giovedì 14 agosto 2025

Con droni e webcam, una nuova caccia globale al mostro di Loch Ness


È tornata la febbre per Nessie. Il 26 e 27 agosto 2023, sulle acque scure e profonde del Loch Ness, centinaia di volontari, ricercatori indipendenti e curiosi si sono riuniti per prendere parte a quella che è stata annunciata come la più grande spedizione di ricerca degli ultimi cinquant’anni sul leggendario mostro di Loch Ness.

L’operazione, organizzata dal Loch Ness Center di Drumnadrochit, ha unito tradizione e tecnologia: droni dotati di camere termiche, telecamere a infrarossi e persino un idrofono per captare suoni subacquei hanno sorvolato e scandagliato il lago, mentre squadre di volontari si alternavano lungo le rive e a bordo di piccole imbarcazioni. Parallelamente, appassionati di tutto il mondo hanno monitorato in diretta le acque scozzesi grazie a webcam posizionate strategicamente intorno al bacino.

La storia moderna di Nessie affonda le sue radici nel 1933, quando Aldie Mackay, gestore dell’ex Drumnadrochit Hotel, riferì di aver visto una “bestia acquatica” emergere dalle acque. La notizia fece scalpore e trasformò Loch Ness, il più grande specchio d’acqua dolce del Regno Unito con i suoi 37 chilometri di lunghezza e 230 metri di profondità, in un luogo di pellegrinaggio per cacciatori di misteri, turisti e scienziati.

Da allora, il mito non ha fatto che crescere, alimentato da presunti avvistamenti, fotografie controverse e racconti spesso difficili da verificare. Nel corso dei decenni, sono state avanzate molte teorie: per alcuni Nessie sarebbe un rettile marino preistorico sopravvissuto, per altri un’anguilla gigante, uno storione o persino un elefante da circo fuggito.

Altri, più scettici, hanno sempre spiegato le apparizioni come tronchi galleggianti, giochi di luce, onde anomale o semplici burle. Ma la leggenda non si è mai spenta.

Per Alan McKenna, portavoce del Loch Ness Center, l’obiettivo non è soltanto quello di dimostrare l’esistenza del mostro, ma di “ispirare una nuova generazione di appassionati di Loch Ness”.

In un’intervista alla BBC, McKenna ha chiarito: “Non ogni increspatura o onda è una bestia. Alcune possono essere spiegate, ma ce ne sono altre che non lo sono. Chiediamo ai volontari di osservare, documentare e distinguere i fenomeni naturali da quelli ancora senza risposta”.

L’uso di droni con camere termiche rappresenta una novità assoluta nella storia delle spedizioni su Loch Ness. Questi strumenti sono in grado di rilevare variazioni di temperatura sulla superficie e nel sottosuolo acquatico, permettendo di individuare eventuali sagome o movimenti non riconducibili a fauna nota. Allo stesso modo, le telecamere a infrarossi possono registrare attività anche di notte, quando il lago assume un’aura ancora più misteriosa.

Particolarmente interessante è l’impiego dell’idrofono, un dispositivo capace di catturare i suoni subacquei: eventuali rumori anomali potrebbero infatti fornire indizi preziosi sull’esistenza di grandi creature non ancora identificate.

Al di là dell’aspetto scientifico, Nessie è diventato un fenomeno economico e culturale di enorme portata. Il turismo legato al mostro di Loch Ness genera ogni anno milioni di sterline per la regione delle Highlands. Alberghi, negozi di souvenir, tour guidati e centri di ricerca attraggono visitatori da ogni parte del mondo, rendendo la leggenda una risorsa imprescindibile per l’economia locale.

Non sorprende, dunque, che la più grande indagine degli ultimi decenni abbia riscosso un’attenzione mediatica planetaria. I giornali internazionali hanno rilanciato la notizia, i social network hanno amplificato l’entusiasmo e persino i più scettici non hanno potuto fare a meno di seguire con curiosità l’evento.

Molti volontari hanno raccontato di essersi uniti alla spedizione mossi non soltanto dal desiderio di scoprire la verità, ma anche dal fascino della leggenda. Craig Gallifrey, uno dei partecipanti, ha dichiarato: “Credo che ci sia qualcosa nel loch, anche se non so cosa sia. Penso che ci debba essere qualcosa che alimenta tutte queste speculazioni. Qualunque sia l’esito, la leggenda continuerà a vivere”.

Questa prospettiva riflette un sentimento condiviso da molti: anche in assenza di prove definitive, il mistero del mostro di Loch Ness conserva un potere evocativo che va oltre i fatti.

La comunità scientifica resta divisa. Se da un lato i biologi marini sottolineano l’improbabilità che un grande animale sconosciuto possa vivere indisturbato per secoli in un ambiente come Loch Ness senza lasciare tracce tangibili, dall’altro non si può negare che il lago nasconda ancora zone inesplorate e condizioni particolari che alimentano interrogativi.

Molti ricordano come, in passato, tecniche di monitoraggio come il sonar o la fotografia subacquea abbiano portato a risultati ambigui, senza mai fornire una risposta definitiva. La speranza è che le tecnologie moderne, più sofisticate e precise, possano finalmente fare luce sul mistero.

Al di là delle prove, Nessie rimane un simbolo. Simbolo della curiosità umana, della nostra voglia di credere che ci sia ancora qualcosa di ignoto da scoprire, un’ombra che sfugge alle spiegazioni razionali.

Il mito del mostro di Loch Ness sopravvive perché incarna il confine tra realtà e immaginazione, tra scienza e leggenda. Ogni nuova indagine, ogni spedizione, anche se non porta risultati concreti, contribuisce a rafforzare questo racconto collettivo che da quasi un secolo appassiona milioni di persone.

La spedizione del 2023 difficilmente metterà la parola fine al mistero di Loch Ness. Anche se le tecnologie avanzate non dovessero rilevare nulla di anomalo, la leggenda continuerà ad attirare ricercatori, turisti e sognatori.

In fondo, Nessie non è soltanto un presunto mostro, ma un patrimonio culturale che unisce folklore, turismo e scienza. E forse, come suggerisce Gallifrey, ciò che conta davvero non è tanto scoprire se il mostro esista, ma continuare ad alimentare la magia di un lago che custodisce ancora i suoi segreti.


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