittore e religioso francese François Brune, autore di un libro sull'argomento, nel 1952 furono testimoni di questo genere di fenomeni al Laboratorio di Fisica dell'Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano anche il rettore e fondatore della stessa padre Agostino Gemelli e il suo amico e collaboratore padre Pellegrino Ernetti (il quale diventerà celebre per l'asserita e mai dimostrata invenzione del cosiddetto cronovisore, una macchina del tempo che avrebbe permesso i viaggi nel passato); Brune sostiene che costoro ne informarono immediatamente il Vaticano nella persona di papa Pio XII, il quale li avrebbe incoraggiati negli esperimenti.
Padre Pistone, Superiore della Società di San Paolo in Inghilterra, dopo i presunti colloqui con i defunti rilasciò la seguente dichiarazione: "Nelle Voci non vedo niente di contrario agli insegnamenti della Chiesa Cattolica; sono qualcosa di straordinario ma non c'è ragione di temerle, né vedo alcun pericolo".

Friedrich Jürgenson

Dal 12 giugno del 1959 si iniziarono ad organizzare in maniera metodica esperimenti e studi su questo nuovo campo di indagine. Il personaggio che aprì la vera e propria storia del fenomeno delle voci elettroniche fu infatti il regista cinematografico svedese Friedrich Jürgenson. Tutto iniziò casualmente proprio in quella data mentre era intento a cercare di registrare la voce di alcuni uccelli sulla finestra della sua casa di campagna per mezzo di un magnetofono. Nel riascoltare il nastro si accorse che si udivano voci lontane e mormorii, che lui stesso non aveva percepito direttamente.
Fece in seguito numerosissimi esperimenti, coinvolgendo un grande numero di persone e producendo migliaia di nastri, e ipotizzò che tali voci appartenessero a persone defunte.


Konstantin Raudive

Intanto, altri studiosi cominciarono a seguire e praticare questo tipo di ricerca parapsicologica. Tra essi, merita sicuramente d'essere nominato il lettone Konstantin Raudive, che a partire dal 1964 impresse su nastro 72.000 registrazioni in diverse lingue che ritenne provenienti da un'altra dimensione.


Il diodo rivelatore di Raudive

Sebbene il primato sia difficilmente accertabile con riscontri documentali, a Konstantin Raudive si attribuiscono i primi concreti esperimenti condotti con un particolare circuito elettronico. Lo studioso partì dal presupposto teorico che l'eventuale quid sopravvivente dopo la morte fisica potesse essere evidenziato con l'utilizzo di quel circuito. Ovviamente Raudive non inventò il rivelatore ma solo questo particolare uso.
Il suo diodo rivelatore è definito dalla radiotecnica come circuito LC risonante in parallelo. Consta di una bobina di sottile filo di rame isolato (induttanza) avvolta su di un supporto isolante, di un condensatore (a pastiglia) e, appunto, di un diodo rivelatore (attualmente al silicio, ma ai tempi di Raudive al germanio) e di una cuffia ad elevata impedenza (nell'ordine di almeno 600 - 1000 ohm). Pur nella sua estrema semplicità, detto circuito sta alla base di tutta la radiotecnica. La più rimarchevole differenza del diodo di Raudive rispetto ai consueti circuiti, consisteva nell'avere adottato un condensatore fisso al posto di uno variabile. La differenza non è di poco conto dal momento che un variabile permette di selezionare meglio una determinata lunghezza d'onda, cioè come viene detto in gergo: la sua selettività ha fianchi più ripidi. Senza entrare nei dettagli si può affermare che il dispositivo di Raudive è un primordiale radio-ricevitore ad amplissima banda potendo spaziare dalle onde lunghe fino alle onde corte. Ne consegue che l'ascolto in cuffia (l'unico possibile essendo un ricevitore autoalimentato dalle onde hertziane) produrrà un caotico insieme di suoni, di rumori, di voci di ogni tipo. In genere si tratta di una moltitudine di emittenti commerciali nazionali e internazionali e anche di servizi di pubblica utilità, ma difficilmente discernibili e perciò identificabili. Questa particolare difficoltà nel discernere qualcosa di intelligibile comportò l'uso del dispositivo privo di una antenna allo scopo di togliere le indesiderate interferenze di natura radioelettrica.


Il registratore di Raudive

Qualunque genere di dispositivo di ricezione venga adottato per captare le voci il registratore è l'elemento comune e fondamentale di laboratorio in quanto permette di fissare nel tempo le esperienze. Per gran tempo la scelta obbligata fu il nastro magnetico nelle due presentazioni commerciali: in bobina o in cassetta. Raudive aveva un consulente tecnico ed anche collaboratore il quale ha lasciato progetti e descrizioni di vari dispositivi di captazione ed anche uno spettrografo per le analisi delle voci. Si tratta dello svizzero Alex Schneider di St. Gallen (vedasi sezione Note). Questo studioso relaziona che Raudive fa praticamente tutte le registrazioni con il Telefunken M. 85 (a valvole che non viene più fabbricato). La relazione dello Schneider, allegata al libro di Raudive, non è datata ma si presume possa essere stata stilata verso i primissimi anni settanta del Novecento. Le caratteristiche tecniche dell'apparecchio registratore erano le seguenti:
  • Due velocità: 9,5 cm/s (molto usata), 19 cm/s, a doppia traccia
  • Risposta di frequenza: da 30 a 20.000 Hz per i 19 cm/s
  • Sensibilità d'ingresso al massimo volume di registrazione: entrata del microfono 2,5 mV su 2 Mohm; entrata radio 2,5 mV a 100 kohm.
La parte della relazione tecnica dedicata alle caratteristiche tecniche del magnetofono valvolare si chiude con una osservazione, sempre dello stesso Schneider, qui riportata nella traduzione in italiano: Comunque, le voci sono assolutamente indipendenti dal tipo di radio, di microfono o di registratore.



Cenni sulle apparecchiature riceventi

Konstantin Raudive si avvalse della consulenza tecnica e della collaborazione del fisico svizzero Alex Schneider il quale, fra i vari contributi, progettò una serie di dispositivi elettronici che avrebbero avuto il compito di permettere la ricezione delle voci. Sempre lo Schneider, circa 40 anni fa, relazionava che il fenomeno delle voci sotto l'aspetto essenzialmente fisico è ancora misterioso e che i tentativi di registrazione risultano condizionati dalle direttive delle voci captate, o sono affidati al caso concludendo che ogni sperimentatore elabora un proprio metodo. Raudive cercava sulla scala delle onde medie un punto dove è più facile trovare la fascia di rumore bianco mentre invece altri sperimentatori cercano espressamente il momento nel quale una stazione emittente prima dell'inizio dei programmi lascia per qualche minuto solo l'onda portante.
Schneider, parlando del manifestarsi delle voci, evidenzia un processo di selezione sconosciuto ai fisici: Raudive eseguiva alcune sperimentazioni con un oscillatore modulato (vobbulatore) collegato direttamente alla presa d'antenna di una radio ricevente per evitare che eventuali variazioni del segnale (phading) o altri fattori di disturbo entrassero nell'onda portante. L'anomalia riscontrata dallo Schneider consisteva nel fatto che le voci, lo riscontrò e ne scrisse egli stesso, erano inspiegabilmente più comprensibili se esiste un omogeneo rumore di fondo, mentre ci si sarebbe dovuto aspettare il contrario. Pertanto il vobbulatore modulando l'onda portante con una nota di bassa frequenza a 1 kHz facilitava l'emergere delle voci dal rumore di fondo.

Carenza di uno standard strumentale fra gli sperimentatori

Ogni sperimentatore indirizzato nella ricerca e studio filologico delle voci ha il proprio sistema personale di ricezione: ciò nonostante ognuno di essi può essere inscritto in tre ben distinte categorie.
  • Quanti affermano che la ricezione è qualitativamente migliore e si hanno maggiori eventi positivi con apparecchiature elettroniche piuttosto economiche ed affette da un certo rumore di fondo
  • Quanti affermano che le voci realmente genuine le si possono scoprire e studiare solo con apparecchiature assolutamente professionali ma che tuttavia, realisticamente, sarebbero al di fuori della portata economica e della capacità di utilizzo di qualunque radioamatore anche "evoluto" e probabilmente dei "normali" laboratori Radio-TV
  • Quanti affermano che è auspicabile e sufficiente l'uso di apparecchiature semi-professionali.

Descrizione dei circuiti

Come si è detto Konstantin Raudive, fin dal 1968, si avvalse dell'aiuto del fisico Alex Schneider che diventò suo consulente tecnico e collaboratore. La sua opera era finalizzata al progetto e costruzione di apparecchiature che facilitassero la ricezione delle voci e come tali andrebbero esaminate. Per esempio era un compito affidato allo stesso Schneider quello di predisporre circuiti che impedissero la ricezione delle stazioni radio.
Lo stesso Schneider ci relaziona che una parte dei suggerimenti per la costruzione ottimale delle apparecchiature proveniva dalle voci e dall'altra dall'esperienza pratica di Raudive. Dal punto di vista radiotecnico i tre circuiti in figura hanno in comune un circuito risonante in parallelo e schermato (rettangoli tratteggiati) da interferenze elettromagnetiche ma con diverse caratteristiche se si eccettua l'uscita che per il genere di circuiti prevedeva l'entrata ad alta impedenza di un registratore a nastro (o una corrispondente cuffia di tipo telefonico).
  • La figura 1 affida la parte capacitativa all'antenna mentre l'induttanza di circa 0,5 mH propende per un accordo sulla banda delle onde medie (300 – 3000 kHz)
  • La figura 2 si mostra come uno schema di base verosimilmente per la ricezione delle UHF (300 - 3000 MHz) con tanto di dipolo in entrata
  • La figura 3 è circuitalmente la complementarità della figura 1: la funzione dell'induttanza è lasciata all'antenna.
I diodi utilizzati sono tipici dell'epoca e attualmente superati.

Scienziati famosi e voci

Un certo numero di scienziati ha manifestato il proprio interesse verso la possibilità di comunicare con una ipotetica dimensione diversa dalla nostra per mezzo di radiazioni elettromagnetiche e nel caso specifico per mezzo delle voci elettroniche. Alcuni studiosi fra i quali Raudive, il fisico svizzero Alex Schneider, e Sir Oliver Lodge misero in evidenza che Guglielmo Marconi si avvicinasse a tale possibilità su basi diverse da quelle con le quali i cultori poco accorti e le organizzazioni di scettici sono soliti affrontare la questione, in quanto lo scienziato venne stimolato da voci captate dalle apparecchiature radio che non trovavano una spiegazione razionale o comunque verosimile. In altri termini l'interesse di Marconi era impostato su di una base extrascientifica, come pura ipotesi di studio teorico.
Interessi e supposizioni teoriche avvinsero anche Edison il quale credeva di potere inventare un dispositivo simile ad grammofono per mezzo del quale captare le voci dei defunti. Sir Oliver Lodge ebbe un atteggiamento simile a Marconi ma tuttavia a differenza di questo studioso, si conoscono e si conservano di lui vari scritti originali, vale a dire redatti in prima persona.



Studi recenti sul fenomeno

Il 5 dicembre 2004, a Grosseto, Marcello Bacci condusse degli esperimenti sul fenomeno. Gli esperimenti furono condotti in presenza di 37 persone tra questi investigatori, tecnici e scienziati, italiani, inglesi e portoghesi dell'associazione di studi parapsicologici "Laboratorio Interdisciplinare di Ricerca Biopsicocibernetica" e alcune madri che avevano perso i loro bambini.
Il professore di fisica Mario Salvatore Festa dell'Università di Napoli e il radiotecnico Franco Santi rimossero tutte le valvole della radio, in assenza delle quali nessuna ricezione radio era fisicamente possibile, ma i fenomeni delle voci anomale continuarono ad essere prodotti dall'apparecchio del Bacci. Le apparecchiature sono state monitorate, smontate e scrupolosamente analizzate, prendendo tutte le precauzioni tecniche, senza trovarvi alcuna traccia di frode o inganno.
Marcello Bacci ha rifiutato la partecipazione agli esperimenti di un rappresentante del CICAP, pur trattandosi di semplice osservazione senza alcuna verifica strumentale, adducendo come motivazione il fatto che a suo avviso il Cicap fosse prevenuto nei confronti dei fenomeni.

Caratteristiche delle voci

In base a quanto viene testimoniato durante le sedute, le voci a volte risulterebbero afone, mentre in altri casi sarebbero più simili ad una normale voce umana. Avrebbero inoltre timbri vocali sia femminili che maschili.
Alcune sarebbero caratterizzate da un suono articolato in maniera molto rapida, appena percepibile, tanto che talvolta è necessario ricorrere ad un rallentamento della velocità di riascolto per capire il significato di quanto dicono. Alcune voci inoltre presenterebbero una cadenza cantilenante, altre anomalie nella fonetica e nella cadenza che risulta irregolare. A volte risulterebbero perfettamente udibili, mentre in altri casi sarebbero meno intelligibili e di difficile interpretazione. Un'altra caratteristica che avrebbero queste voci è il poliglottismo, ovvero la capacità di passare da una lingua ad un'altra nello stesso contesto, durante una stessa frase.
Talvolta quindi la riproduzione viene manipolata per rendere la comunicazione più intelligibile (ad esempio modificando la velocità o applicando filtri acustici), oppure vengono estrapolate solo le parti della comunicazione ritenute più significative.

La spiegazione del fenomeno

Il fenomeno risulta spiegabile come semplice apofenia (cioè significati in dati casuali o senza alcun senso) o pareidolia (interpretare dei suoni casuali come emessi da una voce che parla la nostra lingua). Il fatto che qualcuno le possa interpretare come "voci" è solo frutto del desiderio e della fantasia di chi si mette in ascolto. Il riconoscimento di una voce poco intelligibile all'interno di un rumore è quindi un semplice artefatto della percezione umana, che tende a riconoscere elementi familiari anche in situazioni casuali (come nel fenomeno noto in psicologia come déjà vu). In altri casi, specie quelli in cui la ricezione si avvale di una radio, si può ben supporre la ricezione di segnali di interferenza da comunicazioni umane (es. ripetitori radio, apparecchi telefonici). In un video diffuso anche sul web, il Cicap nota come in alcuni casi si tratti semplicemente di malafede da parte di chi pratica la psicofonia.
Tuttavia i credenti nel paranormale che attribuiscono a voci di defunti tali suoni tentano di dare spiegazioni in linea con le proprie credenze; i sostenitori dello spiritismo sostengono che si instaura un meccanismo di contatto tra due diversi stati dell'essere, ovvero tra due dimensioni separate: l'entità vivente (uomo) da un lato e quella disincarnata (spirito) dall'altra. Queste entità si manifesterebbero direttamente incidendo la loro voce su un supporto magnetico o digitale usato per la registrazione, oppure attraverso l'ausilio di una radio sintonizzata generalmente sulle onde corte. In caso di registrazione le voci sarebbero udibili solo durante la fase di riascolto, e mai al momento del loro intervento, mentre nel caso di manifestazione tramite radio verrebbero udite direttamente, come se si ascoltasse, appunto, una normale stazione radio.
I sostenitori della reale esistenza delle voci inoltre affermano che non possono trattarsi di interferenze, in quanto il fenomeno si verificherebbe, a detta loro, ugualmente anche se gli esperimenti vengono condotti dentro una gabbia di Faraday, la quale isola ogni interferenza e persino tramite registratori digitali, i quali per loro natura sono esenti da interferenze.
Marco Morocutti, progettista elettronico ed esponente del Cicap, autore tra l'altro di uno dei primi libri sui microprocessori editi in Italia, nota che si tratterebbe di trasmissioni ad onde corte che vengono ricevute in maniera inappropriata con strumenti non idonei allo scopo. Un esempio di queste trasmissioni sono le comunicazioni tra le navi in mare, trasmissioni meteo e comunicazioni di servizio, che se non ricevute adeguatamente risultano essere distorte e incomprensibili. Sulla registrazione magnetica invece porta come esempio le registrazioni effettuate con apparecchi difettosi, dove lo strisciamento del nastro è discontinuo e crea effetti audio simili alle voci registrate da chi pratica la psicofonia.
Altre spiegazioni sono date ad esempio dalla manipolazione autosuggestiva da parte dello sperimentatore della strumentazione di cui si avvale.

Spiegazioni nella tecnica audio

Un fenomeno molto noto si verifica quando su di un nastro magnetico di modesta qualità si ha una magnetizzazione impressa con una notevole differenza di dinamica, per esempio un brano recitato a bassissimo livello in entrata nel registratore seguito da un repentino innalzamento del volume del microfono. Dalla data di incisione a quella di riascolto del nastro potrebbero presentarsi dei fenomeni di migrazione magnetica fra spira e spira in modo da sciupare il documento audio. Prima dell'avvento di sistemi di registrazione digitali era infatti un inconveniente notissimo e molto temuto da chi gestiva le audioteche di notevole valore documentale (come per esempio l'Archivio storico della RAI - Radiotelevisione italiana). Il fenomeno comporta ovviamente un (apparente) sfasamento temporale di frasi, musiche prima e dopo il loro logico presentarsi. In alcuni casi si può esperire pure un effetto di eco a mano a mano che una bobina si svolge e l'altra si riavvolge.
Troviamo ampie tracce di questo sfasamento temporale nei resoconti di Raudive, Jürgenson e altri sperimentatori a proposito del contenuto dei messaggi delle voci.


Nella radiotecnica e nelle telecomunicazioni

Da molti decenni gli esperti radiotecnici, gli operatori professionisti degli impianti di telecomunicazione ed i radioamatori con predilezione per il radioascolto rilevano un fenomeno al quale è stato dato convenzionalmente il nome di "echi radio ritardati". Occorre puntualizzare che il termine ritardati fa riferimento a uno sfasamento spaziale e temporale del contenuto della comunicazione che per la sua entità non trova tuttora spiegazione. Questi echi non vanno confusi con quelli che si verificano per percorsi multipli dell'onda jonosferica come per esempio si potrebbe manifestare con facilità nelle più fredde giornate dell'anno durante i periodi di intensa attività solare e per stazioni poste a notevole distanza dal ricevitore. In tali frangenti si hanno in genere due percorsi: uno verso l'est e l'altro verso l'ovest i quali "battendo" generano una eco di frazioni di secondo.
I veri echi radio ritardati potrebbero implicare dei ritardi che vanno da pochissimi secondi fino ad oltre 10 secondi. Il primo problema per i tecnici e gli scienziati è riassumibile con l'interrogativo: Dove si trovano durante tutto il periodo di ritardo le onde radio?. La domanda ha pieno senso perché mentre la velocità delle onde hertziane è di circa 300.000 km/s la circonferenza della Terra (approssimata ad una sfera) è di solo 40.000 km circa. Questi fenomeni sono per altro piuttosto rari da essere scoperti dal singolo operatore e dunque per il loro monitoraggio vengono impiegate delle apparecchiature che funzionano autonomamente dalla presenza dell'uomo. In genere si attua un network dove una stazione trasmette dei segnali con cadenze e ad orari prestabiliti su frequenze prefissate mentre contemporaneamente altre stazioni registrano il segnale ricevuto.
Alcune correlazioni intercorrenti fra gli echi radio ritardati e il fenomeno delle voci le si evidenziano proprio nello sfasamento temporale dei contenuti dei messaggi "paranormali". Per esempio lo Jurgenson in varie sue opere affermava di avere registrato trasmissioni radiofoniche dopo giorni dalla loro effettiva "messa in onda". Nel campo delle telecomunicazioni si hanno esperienze di enormi ed inspiegabili ritardi sui tempi di stimato percorso dell'onda, ma non di tale entità. L'accostamento fra i due distinti fenomeni è pertanto di tipo qualitativo, non quantitativo.

La transcomunicazione strumentale

La transcomunicazione strumentale è un termine che si riferisce all'insieme di presunte comunicazioni con l'aldilà e con presunti defunti attuata con mezzi non tradizionali, ovvero, senza il tramite di medium umani o con la scrittura automatica, bensì con moderni strumenti tecnologici. Esso è un termine di significato più vasto che ingloba in sé altri fenomeni oltre a quelli relativi al fenomeno delle voci elettroniche, poiché oltre alla radio, al registratore, al telefono e altri strumenti in grado di fornire documenti esclusivamente audio, include anche la parte video tipica del fax, della televisione e del computer.
Ovviamente questo genere di transcomunicazione ha meno storia, sperimentazione e studi di quella che l'ha preceduta, essendo questi strumenti relativamente più recenti; tuttavia aumentano via via sempre più i casi che documentano il fenomeno.
La storia di questo nuovo termine va fatta risalire al 1979 quando al Congresso Internazionale di Parapsicologia tenutosi a Fermo (Ascoli Piceno) il fisico tedesco Ernst Senkowski (1922-) l'ha utilizzato per primo.
Senkowski fondatore del periodico in lingua tedesca Transkommunikation, si era laureato in fisica all'Università di Magonza nel 1958 dopodiché aveva partecipato, fra l'altro, alla costruzione di un acceleratore di elettroni e soltanto dal 1976 aveva cominciato a interessarsi di questo settore del campo del paranormale.

Transcomunicazione strumentale video

Le prime presunte riprese video paranormali documentate furono di Schreiber. Presto seguirono altri pionieri in questo settore della fenomenologia paranormale tra cui gli Harsch-Fischbach.
Questi ultimi utilizzarono come impianto di base un televisore che era stato manomesso in modo che risultasse inutilizzabile per la ricezione dei normali programmi televisivi a cui aggiunsero un videoregistratore VHS di tipo standard e una telecamera.
In una prima sperimentazione con questo nuovo metodo affermarono di essere riusciti a captare il ritratto di un uomo di cui vennero a sapere, sempre tramite transcomunicazione, trattarsi di un certo Pierre K.
Si rivolsero così ai familiari per un riconoscimento che ebbe esito positivo.
Dopo aver effettuato altri tentativi di questo genere, molti con esito negativo, il 16-1-1987 riuscirono a captare alcune immagini di buona qualità di una giovane, deducendone che si trattava di una donna morta a 70 anni: essa fu identificata in Hanna Buschbeck, una nota ricercatrice tedesca sulle voci, morta nel 1984. Dopo aver confrontato con le fotografie di lei quando era giovane conclusero si trattasse proprio della stessa persona la cui immagine avevano captato con le loro strumentazioni.
Il 9 luglio 1988 e poi ancora il 23 settembre sempre del 1988 a due di questi esperimenti ritenuti riusciti era presente lo stesso Padre François Brune, noto studioso e ricercatore del campo della comunicazione con i defunti.
È storia recente la creazione di un'associazione internazionale per la transcomunicazione strumentale denominata INIT (International Network for Instrumental Transcommunication).

sabato 4 aprile 2020

Messa nera

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La Messa nera è un rituale satanico. È una parodia della messa domenicale cattolica di cui segue tutte le fasi facendone autore e destinatario il diavolo.

Storia

Si pensa venisse praticato inizialmente nel Medioevo dalle streghe e da sette eretiche.
Nella credenza popolare la messa nera era legata ai famosi sabba delle streghe in cui si consacrava come strega o stregone il peccatore incallito che si riteneva acquisisse in tal modo il potere di far deperire una persona fino a condurla a morte.
Nel XV secolo Gilles de Rais fece celebrare messe nere in cui i celebranti indossavano paramenti simili a quelli dei sacerdoti cattolici ma con l'unica differenza che sulla pianeta era raffigurata una capra che è un animale associato al demonio. Altre parodie dei riti cattolici comprendevano croci rovesciate, capovolgimenti di preghiere cristiane, una benedizione con acqua lurida, sacrifici di animali e l'uso dell'addome di una donna nuda come altare. La messa nera culminava in un'orgia rituale e, a volte, in un sacrificio umano.
Il 28 maggio 1574, a mezzanotte, nel castello di Vincennes Caterina de' Medici fece celebrare la messa del diavolo per sapere la causa e il rimedio alla malattia che aveva colpito suo figlio re Carlo IX di Francia, compiendo atti di gran scelleratezza. Durante la cerimonia venne ucciso un bambino che venne sgozzato sull'altare e la cui testa venne posta su un tavolo poi, intorno al capo mozzato, vennero accese lampade contenenti sostanze aromatiche che venivano pertanto bruciate. In seguito Caterina de' Medici interrogò il demonio evocato, che doveva dare i propri responsi tramite la testa del bambino, per conoscere la natura e i rimedi inerenti alla malattia che affliggeva il proprio figlio.
In Francia alla corte di Luigi XIV (1638 - 1715) fece scalpore il caso di Catherine Deshayes che si faceva chiamare "La Voisin" e che era solita celebrare vere e proprie messe nere. La polizia aveva accertato all'epoca che ad alcune clienti della La Voisin durante la messa sacrilega veniva proposto di bere dal calice liquidi di origine sessuale (sperma e sangue mestruale), in ossequio a un'antica tradizione magica proveniente dalla Cina e dall'India. La cerimonia si svolgeva sul corpo di una donna nuda, veniva sacrificato un bambino e il rito si concludeva con un'orgia.
Nel XIX secolo fu incolpata la massoneria di praticare messe nere.

La messa nera moderna

Vengono tuttavia praticate anche nella società moderna da gruppi di "satanisti", sette abbastanza diffuse. I praticanti o adepti si riuniscono in luoghi isolati, preferibilmente in casolari abbandonati quali vecchie cascine, chiese sconsacrate o in boscaglie fitte ed impenetrabili per non farsi notare.
La scenografia delle chiese sataniche richiede drappi neri, paramenti ad imitazione degli abiti sacerdotali e persino l'uso di messali e leggii.
La messa nera è celebrata in latino secondo un rito che ricalca quello della Messa tridentina cattolica: ad esempio la frase "Adiutórium nostrum in nómine Dómini" viene trasformata in "Adiutórium nostrum in nómine Dómini Inferi".
Le caratteristiche del rito della messa nera sono descritte in maniera discordante. Secondo alcuni studiosi cattolici per officiare una messa nera sono necessarie ostie consacrate e liquidi sia maschili che femminili (sperma e sangue mestruale). Si afferma che ci sono stati anche casi di sacerdoti che hanno consacrato delle ostie per poi utilizzarle per celebrare messe nere. Gli elementi ritenuti indispensabili affinché il rito sia efficace sono i seguenti: la presenza di una croce rovesciata e il saluto "Ave Satanas". Si reputa facoltativa la presenza di una donna nuda usata come altare che viene violentata prima dal sacerdote e poi dagli altri partecipanti. Dall'altra parte i satanisti negano l'uso di ostie consacrate e il compimento di orge e violenze durante la celebrazione.
A differenza dell'opinione comune, convinta che sia un insieme di sacrifici umani e non, la messa nera, secondo il satanismo moderno (ovvero quello laveyano), è un insieme di formule proclamate ad alta voce (tra le quali la ricorrente "Shemhamforash") accompagnate da forti emozioni dipendenti dal fine del rituale (ad esempio un orgasmo per conquistare il cuore di qualcuno o un pianto di commozione per augurare successo a qualcuno).
Sempre secondo il satanismo laveyano esistono infatti tre tipi di messa nera: Congiura della Lussuria, Congiura della Compassione e Congiura della Distruzione.

venerdì 3 aprile 2020

Asse MC-IC

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L'Asse MC-IC unisce il Medium coeli (MC) al Imum Coeli (IC) è verticale (a differenza di quello che unisce l'Ascendente al Discendente che è orizzontale) e divide il grafico zodiacale in due settori detti occidentale (a destra) e orientale (a sinistra).
I pianeti collocati nei settori devono essere interpretati e forniscono indicazioni sulle tendenze del nativo.
Se vi sono pianeti nella parte orientale, cioè a sinistra, viene indicata una personalità importante ed autonoma mentre quelli in numero prevalente a destra indicano nativo poco indipendente, accondiscendente e passivo.

giovedì 2 aprile 2020

Thomas Browne

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Sir Thomas Browne (Londra, 19 ottobre 1605 – Norwich, 19 ottobre 1682) è stato un filosofo e scrittore britannico, autore di opere che spaziano in diversi campi quali medicina, religione, scienza e esoterismo.

Biografia

Figlio di un mercante di seta di Upton (Cheshire).
Dal 1623 al 1626 studiò al Pembroke College di Oxford, per poi laurearsi in medicina a Leida. Successivamente si trasferì a Norwich, dove si sposò ed ebbe numerosi figli, tra i quali Edoardo, futuro scienziato.
Le opere di Browne mostrano una forte curiosità per il mondo della natura; sono presenti frequenti riferimenti ai Classici e alla Bibbia. Il suo stile è una prosa insolita, ricca, che spazia da grezze annotazioni alla più alta eloquenza barocca.
La sua notorietà è dovuta alla Religio medici del 1643 in cui perora la causa dei medici del suo tempo, scagionandoli dalla accusa di eresia e cerca di rimediare al conflitto tra scienza e fede concedendo ai ricercatori di osservare anche i misteri della fede.
Tra le altre sue opere si annoverano Pseudodoxia Epidemica del 1646 il cui scopo era di combattere le superstizioni popolari, Urne Buriall del 1658, una riflessione sulla vanità della vita umana.

Opere letterarie


  • Religio Medici (1642)
  • Pseudodoxia Epidemica (1646-72)
  • Hydriotaphia, Urn Burial (1658)
  • The Garden of Cyrus (1658)
  • A Letter to a Friend (1656; pub. post. 1690)
  • Christian Morals (1670; pub. post. 1716)
  • Musaeum Clausum (pub. post. 1684)

 
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