venerdì 7 gennaio 2022

Sincronicità

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La sincronicità è un concetto introdotto dallo psicoanalista Carl Gustav Jung nel 1950, definito come «un principio di nessi acausali» che consiste in un legame tra due eventi che avvengono in contemporanea, connessi tra loro ma non in maniera causale, cioè non in modo tale che l'uno influisca materialmente sull'altro; essi apparterrebbero piuttosto a un medesimo contesto o contenuto significativo, come due orologi che siano stati sincronizzati su una stessa ora.

Etimologia

La parola sincronicità deriva dalle radici greche syn ("con", che segna l'idea di riunione) e khronos ("ora"): riunione nel tempo, simultaneità Jung in particolare definisce la sincronicità in questo modo:
«Gli eventi sincronici si basano sulla simultaneità di due diversi stati mentali.»
«Ecco quindi che il concetto generale di sincronicità nel senso speciale di coincidenza temporale di due o più eventi senza nesso di causalità tra di loro e con lo stesso o simile significato. Il termine si oppone al 'sincronismo', che denota la semplice simultaneità di due eventi. La sincronicità significa quindi prima della simultaneità di un certo stato psichico con uno o più eventi collaterali significanti in relazione allo stato personale del momento, e - eventualmente - viceversa.»
«Voglio dire per sincronicità le coincidenze, che non sono infrequenti, di stati soggettivi e fatti oggettivi che non si possono spiegare causalmente, almeno con le nostre risorse attuali.»
(C. G. Jung, Les Racines de la conscience (1954), p. 528)



Storia del concetto

Epoca antica

«Sia la concezione primitiva sia la concezione antica e medioevale della natura presuppongono l'esistenza, accanto alla causalità, di un simile principio. Fino a Leibniz la causalità non è né unica né predominante. Nel corso del diciottesimo secolo essa è poi diventata il principio esclusivo delle scienze naturali. Con l'ascesa delle scienze naturali nel diciannovesimo secolo la corrispondentia è tuttavia scomparsa dal quadro.»
(C.G. Jung, Synchronizität als ein Prinzip akausaler, 1952)



Pur essendo un termine coniato di recente, il concetto junghiano di sincronicità ha un'origine rintracciabile nella tradizione filosofica del neoplatonismo. Già Platone sosteneva l'esistenza di una realtà intelligente, le idee, che formano e indirizzano quella materiale, in maniera tale che i fenomeni della natura risultano collegati tra loro da una legge superiore che egli denominava dialettica. La correlazione tra bianco e nero, ad esempio, va ricercata nella loro comune Idea di Colore.
La presenza del divino nelle vicende del mondo venne intesa successivamente dagli stoici come συν-παθεία (syn-pathèia), in virtù della quale essi ritenevano che qualsiasi evento, anche minimo o assai distante, si ripercuotesse su ogni altro, in contrapposizione alla concezione puramente meccanicista degli epicurei. Sarà quindi con Plotino che si prefigura una spiegazione sincronica dei fenomeni naturali con la nozione di Anima del mondo, che rappresenta il principio unificante della natura, regolato da intime connessioni tra le sue parti, come un organismo da cui prendono forma i singoli esseri viventi; questi ultimi, pur articolandosi e differenziandosi ognuno secondo le proprie specificità individuali, risultano tuttavia legati tra loro da una tale comune Anima universale. Secondo Plotino quindi,
«... coloro che credono che il mondo manifesto sia governato dalla fortuna o dal caso, e che dipenda da cause materiali, sono ben lontani dal divino e dalla nozione di Uno. »
(Plotino, Enneadi, VI, 9)

Che esistesse una corrispondenza tra l'Uno e i molti, lo spirito e la materia, macrocosmo e microcosmo, era del resto convinzione delle arti divinatorie come l'astrologia, l'oniromanzia (interpretazione dei sogni), o quelle dell'antica Roma che ad esempio studiavano il volo degli uccelli per trarne auspicia, ovvero segni divini dedotti in una maniera non causale ma appunto sincronica, cioè basata sull'analogia simbolica con un determinato modello o archetipo.
L'umanista Marsilio Ficino nel Rinascimento si preoccupò di spiegare, nella Disputatio contra iudicia astrologorum (1477), sulla base della dottrina plotiniana, come l'astrologia vada intesa non come capacità degli astri di esercitare un influsso causale sugli eventi umani, bensì come una forma di consonanza tra questi e la posizione dei pianeti, i quali si limitano cioè a descrivere quel che accade, allo stesso modo in cui il volo degli uccelli presso i Romani era ritenuto portatore di un significato. Per Ficino, attribuire agli astri un influsso deterministico sarebbe come affermare che gli uccelli agiscano causalmente sull'uomo. Quella di Ficino è invece una concezione astrologica basata sulla corrispondenza e l'interdipendenza di ogni parte dell'universo, da leggere e interpretare secondo l'esperienza psicologica dell'anima, alla quale è attribuita dunque una centralità particolare, precorritrice delle nozioni junghiane di sincronicità e inconscio collettivo.

L'epoca moderna fino a Jung

Anche il neoplatonico Leibniz parlava di un'armonia prestabilita, grazie alla quale le diverse monadi di cui è composto l'universo, che non comunicano tra loro «non avendo porte o finestre», e neppure possono agire causalmente l'una sull'altra, sono però tutte sincronizzate come tanti orologi che segnino la stessa ora, così che il loro agire sembra essere, solo apparentemente, di tipo causale.
Un importante contributo, successivamente ripreso anche da Jung, riguarda il testo Speculazione trascendente sull'apparente disegno intenzionale nel destino dell'individuo di Arthur Schopenhauer in cui il filosofo analizza la tendenza finalistica degli eventi.
« A comprendere meglio la cosa può servire la seguente considerazione generale. "Casuale" accenna a un incontro nel tempo degli elementi non collegati causalmente. Non vi è nulla però di assolutamente casuale, e anche ciò che sembra massimamente tale non è altro se non qualcosa di necessario, che si realizza in modo attenuato. Delle cause determinate, per quanto lontane nella catena causale, hanno già da lungo tempo stabilito necessariamente che esso doveva verificarsi proprio ora, e contemporaneamente a quell'altra cosa. Ogni avvenimento cioè è un termine particolare di una catena di cause degli effetti, procedente nella direzione del tempo. »




Sempre nello stesso testo, il filosofo parla del legame tra gli eventi naturali e un'interpretazione individuale in cui vi sia un significato:
«La tendenza dell'uomo a prendere gli auspici, [...] il suo aprir la Bibbia, i suoi giochi di carte, le sue colate di piombo e il suo contemplare il sentimento del caffè, eccetera, testimoniano la sua convinzione, contrastante a ogni fondamento razionale, che sia in qualche modo possibile riconoscere da quanto è presente e sta dinanzi agli occhi ciò che è nascosto nello spazio o nel tempo, ossia ciò che è lontano o futuro, che si possa da quello dedurre questo, se soltanto si possiede la vera chiave del cifrario.»

Paul Kammerer, uno zoologo austriaco, è stato il primo scienziato moderno (prima di Jung) a considerare le coincidenze in una prospettiva non meccanicistica, con la "ripetizione dei casi", secondo di una legge di serialità, accanto alla causalità e alla finalità. Nel 1900 e per diversi anni, ha preso nota delle coincidenze. Egli ha descritto l'universo come un "mosaico mondo, che, nonostante le iniziative e i riarrangiamenti costanti, mira a riunire le cose simili." Scoprì (o inventò) la famosa "legge della serie", che dà il titolo al suo libro Das Gesetz der Serie (1919). «Ci sono nell'universo - dice Kammerer - un principio fondamentale, una forza che tende verso l'unità. Questa forza universale agisce selettivamente al gruppo simile nello spazio e nel tempo.» Ad esempio, nel 1915, due soldati sono stati ricoverati separatamente all'ospedale militare di Katowice in Boemia. Entrambi avevano 19 anni, soffrivano di polmonite, erano nati in Slesia, erano stati volontari come personale dei treni e si chiamavano Franz Richter.
«Finora ci siamo occupati delle manifestazioni concrete di serie ricorrenti, senza tentare di spiegarle. Abbiamo scoperto che il ricorrere di dati identici identici o similari in regioni contigue o di spazio di tempo è un puro dato di fatto che deve essere accettato e che non si può spiegare con la coincidenza - o, piuttosto, che questo dato di fatto fa regnare la coincidenza in misura tale che il concetto stesso di coincidenza viene negato.»
(Paul Kammerer)
Il concetto di sincronicità appare per la prima volta il 18 novembre 1928 nel verbale del seminario sull'analisi dei sogni. Nel 1934, uno dei suoi pazienti aveva visto in sogno un'aquila che mangiava le proprie piume, poi, qualche tempo dopo, Jung, al British Museum, aveva scoperto un manoscritto alchemico attribuito a Ripley, che rappresentava un'aquila che mangiava le proprie piume. Ciò appare in una lettera al fisico Pascual Jordan, del 10 novembre 1934.
Jung approfondisce il lavoro di Kammerer, con l'aiuto del fisico Wolfgang Ernst Pauli, uno dei fondatori della meccanica quantistica tra il 1923 e il 1929, Premio Nobel per la Fisica nel 1945. Pauli seguita dal 1931 al 1934, un trattamento analitico con un'allieva di Jung. Nel 1932, vide Jung ogni lunedì per discutere i suoi sogni, studiati da Jung poi in Psicologia e alchimia. Per Jung le sincronicità sono l'espressione di «atti creativi nel tempo» che manifestano una tendenza naturale alla creatio continua, una creatio che esprime un ordine psichico archetipico.
Joseph Banks Rhine, il fondatore della parapsicologia, aveva ideato la nozione di percezione extrasensoriale (ESP), su basi statistiche. Nel 1940 ha inviato una copia del suo libro Percezione Extra sensoriale (1934) a Carl Jung e ha iniziato una corrispondenza regolare con lui. Nel 1948, ha scritto una prefazione all'edizione inglese del I Ching (Il Libro dei Mutamenti). Conosceva il libro del suo amico Richard Wilhelm dal 1920 e praticava "l'arte oracolare" basata sull'interpretazione dei 64 esagrammi. Nel 1950, ha selezionato quattro donne astrologhe, tra cui la figlia Gret Baumann-Jung, per esaminare lo stato di sincronicità tra cielo e gli eventi, in particolare tra le congiunzioni Sole/Luna o Marte/Venere e i matrimoni.
Jung tiene una conferenza sulla sincronicità nel 1950, ad Ascona: "Sulla sincronicità". Egli dedica un intero libro al concetto: La sincronicità, principio dei nessi acausali (1952), pubblicato nel suo libro Naturerklärung und Psyche (1952), con uno studio di Pauli su Keplero.

L'eredità junghiana: Marie von Franz

Marie-Louise Von Franz, allieva di Jung ha spostato ancora avanti gli studi sul fenomeno. Secondo la studiosa i fenomeni sincronici, non essendo legati ad eventi causali non sono prevedibili, tuttavia essi si manifestano soprattutto nei casi di forte eccitazione psichica come la morte di una persona o un grande amore: «... in tutte quelle situazioni profondamente perturbanti in cui è sempre costellato un archetipo o lo strato archetipico dell'incontro, gli eventi sincronicistici possono, non debbono, verificarsi, e ciò accade molto più spesso di quanto si supponga.»
La von Franz quindi postula l'esistenza di un universo virtuale che è sia psichico e materiale chiamato unus mundus (dal latino: il mondo uno): «[Il principio di sincronicità] definito come coincidenza significativa [scrive Jung in Mysterium Conjunctionis] suggerisce una relazione tra fenomeni non collegati dalla causalità, vedere un'unità di questi fenomeni rappresenta dunque un aspetto dell'unità che può essere adeguatamente designato come Unus Mundus» Secondo lei, "il fisico e lo psicologico in realtà osservano lo stesso mondo da due canali diversi". La von Franz si basa sulle recenti scoperte della scienza, che tendono a dimostrare molto di più sulla dimensione della relatività spazio-temporale. Per spiegare questa ipotesi, Von Franz propone di non considerare più la psiche come un corpo che si muove nel tempo, ma come una "intensità senza estensione", riferendosi all'energia, sia mentale (dimostrata da Jung per come la libido sia energetica) che fisica (inclusi i quanti). I fenomeni piuttosto comuni chiamati telepatia dimostrano con la loro esistenza come un fenomeno, che non può essere riprodotto scientificamente, in cui lo spazio e il tempo hanno per la psiche un valore relativo. Jung si basa quindi sugli esperimenti di Rhine che, statisticamente, attestano una certa frequenza di riproduzione della chiaroveggenza.
L'ipotesi dell'unus mundus è dunque quella di un'unità dell'energia psichica ed dell'energia fisica, tramite un organismo intermediario nel senso di un universo o di un campo di un'altra realtà diversa dalla fisica o dalla psichica, che Jung chiama psicoide; dominio della trasgressione di una scissione tradizionale:
«Poiché psiche e materia sono contenuti in un unico mondo, ma sono anche in costante contatto con l'altro... non è solamente possibile, ma, in una certa misura probabile che questioni e la psiche siano due aspetti diversi di una stessa cosa. I fenomeni di sincronicità indicano, a me sembra, tale direzione, poiché senza connessione causale, il non-psichico può comportarsi come lo psichico e viceversa.»




Von Franz cita le moderne teorie scientifiche e le speculazioni che puntano a questa possibilità: quella di David Bohm, da un lato, e il suo modello di olomovimento esposto in Universo, mente e materia e nella scienza e coscienza nel capitolo Ordine implicato ed esplicato dell'universo e della coscienza. Von Franz considera che questo mondo intermedio si basi sulla serie dei numeri naturali, considerati "configurazioni ritmiche di energia psichica." Von Franz cita la recente ricerca del matematico Olivier Costa de Beauregard, che, nel 1963, prendendo come punto di partenza le teorie dell'informazione, postula l'esistenza di un infrapsichismo coestensivo con il mondo quadridimensionale di Einstein-Minkowski nella sua opera Il secondo principio della scienza del tempo. Von Franz, come Hubert Reeves, prende come esempio il paradosso EPR (Einstein-Podolsky-Rosen) dove due particelle si comportano in modo coordinato fra loro ma aleatorio rispetto alle condizioni iniziali, in modo che le loro posizioni li impediscano di scambiare dei segnali. Analogamente, nella legge di disintegrazione radioattiva, in cui ogni atomo si comporta in modo casuale, ma interamente si comporta in modo prevedibile.

Le ultime ipotesi

Hubert Reeves nel suo contributo al lavoro collettivo La synchronicité, l'âme et la science rievoca l'ambizione della nozione di sincronicità junghiana, pur rilevando l'imprecisione, che la scienza futura dovrà sollevare:
«Questi eventi, secondo Jung, non sono isolati, ma appartengono a un "fattore universale esistente in tutta l'eternità" [...] Il fattore psicologico associato con Jung si dice "sincronico" e non si sovrappone a una natura impersonale. È significativo della grande unità a tutti i livelli del nostro universo. Queste speculazioni sono inutili? Non ci credo. Piuttosto sono come le intuizioni espresse da un goffo infante. Le stesse cose di base.»



In particolare lo scienziato individua, alla luce della moderna comprensione fisica degli eventi cinque fenomeni che dimostrano la realtà degli eventi acausali:
  1. il dimezzamento radioattivo;
  2. l'impredicibilità del comportamento d'un singolo atomo nella meccanica quantistica;
  3. la «radiazione fossile» del cosmo;
  4. il pendolo di Foucault, che sembra orientarsi secondo l'intera massa dell'universo invece che secondo quella del nostro pianeta;
  5. il paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, che vieta di localizzare la proprietà d'un atomo e sembra perciò indicare una sorta di unità e non-separabilità di tutte le particelle dell'universo.
Più recentemente lo scienziato Rupert Sheldrake ha formulato la teoria del «campo morfico» per spiegare lo sviluppo e la crescita di piante e animali, descritti dalla genetica in una maniera ritenuta incompleta, e dovuti in realtà secondo Sheldrake a zone di risonanza entro cui un evento, un'informazione, o anche un semplice pensiero, ha la capacità di ripercuotersi su di un altro in maniera non meccanica o causale. Diversi esempi di sincronicità si possono trovare nel mondo animale, in particolare nel comportamento degli stormi di uccelli o di un banco di pesci, all'interno dei quali ogni singolo esemplare si muove all'unisono con gli altri, senza alcuna mediazione di tipo comunicativo, seguendo il comportamento del gruppo come se questo fosse un tutto omogeneo dotato di una propria intelligenza.

Altre ipotesi non junghiane

Barbara Honegger suppone che gli eventi sincronici siano da collegarsi ad un substrato neurologico del lobo parietale inferiore. Mentre Jule Eisenbud suggerisce che essi derivino da influenze PSI dello stesso osservatore.


Metodo d'approccio alla sincronicità

Non è possibile sperimentare il campo della sincronicità con i metodi convenzionali.
Marie-Louise von Franz ha messo il dito su un problema:
«Ci sono catene causali che sembrano non avere alcun senso (come la macchina di Tinguely) e ci sono anche coincidenze casuali che non hanno senso. Dobbiamo quindi continuare - Jung ha insistito - per vedere coincidenze significative ove non ve ne sono realmente.»




Nei suoi scritti, Jung dimostra che la statistica non funziona in questo settore, perché sembra essere truccato dalla sincronicità che incorpora la soggettività e il significato dell'evento per colui che trova la coincidenza, quindi la statistica (ma senza metodi bayesiani) ragiona sulle grandi serie ma senza qualità. Il concetto di sincronicità non si può intendere se non come psicologia, in quanto fornisce una stima qualitativa difficile da quantificare.
Jung tuttavia ha tentato, prima di morire, di sviluppare un metodo sperimentale per identificare la sincronicità. Voleva mettere insieme un gruppo di studenti che hanno dovuto trovare persone in una situazione critica con il punto di vista personale (dopo un incidente, il divorzio o la morte di una persona cara), in cui si sospetta si sia attivato un archetipo. Gli studenti poi passati a queste persone una serie di mezzi tradizionali di divinazione (oroscopo di transito, I Ching, tarocchi, calendario messicano, oracolo geomantico, sogni, etc.) avrebbero quindi esaminato se i risultati di queste tecniche convergessero o meno .
Essendo legata al fondo dell'inconscio, il fenomeno sincronico è, quindi, di fatto l'obiettivo perché non agista d'astrazioni o di uno spirito religioso aprioristico. Il fenomeno è misurabile (ha un'intensità nell'osservazione) in una certa misura. Ed è stato rimproverato a Jung e ai suoi seguaci di mescolare i piani epistemologici, e conseguire così un sincretismo dubbio.

Ascoltare i sogni

Secondo gli analisti junghiani, i sogni forniscono immagini e scenari che sono fondamentali nella ricerca dell'inconscio. Prestare attenzione ai sogni e incoraggiare l'attenzione mentale per i dettagli della loro esistenza aiuta a integrare i messaggi inconsci col vissuto consciente, e quindi favorisce l'attenzione alle coincidenze e sincronicità. Si tratta di una consapevolezza legata alla nozione junghiana d'individuazione.
Nel 1916 Carl Jung pubblica Allgemeine Gesichtspunkte zur Psicologia Traumes (Punti di vista generali della psicologia del sogno), dove ha sviluppato la sua propria comprensione dei sogni che differiscono molto da quella di Freud. Per lui, i sogni sono anche un portale per l'inconscio, ma allarga le loro funzioni in relazione a Freud. Secondo Jung, una delle principali funzioni del sogno è quello di contribuire all'equilibrio mentale. Lavorando sui suoi sogni così si promuoverebbero le sincronicità.

Sincronicità e pratiche divinatorie

Per Jung, il fenomeno della sincronicità spiega le pratiche rituali o mantiche (divinatorie) ancestrali come, prima, l'astrologia e il metodo di consultazione de I Ching che si basano su questa ipotesi di una corrispondenza tra interno ed esterno, tra psiche e materiale. Tuttavia egli non agisce, per Jung, su previsioni reali; l'uso di sincronicità nella divinazione pretende semplicemente di prevedere la qualità complessiva delle fasi temporali in cui degli eventi sincronici possono accadere. La sincronicità si basa, infatti, sull'attivazione nell'inconscio del soggetto di un archetipo che induce la qualità. La consultazione di un metodo di divinazione permette di "esprimersi", per analogia, su questo archetipo.
Un esempio di sincronicità che tutti possono sperimentare, è di ricevere una telefonata da una persona a cui stavamo pensando. Jung integra questa nozione alla sua teoria del funzionamento psichico, nel senso che questo avvenimento sorprendente per il soggetto lo condusse verso un altro modo di pensare, permettendo ad alcuni di sperimentare un significativo cambiamento di stato. Troviamo questo fenomeno in senso inverso, cioè verso uno stato di degrado, per esempio quando due persone si arrabbiano e che uno di loro è stato coinvolto da un grave incidente. Il soggetto che ha voluto il male ad un altro può esserne così sconvolto.

Le esperienze extra-sensoriali

Le esperienze parapsicologiche quali la telepatia o la telecinesi per Jung formano una classe di fenomeni comprovanti la sincronicità. Jung dice di loro: «Non lasciamo le categorie spazio-temporali del tutto quando si tratta della psiche? Forse dovremmo definire la psiche come una intensità non estesa e non come un corpo in movimento nel tempo.» Jung riconosce questi fenomeni noti come la natura non statistica Psy, e il fatto che per la scienza non hanno alcuna spiegazione; in breve, essi sono un'eccezione che merita una discussione. Jung non crede nella natura soprannaturale per questi fenomeni, li riporta alle capacità psichiche consentite dalla sincronicità.

Jung e il principio di sincronicità

I fenomeni paranormali hanno affascinato Jung da sempre. Tra questi egli prediligeva le "coincidenze significative". Già nel 1916, a pochi anni di distanza dalla defezione dal gruppo degli psicoanalisti fedeli al metodo scientifico, Jung scriveva, riflettendo sulla possibilità di affiancare al principio di causalità quello finalistico:
«La causalità è solo un principio, e la psicologia non può venir esaurita soltanto con metodi causali, perché lo spirito (la psiche) vive ugualmente di fini.»



Jung distingueva infatti la sincronicità dal "sincronismo", che riguarda eventi che accadono simultaneamente, senza alcun apparente significante comune, perché azioni di pura contemporaneità.
La sincronicità è invece basata sulla presenza «incombente» di un archetipo dell'inconscio collettivo, secondo visioni tipiche del pensiero magico che nella vita di tutti i giorni trovano corrispondenza in eventi come il pensare a una persona e poco dopo ricevere una telefonata che ne porta notizie; nominare un numero e vedere passare una macchina con lo stesso numero impresso sulla carrozzeria; leggere una frase che ci colpisce e poco dopo sentircela ripetere da un'altra persona ecc. Fatti che talvolta dànno la netta impressione d'essere accadimenti precognitivi legati a una sorta di chiaroveggenza interiore, come se questi segnali fossero disseminati ad arte sul nostro percorso quotidiano per "comunicare qualcosa che riguarda solo noi stessi e il nostro colloquio interiore". Una sorta di risposta esterna, affermativa o negativa, oggettivamente impersonale e simbolicamente rappresentata.

Il sapere dall'inconscio

Per Carl Gustav Jung, l'inconscio è una realtà oggettiva: è collettiva e trans-personale: «La psicologia non è solo una questione personale. L'inconscio, che ha le sue leggi e dei meccanismi indipendenti, esercita una forte influenza su di noi, e potrebbe essere paragonato a una perturbazione cosmica. La mente inconscia ha il potere di trasportarci o farci del male nello stesso modo di una catastrofe cosmica o meteorologica.»
Carl Gustav Jung considera l'esistenza di un "sapere assoluto" costituito da un inconscio collettivo formato da archetipi, legati in particolare alla dottrina platonica della reminiscenza (o anamnesi). Per dimostrare questo concetto, Jung prende l'esempio di comportamenti innati o dei calcoli impossibili come certi sogni profetici. La conoscenza assoluta sembra una proprietà dell'inconscio, nel prevedere statisticamente il verificarsi di fenomeni reali. Alcune astrazioni della metafisica o della scienza si esplicano quindi attraverso questa conoscenza assoluta; Pauli ha dimostrato nel suo libro che le rappresentazioni scientifiche (o i modelli), come quelli di Keplero, di Kekulé o di Einstein, sono nati da immagini interne spontanee. Le esperienze parapsicologiche come la telepatia, dimostrano che le indagini di Zener con le carte e i simboli da indovinare, testimoniano per Jung, l'esistenza di una capacità di calcolo dell'inconscio senza limiti, in una situazione di eccitazione (il che spiega la sua incapacità di riprodurre il caso).
Jung prevede quindi, tra i molti esempi, quello di inviare una lettera contenente il resoconto di un sogno di un paziente, ignorante in materia, il quale ha raccontato il sogno di dischi volanti, mentre Jung era allo stesso tempo alla ricerca di questo argomento. Jung e Pauli ritengono che ci sono molti casi simili nella ricerca scientifica: molte scoperte sono spesso realizzate simultaneamente in tutto il mondo. Tuttavia, Jung si difende vedendo un piano divino, un destino o karma.

Una prima teorizzazione: il tempo qualitativo

Nei primi tentativi di enunciazione del concetto di sincronicità, Jung elaborò anche il concetto di "tempo qualitativo". L'idea di tempo qualitativo nasceva dall'osservazione dei calcoli astrologici, che prevedono una sorta di schematizzazione (determinata dai cicli e dai transiti) che si riflette sulla psiche di chi riceve l'oroscopo al momento della nascita, ovvero la corrispondenza qualitativa fra tipologia caratteriale e una determinata posizione planetaria.
«È come se nel nostro inconscio ci fosse una profonda consapevolezza, basata unicamente su esperienze inconsce, che determinate cose nate in un preciso momento dell'anno sono dotate di qualità specifiche, così che, grazie a quella conoscenza empirica immagazzinata nel nostro inconscio, noi siamo sempre più o meno uniformati al tempo.»
(C.G. Jung, cit. in Luciana Marinangeli, Risonanze celesti, pag. 187, Marsilio, 2007)
Jung non approfondì tuttavia il concetto astrologico del tempo perché si rese conto che le corrispondenze da lui individuate ubbidivano a regole molto complesse che esulavano dal suo campo d'indagine, pur affermando di essere «tentato, quando è il caso, di includere l'astrologia fra le scienze naturali».

Sincronicità e scoperte scientifiche

In Un mito moderno (1958), Jung cerca di dimostrare che il fenomeno dei dischi volanti è un prodotto dell'inconscio di fronte ad uno sradicamento spirituale dell'individuo, riconosce la rilevanza materiale di certi eventi. Egli vede quindi negli UFO sincronicità mondiale: non vi è alcun nesso di causalità tra il fatto di vedere i dischi volanti, supposti reali, e il fatto che l'incoscienza collettiva di queste immagini di mondi alieni siano per avvisare gli individui.
Per Pauli e Jung, le scoperte scientifiche sono spesso dovute a sincronicità; non è infatti raro che lo stesso fatto è stato scoperto da diversi scienziati nel medesimo periodo. Arthur Koestler ha descritto un certo numero di scoperte nel suo libro, all'origine delle più grandi teorie scientifiche, I sonnambuli. Darwin spiega, mentre era delle Galapagos nel processo di sviluppo della teoria dell'evoluzione: «Ero quasi a metà del mio lavoro, scrive Darwin a proposito della sua teoria dell'evoluzione di nuove specie. Ma i miei piani erano sconvolti perché all'inizio dell'estate 1858, Mr Wallace, che era allora nell'arcipelago malese, mi ha mandato uno studio (che) conteneva esattamente la stessa teoria mia.»

Favorire le sincronicità

I moderni psicoterapisti di ispirazione junghiana in parte utilizzano la nozione di sincronicità nel campo dello sviluppo personale: l'emergere di sincronicità può quindi essere favorito da intuizioni e sogni. Tuttavia, Jung non ha mai esposto queste considerazioni terapeutiche; il concetto è sempre stato considerato come un'ipotesi di trasgressione del mondo fisico e mentale, seguito dall'attivazione di un archetipo, facendo seguito a una simultaneità temporale e qualitativa (analogia) di una posizione mentale con una reale. L'attuale psicologia transpersonale, nata nel 1970 in California, vicina alle attuali preoccupazioni del New Age originale, è dunque segnato dalla notevole influenza di Jung e attribuisce grande importanza alla sincronicità.
Allo stesso modo, la ripetizione di sincronicità a date simili può essere percepita come la prova di eventi traumatici avvenuti nelle generazioni precedenti, e che non sono ancora integrati dalla famiglia in questione. Nicolas Abraham e sua moglie Maria Török, hanno notevolmente sviluppato i concetti di "cripta" e "fantasma" nell'inconscio famigliare per descrivere questi fenomeni e questa eredità. Così, le date in cui questi si verificano consentono le sincronicità, in un quadro terapeutico, per trovare gli eventi traumatici eredi di individui liberi dal loro peso del subconscio. Questa è la sindrome del compleanno. Questo tipo di lavoro è stato reso popolare dal libro di Anne Ancelin Schützenberger intitolato Ahi, miei antenati. Lei è stata l'iniziatrice della psicogenealogia.

Fisica e psicoanalisi

«Il fenomeno della sincronicità è quindi la risultante di due fattori:
1) un'immagine inconscia si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento;
2) un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.»
(C.G. Jung, La sincronicità come principio di nessi acausali)
Jung non era nuovo alla tesi di un parallelismo tra fisica e psicoanalisi, due discipline apparentemente molto distanti fra loro. Nel 1928, nel suo Energetica Psichica egli aveva immaginato una stretta similitudine fra le nozione di energia nell'uno e nell'altro ramo del sapere, e le ricerche che condusse negli anni successivi rafforzarono tale intuizione.
Negli anni trenta Jung incontra Wolfgang Pauli, fisico austriaco premio Nobel nel 1945. Pauli soffriva di una sorta di dissociazione psichica probabilmente dovuta sia al fallimento del proprio matrimonio, sia all'impegno eccessivo profuso negli studi di fisica teorica che seppur molto giovane aveva condotto in quegli anni. Pauli si trasferì quindi in Svizzera proprio per diventare paziente dell'autorevole analista, ma l'incontro fra le due personalità si evolse molto rapidamente e la terapia venne presto abbandonata. I due scienziati, in un rapporto in cui «Pauli non capiva niente di psicologia e Jung non capiva nulla di fisica», ma in cui tutti e due avevano studiato le scienze d'Alchimia Ermetica, scoprirono presto di condividere parte delle idee che scatenavano il problema psichico di cui soffriva Pauli. I due divennero così amici.
Il confronto intellettuale generò quella ricerca nota come "il quarto escluso", individuato in fisica classica nel modello di triade e in alchimia nel modello sviluppato da Jung negli studi sull'alchimia, perché questo processo simbolicamente rappresentato completava una triade fino ad allora in attesa di un quarto elemento che sciogliesse i dubbi ancora presenti sulla validità di ciò che era stato compreso, verificato e accettato dalla scienza fino a quel momento. La sincronicità si rivelava così essere il modello ideale per sciogliere molti dei dubbi innescati anche nel modello di triade in fisica classica:
  1. tempo,
  2. spazio
  3. causalità;
al "quarto escluso" è stato appunto dato il nome di sincronicità.
In analogia alla causalità che agisce in direzione della progressione del tempo e mette in connessione fenomeni che accadono nello stesso spazio ma in istanti diversi, viene ipotizzata l'esistenza di un principio che mette in connessione fenomeni che accadono nello stesso tempo ma in spazi diversi. Viene cioè ipotizzato che oltre lo svolgimento di un atto conforme al principio in cui in tempi diversi accadono avvenimenti provocati da una medesima causa, ne esista un altro in cui accadono avvenimenti nello stesso tempo ma in due spazi differenti perché, essendo casuali, non sono direttamente provocati da un effetto, risultando così aderenti a un principio di a-temporalità.
Nel 1952 Jung e Pauli pubblicarono due saggi nel volume Naturerklärung und Psyche. Nel proprio saggio Pauli applicava il concetto di archetipo alla costruzione delle teorie scientifiche di Keplero, mentre Jung intitolava il proprio "Sincronicità come Principio di Nessi Acausali". Dopo più di venti anni di dubbi e ripensamenti di carattere etico-intellettuale, l'analista si decise a definire il concetto per cui riteneva "d'essere scientificamente impreparato" ad enunciare. Jung, rigoroso e pragmatico scienziato, è infatti imbarazzato verso la comunità scientifica per l'evidente orientamento dei suoi studi in cui «evidenze empiriche divengono fenomenologie su cui lavorare con metodo scientifico».
Nella prefazione del saggio scrive che
«... la sincronicità è un tentativo di porre i termini del problema in modo che, se non tutti, almeno molti dei suoi aspetti e rapporti diventino visibili e, almeno spero, si apra una strada verso una regione ancora oscura, ma di grande importanza per quanto riguarda la nostra concezione del mondo.»
(Jung, Naturerklärung und Psyche, 1952)

L'annichilamento degli atomi

Il fatto che alcuni atomi decadono spontaneamente (o per la radioattività) è visto come una prova di sincronicità. Hubert Reeves spiega una acausale natura di questo fenomeno:
«Finora siamo in causalità. Una causa: carico eccessivo un effetto: la frattura [dell'atomo]. Ma se ci chiediamo perché un atomo si rompe prima di tali atomi, sembra che siamo immersi nell'acausalità. La stragrande maggioranza dei fisici oggi concordano sul fatto che non vi è alcun motivo di qualsiasi natura (...) Noi sappiamo perché gli atomi si annichiliscono, ma non perché si manifestano in un certo momento.»
(Hubert Reeves, op. cit. p. 12)

Il paradosso Einstein-Podolsky-Rosen

Il paradosso EPR per cui due particelle rimangono entangled tra di loro, nonostante la distanza che li separa, ma soprattutto l'esperienza di Aspect che lo conferma sperimentalmente, porta ad una riconsiderazione dell'ipotesi: la rinuncia alla località o alla causalità, universi o coscienze multiple etc. Una conferenza è stata organizzata a Cordova nel 1979 per fare il punto tra fisici, psicologi e filosofi. Hubert Reeves pensava che questa esperienza dimostra l'esistenza di un piano di informazione composto da «una presenza continua di tutte le particelle all'interno del sistema, che non si ferma una volta che è stato stabilito. (...) Questo paradosso si risolve quando si riconosce che il concetto di localizzazione delle proprietà non è applicabile su scala atomica.»
Olivier Costa de Beauregard, un fisico interessato ai cosiddetti fenomeni parapsicologici, tra cui il lavoro sul paradosso EPR propone una visione all'indietro dei modelli scientifici determinati; la von Franz suggerirà un tentativo scientifico parallelo a quello della psicologia, per fornire una definizione di unus mundus. Costa de Beauregard osserva che ci sono solo "quattro porte di uscita" per spiegare il paradosso EPR; egli cita inoltre:
«
  1. La prima cosa è che facciamo calcoli perché funziona, ma non pensiamo. Questa è la posizione della stragrande maggioranza dei fisici quantistici operativi.
  2. La seconda è che la meccanica quantistica è sbagliata, e che le correlazioni EPR svaniscono a grandi distanze: era la posizione di Schrodinger nel 1935.
  3. La terza è che la Relatività è sbagliata, secondo l'idea di Espagnat e Schimony.
  4. La quarta porta una via d'uscita che vi propongo: dobbiamo cambiare il nostro concetto di nesso di causalità e accettare il principio di una causalità all'indietro.»

Questo elenco non contiene l'ipotesi degli universi multipli, che la teoria M rimette in sella nel 1995, e secondo David Deutsch è il più calzante per spiegare il fenomeno.

Esperienze di sincronicità

Nel saggio Speculazione trascendente sull'apparente disegno intenzionale nel destino dell'individuo Schopenhauer riporta un esempio di sincronicità tratto dal quotidiano The Times del 2 dicembre del 1852:
«A Newent, nel Gloucestershire, è stata eseguita dinanzi al coroner, Mr. Lovegrove, una perizia giudiziaria sul cadavere di un certo Mark Lane, Ritrovato nell'acqua. Il fratello dell'annegato, non appena gli fu annunziata la notizia della scomparsa di suo fratello Mark dichiarò: "allora è annegato: così infatti ho sognato questa notte. Ho sognato pure di essere in acqua e di sforzarmi per tirarlo fuori". La notte successiva Lane sognò di nuovo che suo fratello era annegato vicino alla chiusa di Oxenhall e che accanto al lui nuotava una trota. Il mattino seguente, accompagnato da un altro fratello si recò ad Oxenhall: con la vide una trota nell'acqua. Egli fu fortemente convinto che il fratello dovesse trovarsi là, e realmente il cadavere fu scoperto in quel luogo». In tal modo possiamo vedere come un evento fuggevole quale può essere il passaggio di una trota, sia previsto con una precisione di secondi parecchie ore prima.»




Jung espose diversi esempi di sincronicità, come il caso di un signore, recatosi a comprare un vestito blu, che per uno sbaglio del negoziante si vede invece recapitare a casa un vestito di colore nero proprio nel giorno luttuoso della morte di suo fratello; od il fatto di pensare a una persona, un evento, o un oggetto, che si materializza poco dopo: tale fu il caso dello stesso Jung che, discorrendo con una paziente del sogno di quest'ultima riguardante una volpe, si imbatté realmente in una volpe. Può inoltre verificarsi una corrispondenza tra uno stato d'animo interiore, ed un avvenimento esterno, come quello occorso a Jung in occasione della rottura con Freud, quando provò una rabbia crescente, dovuta al modo sprezzante con cui Freud irrideva le sue teorie, alla quale seguirono due terribili schianti nella libreria dove si trovavano.
Un altro esempio fornito da Jung è una correlazione tra il sogno di un paziente di un coleottero d'oro, e la contemporanea presenza, reale, di uno scarabeo. Questa correlazione gli ha permesso di riprendere la terapia, che era stagnante. L'archetipo eccitato era, secondo Jung, in relazione al tema della rinascita, lo scarabeo che significa la rinascita dell'anima in molte civiltà, tra cui l'Egitto dei Faraoni, attraverso il dio Khepera.
Jung ha ritrovato un'applicazione della sincronicità nel libro cinese I Ching, che utilizza il principio sincronico per estrapolare gli esagrammi corrispondenti al momento qualitativo in cui vengono estratti, che diventano così in grado di descrivere lo stato in cui la persona si trova; rilevando che la «sincronicità è un pregiudizio cinese», come la causalità è un «pregiudizio occidentale», Jung riconosce che «noi occidentali non riusciamo a concepire come un evento oggettivo possa essere correlato alla nostra condizione psichica soggettiva», ma che «dobbiamo ammettere l'immensa importanza del caso», spostando l'attenzione più sulla fortuna della combinazione uscente, che sulle catene causali concorrenti.
In ogni caso, oltre alle circostanze oggettive della realtà, esistono situazioni puramente soggettive nelle quali il cervello umano utilizza legami associativi di tipo sincronico anziché causale.
«Anche quando nella vita quotidiana del tutto normale colleghiamo un livello a un altro, non ne consegue affatto un rapporto causale tra gli stessi. Alcuni banali esempi ne daranno più chiara riprova. I cani da caccia non determinano alcuna lepre pur inseguendo spesso quest'ultima. Non sono le ore 20:00 solo perché sta iniziando il telegiornale; né tantomeno esso inizia perché sono le 20:00.»
Si tratta cioè di collegamenti appartenenti al pensiero induttivo-analogico, spesso erroneamente confusi con legami di tipo logico-causale. Appartengono a questo tipo di tipo di pensiero le associazioni simboliche, nelle quali gli eventi vengono interpretati in una chiave religiosa e allegorica. A tal proposito per Jung il numero (utilizzato ad esempio nella creazione degli esagrammi dei I Ching tramite il lancio delle monete) sembrano costituire un autentico ponte tra il regolare coordinamento acausale e i fenomeni sincronistici irregolari.
Secondo alcune credenze inoltre le circostanze fortuite dotate di significato sincronico costituirebbero il linguaggio usato dagli angeli per comunicare con gli esseri umani.
Un fenomeno paradossale della fisica quantistica interpretabile alla luce della sincronicità è infine quello dell'entanglement, in virtù del quale la proprietà di una particella risulta capace di influenzare istantaneamente il corrispondente valore di un'altra particella situata anche a distanze remote. Secondo Pauli, proprio la fisica quantistica impone un ritorno alla concezione filosofica di Giordano Bruno e di Leibniz, non regolata dalla causalità ma da un'armonia organica.

La sincronicità e l'effetto Pauli

Sul fisico Pauli si racconta un aneddoto che le persone affascinate dalle coincidenze interpretano a sostegno del concetto di sincronicità.
Nel XX secolo la fisica si divise sempre più nettamente in due distinte branche: la fisica teorica e la fisica sperimentale. La prima branca sempre più vicina alla matematica e alla speculazione astratta, mentre la seconda a diretto contatto con i laboratori e la sperimentazione diretta delle teorie enunciate. Nei due campi sorserso inevitabili campanilismi, i fisici sperimentali iniziarono ben presto ad apostrofare i loro colleghi "più aristocratici" tacciandoli di così scarsa manualità pratica da doversi obbligatoriamente dedicare alle sole teorie, li ritenevano assolutamente inadatti al lavoro di laboratorio.
Pauli era molto stimato come fisico teorico, i colleghi e gli amici sperimentali lo consideravano però un vero problema oggettivo. Non solo non gli permettevano di toccare gli strumenti per paura che li rompesse, ma addirittura Otto Stern arrivò a proibirgli l'accesso ai laboratori durante l'esecuzione degli esperimenti. La sua semplice presenza sembrava infatti causarne l'irrimediabile fallimento.
Fra le altre cose successe anche che uno strumento particolarmente costoso e delicato si ruppe nel laboratorio di James Franck a Gottinga. Raccontando l'accaduto ai colleghi di Zurigo, egli scherzò dicendo che, almeno quella volta, la responsabilità non poteva essere attribuita a Pauli visto che non era nemmeno presente in città. I colleghi gli replicarono prontamente che dovendo Pauli recarsi a Copenaghen esattamente quello stesso giorno, intorno alla stessa ora dell'accaduto era dovuto scendere alla stazione di Gottinga per cambiare treno.
In "onore" di questa peculiarità empirica venne poi definito il famoso effetto Pauli, che non è altro quindi che una versione aggiornata del "menagramo" di napoletana memoria.
L'effetto Pauli è poi divenuto nel tempo un'espressione gergale utilizzata per indicare il presunto malfunzionamento delle apparecchiature sperimentali in presenza dei fisici teorici, e non va confuso col Principio di esclusione di Pauli che è invece un fondamentale apporto dato dallo scienziato austriaco alla fisica quantistica.

Nelle altre culture

Per la cultura cinese i fenomeni sincronici hanno una base nel tao, mentre per gli indiani essi derivano dal fatto che l'universo è una forma fenomenica emanata da Brahaman.
Nella cultura cinese l'equivalente del concetto occidentale di sincronicità è chiamato yuanfen o "il destino, la fortuna come condizionamento del proprio passato," o "la naturale affinità tra amici." Proprio come nel concetto occidentale lo yuanfen è ciò che costituisce una coincidenza significativa che consente, ad esempio di incontrare la propria anima gemella in una circostanza apparentemente casuale. Tuttavia questo concetto pone un certo risalto al ruolo giocato dal proprio passato atto a determinare le condizioni dello yuanfen.

Influenza culturale

Cinema

Anche la settima arte ha recepito nella sua maniera questa sorta di movimento di pensiero che delegittima la modalità interpretativa legata alla legge di causa-effetto sinora avallata dal pensiero scientifico classico. Una riprova sono i tentativi di alcuni registi di utilizzare la sincronicità come la più euristica chiave di lettura del movimento del reale. Tra questi ultimi possiamo citare le opere del famoso regista polacco Krzysztof Kieślowski.

Libri

L'argomento della sincronicità è stato affrontato da William S. Burroughs nel suo romanzo Il pasto nudo, e da Thomas Pynchon in L'arcobaleno della gravità; in Italia dal romanzo giallo Omicidi a margine di qualcosa di magico.
Ne La Certosa di Parma di Stendhal c'è un passo in cui si menziona una sincronicità (anche se all'epoca il termine non era neanche conosciuto come oggi):
«E all'improvviso, molto, molto in alto alla mia destra, ho visto un'aquila, l'uccello di Napoleone, volare verso la Svizzera, dunque verso Parigi. E allora, fulmineamente, mi sono detto: anch'io attraverserò la Svizzera rapido come quell'aquila [...] In quell'istante, vedevo ancora l'aquila in cielo e i miei occhi si sono curiosamente asciugati; e la prova che questa idea mi è stata istigata dall'alto è che in quello stesso momento, senza pensarci due volte, la mia decisione presa, e ho capito in qual modo avrei affrontato il viaggio.»
(Stendhal, La Certosa di Parma)

mercoledì 5 gennaio 2022

Vampirismo clinico

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Il vampirismo clinico (anche noto come ematolagnia) è una parafilia caratterizzata dall'eccitazione sessuale (nella maggior parte dei casi) associata a un bisogno compulsivo di vedere, sentire o ingerire il sangue, ciò indipendentemente dal fatto che ci sia o meno l'autoconvinzione dell'essere un vampiro.


Storia
La prima presentazione formale del vampirismo clinico a comparire nella letteratura psichiatrica, con l'interpretazione psicoanalitica di due casi, è stata conferita da Richard L. Vanden Bergh e John F. Kelley nel 1964.
Il vampirismo fu formalmente proposto come condizione clinica particolare nel 1985 da Herschel Prinsy. Il disturbo proposto non è incluso nell'ICD-10 o in qualsiasi altro manuale diagnostico.

Sinonimi
Sindrome di Renfield: denominazione coniata da Richard Noll sulla base di R.M. Renfield, personaggio del romanzo Dracula di Bram Stoker, detenuto nel manicomio del Dr. John Seward e mangiatore compulsivo di uccelli, mosche e ragni al fine di prenderli la loro forza vitale.
Ematodixia ed ematodiemia: termini non usati o accettati dalla comunità medica o scientifica, coniati e usati in alcune pubblicazioni di giornalismo pseudoscientifico.
Sanguinarius: termine coniato, in particolare tra gruppi anglosassoni, da alcuni praticanti di vampirismo non criminale o non violento, per auto-denominarsi in un contesto di sottocultura.


Classificazione
Nella letteratura psichiatrica professionale la sindrome di Renfield è associata all'eccitazione sessuale dopo la pubertà. Per alcuni psicologi il vampirismo clinico è un modo per raggiungere l'eccitazione e il piacere sessuale attraverso l'aggressività.
Alcuni autori lo considerano una variante della necrofilia e la considerano anche una forma di sadismo poiché molti degli individui in questione succhiano il sangue dalle ferite che causano alle loro vittime nel loro sfogo sessuale.


Etimologia
La causa di questa condizione clinica non è completamente identificata. Applicando la teoria psicoanalitica, il vampirismo clinico potrebbe essere dovuto a traumi e conflitti durante lo sviluppo dell'individuo nell'infanzia.


Diagnosi
Molti pazienti affetti dal vampirismo clinico vengono trattati da psichiatri o psicologi come psicotici o schizofrenici, anche se altri esperti hanno suggerito di catalogare il tutto come parte di una particolare malattia assestante con i segni, sintomi e patogenesi propri chiamata: sindrome di Renfield.
Alcuni pazienti negano di avere una connotazione erotica o sessuale dall'esperienza di mangiare il sangue attribuendo il proprio desiderio di sangue a una necessità per sopravvivere.
In alcuni casi di vampirismo di gruppo non violento, con donatori passivi volontari, la diagnosi più appropriata secondo alcuni esperti è il sadomasochismo.
Come sindrome lo psicologo Richard Noll sottolinea che tende a presentarsi più frequentemente negli uomini e che essa ha diverse fasi di sviluppo:
Infanzia: la prima fase di solito si verifica durante l'infanzia, quando il bambino è coinvolto in un incidente sanguinoso in cui scopre l'eccitazione per il sangue.
Autovampirismo: il paziente scopre consciamente il piacere che la visione o il gusto del suo stesso sangue gli provocano.
Zoophagia: il paziente gusta il sangue degli animali, in particolare quello degli animali domestici (in quanto più accessibili).
Vampirismo clinico: la fase più avanzata della sindrome e che caratterizza la patologia in questione, in cui l'individuo vuole mangiare compulsivamente il sangue di altri esseri umani ottenendolo sia in modo lecito che criminale.


Trattamento
Non esiste un trattamento specifico e secondo la teoria psicoanalitica del disturbo alcuni autori suggeriscono che i pazienti affetti da vampirismo clinico potrebbero beneficiare di un approccio psicodinamico con l'incorporazione di pensiero psicoanalitico in un approccio terapeutico olistico o di terapie cognitivo-comportamentali.


Persone famose legate al vampirismo
Nel corso della storia ci sono state diverse persone famose ad essere legate al vampirismo clinico tra cui:
Vlad II Dracul: principe di Valacchia dal 1436 al 1442 e dal 1443 al 1447. Sebbene non ci siano prove che abbia praticato il vampirismo (bevuto del sangue) la sua spietatezza nell'impalare i nemici ha ispirato il personaggio del conte Dracula.
Erzsébet Báthory: chiamata "la contessa sanguinaria" era un'aristocratica ungherese che visse tra il XV e il XVI secolo. Dopo essere diventata vedova nel 1604 per non perdere la sua giovinezza e la sua bellezza si diede alla magia nera e uccise circa 650 persone. Usò il loro sangue per fare dei bagni o per berlo.
Gilles de Rais: fu un aristocratico francese del XV secolo che combatté negli ultimi anni della guerra dei Cent'Anni con Giovanna d'Arco. Nel corso della sua vita torturò, stuprò e uccise almeno 140 bambini e adolescenti nutrendosi del loro sangue fino al 1440, quando fu catturato, processato e ucciso.
Peter Kürten: meglio conosciuto come "il vampiro di Düsseldorf" visse un'infanzia di estrema povertà e violenza. Durante la sua vita si rese protagonista dell'omicidio di 30 persone tra uomini, donne e bambini utilizzando armi bianche, come forbici e coltelli, con le quali tagliava la gola delle vittime per berne il sangue.
Fritz Haarmann: soprannominato "il vampiro di Hannover" uccise, agli inizi del XX secolo, almeno 27 maschi adolescenti con un morso alla carotide per berne il sangue. Nel 1925 fu arrestato, processato e giustiziato per decapitazione.
Bela Kiss: un assassino ungherese che fu scoperto nel 1916 mentre era a combattere al fronte, durante la prima guerra mondiale, quando le autorità, provando a confiscare la benzina che aveva dichiarato essere nella sua proprietà, scoprirono 24 corpi conservati, in alcool, in sei barili di metallo tra cui quello della moglie e dell'amante. Sebbene non ci siano prove alcune voci indicano che i cadaveri furono dissanguati per vampirismo. Si dileguò e non venne mai catturato.

Nella cultura di massa
La sindrome di Renfield prende il nome dal seguace zoofago umano di Dracula, R. M. Renfield, apparso nel romanzo del 1897 di Bram Stoker.
Il primo personaggio affetto dalla sindrome di Renfield è apparso, in televisione, in un episodio del 2005 di CSI intitolato "Ai limiti della follia" (Stagione 5, Episodio 21). È stato anche menzionato nel 2009 nell'episodio 7, stagione 5 di Criminal Minds dal titolo "La musica del sangue".
Nel videogame del 2008 Fallout 3 appare una comunità di persone convinte di essere dei vampiri e che, a causa di ciò, praticano il cannibalismo.
Nel 2010 una serie televisiva canadese di 11 episodi, The Renfield Syndrome, è stata girata a Vancouver, in California.

martedì 4 gennaio 2022

Mostro marino

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I mostri marini sono creature mitologiche che nell'immaginario collettivo popolano il mare, gigantesche e feroci, e che nell'antichità incutevano gran timore ai marinai.
I mostri marini possono assumere varie forme, tra cui quelle di drago, serpente marino, o bestie dotate di molteplici arti; possono essere gelatinosi o squamati, spesso sfiatano getti d'acqua. Sono spesso ritratti mentre attaccano, insidiano, e distruggono le navi.

Avvistamenti e leggende

Storicamente i disegni decorativi di delfini araldici e mostri marini erano utilizzati frequentemente per illustrare le mappe, come la Carta marina. Questa pratica morì con l'avvento della moderna cartografia. Nondimeno, persistono fino ai giorni nostri storie di mostri marini e testimonianze dirette che rivendicavano di avere visto tali bestie. Tali avvistamenti sono spesso catalogati e studiati dagli studiosi del folclore e dagli criptozoologi.
Racconti di mostri marini si trovano pressoché in tutte le culture che abbiano o abbiano avuto contatto con il mare. Resoconti di testimoni oculari provengono da ogni parte del mondo. Per esempio, Avieno narra del viaggio dell'esploratore cartaginese Imilcone «…laddove mostri degli abissi e bestie nuotano tra le lente e striscianti navi.» (linee 117-29 dell'Ora Maritima). Sir Humphrey Gilbert affermò di aver incontrato un mostro simile ad un leone dotato di "occhi abbaglianti" durante il suo viaggio di ritorno dopo aver formalmente reclamato St. John's, Terranova (1583), inglese. Un altro racconto riguardo ad un incontro con un mostro marino risale al luglio del 1734. Hans Egede, un missionario danese/norvegese, racconta che, in viaggio verso Gothaab/Nuuk sulla costa ovest della Groenlandia: «Apparve [laggiù] un animale marino davvero terribile, che si innalzava al di sopra delle acque, la cui testa sormontava il nostro albero maestro. Aveva un muso lungo e appuntito, e sfiatava come una balena, aveva pinne lunghe e larghe, e il suo corpo era come coperto da pelle coriacea, attorcigliato su se stesso e dalla pelle raggrinzita; inoltre, nella parte inferiore aveva la forma di un serpente, e quando scese di nuovo sott'acqua, si lanciò all'indietro, e facendo questo, sollevò la coda sopra l'acqua, lunga quanto una nave intera dal suo corpo. Quella sera, vi fu il maltempo».
Sono noti altri resoconti dall'Oceano Pacifico, Indiano e dai Mari del sud (ad esempio Heuvelmans 1968).
Uno sviluppo più recente è stato ad esempio il misterioso "Bloop" recuperato tramite attrezzature idrofoniche nel 1997. Da un confronto con le caratteristiche audio di un animale, fu ritenuto troppo grande per essere una balena. Finora le restanti investigazioni sono state inconcludenti.
Cosa potrebbero essere questi moderni "mostri" è fonte di dibattiti. Le possibilità includono squali-lucertola, squali elefante, pesci-remo, calamari giganti, seppie, o balene. Per esempio Ellis (1999) suggerì che il mostro di Egede-rellis-phooba avrebbe potuto essere un calamaro gigante. Altre ipotesi affermano che i mostri del presente siano in realtà esemplari di rettili marini giganti, come l'ittiosauro o il plesiosauro, dei periodi rispettivamente giurassico e cretaceo, o balene oramai estinte quali il "basilosauro"
Nel 1892, Anthonid Cornelis Oudemans, successivamente divenuto il direttore dei Giardini zoologici reali, pubblicò il libro The Great Sea Serpent ("Il grande serpente marino"), in cui suggeriva che molti avvistamenti di serpenti marini in realtà sarebbero stati meglio ritenuti quali pinnipedi precedentemente sconosciuti. più probabile che molti altri resoconti di mostri marini siano stati avvistamenti male interpretati di carcasse di squali o balene, alghe galleggianti, tronchi o altri relitti quali zattere, canoe o reti da pesca abbandonate.

"Mostri marini" di cui è stata accertata l'origine

Si hanno avvistamenti di mostri marini morti sin dalla recente antichità (vedi Heuvelmans 1896). Le carcasse non identificate sono spesso chiamate col termine inglese globster. Il plesiosauro rimasto impigliato nelle reti del viaggiatore giapponese Zuiyo Maru poco lontano dalle coste della Nuova Zelanda fece molto scalpore nel 1977 e venne anche riprodotto in un francobollo brasiliano prima che l'FBI suggerisse che si potesse trattare della carcassa in decomposizione di uno squalo elefante. Allo stesso modo, il test del DNA eseguito su un altro presunto mostro marino recuperato a Fortune Bay, Terranova nell'agosto del 2001 confermò che si trattava di un capodoglio. Anche il noto "Mostro di Tecolutla" fu in seguito identificato come un capodoglio, del quale è esposto il cranio in un museo presso il luogo del ritrovamento.
Un altro esempio moderno di "mostro marino" fu la strana creatura arenatasi su una spiaggia del Cile nel luglio del 2003. Inizialmente venne descritta come una "medusa gigantesca delle dimensioni di un bus" ma fu successivamente riconosciuto come l'ennesima carcassa di un capodoglio. Spesso capita che i cadaveri amorfi o privi di ossa siano immediatamente ricondotti a piovre giganti, ma è stato recentemente scoperto che i capodogli morti si decompongono in maniera tale da diventare masse senza caratteristiche, che spesso inoltre mostrano una superficie "pelosa" a causa di fibre collagene esposte. L'analisi della carcassa di Zuiyo Maru rivelò un fenomeno simile anche nelle carcasse in decomposizione degli squali elefante, i quali per prima cosa perdono la maggior parte dell'area inferiore della testa, e successivamente la pinna dorsale e caudale, finendo per somigliare a plesiosauri.

lunedì 3 gennaio 2022

Quando Maometto ha creato il Corano pensava veramente di parlare per conto di Dio o pensava di essere più che altro ispirato da lui?

Facciamo subito un distinguo: un conto è il resoconto "ufficiale" della rivelazione coranica, cioè la storiella che l'Islam racconta di sé stesso. Un altro è quello che ci dicono i reperti archeologici e gli studi filologici.

La versione ufficiale è che Muhammad si trovava nella grotta chiamata Hira per meditare quando, una presenza terribile si manifestò, ordinandogli di leggere dei versi. C'era però un problema: Muhammad era analfabeta (Come facesse questa presenza soprannaturale a non saperlo non è dato saperlo…).
Racconta la Sirat Rasul Allah, così come gli Ahadith, che Muhammad venne stritolato da questa presenza sino al punto di non riuscire a respirare. Per ben tre volte questa entità gli intima di leggere e per tre volte Muhammad lo implora dicendo di non saper leggere.
Alla fine, la presenza gli rivelerà i primi versi del Corano (Primi in ordine cronologico, non in ordine di composizione del Corano).
Muhammad, terrorizzato, esce sconvolto dalla grotta. Khadija, sua moglie, non vedendolo tornare, aveva mandato dei servi a cercarlo. Questi lo riportano a casa e lui, fuori di sé, dice a Khadija di temere di essere posseduto da un demone!
Tant'è che nella Sirat leggiamo che Muhammad pensò di suicidarsi per evitare di essere irriso dai Quraysh ed essere accusato di essere un posseduto o un poeta.
Khadija lo fa accovacciare tra le sue cosce (Pare che gli arabi credessero che questa pratica avesse la capacità di allontanare i demoni) e quindi lo rassicura dicendogli che non è indemoniato e che un uomo giusto come lui mai potrebbe esserlo. Khadija parlerà poi con suo cugino, un presunto monaco cristiano Waraqa, il quale le dirà che la presenza con cui Muhammad sarebbe venuto in contatto sarebbe l'arcangelo Gabriele (Non si sa bene sulla base di cosa avrebbe stabilito questo. La Sirat, ripete diverse volte, in modo del tutto vago, che Waraqa avrebbe trovato tra i suoi testi cristiani profezie relative a questo avvenimento e la venuto di Muhammad ma, ovviamente, non c'è un riferimento che sia uno di queste presunte profezie).
Poco dopo, Waraqa muore e, in concomitanza con questo evento, cessano le rivelazione portate da questa entità a Muhammad.
Per questa ragione, Muhammad cercò più e più volte di suicidarsi gettandosi dalla cima di alcuni monti. Ogni volta che Muhammad fu in procinto di lanciarsi, la presenza tornò a manifestarsi confortandolo dicendogli che lui era, per davvero, il "messaggero di Allah".




Il Corano, non fu trascritto, se non per alcuni versi sparsi, durante la vita di Muhammad. Tuttavia, si scopre che alla morte di Muhammad, Aisha, la sposa bambina, avrebbe avuto con sé la prima e unica copia integrale del Corano allora presente sulla terra. A raccontarlo è Aisha stessa la quale riferisce di come una pecora sarebbe entrata in casa, mentre loro erano intenti a preparare il funerale di Muhammad, e avrebbe mangiato alcune pagine di questa prima e unica copia del Corano. Ad andare persi sarebbero stati dei versi relativi a due ordini dati da Muhammad ai suoi seguaci:

  1. Una donna adulta che dovesse rimanere sola con un uomo adulto che non fosse suo marito o un suo parente stretto, per evitare che questo incontro potesse degenerare in qualcosa di proibito, doveva allattarlo. La logica sarebbe stata la seguente: un uomo non poteva sposare la sua nutrice. Quindi, una donna che avesse allattato un uomo, anche se adulto, ne sarebbe diventata la nutrice e quindi questo avrebbe dovuto impedire che i due potessero avere rapporti illeciti… lascio a voi decidere se questo ha un qualche senso…

  2. La lapidazione per gli adulteri








Si scopre poi che negli anni successivi sarebbero stati scritti migliaia di varianti diverse del Corano al punto che Uthman avrebbe ordinato di raccogliere tutti i "corani" del Califfato e avrebbe stabilito una commissione avente il compito di scegliere quale, di queste molteplici versioni, dovesse essere ritenuta l'unica attendibile. Fatta la scelta (Non si sa sulla base di quale logica/studio/prova), tutte le altre versioni sarebbero state bruciate.


Nei fatti, quello che sappiamo oggi, è che esistono almeno una ventina di versioni diverse del Corano (A differenza di quello che credono i musulmani e gli imam spacciano a mani basse ai loro fedeli). Le due versioni più famose e più diffuse sono l'Hafs e il Warsh. Ora, i musulmani più esperti cercano di giustificare tutto questo utilizzando un Hadith che afferma che le rivelazioni coraniche sarebbero state fatte a Muhammad in 7 dialetti arabi diversi (Qirat). Ora pensa a questa presenza che si mette li e ripete ogni rivelazione 7 volte in 7 dialetti diversi (Per altro allora nemmeno esistenti visto che l'arabo si svilupperà e diffonderà solo a seguito delle invasioni arabe che sono successive alla vita di Muhammad)… Dimmi tu se questa storia è credibile. Per non parlare poi di tutti quelli che avrebbero memorizzato tutti questi versi. Avrebbero dovuto memorizzarli in 7 dialetti diversi e ricordarseli per decenni finché il Corano non è stato messo per iscritto! Molto credibile, giusto? Beh questa è la versione ufficiale.



Circa la possibilità che la rivelazione se la sarebbe inventata Muhammad ti cito giusto alcuni fatti, di nuovo, riferiti dalle fonti islamiche stesse.
Tra gli scrivani di Muhammad vi era un certo Abd Allah ibn Abi Sarh. Era uno dei primi musulmani e uno dei pochi che sapeva scrivere. Per questa ragione, ebbe l'incarico di mettere per iscritto le rivelazioni che Muhammad riceveva. Un giorno suggerì una modifica ad una di queste rivelazioni. Muhammad accettò di buon grado la modifica e la approvò. E qui iniziarono a sorgere dubbi in Abd Allah il quale si chiese: "Io non ho ricevuto alcuna rivelazione eppure Muhammad mi ha permesso di modificare quelle che, in teoria, sono direttamente le parole di Allah! Com'è possibile?". Per questa ragione, ripudiò l'Islam e tornò alla Mecca diventando un apostata. Quando Muhammad conquistò la Mecca, inserì il nome di Abd Allah nella lista delle persone che voleva morte (Guarda a caso). Abd Allah fu risparmiato solo per intercessione di un seguace di Muhammad e dovette riconvertirsi all'Islam e accettare Muhammad come profeta per avere salva la vita.
Altro episodio: Muhammad impose ai suoi seguaci di avere, al massimo, 4 mogli allo stesso tempo. Questo limite, però, non si applicò a lui! Lui poteva avere tutte le donne che voleva. Se una donna gli si proponeva, fosse anche stata sposata, lui aveva il diritto di prendersela (O rifiutarla nel caso non gli piacesse). Non solo! Muhammad aveva pure il privilegio di poter sposare una donna senza pagarle la dote, a differenza di tutti gli altri musulmani.



Ultimo episodio: Muhammad obbliga sua cugina a sposare il figlio adottivo (Di Muhammad). Scende una rivelazione la quale dice che non è bene che i musulmani discutano le decisioni prese da Muhammad e che uno è un buon musulmano solo quando "non trova resistenza in sé stesse rispetto a qualsiasi ordine Muhammad gli dia".



I due, quindi, sono costretti a sposarsi. Tuttavia, un giorno Muhammad entra in casa del figlio e vede la nuora/cugina in abiti succinti. Rimane così stupito dalla sua bellezza da uscire da quella casa lodando Allah…
La notizia arriva al figlio il quale decide di divorziare dalla moglie perché il padre possa averla. Il Corano ci dice che Muhammad avrebbe detto al figlio di non farlo ma che, se proprio voleva divorziare, non era bene che la nuora rimanesse sola. Tuttavia, le regole che Muhammad aveva dato ai suoi seguaci impedivano al suocero di sposare la nuora! Quindi, Muhammad non avrebbe potuto sposare la nuora/cugina. Così Muhammad se ne uscì con questo stratagemma: ripudiò il figlio adottivo e proibì l'adozione ai musulmani. In questo modo Zayd non era più, legalmente, il figlio di Muhammad e, di conseguenza, l'ex-moglie non era più la sua ex-nuora! Ed ecco che Muhammad poté sposare Zaynab!



Lascio a voi concludere se queste rivelazioni fossero davvero divine…

Infine, veniamo alle evidenze archeologiche e filologiche. Quello che sappiamo è che i più antichi reperti rivenuti del Corano erano scritti privi della vocalizzazione (Chi sa l'arabo sa di cosa parlo e che impatto questo abbia. Una parola, scritta senza vocalizzazione, può potenzialmente assumere svariati significati anche completamente diversi l'uno dall'altro). Non mi risulta siano stati trovati reperti provenienti dal VII secolo. I primi che abbiamo (Pochissimi) sono dell'VIII secolo e, appunto, sono privi di vocalizzazione. In sostanza, iniziamo ad avere qualcosa di concreto e più vicino all'odierno Corano solo a partire dal IX secolo (I manoscritti più antichi che possediamo, cioè i primi corani integrali giunti fino a noi, sono tutti incompleti. Mancano interi capitoli - Sure - rispetto alle versioni odierne. Non solo. Anche i capitoli che troviamo risultano diversi rispetto alle versioni odierne, sono anche diversi gli uni rispetto agli altri e, infine, è comprovato che sono tutti stati pesantemente editati nel tempo! Alla faccia della tanto sbandierata "Conservazione perfetta e miracolosa del Corano"!).
Oltre a questo, sappiamo che vi sono diverse fonti pre-islamiche in cui troviamo versi o interi passaggi che assomigliano molto ad altri versi e passaggi che troviamo nel Corano. Risulta quindi evidente che gli autori del Corano pescarono da fonti preislamiche copiando da poesie, racconti, testi preislamici diffusi nel Vicino Oriente. Per esempio, il mito dei 7 dormienti che avrebbero dormito per 300 anni in una grotta per poi risvegliarsi era un mito popolare tra le comunità cristiane eretiche diffusesi in Siria e Giordani nel III e IV secolo ed è un racconto che si ritrova nel Corano. I racconti relativi all'infanzia di Gesù e i miracoli che avrebbe compiuto sono scopiazzati da un Vangelo apocrifo, il Vangelo dell'Infanzia di Tommaso.
Infine, nel Corano, il passo che i buonisti sono soliti citare a vanvera, quello che dice che uccidere anche una sola persona è come uccidere l'intera umanità (Verso citato a vanvera perché, se si legge l'intero passo, questo ordine sarebbe stato dato da Allah agli israeliti e NON ai musulmani! Ai musulmani viene dato l'ordine successivo che parla di uccidere per decapitazione o crocifissione o mutilazione gli infedeli che si oppongono ad Allah e al suo messaggero!), rende evidente che l'autore del Corano creda che quel verso sarebbe "Parola di Allah" o di Dio. Ma quel verso è tratto dal Talmud che è un commentario alla Torah e non la Torah! Nessuno, né ebreo né cristiano, ritiene quello che è scritto nel Talmud parola di Dio! Quindi, Allah avrebbe confuso la Torah, testo di ispirazione divina, con il Talmud, testo puramente umano!
Ma, del resto, leggendo il Corano risulta chiarissimo che l'autore ha una comprensione molto superficiale e, addirittura, grossolanamente sbagliata sia del Giudaismo che del Cristianesimo! (Vedi la Trinità in cui viene inserita Maria al posto dello Spirito Santo, di cui non vi è traccia alcuna nel Corano, vedi l'affermazione secondo cui gli ebrei crederebbero che Dio avrebbe un figlio di nome Ezra, cosa assolutamente falsa e infondata, vedi Maria madre di Gesù confusa con Maria sorella di Aronne).


domenica 2 gennaio 2022

È possibile indurre la paralisi del sonno?


La risposta è SI

Consiste nello sdraiarsi sul letto a pancia in giù e con le braccia distese parallelamente al corpo. Rilassarsi (non cercare di muovere il corpo), rimanere consapevoli del proprio respiro; sentire l'aria che entra ed esce dai polmoni (svuotare la mente).

Dopo circa dieci minuti sentirete un formicolio nel vostro corpo, o forse un ronzio nell'orecchio. Non muoverti e lascia che tutto accada, perché il tuo corpo inizierà già a paralizzarsi e le allucinazioni cominceranno ad apparire con il passare dei secondi.

Stai calmo, ricorda che le allucinazioni sono prodotte dalla tua mente e goditi l'esperienza. Se, invece, cominciate a sentirvi terrorizzati e volete lasciare l'evento, sbattete gli occhi incessantemente o respirate profondamente e la paralisi passerà immediatamente.



 
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