mercoledì 25 marzo 2020

Śambhala

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Śambhala (sanscrito, devanāgarī: शम्भल; tibetano: bde ’byung; anche sham bha la, anche Sambhala o adattato come Shambhala) è, secondo il Kālacakratantra, e quindi per la tradizione del buddhismo tibetano, il nome di un regno mitico e segreto situato a nord dell'India, o a nord della regione himalayana.
Il toponimo "Śambhala" ha origine nella tradizione hindū dove, nel Mahābhārata e in alcuni Purāṇa, indica un villaggio di brahmani, collocato in luogo imprecisato, nel quale, secondo le profezie lì riportate, alla fine di questa èra oscura detta del kali-yuga nascerà l'ultimo avatāra di Viṣṇu, Kalki, al fine di ristabilire la giustizia e il dominio dei brahmani.
Nella religione tibetana non-buddhista detta Bon, la localita mitica di Tazik (anche Wolmo Lungrig, 'Olmo lung ring) sarebbe un corrispettivo allo Śambhala buddhista.

Origini e contenuti del mito buddhista tibetano di Śambhala
Il mito inerente al regno segreto di Śambhala attiene a quella scrittura, databile intorno al X secolo, conservata nel Canone buddhista tibetano (al Toh. 362 con il titolo dus kyi ’khor lo rgyud) avente il titolo comune in lingua sanscrita di Kālacakratantra.
In tale testo, introdotto nel Tibet intorno all'XI secolo con l'arrivo di paṇḍita indiani di fede buddhista, viene narrato che il Buddha Śākyamuni (in tibetano: Sangs rgyas sha kya thub pa'), il 15º giorno del terzo mese dall'illuminazione si trovava sul Gṛdhrakūṭaparvata (tibetano: Bya rgod phung po’i ri), ove stava insegnando lo Śatasāhasrikāprajñāpāramitā (tibetano: Sher phyin stong phrag brgya pa, al Toh. 8) quando, su richiesta di Sucandra (tibetano: Zla ba bzang po), il re del Dharma (dharmarāja) del mitico regno di Śambhala, il quale voleva conseguire il Dharma senza abbandonare il mondo, si manifestò nello stūpa di Śrī Dhānyakataka (dPal ldan ’bras spungs kyi mchod rten; nei pressi di Amārvati, Sud dell'India), insegnando il Kālacakratantra al re e a una vasta assemblea di devoti divini e umani.
Rientrato nel segreto regno di Śambhala, Sucandra comporrà questo mūlatantra in dodicimila versi insegnandolo ai suoi sudditi, insieme a un commentario in sessantamila versi. Ambedue questi testi sarebbero andati perduti. Sucandra avrebbe anche eretto un gigantesco maṇḍala tridimensionale trasformando Śambhala in un regno buddhista ideale con 960 milioni di villaggi.
Secondo questa tradizione religiosa il regno segreto di Śambhala dovrebbe collocarsi a nord del fiume Sita (oggi fiume Tarim, nel Turkestan orientale).

Descrizione del regno buddhista di Śambhala
Una delle descrizione più esaustive di questo regno segreto viene riportata nel Dang po'i sangs rgyas dpal dus kyi 'khor lo'i lo rgyus dang ming gi rnam grangs, opera del dotto poligrafo tibetano del XVIII secolo KLong rdol bla ma Ngag dbang blo bzang.
Essendo un regno di seguaci del tantrismo, le sue caratteristiche fisiche riflettono i simboli questa via spirituale: la sua forma è quella di un gigantesco fiore di loto, circondato da gigantesche montagne innevate, presenti, unitamente a splendidi boschi e laghi, anche negli interstizi dei petali di loto che costituiscono il regno.
La parte centrale del fiore di loto si eleva leggermente e lì si colloca la capitale di questo regno, Kalapa, che possiede un diametro di dodici leghe e sui cui sono stati eretti palazzi costruiti con l'oro, l'argento, con pietre preziose di ogni genere che rendono a tal punto splendente la capitale che la Luna piena al suo confronto emette un pallido bagliore. Per questa ragione la notte, a Kalapa, non può essere distinta dal giorno.
All'interno di questi palazzi sono collocati degli specchi di cristallo che consentono di vedere ciò che accade lontano. Allo stesso modo sui soffitti sono collocati dei lucernari che consentono di osservare i corpi celesti e la vita che lì si conduce. Tutti i palazzi della capitale sono circondati da alberi dai legni aromatici che profumano l'aria per miglia. Gli arredamenti dei palazzi di Kalapa sono preziosi e di perfetta fattura.
A nord della capitale sorgono dei picchi in cui sono raffigurati migliaia di volti di buddha, bodhisattva e deva. Mentre a sud di Kalapa si collocano profumate foreste di sandalo, con, ai loro lati, due laghi di dodici leghe di diametro dove uomini e nāga trascorrono il tempo in piacevoli attività su barche adornate di gioielli.
Al centro del bosco, questo posto tra i due laghi, si colloca il maṇḍala tridimensionale eretto da Sucandra. Questo mandala, costruito con i cinque metalli preziosi (oro, argento, turchese, corallo e perle) si sviluppa per quattrocento cubiti di ampiezza.
Ogni petalo di cui si compone Śambhala contiene 120 milioni di villaggi, essendo otto i petali complessivamente il regno segreto ospita 960 milioni di villaggi. Su dieci milioni di villaggi vigila un governatore sottomesso al re, quindi vi sono 96 di questi governatori che insegnano al popolo le dottrine del Kālacakratantra.
Le case di Śambhala sono piacevoli a vedersi, erette su due piani ospitano i loro ricchi abitanti dai corpi sottili. I più poveri di Śambhala posseggono comunque centinaia di forzieri ricolmi di gioielli. Gli uomini indossano abiti di cotone dal colore bianco o rosso, mentre le donne vestono meravigliosi abiti di colore bianco o blu riccamente disegnati.
Non esistono rei, punizioni o prigioni a Śambhala in quanto i suoi abitanti sono naturalmente virtuosi. Gli abitanti del regno non soffrono di alcuna malattia o sofferenza e ottengono l'illuminazione in questo corpo e in questa vita mediante le corrette pratiche religiose.

Le profezie
Intorno al XII secolo, secolo in cui numerosi buddhisti abbandonano l'India oggetto della conquista islamica, si attestano delle leggende tibetane che profetizzano degli accadimenti lungo i secoli che riguardano questo regno segreto. Il mito vuole che tra il primo re Sucandra, autore del Paramādibuddhatantra e l'ottavo re Mañjuśrīkīrti, autore della sua sintesi che corrisponde al noi pervenuto Kālacakratantra si collochino altri sei re, ognuno con la durata del proprio regno di cento anni: Candra, Devendra, Tejavsi, Candradatta, Deveśvara, Viśvarupa e Deveśa. Il successore di Deveśa sarà il primo a vedersi assegnato l'appellativo di kulika ("detentore del lignaggio; rigs ldan).
Anche i kulika si avvicenderanno al trono di Śambhala ogni cento anni. Così il secondo kulika risulterà Puṇḍarīka (Pad ma dkar po) autore del commentario al Kālacakratantra indicato con il titolo Vimalaprabhā ("Luce immacolata", Vimalaprabhānāmakālacakratantraṭīkā dus 'khor 'grel bshad dri med 'od, ai Toh. 845/1347).
Attualmente a Śambhala regnerebbe il XXI kulika/kalkin Aniruddha (Ma 'gags pa; regno 1927-2027), mentre il suo successore sarà Narasiṃha (Mi yi seng ge, regno: 2027-2127).
Secondo il mito, quando il XXV kulika/kalkin, Rudracakrī (Drag po 'khor lo can) salirà al trono di Śambhala nell'anno 2327, il re dei miscredenti (detti mleccha, "barbari"; tibetano: kla klo, Lalo; intende qui i musulmani) scoprirà l'esistenza di Śambhala e condurrà le sue truppe oltre il fiume Sītā per il tentativo della sua conquista prevista per il 2425.
Allora Rudracakrī, riunito un esercito e con l'aiuto di dodici grandi divinità, lo annienterà, ristabilendo sulla Terra il Dharma del Kālacakratantra per altri diciotto secoli.


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