La superstizione è una credenza
di natura irrazionale che può influire sul pensiero e sulla condotta
di vita delle persone che la fanno propria. Generalmente si concreta
nel convincimento che gli eventi futuri possano essere influenzati da
particolari comportamenti senza che si possa dimostrare o anche solo
ragionevolmente desumere una relazione causale.
Il termine deriva dal latino
superstitiònem, composto da sùper (sopra) e stìtio
(stato), sulla base di "stàre" o "sìstere";
venne impiegato da Cicerone nel De natura deorum per indicare
la devozione patologica di chi trascorre le giornate rivolgendo alla
divinità preghiere, voti e sacrifici, affinché serbi i suoi figli
"superstiti" (cioè sani e salvi). Da qui il termine, come
espressione di atteggiamento di pavido uso del soprannaturale con lo
scopo di scamparla.
Dalle varie dottrine religiose vengono
normalmente bollate come superstizioni le teorie e credenze non
condivise, oppure desuete o divenute palesemente inaccettabili.
Albert Einstein, ad esempio, partendo
dalla religione ebraica, affermò quanto segue sulle religioni in
generale:
«La religione ebraica, come
tutte le altre, è un'incarnazione delle più puerili
superstizioni»
|
I termini religione e superstizione
hanno portato, in alcuni casi anche a problematiche di tipo
traduttivo. Ad esempio, nel De Rerum Natura di Lucrezio –
che la considerava un instrumentum regni – è presente il
seguente passo:
«Humana
ante oculos foede cum vita iaceret in terris, oppressa gravi sub
religione quae caput a caeli regionibus ostendebat
Trad. Mentre l’umanità
vergognosamente giaceva sulla terra davanti agli occhi (di tutti)
oppressa sotto il grave peso della superstizione, che dalle
regioni del cielo mostrava il suo capo»
|
Mentre secondo alcuni la traduzione
corretta è quella più fedele alle parole del testo originale,
pertanto “religione”, per altri la parola sarebbe da tradurre col
termine “superstizione” sostenendo che per l'autore le religioni
equivalgono a superstizioni. Tradurre la parola con superstizione,
tuttavia, farebbe perdere il rapporto originale tra il significante
“religione” e il significato che l'autore attribuiva alla stessa.
Spesso nelle superstizioni è possibile riconoscere il persistere
(eventualmente in forma modificata) di credenze pseudoscientifiche
non più compatibili con le conoscenze scientifiche. Questa
persistenza dà l'idea della forza della superstizione e dei modi in
cui si radica nelle credenze popolari.
A partire dal XIX secolo la
superstizione è divenuta terreno di una serie di studi psicologici.
La cosiddetta “superstizione eccessiva” diviene sintomo del
disturbo ossessivo-compulsivo, un disordine psichico e
comportamentale.
Inoltre, da uno studio condotto dal
Dipartimento di Psicologia Generale, Università degli Studi di
Padova, si deduce che la superstizione potrebbe offrire
un'inefficiente strategia di coping nel fronteggiare
incertezze e pericoli e, dunque, agisca in maniera sinergica con
nozioni alterate e ipertrofiche di responsabilità, ipervalutazione
del rischio e intolleranza verso l'eventuale mancanza di certezze.
Le superstizioni percorrono i millenni
e hanno interessato tutti i popoli antichi. Per quanto riguarda i
Romani, Marco Tullio Cicerone così scriveva nel De divinatione
(II, XXIV):
«Assai spiritoso è il vecchio motto di Catone che affermava di meravigliarsi che un aruspice non si mettesse a ridere ogni volta che vedeva un altro aruspice. Quante sono le cose predette da essi che sono poi accadute? E se qualcuna si è verificata, quali prove ci sono contro l'eventualità che essa sia accaduta per caso? Il re Prusia, allorché Annibale, esule presso di lui, lo esortava a far guerra a oltranza, diceva di non volersi arrischiare, perché l'esame delle viscere lo dissuadeva. “Dici sul serio?” esclamò Annibale, ”preferisci dar retta a un pezzetto di carne di vitella che a un vecchio condottiero?”. Anche Cesare, dissuaso dal grande aruspice dall'imbarcarsi per l'Africa prima del solstizio d'inverno, non si imbarcò egualmente? Se non l'avesse fatto le truppe dei suoi nemici avrebbero avuto il tempo di concentrarsi in un solo luogo. Dovrei mettermi a fare l'elenco (che sarebbe davvero infinito) dei responsi degli aruspici senza alcun effetto o addirittura opposto alle previsioni?» |
Nonostante la condanna implicita della
cultura moderna verso la superstizione, molte credenze di questo
genere sono estremamente diffuse anche nella società occidentale e
persino favorite dai mezzi di comunicazione di massa. È il caso, ad
esempio, dell'astrologia dell'oroscopo, una pratica divinatoria.
La superstizione è anche molto
diffusa, in genere, nella pratica del gioco d'azzardo, in particolare
di quelli basati esclusivamente sul caso, dalla roulette alle
lotterie. Anche in questo caso la cultura dei media (e non solo) non
contrasta la superstizione, anzi, spesso la coltiva. Si può citare
per esempio il caso dei numeri "ritardatari" nel gioco del
lotto, che vengono ampiamente segnalati dai media con l'implicita
(talvolta esplicita) indicazione che siano i numeri che hanno
maggiori probabilità di essere estratti, il che va apertamente
contro le leggi del calcolo delle probabilità e la semplice logica
(significherebbe riconoscere che i bussolotti conserverebbero memoria
delle estrazioni pregresse). In casi del genere, tali credenze
superstiziose vengono rivestite di credibilità attraverso il
riferimento improprio a leggi matematiche e scientifiche (come la
legge dei grandi numeri).
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