«Ora è chiaro il potere
dell'imbalsamatore.
[...] "Lascia che i sacri emblemi
siano posti nella sala funebre", dice Anubi.
[...] Osiride [...] giace sul tavolo
dell'imbalsamazione.
[...] E Anubi dice a Osiride: "Sorgi
e vivi! Ecco la tua nuova sembianza!"»
(Testi dei sarcofagi, n°215)
Anubi (anche Anubis, dal greco Ἄνουβις,
ellenizzazione dell'originale egizio inpw o anepw: Inepu, Inpu, Anepu
o, più probabilmente, Anapa) è una divinità egizia appartenente
alla religione dell'antico Egitto. Era il dio della mummificazione e
dei cimiteri, protettore delle necropoli e del mondo dei morti (un
suo epiteto era "Signore degli Occidentali"); era
rappresentato come un uomo dalla testa di canide.
Nel costante evolversi del pantheon
egizio, Anubi assunse funzioni diverse in vari contesti. Adorato,
durante la I dinastia egizia (ca. 3100 a.C. - 2890 a.C.), come
protettore delle tombe, finì per assumere anche le funzioni di
imbalsamatore, inventore della mummificazione. Durante il Medio Regno
(ca. 2055 a.C. - 1650 a.C.) fu sostituito da Osiride come signore
dell'aldilà. Una delle sue mansioni principali era di accompagnare
le anime dei defunti nell'oltretomba, per poi compiere la pesatura
del cuore decisiva per l'ammissione delle anime nel regno dei morti.
Pur essendo una delle divinità egizie più antiche, rappresentate e
menzionate, Anubi non aveva quasi alcun ruolo nei racconti mitologici
dell'antico Egitto. Era anche il dio protettore del XVII nomo
dell'Alto Egitto, il cui capoluogo, Khasa, venne ribattezzato
Cinopoli ("Città dei cani") in epoca ellenistica, per il
culto che vi veniva celebrato. Anubi aveva numerosi titoli che
coglievano i vari aspetti della sua complessa natura:
"Colui che presiede
l'imbalsamazione".
"Colui che è sulla sua
montagna" (intendendo la montagna dove erano scavati gli ipogei
sepolcrali).
"Quello della necropoli".
"Colui che è nell'ut"
(imyut; ut, o out, era il termine che designava le bende delle
mummie).
Nome
Placchetta raffigurante lo sciacallo di
Anubi su un piedistallo. Walters Art Museum, Baltimora.
Anubis è la versione greca del nome
egizio del dio. Durante l'Antico Regno (ca. 2680 - 2180 a.C.) la
versione standard della scrittura geroglifica del suo nome era
composta dal suono ı͗npw (o anepw) seguito da uno sciacallo con
corpo umano.
Una forma differente del geroglifico
dello sciacallo, risalente alla fine dell'Antico Regno, lo
rappresentava integralmente su un alto piedistallo (questa forma ebbe
grande diffusione).
Stando alla trascrizione accadica delle
Lettere di Amarna, il nome di Anubi veniva vocalizzato, dagli egizi,
come Anapa. Anche se è probabile un collegamento del suo nome con il
termine che designava il figlio di un re (inpu), non è possibile
escludere che si riferisse al verbo inp, che significava "andare
in decomposizione, putrefarsi".
Ruoli
Il faraone Ay, con una pelle di
leopardo per commemorare la vittoria di Anubi su Seth, celebra i
funerali di Tutankhamon. Tomba di Tutankhamon.
Protettore delle tombe
In contrasto con la vera natura dei
canidi, Anubi era venerato come protettore delle tombe e dei
cimiteri. Numerosi testi e iscrizioni dell'antico Egitto fanno
precisi riferimenti a questo ruolo. L'epiteto Khentamentyu, che
significa Signore degli Occidentali e che successivamente divenne il
nome di una divinità canina a sé stante, allude specificamente a
questa funzione in quanto i defunti, sepolti sulla riva sinistra del
Nilo, dalla parte del tramonto, erano comunemente definiti gli
Occidentali. Aveva anche altri nomi connessi a queste funzioni
funerarie, fra cui Tepydjuef, che significa Colui Che è sulla Sua
montagna (dalla quale montagna avrebbe potuto sorvegliare le
sepolture), e Nebtadjeser, cioè Signore della Sacra Terra, in
riferimento alle zone del deserto adibite a necropoli. Con scopi
apotropaici, la sua effigie poteva comparire nei sigilli delle tombe
reali e nobiliari.
Il Papiro Jumilhac ha preservato uno
dei pochi miti su Anubi, in cui il dio protegge il corpo di Osiride
da Seth. Nel racconto, Seth tenta di attaccare il corpo di Osiride
trasformandosi in un leopardo: allora Anubi lo ferma e lo sottomette,
per poi marchiarne la pelle con un bastone di ferro arroventato. In
seguito, Anubi lo scortica e ne indossa la pelle come avvertimento
contro i profanatori di tombe. I sacerdoti addetti ai culti mortuari
indossavano una pelle di leopardo per commemorare la vittoria di
Anubi su Seth. La leggenda secondo cui Anubi avrebbe marchiato a
fuoco il dio Seth in forma di leopardo era utilizzata per spiegare
l'origine del manto maculato di questi felini.
Imbalsamatore
Con l'epiteto di Imyut, o Imout, che
può significare "Colui che è l'out/ut" (le bende delle
mummie) o "Colui che è nel luogo dell'imbalsamazione",
Anubi era strettamente associato alla mummificazione. Era anche
chiamato "Colui Che presiede il padiglione divino" (in
egizio: Khentyshenetjer), il quale padiglione potrebbe riferirsi alla
tenda (per-uabet) dove operavano gli imbalsamatori oppure alla camera
sepolcrale del faraone. Riferendosi ad Anubi, una formula dei Testi
delle piramidi recita:
«Anubi è sul suo ventre [del defunto]
[...]. La tua putrefazione non è; il tuo sudore non è; il defluire
dei tuoi liquidi non è; la tua polvere non è.»
(Testi delle piramidi, n°535)
In alcune tombe della necropoli tebana,
risalenti al Medio Regno, Anubi appare chinato sul defunto con lo
scettro rituale ur-hk3w, ur-hekau, detto "Grande di magia",
il cui scopo era quello di infondere nuovamente la vita; alcune
formule esprimono la funzione Anubi come vivificatore, tramite la sua
arte di imbalsamatore:
«La terra parla: le porte di Aker
[cioè dell'Orizzonte] si sono aperte per te, le doppie porte di Geb
[cioè della terra] sono spalancate per te, tu vieni fuori alla voce
di Anubi, egli ti ha spiritualizzato [...]»
(Testi delle piramidi, n°437)
Nel mito di Osiride, Anubi aiuta Iside
ad imbalsamare Osiride. Quando il mito di Osiride cominciò a
emergere, si diceva che, dopo l'assassinio di Osiride da parte del
fratello invidioso Seth, gli organi del dio defunto sarebbero stati
dati in dono ad Anubi. In riferimento a questo dettaglio del mito,
Anubi divenne il patrono degli imbalsamatori; illustrazioni di varie
copie del Libro dei morti mostrano un sacerdote recante una maschera
da Anubi, a mo' di casco sulla testa, mentre officia accanto alla
mummia.
Guida delle anime
A partire dal Periodo tardo (664 a.C. -
332 a.C.), Anubi venne talvolta rappresentato nell'atto di guidare le
anime dei singoli defunti dal mondo dei vivi al mondo dei morti,
talvolta illuminando cammino con la Luna tenuta nel palmo della mano.
Benché una funzione simile spettasse anche alla importante dea
Hathor, le raffigurazioni e le menzioni di Anubi come accompagnatore
dei defunti sono più comuni. Nello svolgimento di questa mansione,
poteva essere sincreticamente assimilato al dio Upuaut, chiamato
"Colui che apre le strade". Gli scrittori greci del periodo
romano dell'Egitto designarono tale ruolo con il termine
"psicopompo", che significa appunto "guida delle
anime" e che riferivano al loro dio Ermes, il quale aveva questa
mansione nella antica religione greca. L'arte funeraria di
quest'ultimo periodo raffigura Anubi mentre conduce per mano, al
cospetto di Osiride, uomini e donne con abiti di foggia greca.
La pesatura del cuore
Un epiteto di Anubi lo chiamava
"Guardiano delle scale". La drammatica scena della pesatura
del cuore del defunto, o psicostasia, fra le consuete illustrazioni
dei Libro dei morti, mostra Anubi intento a compiere la misurazione
per determinare se l'anima giudicata fosse degna di accedere al regno
di Osiride. Gli egizi credevano che nel Duat, ossia gli inferi così
come erano intesi dalla religione egizia, il cuore di ogni defunto
fosse soppesato, nella "Sala delle due Verità", o "delle
due Maat" sul piatto di una bilancia custodita da Anubi:
sull'altro piatto stava la piuma di Maat. Il peso del cuore non
doveva superare quello della piuma. Questo è il motivo per cui il
muscolo cardiaco non veniva asportato dalla salma durante la
mummificazione, a differenza di tutti gli altri organi; il cuore
(chiamato ib) era considerato la sede dell'anima. Se il cuore
risultava dello stesso peso della piuma di Maat, o più leggero, ciò
significava che il trapassato aveva condotto una vita virtuosa e
sarebbe perciò stato condotto nei campi Aaru, luogo di beatitudine,
presso Osiride. Se invece pesava più della piuma, il cuore veniva
divorato dal mostro Ammit e il suo possessore era condannato a
rimanere in eterno nel Duat, senza speranza d'immortalità. Un'altra
tradizione voleva che Anubi recasse l'anima al cospetto del defunto
Osiride, il quale compiva la psicostasia. Mentre il cuore veniva
pesato, il defunto recitava le cosiddette 42 confessioni negative.
Epiteti
I principali epiteti di Anubi sono
tutti relativi al suo ruolo di divinità funeraria e spesso lo
ritraggono come signore del mondo dei morti, nella sua interezza o in
una sua parte. A partire dalla sua precoce comparsa nella civiltà
egizia, Anubi ebbe almeno cinque epiteti principali: Khentamentyu
("Signore degli Occidentali"), Nebtadjeser o Khentadjeser
("Signore della sacra terra"), Tepydjuef ("Colui che è
sulla sua montagna"), Khentasehnetjer ("Colui che presiede
il padiglione divino"), Imyout ("Colui che è nell'ut",
cioè le bende delle mummie, o "Colui che è nel luogo
dell'imbalsamazione"). Questi ultimi quattro giunsero intatti
fino alle epoche tolemaica e romana dell'Egitto (IV secolo a.C. - IV
secolo d.C.).
Signore degli Occidentali
L'epiteto Khentamentyu, "Signore
degli Occidentali" (con le sue varianti Khentyimentet, "Signore
dell'Occidente", e Nebimentet, del medesimo significato) era
attribuito principalmente a Osiride già a partire dalla fine
dell'Antico Regno, quando questi divenne la principale divinità
funeraria della religione egizia; tuttavia, Anubi non ne fu mai
privato del tutto. Questo epiteto è stato fonte di dibattiti in
ambito egittologico, in quanto Khentamentyu è anche il nome di una
divinità canina a sé stante venerata ad Abido già a partire dalla
I dinastia, come attestano le evidenze archeologiche. Ha prevalso la
tendenza a distinguere accuratamente l'omonimo dio indipendente
dall'epiteto attribuito ad Anubi a partire dalla V dinastia e a
Osiride a partire dalla VI dinastia.
Signore della sacra terra
L'aspetto di Anubi come divinità della
morte si riflette principalmente sugli epiteti Nebtadjeser e
Khentadjeser, entrambi dal significato di "Signore della sacra
terra". La seconda versione è sicuramente la più antica,
mentre la prima fece la sua comparsa solamente sotto la IV dinastia
(ca. 2500 a.C.). La sacra terra è la necropoli e, per estensione,
l'aldilà. Su di una stele del Nuovo Regno, conservata al Rijksmuseum
van Oudheden di Leida, -tadjeser compare come toponimo per designare
la necropoli del nòmo tinita. La versione Nebtadjeser, benché molto
comune in riferimento a Osiride (soprattutto nel Medio Regno e nella
zona di Abido), era riferito soprattutto ad Anubi.
Colui che è sulla sua montagna
L'epiteto Tepydjuef, "Colui che è
sulla sua montagna", rimase uno dei più utilizzati per tutto il
corso della storia egizia, compresa la dominazione romana: era molto
comune sulle pareti delle mastabe dell'Antico Regno e sulle stele
erette ad Abido nel Medio Regno. Tale espressione fornisce una
precisazione geografica relativamente ai luoghi scelti dagli egizi
per l'installazione dei cimiteri, inoltre dimostra che il potere del
dio-sciacallo si estendeva specialmente, secondo gli egizi, sulle
colline rocciose (jebel, in arabo) che si estendevano tra i limiti
delle terre coltivate lungo il Nilo e le estensioni del deserto
libico e orientale. Queste zone montagnose erano costituite da un
terreno fortemente accidentato ma ricco di pietre, minerali e metalli
preziosi. Si trattava, inoltre, di zone molto frequentate da
sciacalli e altri canidi in cerca di cibo e carogne.
Colui che presiede al padiglione
divino
L'epiteto Khentysehnetjer, "Colui
che presiede al padiglione divino", appare regolarmente nelle
formule d'offerta incise, durante l'Antico Regno, sui muri delle
mastabe dei privati così come nei testi delle piramidi dei sovrani
della VI dinastia. Il seh-natjer era una struttura temporanea,
sostanzialmente una tenda, oppure una struttura in pianta stabile -
ritenuta al confine tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Si
credeva che la protezione di Anubi si esercitasse specialmente sui
morti durante il processo di mummificazione che si svolgeva in tale
ambiente.
Colui che è nel luogo
dell'imbalsamazione
La più famosa funzione di Anubi era
esplicata dall'epiteto Imyout (o Imout), comunemente tradotto come
"Colui che è nel luogo dell'imbalsamazione", ma anche come
"Colui che è nell'out/ut" (out, oppure ut, era il termine
che designava le bende delle mummie) e attribuito soltanto a lui. Il
senso preciso di questa espressione non è mai stato chiarito con
certezza, anche se i sacerdoti incaricati di avvolgere la salma con
le bende erano designati con il termine outy. È anche possibile che
questo termine si riferisse ad ouhat, oasi, luogo dove si reperivano
numerosi prodotti, fra cui le resine, necessari alla mummificazione.
Sotto la dinastia tolemaica, il toponimo "Out" indicava la
necropoli del XVIII nòmo dell'Alto Egitto, luogo sacro strettamente
connesso ad Anubi.
Storia
Periodo arcaico e Antico Regno
Nel periodo arcaico dell'Egitto (3100
a.C. - 2686 a.C.), Anubi era rappresentato integralmente come
sciacallo, sia nella testa che nel corpo. Un dio-sciacallo,
probabilmente Anubi, compare in incisioni ascrivibili ai regni di
Aha, Djer e altri faraoni della I dinastia. Siccome nel periodo
predinastico i defunti venivano sepolti in buche poco profonde o,
comunque, in tombe estremamente semplici, il dio venne strettamente
associato agli sciacalli e agli altri canidi che si aggiravano nei
cimiteri smuovendo le fosse. Volendo dissuadere questi animali con
una divinità che fosse loro simile, per la protezione dei morti fu
scelto proprio un dio-sciacallo:
«Un problema comune (e fonte di
preoccupazioni) doveva essere il disseppelimento dei corpi, poco dopo
la sepoltura, da parte di sciacalli e altri cani selvatici che
vivevano ai margini delle coltivazioni.»
(Toby Wilkinson)
Le più antica menzione nota di Anubi
si trova nei Testi delle piramidi, della V e VI dinastia
(complessivamente ca. 2510 a.C. - 2190 a.C.); ad esempio, sulle
pareti della piramide di Unis compare la formula:
«Unis sta con gli spiriti; vai avanti,
Anubi, fino all'Amenti [Oltretomba], avanti, avanti fino a Osiride.»
(Testi delle piramidi)
Mentre una formula nella piramide del
faraone Teti recita:
«Discendi, o Teti, come lo sciacallo
dell'Alto Egitto, che sta sul proprio petto [...]»
(Testi delle piramidi, n°412)
L'egittologo George Hart ha
interpretato l'espressione Che sta sul proprio petto come un vivido
riferimento alla posizione accucciata e all'agilità necessarie per
muoversi negli stretti passaggi delle piramidi.
Identità dei genitori di Anubi
nella storia egizia
Fu probabilmente, per tutto l'Antico
Regno, il principale dio dei morti - primato che gli fu sottratto da
Osiride nel Medio Regno (ca. 2055 a.C. - 1650 a.C.). L'identità
dei genitori di Anubi variò sensibilmente di mito in mito nei
differenti periodi della storia egizia. Nei Testi delle piramidi
dell'Antico Regno e nei successivi Testi dei sarcofagi del Primo
periodo intermedio (2181 a.C. - 2055 a.C.), Anubi compare come quarto
figlio di Ra, generato con la dea Hesat dalla testa di vacca - anche
se altri passaggi ne indicano Bastet come madre (probabilmente, come
ha osservato l'egittologo George Hart, per il fatto che la scrittura
del nome della dea Bastet richiedeva l'uso del geroglifico del vaso
d'unguenti, essenziale durante il processo di mummificazione).
Un'altra tradizione lo voleva figlio di Ra e della dea Nefti. Il
tardo scrittore greco Plutarco (40 - 120 d.C.) scrisse che Anubi
sarebbe nato a un rapporto adulterino tra Nefti e suo
fratello/cognato Osiride, per poi essere adottato dalla di lui moglie
Iside:
«Ora, Iside apprese che Osiride s'era
congiunto in amore con la sorella [Nefti], per ignoranza, credendo
che essa fosse Iside; e scorse la prova di ciò nella ghirlanda di
meliloto che Osiride aveva lasciato presso Nefti: e si diede a cercar
il figlio (la madre l'aveva esposto subito dopo per paura di Tifone
[il dio Seth]. Trovatolo, dopo molte difficoltà e fatiche, con
l'aiuto dei cani che facevan da guida, Iside allevò il fanciullo e
se ne fece una guida fedele, che l'accompagnava da per tutto, e gli
diede il nome Anubi: si disse, poi, ch'egli stava vigile in difesa
degli dèi, come i cani fanno per gli uomini.»
(Plutarco, Su Iside e Osiride, 14)
George Hart ha interpretato questa
narrazione come il tentativo di incorporare un dio indipendente, qual
era Anubi, nel pantheon che gravitava intorno al mito di Osiride. Un
papiro risalente al periodo romano (30 a.C. - 380 d.C.) dà ad Anubi
l'appellativo di "figlio di Iside". Non mancarono versioni
che lo designavano figlio di Nefti e di suo marito Seth, benché
fosse comunemente ritenuto sterile (in relazione al suo essere dio
del deserto e antagonista di Osiride, a sua volta dio della
vegetazione). La dea Qeb-hwt, anche conosciuta come Kebechet, ossia
"Colei che versa l'acqua fresca", che ristorava i defunti
era considerata la figlia di Anubi e qualche volta la sorella. La sua
paredra era la dea Anput avente anche lei per simbolo il canide e un
centro di culto sempre nel XVII distretto dell'Alto Egitto.
Nell'Egitto tolemaico e romano
Nell'Egitto tolemaico (332 a.C. - 30
a.C.), quando la valle del Nilo divenne un regno ellenistico
governato da faraoni greci, Anubi fu assimilato al dio greco Ermes,
psicopompo della religione greca, dando origine al dio sincretico
Ermanubi, raffigurato con corpo d'uomo e testa di sciacallo, con in
mano il sacro caduceo. Durante la dominazione romana dell'Egitto,
iniziata nel 30 a.C., divennero molto comuni le pitture tombali
raffiguranti Anubi che accompagna per mano il defunto. Centro del suo
culto era la città di Khasa, che i greco-romani chiamarono Cinopoli,
Città dei cani. Nel libro XI delle Metamorfosi di Apuleio si trova
la testimonianza che il culto di Anubi durò, a Roma, almeno fino al
II secolo d.C.:
«E primo di tutti Anubi, il famoso
messaggero dei Superi e degli Inferi, mostro spaventevole dalla testa
di cane eretta e dalla faccia quando d'oro e quando nera, col caduceo
nella sinistra e una verde palma nella destra.»
(Apuleio, Metamorfosi XI, 11)
Ciononostante, le divinità egizie
erano spesso derise dai greci e dai romani a causa delle loro teste
di animali che le facevano apparire, ai loro occhi, bizzarre e
primitive: Anubi era beffardamente chiamato, dai greci, abbaiatore,
mentre il poeta latino Virgilio (Eneide VIII, 698) lo chiama latrator
Anūbis, abbaiatore Anubi. In altre occasioni era comparato alla
stella Sirio, al dio Ade o al cane a tre teste Cerbero. Nei Dialoghi
di Platone, spesso Socrate giura esclamando "Per il cane!"
(καὶ μὰ τὸν κύνα), "Per il cane d'Egitto!" e
"Per il cane, il dio degli egiziani!", sempre per
appellarsi con enfasi ad Anubi come esaminatore della verità
nell'aldilà. Ermanubi comparve inoltre nella letteratura alchemica
ed ermetica del Medioevo e del Rinascimento.
Iconografia
Forma animale
Le rappresentazioni di Anubi ebbero
vasta diffusione nel corso di tutta la storia egizia - dal Periodo
predinastico alla dominazione romana - in geroglifici, pitture
murali, bassorilievi, amuleti o statue. La sua iconografia più
antica e comune lo vede in forma integralmente animale, come canide
accucciato ma all'erta, posato su un reliquiario o un altro oggetto
del corredo funebre. La tradizionale identificazione di Anubi con uno
sciacallo, pur generalmente condivisa dagli egittologi, si è
rivelata priva di fondamento zoologico in quanto analisi genetiche
effettuate nel 2015 sul canide selvatico endemico dell'Egitto hanno
mostrato che quest'ultimo non è uno sciacallo, ma una specie a sé
stante molto più strettamente imparentata con il lupo grigio che con
gli sciacalli propriamente detti, confermando le intuizioni di Thomas
Huxley che già nel 1832 aveva classificato questo canide come un
lupo. La testa di Anubi sarebbe quindi più correttamente quella di
un lupo africano. Essendo tuttavia descritta anche nella Bibbia la
presenza nell'Egitto ed in Israele di sciacalli, la teoria che Anubi
vada identificato come un lupo o un cane appare poco credibile.
L'aspetto di questa divinità era un incrocio tra il cane, lo
sciacallo, la iena, la volpe e il lupo, animali dall'aspetto simile
che vivevano nel deserto e vicino ai cimiteri. Fin dai tempi più
antichi, un raro geroglifico prevedeva il canide accucciato con una
grande piuma che gli spuntava dal dorso: probabilmente un
accostamento concettuale del dio addetto alle operazioni di giudizio
delle anime nell'aldilà al dio del soffio vitale, Shu, e alla dea
della verità, Maat - entrambi aventi come attributo una piuma. Una
piuma compariva anche sulla parrucca di Anput, la dea di Cinopoli e
paredra di Anubi: potrebbe trattarsi di un espediente iconografico
per differenziare il maschio Anubi (senza piuma) dalla femmina Anput,
oppure di un procedimento scritturale per poter ascrivere la dea al
nòmo cinopolitano. Sono state inoltre trovate sue rappresentazioni
in cui il canide regge fra le zampe lo scettro-flagello e lo
scettro-sekhem (possono però anche spuntagli dal dorso). La più
antica rappresentazione di Anubi integralmente zoomorfo è in una
tavola risalente al faraone Aha della I dinastia, sulla quale è
anche citata la festività collegata al dio.
Forma ibrida
Verso la fine della II dinastia egizia
apparvero le prime rappresentazioni di divinità di divinità ibride
combinanti elementi umani e animali. La più antica immagine di dio
con testa di sciacallo risalgono a questa epoca e si trova sul
frammento di una ciotola in porfido, di provenienza sconosciuta, e
conservata al British Museum a partire dal 1977. Il dio, senza nome,
è raffigurato in piedi e impugna lo scettro-uas nella mano destra e
il simbolo ankh ("vita") nella sinistra. È probabile che
si tratti di Anubi, ma non è possibile escludere Seth e Ash. La
rappresentazione più antica, fra quelle incontestabili, di Anubi
come uomo con testa di sciacallo risale alla V dinastia egizia e
consiste di un frammento di rilievo nel Tempio funerario del faraone
Niuserra (ca. 2460 - 2430 a.C.[60]). Questo blocco di pietra scoperto
agli inizi del '900 è esposto all'Ägyptisches Museum und
Papyrussammlung del Neues Museum di Berlino.
La testa era raffigurata nera perché
questo colore indicava la putrefazione dei corpi, il bitume impiegato
nella mummificazione ma anche il fertile limo, simbolo di rinascita.
Successivamente era spesso raffigurato nelle pitture parietali degli
ipogei unitamente al sovrano defunto e sovente con un'altra divinità
dal corpo di uomo e testa di falco con doppia corona: era,
quest'ultimo, il dio protettore dei defunti Harsiesi.
Forme eccezionali
Oltre alle immagini di Anubi come
canide e come uomo dalla testa di canide, esistono altre
rappresentazioni molto meno comuni. Anubi compare in sembianze
completamente umane solamente in un rilievo ad Abido, nel Tempio
funerario di Ramses II, eretto a partire dal 1279 a.C. circa. Un
altro tipo di iconografia, meno raro, è quello di uccello dalla
testa di canide. Immagini di questo tipo, raffiguranti l'immagine
dell'anima-ba di Anubi, sono state individuate nella necropoli di
El-Deir (oasi di Kharga) su un frammento di cartonnage dipinto, a
Dendera in un rilievo nel chiosco hathorico, per quattro volte sul
sudario di un uomo inumato a Deir el-Medina, in una tomba nell'oasi
di Dakhla e in un'altra di epoca romana. Un altro raro tipo di
rappresentazione è quello di Anubi dal corpo di serpente, di cui si
conoscono due esempi: su un elemento di un letto funerario a
Tall-Dush e sul cartonnage di una mummia d'epoca romana, sempre
all'oasi di Kharga. La più antica figurazione di Anubi serpentiforme
è attestata a Deir el-Medina, nella tomba di Sennedjem, in una
porzione di pittura che rappresenta un letto funerario (XIX
dinastia). Durante l'epoca greco-romana, si sviluppò l'iconografia
di "Anubi con la chiave", per la quale il dio è chiamato
"Colui che tiene le chiave dell'Ade" o "il Portatore
delle chiavi": reggeva una chiave in mano, se nelle sembianze di
uomo dalla testa di canide, o al collo se integralmente zoomorfo - ed
è stato rivenuto su sarcofagi, sudari o bende di mummie.
L'egittologo tedesco Siegfried Morenz (1914-1970) ha confrontato tale
iconografia con quella del dio greco Eaco, uno dei tre giudici
dell'oltretomba. Jean-Claude Grenier ha respinto questo collegamento
e ha privilegiato l'ipotesi di un adattamento dell'iconografia
religiosa alla diffusione delle chiavi nella vita quotidiana degli
individui.
L'esistenza della dea Anput (con le
varianti Anupet e Anubet), originariamente chiamata Input, paredra di
Anubi, è attestabile con certezza solamente in epoca tardiva. Il suo
nome compare in alcune scene d'offerte agli dei sulle pareti del
Tempio di Hathor a Dendera, riedificato durante l'occupazione romana
dell'Egitto: in quel luogo sacro, quindi, l'importantissima dea
Hathor era comparata ad Anput, con un legame per il nòmo di Anubi
(il XVII nomo dell'Alto Egitto); queste menzioni descrivono Anput
come la protettrice del defunto Osiride e come una cagna accucciata
sul suo ventre, mentre dilania, con le sue fauci, gli alleati del
malvagio dio Seth:
«[Il nòmo di Inpu]. Il re dell'Alto e
del Basso Egitto (cartiglio), il figlio di Ra (cartiglio) viene a te,
Hathor, Signora di Iunet [Dendera], Occhio di Ra. Egli ti reca la
metropoli del nòmo di Inpu, portando le sue offerte di cibo senza
che manchi alcunché, perché tu sei Anput posata sul suo ventre, con
i denti affilati per sbranare i malvagi.»
(Tempio di Dendera, I, 95,9 - 96,3)
Nel corso della storia egizia, la dea
Anput non venne designata come patrona di alcuna necropoli e non le
fu dedicato alcun tempio: si è ipozzato, perciò, che non si sia
trattato che di una mera speculazione religiosa compiuta dai
sacerdoti di Dendera. Lo stesso Papiro Jumilhac, che si sofferma
sulle tradizioni intorno ad Anubi, non menziona mai il nome di Anput.
Tuttavia, l'autore di tale documento teologico evoca gli aspetti di
questa pericolosa cagna - appunto Anput - quando riferisce che, una
volta, Iside-Hathor si sarebbe tramutata in una cagna (con la coda
terminante da una lama di coltello) per sfuggire a Seth che,
tramutatosi a sua volta in toro, avrebbe cercato di stuprarla:
«Allora Iside si tramutò in Anubi e,
dopo essersi impadronita di Seth, lo fece a pezzi affondando i denti
nella sua schiena.»
(Papiro Jumilhac, XX, 11-12)
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