Śambhala
(sanscrito, devanāgarī: शम्भल;
tibetano:
bde ’byung; anche sham bha la,
anche
Sambhala
o adattato come
Shambhala) è, secondo il
Kālacakratantra, e quindi per la tradizione del buddhismo tibetano,
il nome di un regno mitico e segreto situato a nord dell'India, o a
nord della regione himalayana.
Il toponimo "Śambhala" ha
origine nella tradizione hindū dove, nel Mahābhārata e in alcuni
Purāṇa, indica un villaggio di brahmani, collocato in luogo
imprecisato, nel quale, secondo le profezie lì riportate, alla fine
di questa èra oscura detta del kali-yuga nascerà l'ultimo avatāra
di Viṣṇu, Kalki, al fine di ristabilire la giustizia e il dominio
dei brahmani.
Nella religione tibetana non-buddhista
detta Bon, la localita mitica di Tazik (anche Wolmo Lungrig, 'Olmo
lung ring) sarebbe un corrispettivo allo Śambhala buddhista.
Il mito inerente al regno segreto di
Śambhala attiene a quella scrittura, databile intorno al X secolo,
conservata nel Canone buddhista tibetano (al Toh. 362 con il titolo
dus kyi ’khor lo rgyud) avente
il titolo comune in lingua sanscrita di Kālacakratantra.
In tale testo, introdotto nel Tibet
intorno all'XI secolo con l'arrivo di paṇḍita indiani di fede
buddhista, viene narrato che il Buddha Śākyamuni (in tibetano:
Sangs rgyas sha kya thub pa'), il
15º giorno del terzo mese dall'illuminazione si trovava sul
Gṛdhrakūṭaparvata (tibetano:
Bya rgod phung po’i ri), ove
stava insegnando lo Śatasāhasrikāprajñāpāramitā (tibetano:
Sher phyin stong phrag brgya pa,
al Toh. 8) quando, su richiesta di Sucandra (tibetano:
Zla ba bzang po), il re del Dharma
(dharmarāja) del mitico regno di Śambhala, il quale voleva
conseguire il Dharma senza abbandonare il mondo, si manifestò nello
stūpa di Śrī Dhānyakataka (dPal ldan ’bras spungs kyi mchod
rten; nei pressi di Amārvati, Sud dell'India), insegnando il
Kālacakratantra al re e a una vasta assemblea di devoti divini e
umani.
Rientrato nel segreto regno di
Śambhala, Sucandra comporrà questo mūlatantra in dodicimila versi
insegnandolo ai suoi sudditi, insieme a un commentario in
sessantamila versi. Ambedue questi testi sarebbero andati perduti.
Sucandra avrebbe anche eretto un gigantesco maṇḍala
tridimensionale trasformando Śambhala in un regno buddhista ideale
con 960 milioni di villaggi.
Secondo questa tradizione religiosa il
regno segreto di Śambhala dovrebbe collocarsi a nord del fiume Sita
(oggi fiume Tarim, nel Turkestan orientale).
Una delle descrizione più esaustive di
questo regno segreto viene riportata nel Dang po'i sangs rgyas dpal
dus kyi 'khor lo'i lo rgyus dang ming gi rnam grangs, opera del dotto
poligrafo tibetano del XVIII secolo KLong rdol bla ma Ngag dbang blo
bzang.
Essendo un regno di seguaci del
tantrismo, le sue caratteristiche fisiche riflettono i simboli questa
via spirituale: la sua forma è quella di un gigantesco fiore di
loto, circondato da gigantesche montagne innevate, presenti,
unitamente a splendidi boschi e laghi, anche negli interstizi dei
petali di loto che costituiscono il regno.
La parte centrale del fiore di loto si
eleva leggermente e lì si colloca la capitale di questo regno,
Kalapa, che possiede un diametro di dodici leghe e sui cui sono stati
eretti palazzi costruiti con l'oro, l'argento, con pietre preziose di
ogni genere che rendono a tal punto splendente la capitale che la
Luna piena al suo confronto emette un pallido bagliore. Per questa
ragione la notte, a Kalapa, non può essere distinta dal giorno.
All'interno di questi palazzi sono
collocati degli specchi di cristallo che consentono di vedere ciò
che accade lontano. Allo stesso modo sui soffitti sono collocati dei
lucernari che consentono di osservare i corpi celesti e la vita che
lì si conduce. Tutti i palazzi della capitale sono circondati da
alberi dai legni aromatici che profumano l'aria per miglia. Gli
arredamenti dei palazzi di Kalapa sono preziosi e di perfetta
fattura.
A nord della capitale sorgono dei
picchi in cui sono raffigurati migliaia di volti di buddha,
bodhisattva e deva. Mentre a sud di Kalapa si collocano profumate
foreste di sandalo, con, ai loro lati, due laghi di dodici leghe di
diametro dove uomini e nāga trascorrono il tempo in piacevoli
attività su barche adornate di gioielli.
Al centro del bosco, questo posto tra i
due laghi, si colloca il maṇḍala tridimensionale eretto da
Sucandra. Questo mandala, costruito con i cinque metalli preziosi
(oro, argento, turchese, corallo e perle) si sviluppa per
quattrocento cubiti di ampiezza.
Ogni petalo di cui si compone Śambhala
contiene 120 milioni di villaggi, essendo otto i petali
complessivamente il regno segreto ospita 960 milioni di villaggi. Su
dieci milioni di villaggi vigila un governatore sottomesso al re,
quindi vi sono 96 di questi governatori che insegnano al popolo le
dottrine del Kālacakratantra.
Le case di Śambhala sono piacevoli a
vedersi, erette su due piani ospitano i loro ricchi abitanti dai
corpi sottili. I più poveri di Śambhala posseggono comunque
centinaia di forzieri ricolmi di gioielli. Gli uomini indossano abiti
di cotone dal colore bianco o rosso, mentre le donne vestono
meravigliosi abiti di colore bianco o blu riccamente disegnati.
Non esistono rei, punizioni o prigioni
a Śambhala in quanto i suoi abitanti sono naturalmente virtuosi. Gli
abitanti del regno non soffrono di alcuna malattia o sofferenza e
ottengono l'illuminazione in questo corpo e in questa vita mediante
le corrette pratiche religiose.
Intorno al XII secolo, secolo in cui
numerosi buddhisti abbandonano l'India oggetto della conquista
islamica, si attestano delle leggende tibetane che profetizzano degli
accadimenti lungo i secoli che riguardano questo regno segreto. Il
mito vuole che tra il primo re Sucandra, autore del
Paramādibuddhatantra e l'ottavo re Mañjuśrīkīrti, autore della
sua sintesi che corrisponde al noi pervenuto Kālacakratantra si
collochino altri sei re, ognuno con la durata del proprio regno di
cento anni: Candra, Devendra, Tejavsi, Candradatta, Deveśvara,
Viśvarupa e Deveśa. Il successore di Deveśa sarà il primo a
vedersi assegnato l'appellativo di kulika ("detentore del
lignaggio;
rigs ldan).
Anche i kulika si avvicenderanno al
trono di Śambhala ogni cento anni. Così il secondo kulika risulterà
Puṇḍarīka (Pad ma dkar po) autore del commentario al
Kālacakratantra indicato con il titolo Vimalaprabhā ("Luce
immacolata", Vimalaprabhānāmakālacakratantraṭīkā
dus 'khor 'grel bshad dri med 'od, ai
Toh. 845/1347).
Attualmente a Śambhala regnerebbe il
XXI kulika/kalkin Aniruddha (Ma 'gags pa; regno 1927-2027), mentre il
suo successore sarà Narasiṃha (Mi yi seng ge, regno: 2027-2127).
Secondo il mito, quando il XXV
kulika/kalkin, Rudracakrī (Drag po 'khor lo can) salirà al trono di
Śambhala nell'anno 2327, il re dei miscredenti (detti mleccha,
"barbari"; tibetano:
kla klo, Lalo; intende qui i
musulmani) scoprirà l'esistenza di Śambhala e condurrà le sue
truppe oltre il fiume Sītā per il tentativo della sua conquista
prevista per il 2425.
Allora Rudracakrī, riunito un esercito
e con l'aiuto di dodici grandi divinità, lo annienterà,
ristabilendo sulla Terra il Dharma del Kālacakratantra per altri
diciotto secoli.
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