sabato 19 giugno 2021

Paul Amadeus Dienach: il Diario segreto dell’uomo che affermò di aver vissuto nell’anno 3906.

Il filosofo Gian Battista Vico interpreta il cammino dell’umanità come una serie di corsi e ricorsi storici: da ogni epoca oscura si passa ad una eroica e quindi ad una luminosa, governata dalla ragione, alla quale seguirà una nuova decadenza e la successiva rinascita, in un ciclo eterno di caduta e ripartenza.

Vico individua nella civiltà della Grecia Classica (e la successiva egemonia romana) il punto più alto della prima età d’oro della storia umana. Il filosofo ha la fortuna di vivere nella seconda epoca della ragione (a cavallo tra ‘600 e ‘700), seguita ai secoli oscuri delle invasioni barbariche e all’età eroica dei Comuni. Ma se fosse vivo oggi, in quale fase del cammino umano metterebbe questi anni?

Difficile dirlo, però non stupisce che qualcuno abbia collocato proprio in una valle tra Grecia e Macedonia il luogo di partenza per il futuro rinascimento dell’umanità. Non è molto vicino, bisognerà aspettare ancora 850 anni, ma occorre avere speranza, perché arriverà. Chi lo racconta ne è certo, perché ha viaggiato nel futuro.

Questa non è la storia di qualche mitomane o di qualcuno in cerca di visibilità, anzi. L’uomo che ha viaggiato nel tempo non ne ha fatto parola finché è stato in vita e ha lasciato il racconto della sua esperienza scritto in alcuni diari.

E’ Paul Amadeus Dienach



Un uomo come tanti Amadeus, che nasce nel 1884 a Zurigo. Diventa insegnante di francese e tedesco e nel frattempo vive un amore sfortunato: la donna di cui è innamorato si sposa con un altro, più ricco di lui, e dopo due anni morirà di tubercolosi.

Dienach va avanti con la sua vita, finché nel 1917 non si ammala. Non contrae una banale influenza e nemmeno la pericolosa febbre spagnola che provoca milioni di morti in quegli anni. La sua è una malattia misteriosa e incurabile, comparsa intorno al 1915 e praticamente sparita (o quasi) nel 1924, l’encefalite letargica.

Un sonno improvviso e profondo si impadronisce dei malati, che possono rimanere addormentati da pochi minuti a qualche giorno, fino a intere settimane e mesi, in uno stato comatoso dal quale ci si può risvegliare come no.

In quella prima comparsa della malattia, nel 1917, Amadeus dorme per due settimane, e quando si risveglia non ricorda nulla. Nel 1921 l’encefalite letargica lo colpisce in forma molto più violenta: resta in stato comatoso per un anno, durante il quale rimane ricoverato in un ospedale di Zurigo. Quando si risveglia sua madre non c’è più e lui patisce i primi sintomi di un’altra malattia che all’epoca non lascia scampo, la tubercolosi.

La fredda Zurigo non è salubre per i malati di tisi, così Dienach si trasferisce nella ben più mite Atene, dove insegna francese e tedesco all’università. Lì avrà come allievo Georgios Papachatzis, che poi diventerà un eminente professore di diritto e giurista del Consiglio di Stato greco.

Non è una figura di secondo piano Papachatzis in questa storia, perché proprio a lui Dienach consegna i suoi diari prima di ripartire per la Svizzera, nel 1924, quando ormai si sente prossimo alla fine.

Sono un regalo per l’amico, destinati solo a lui, che infatti legge e traduce quelle 800 pagine, rendendosi conto di avere in mano qualcosa di straordinario: il frutto di una mente ottenebrata dalla malattia, di una fervida fantasia, oppure il resoconto di un’avventuroso viaggio nel tempo compiuto restando fermo in un letto di ospedale?

La risposta sta nella mente di chi legge, perché Papachatzis decide di pubblicare quei diari cinquant’anni dopo averli ricevuti in regalo, non senza trovare ostacoli da parte delle autorità politiche e religiose dell’epoca. Dienach, consapevole della portata di ciò che racconta, precisa più volte in alcune note lasciate a margine dei diari che lui non è uno scrittore, né uomo dotato di fantasia: racconta di un’esperienza vissuta in quell’anno di coma.

Dienach, che ovviamente non ha coscienza di essere entrato in coma a maggio del 1921, si risveglia nell’anno 3905, in un corpo che non è il suo, ma quello di un certo Andeas Northam, un uomo italiano ricoverato in un ospedale di Molsen dopo essere stato vittima di un incidente con una macchina volante (linsen). I medici parlano con Andreas, gli dicono chi è e cosa ha avuto, ma quell’uomo non riconosce niente e nessuno, perché è Amadeus, che non capisce la lingua parlata dai medici (comunque di origine nordica), si stupisce di quell’ambiente tutto vetro e luci, e vede per la prima volta quelle strane divise indossate dal personale ospedaliero.

Andreas/Amadeus non risponde ai tentativi fatti per risvegliare la sua memoria, non riconosce i suoi più cari amici e viene mandato in una struttura dove dovrebbe recuperare la sua coscienza. E’ lì che Dienach apprende tutto quello che è successo nei duemila anni compresi nel suo viaggio temporale.

Nel susseguirsi dei corsi e ricorsi storici c’è all’inizio un tempo oscuro, che i nostri posteri chiameranno Preistoria, e che Dienach racconta così:

Il XX e XXI secolo sono funestati da guerre mondiali, dall’oppressione dell’uomo sull’uomo e dal mancato rispetto della natura. I valori cambiano e lo smodato consumismo distrugge il pianeta e le coscienze degli uomini. Sono anni dove il potere economico e politico è detenuto da un Nuovo Ordine del Mondo (testuali parole). Violenza e povertà dilagano, in particolare in Africa e in Asia. Il pianeta è sovrappopolato e Marte diventa la meta di una colonia terrestre, che dura poco, perché dopo una sessantina d’anni un evento catastrofico spazzerà via tutti i 20 milioni di persone che lo abitano.

Nell’anno 2309 il Vecchio Continente sarà quasi completamente annientato da una guerra nucleare. La popolazione sopravvissuta sul pianeta inizia a migrare, e nell’Europa del sud arrivano genti dal nord. Gli uomini sono ormai quasi privi di una qualsiasi forma di vita spirituale.

Segue l’età degli eroi che per i nostri posteri è l’Era Antica o Eldere, durante la quale, alla fine del XXIV secolo, nasce un governo mondiale, che porta legalità e ordine: il pianeta non è più diviso in nazioni, e tutti si sentono cittadini della Terra. Il rinascimento inizia nel 2894, in un luogo tra Grecia e Macedonia chiamato Valle delle Rose, dove nasce il “Movimento dei Duecento”, dal quale riparte una nuova spiritualità ed anche un uomo nuovo dal punto di vista fisico, frutto di un modo di vivere diverso, più libero e gioioso.

Arriva infine l’età della ragione che per i nostri posteri è la Nuova Era o Nojere, dove spicca un uomo Alex Volky, che nel 3382 libera gli uomini dal dolore e insegna loro a trovare una nuova spiritualità e una gioia immensa grazie alla meditazione, talmente forte da risultare mortale se non si è pronti a riceverla.

Nel 3842 sbocciano le prime rose blu di un saggio giardiniere, dopo cinquanta anni di tentativi, nella Valle delle Rose.


Un futuro utopistico?

Questo è il percorso fatto dall’uomo nel corso di duemila anni. In quel nuovo mondo gli uomini lavorano solo per due anni, tra i 19 e i 21, poi ognuno si dedica a ciò che più gli piace. Il concetto di proprietà privata non se lo ricorda più nessuno, perché è lo stato ad occuparsi dei bisogni delle persone. Non esiste più nemmeno il matrimonio, le relazioni sono libere ma non la procreazione: chi vuole mettere al mondo un figlio deve ottenere l’autorizzazione dello stato, per evitare la sovrappopolazione, causa di tanti mali del passato. La giustizia è garantita, perché al governo ci sono persone che si preoccupano del bene comune e non di quello dei singoli.

Le religioni, svuotate degli antichi dogmi, sono tutte tollerate, ma ormai unificate in un solo credo: il Samith è il tutto che comprende tempo e spazio.

Dienach apprende anche dell’esistenza degli extraterrestri, che avrebbero potuto prendere contatto con gli uomini già migliaia di anni fa, ma non lo hanno mai fatto perché consapevoli della loro mentalità ristretta. Forse, in qualche particolare momento storico, hanno dato una mano all’umanità, senza mai farsi riconoscere.

Amadeus/Andreas viaggerà per tutta Europa e avrà modo di visitare Markfor, la nostra Roma, ma cinque volte più grande. Nel 3905 c’è ancora la statua di Giordano Bruno, ma il Colosseo chissà che fine avrà fatto…


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