giovedì 3 giugno 2021

Negromanzia






La negromanzia o necromanzia (dal greco νεκρομαντεία, nekromanteía, composto di νεκρός «morto» e μαντεία «predizione») è una forma di divinazione, in cui i praticanti (detti necromanti) cercano di evocare spiriti e defunti.
A partire dal medioevo, la negromanzia è stata associata sovente alla magia oscura e all'evocazione di demonî in genere.
Letteralmente "necromanzia" è la magia operata sulla morte - μαντεία (divinazione, magia) sul νεκρός, (morto); "negromanzia", invece, è un calco latino, che sostituisce a νεκρός il lemma niger (gen. nigri), da intendersi come "magia nera". I termini sono spesso erroneamente confusi, generando un circolo vizioso semantico e relativa confusione, soprattutto in letteratura, per esempio nella narrativa fantasy.
Sinonimo di negromanzia è psicomanzia (dal greco "ψυχο-, psycho-": anima).
Il Libro dei morti egizio è spesso erroneamente considerato come un antico testo di negromanzia: in realtà il suo scopo non era quello di richiamare un defunto dall'aldilà, quanto piuttosto di agevolarne il passaggio verso l'altro mondo.
La Bibbia contiene numerosi riferimenti alla negromanzia. Nel Deuteronomio il popolo di Israele è messo in guardia dalle pratiche negromantiche degli abitanti di Canaan. In un altro passaggio il re d'Israele Saul chiede alla Strega di Endor di invocare lo spirito di Samuele, da cui però ottiene solo un presagio di morte e distruzione imminenti (1Sam 28,7-25).
Si ritiene che la negromanzia fosse molto diffusa anche in Caldea, in Etruria e a Babilonia. I negromanti babilonesi erano chiamati Manzazuu o Sha'etemmu, e gli spiriti che essi invocavano erano detti Etemmu. Lo storico Strabone la cita come principale arte divinatoria dei persiani.
Nel paganesimo scandinavo pre-cristiano esisteva la pratica di sedere sul tumulo, che consentiva di mettersi in contatto col defunto.
Il rosacrociano Robert Fludd, nel XVII secolo, descrive la negromanzia (Ars Goetia) come un commercio con spiriti impuri.
Nel mondo moderno sono praticate tecniche di divinazione chiaramente correlate alla negromanzia, mentre lo spiritismo, fondato da Allan Kardec nel XIX secolo, non è una forma di negromanzia, perché condanna la divinazione. Il channeling consente, secondo i suoi fautori, di mettersi in contatto con creature soprannaturali, che includono gli spiriti dei defunti. All'interno del Vudù, ancora praticato a Haiti e in altri luoghi, esistono pratiche riconducibili a forme di negromanzia.
Il tema della catabasi dell'eroe, che si spinge negli inferi per ottenere servigi o conoscenza dai defunti, ricorre nella letteratura almeno dall'Odissea, in cui Ulisse si reca nell'Ade e tenta di mettersi in contatto con lo spirito dell'indovino Tiresia, usando gli incantesimi appresi da Circe.
La discesa all'Ade di Ulisse è replicata da quella di Enea nell'Averno, nell'Eneide di Virgilio. Nell'anti-Eneide per eccellenza, la Pharsalia, Lucano inserisce un episodio di negromanzia: la maga tessala Eritto, riesumando il cadavere di un soldato morto in battaglia, gli fa predire la futura distruzione di Roma.
La tradizione letteraria della negromanzia propriamente detta si perde nella storia medievale e nella letteratura ottocentesca, ad esempio nel mito di Faust.
Dalla tradizione letteraria, il tema è passato direttamente alla letteratura di genere, come il fantasy (ad esempio nel Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, o The Summoning di Kelley Armstrong).
Tra i numerosissimi riferimenti nella cultura di massa e nella pop music contemporanea, nel brano The Necromancer del trio canadese Rush, pubblicato nell'album Caress of Steel del 1975, l'antagonista citato nel testo della canzone è un negromante.

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