sabato 14 novembre 2020

Chi era Aracne nella mitologia greca?

 

Aracne, figlia del tintore Idmone, era una fanciulla che viveva nella città di Ipepe, nella Lidia. Era molto conosciuta per la sua abilità di tessitrice perchè le sue creazioni erano di estrema bellezza e perchè aveva una grazia ed una delicatezza uniche nell'eseguire le sue tele.
Aracne era molto orgogliosa della sua bravura tanto che un giorno ebbe l'imprudenza di affermare che neanche l'abile Atena, anche lei famosa per la sua abilità di tessitrice, sarebbe stata in grado di competere con lei e, presa dalla superbia, ebbe l'audacia di sfidare la stessa dea in una pubblica gara.
Atena, non appena apprese la notizia, fu sopraffatta dall'ira e si presentò ad Aracne sotto le spoglie di una vecchia suggerendo alla stessa di ritirare la sfida e di accontentarsi di essere la migliore tessitrice tra i mortali. Per tutta risposta Aracne disse che se Atena non accettava la sfida era perchè non aveva il coraggio di competere con lei. A quel punto Atena si rivelò in tutta la sua grandezza e dichiarò aperta la sfida.
Una di fronte all'altra Atena ed Aracne iniziarono a tessere le loro tele e via via che le matasse di lana si dipanavano apparivano le scene che le stesse avevano deciso di rappresentare: nella tela di Atena erano rappresentate le grandi imprese compiute dalla dea ed i poteri divini che le erano propri; Aracne invece, raffigurava gli amori di alcuni dei, le loro colpe ed i loro inganni.
Quando il lavoro fu completato, la stessa Atena dovette ammettere che la tela di Aracne aveva una bellezza che mai si era vista: i personaggi sembrava balzassero fuori dalla tela per compiere le imprese rappresentate.
Atena, non tollerando l'evidente sconfitta con rabbia afferrò la tela della rivale e la stracciò in mille pezzi.
Aracne, sconvolta dalla reazione della dea, scappò via e tentò di suicidarsi cercando di impiccarsi ad un albero. Ma Atena, pensando che quello fosse un castigo troppo blando, decise di condannare Aracne a tessere per il resto dei suoi giorni e a dondolare dallo stesso albero dal quale voleva uccidersi ma non avrebbe più filato con le mani ma con la bocca perchè fu trasformata in un gigantesco ragno.



Racconta Ovidio nelle Metamorfosi:

" ... Non lo patì l'infelice: furente si strinse la gola con un capestro e restò penzoloni. Atena, commossa, la liberò, ma le disse: - Pur vivi o malvagia, e pendendo com'ora pendi. E perchè ti tormenti nel tempo futuro, per la tua stirpe continui il castigo e pei tardi nepoti -. Poscia partendo la spruzza con sughi di magiche erbette: subito il crime toccato dal medicamento funesto cadde e col crine le caddero il naso e gli orecchi: divenne piccolo il capo e per tutte le membra si rimpicciolisce: l'esili dita s'attaccano, invece dei piedi, nei fianchi: ventre è quel tanto che resta, da cui vien traendo gli stami e, trasformata in un ragno, contesse la tela di un tempo" .




venerdì 13 novembre 2020

Etteilla

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Jean-Baptiste Alliette, meglio noto come Etteilla (1738 – 1791), è stato un esoterista francese. Fu il primo che divulgò la divinazione con i tarocchi ad un vasto pubblico (1785), e fu perciò storicamente il primo occultista conosciuto che divinò professionalmente coi tarocchi.
Etteilla pubblicò le sue idee sulla corrispondenza tra tarocchi, astrologia, i quattro elementi classici ed i quattro umori, e fu il primo a pubblicare un mazzo revisionato di tarocchi specificamente disegnati per scopi occulti (1791).



Dati biografici

Eccetto che per il suo certificato di morte che registra la nascita di Jean-Baptiste Alliette a Parigi nel 1738, assai poco si conosce al riguardo della sua giovinezza. Suo padre fu un maître rôtisseur, ovvero un rosticciere, e sua madre, alla morte del padre, eserciterà l'attività di mercante di sementi. Si sposò con Jeanne Vattier nel 1763, matrimonio che durò circa cinque anni, durante i quali si guadagnò da vivere come commerciante di sementi, prima della pubblicazione del suo primo libro, Etteilla, ou la manière de se récréer avec un jeu de cartes (1770). In seguito, a partire dal 1768-69, fu venditore di stampe - in tale veste tra il 1777 ed il 1780 lo troviamo esercitare a Strasburgo - ma a partire da questo periodo, per quel che ne sappiamo, egli si guadagnò da vivere lavorando come divinatore, maestro di occultismo ed autore.
L'apparentemente esotico pseudonimo Etteilla era semplicemente la lettura al contrario del suo cognome.
Una leggenda diffusasi a partire dall'indirizzo di riferimento riportato su alcune delle sue pubblicazioni uscite tra il 1790 ed il 1791, che era effettivamente l'indirizzo di un noto parrucchiere parigino nel cui medesimo edificio alloggiava il figlio di Alliette, ha a lungo associato ad Etteilla una inverosimile attività di parrucchiere. La leggenda si diffuse anche grazie ad Eliphas Levi che, nel suo Dogme et Rituel de la Haute Magie (p. 338 del tomo 2 dell'edizione parigina del 1856), criticando aspramente Etteilla ed i suoi tarocchi, lo definisce sprezzantemente "ex-parrucchiere". Parimenti del tutto infondata è la professione di "professore d'algebra" che Alliette stesso si attribuì in alcune opere.

Opere

Etteilla, ou la manière de se récréer avec un jeu de cartes pubblicato nel 1770 è un testo sull'uso divinatorio di un mazzo di carte per il gioco del Piquet (un mazzo normale di carte da gioco francesi privo delle carte dal 2 al 6) al quale Etteilla aggiunse una carta speciale detta "di Etteilla". Il metodo includeva l'apertura, ovvero la disposizione sul tavolo delle carte in varie disposizioni ed assegnava significati rigorosi a ciascuna carta a seconda se in posizione regolare che capovolta, caratteristiche ancor oggi centrali nella odierna lettura dei tarocchi. Nella sua prefazione Etteilla spiegò di aver imparato il suo sistema da un italiano; rimane oscuro quale fosse il suo contributo alla simbologia esposta nel suo insegnamento. Il libro fu ristampato l'anno seguente e segnò l'inizio della sua carriera di occultista. Questo testo è il più antico resoconto scritto conosciuto di un metodo divinatorio di lettura delle carte.
Nel 1781 Antoine Court de Gébelin, pubblicò nella sua massiccia opera Le monde Primitif la sua idea che i tarocchi fossero in realtà un antico libro egizio di arcana saggezza. Anche se l'idea è coerente con il clima e le suggestioni dell'interesse per l'Antico Egitto nel Settecento, non vi sono prove storiche che supportino una tale idea, ma nel credulo clamore che ne seguì Etteilla rispose, tra il 1783 e il 1785, con l'opera Manière de se récréer avec le jeu de cartes nommées tarots, pubblicata divisa in più parti nella quale espone un metodo di divinazione coi tarocchi. A causa di problemi nell'ottenere il visto della censura e alla mancanza di ordine accadmico di Etteilla i fascicoli di cui era composta l'opera non furono pubblicate in ordine, per primo fu pubblicato nel 1783 il terzo fascicolo: Manière de se récréer avec le jeu de cartes nommées tarots; pour servir de troisième cahier à cet ouvrage, seguito lo stesso anno dal primo Manière de se récréer avec le jeu de cartes nommées tarots; pour servir de premier cahier à cet ouvrage e da un supplemento al primo. L'anno successivo fu pubblicato un supplemento al terzo e infine nel 1785 il quarto e il secondo supplemento. In esso Etteilla dichiarava di essere stato introdotto all'arte della cartomanzia nel 1751, molto prima dell'apparizione del testo di Court de Gébelin.
Etteilla dettaglia ancora più di Gébelin l'ipotesi dell'origine egiziana dei tarocchi, senza comunque fornire alcuna prova. Afferma che sono stati composti da un comitato di diciasette magi diretti da Ermete Trismegisto nel 171º anno dopo il diluvio, 3953 anni prima del 1783 - anno di pubblicazione del testo di Etteilla. Secondo Etteilla con il passare del tempo i fabbricanti di carte distorsero alcune delle carte, alcune nei dettagli, per esempio la corona floreale che compare su Mondo avrebbe dovuto essere un serpente che si morde la coda (ouroboros), altre completamente: Il Papa nella versione egizia avrebbe mostrato "la luce che disperde il caos", la La Papessa avrebbe mostrato invece "un superbo giardino con un uomo nudo circondato da sette cerchi d'aria"), L'Appeso avrebbe dovuto essere in realtà una rappresentazione della virtù della Prudenza e anche L'Imperatore e L'Imperatrice sarebbero state fraintese.
Nel 1788 egli formò la Societé des interprètes du Livre de Thot, un gruppo di corrispondenti di lingua francese tra i quali egli continuò a disseminare il suo insegnamento.
Sebbene passato alla storia per la sua interpretazione dei tarocchi e la tecnica divinatoria ad essi correlata (che egli definì cartonomanzia, da cui derivò il termine moderno "cartomanzia"), Etteilla, che negli ultimi anni gestì una vera propria scuola di magia con corsi a pagamento, tentò a più riprese di accreditarsi come esperto anche in altre scienze occulte.
Già la seconda opera di Etteilla, Le zodiaque mystérieux, nel 1772, composto da una serie di oracoli, rivelava il suo interesse per l'astrologia. Nella Manière de se récréer avec le jeu de cartes nommées tarots realizzò un'inedita mescolanza di astrologia e tarocchi, assegnando all'astrologia la medesima origine egizia attribuita ai tarocchi.
Nel 1786 si cimenta con l'alchimia, cui dedica Les sept nuances de l'œuvre philosophique-hermétique, suivies d'un traité sur la perfection des métaux mis sous l'avant-titre L.D.D.P., in cui si dichiara, tra le altre cose, discepolo diretto del Conte di Saint-Germain, che descrisse come ancora vivente. Nel 1787, infine pubblicò due libri: il primo è un trattato di metoscopia, L'Art de connoitre les hommes par l'inspection du front, ou élémens de métoposcopie suivant les anciens; il secondo un trattato di chiromanzia dal titolo L'Art de lire dans les lignes et caractères qui sont dans les mains: ou élémens de chiromance. Il tentativo di accreditarsi come mago a tutto tondo, esperto nei diversi domini delle scienze occulte, dovette funzionare poiché Etteilla figura in questo stesso anno, tra i conferenzieri invitati dal Filaleti (l'esclusivo ordine paramassonico fondato nel 1775 da Savalette de Langes) al loro secondo convento (così erano chiamate le assemblee generali dell'ordine).
Intorno al 1790, mentre si avvia il progetto della pubblica scuola di magia, interpretò la saggezza ermetica dell'egiziano Libro di Thot nel suo Cours théorique et pratique du livre de Thot, che includeva il suo rimaneggiamento di quelli che sarebbero stati più tardi definiti Arcani maggiori e minori.
Verso la fine della sua vita produsse un mazzo speciale per la divinazione che sincretizzava le sue idee con le precedenti forme della cartomanzia francese, il primo mazzo di carte specificamente disegnato per scopi occultistici.


giovedì 12 novembre 2020

Chi era la "Bestia della Terra"?

Nell'escatologia islamica, sarà uno dei segni dell'arrivo dell'Ultimo Giorno.

Apparirà dopo che il sole sorge a ovest, dove la Bestia sarà avvistata per la prima volta. La Bestia è menzionata nel Corano (in Sura An-Naml) ed è anche menzionata negli ahadith, che ampliano le caratteristiche della bestia.



La tradizione islamica sostiene che la Bestia farà precipitare la morte di tutti i veri credenti e la rimozione del Corano dal mondo

Il Corano afferma che la Bestia si rivolgerà ai miscredenti e li ammonirà per la loro mancanza di attenzione verso Dio:

E quando la Parola si adempirà contro di loro (gli ingiusti), produrremo dalla terra una bestia per (affrontarli):

Egli parlerà loro, perché l'umanità non ha creduto con sicurezza nei Nostri segni. - Corano, sura 27 (An-Naml), ayat 82

Una tradizione attribuita a Ibn al-Zubayr descrive anche la Bestia che porta il sigillo di Salomone e il bastone di Mosè.

Alcuni ahadith dicono che la Bestia sarà uno dei primi segni dell'ultimo giorno, insieme al sole che sorge a ovest.

Si dice che l'apparizione del Dajjal, il fumo che sale, i massacri e la morte diffusa siano altri segni della fine dei tempi in un hadith simile.


mercoledì 11 novembre 2020

La via dei tarocchi

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La via dei tarocchi (La Via del Tarot) è un'opera del cileno Alejandro Jodorowsky e di Marianne Costa pubblicata per la prima volta in spagnolo nel 2004.
L'opera intende offrire un'interpretazione generale delle 78 carte degli Arcani maggiori e Arcani minori basandosi sull'edizione dei Tarocchi di Marsiglia ricostruiti da Philippe Camoin e lo stesso Jodorowsky. La ricostruzione di questo mazzo di carte, si può definire un'opera composita, originale. I due maestri cartai, difatti, hanno analizzato e studiato decine e decine di antichi giochi di Tarocchi, confrontandoli tra loro anche grazie all'ausilio delle moderne tecniche informatiche, dando origine ad un gioco, il gioco di Tarocchi Camoin-Jodorowsky, che ridona l'antico e sepolto splendore di questo meraviglioso strumento. Criticando buona parte dell'interpretazione tradizionale dei Tarocchi, Jodorowsky e Costa tentano di innovare la disciplina divinatoria e l'approccio ai simboli, riuscendo ad attuare una sintesi originale.
La via dei tarocchi è suddivisa in varie sezioni, la prima delle quali tratta della struttura e numerologia dei Tarocchi; si passa poi ad esaminare gli Arcani Maggiori singolarmente considerati (simbologia, ipotesi di interpretazione in una lettura e una breve sezione in cui a prendere la parola è la carta stessa); ulteriori capitoli sono dedicati agli Arcani Minori (simili alle carte numerate dei comuni giochi) e una serie di Arcani ritenuti in relazione tra sé a coppie. Infine Jodorowsky e Costa affrontano la metodologia per mettere in pratica una lettura dei tarocchi, dai primi passi fino all'uso di dieci e più carte.

martedì 10 novembre 2020

Abdul Alhazred

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Abdul Alhazred (Yemen, VIII secolo – Damasco, VIII secolo) è un personaggio fittizio nato dalla penna di Howard Phillips Lovecraft.
Alhazred è il mago "autore" del Necronomicon, ed è soprannominato da H. P. Lovecraft (vero autore del Necronomicon) l'Arabo Pazzo. Viene nominato per la prima volta nel racconto La città senza nome del 1921, dove tuttavia non viene ancora indicato come l'autore del Necronomicon. Il legame fra l'Arabo Pazzo e il grimorio verrà rivelato da Lovecraft solo nel racconto Il cane del 1922.
Lovecraft attribuisce ad Abdul Alhazred il famigerato "Distico Inesplicabile":
«Non è morto ciò che in eterno può attendere,e con il passare di strani eoni anche la morte può morire»

Pseudo biografia, secondo Lovecraft

Secondo le informazioni fornite da Lovecraft stesso nella sua Storia del Necronomicon (scritta nel 1927, pubblicata postuma nel 1938), Abdul Alhazred, demonologo e poeta pazzo, nasce a Sanaa, in Yemen al tempo dei califfi omayyadi, all'incirca nell'VIII secolo della nostra era.
Alhazred non segue la religione islamica, ma adora strani dèi dai nomi inquietanti, come Yog e Cthulhu.
Esplora le rovine di Babilonia e i cunicoli nascosti di Menfi. Vive per dieci anni isolato nel deserto di Rub' al-Khali (detto "Il Quarto Vuoto" dagli antichi arabi), circondato da spiriti malvagi (jinn). Durante queste peregrinazioni Alhazred afferma d'aver visitato Irem (Iram dhāt al-ʿImād, la città "dalle Mille Colonne") e di aver scoperto fra le rovine di un villaggio innominabile le prove dell'esistenza di una razza pre-umana, di cui apprende i segreti e le cronache.
In vecchiaia si stabilisce a Damasco, dove compone l'al-Azif (che in arabo indica i suoni notturni causati dagli insetti ma attribuiti alle voci dei demoni, o secondo Sprague de Camp, "L'Ululato dei Demoni"), più tardi noto come Necronomicon. Coloro che maneggiano questo volume sembrano destinati a una tragica sorte, cui non sfuggì neanche l'autore, che è divorato da una creatura invisibile alla piena luce del giorno nel 738, secondo il noto biografo del XII secolo, Ibn Khallikan, "venne afferrato in pieno giorno da un mostro invisibile e divorato orribilmente davanti ad un gran numero di persone pietrificate dal terrore".

Pseudo biografia, secondo August Derleth

August Derleth modificò la biografia dell'arabo pazzo fissandone la morte al 731 e fornendolo anche di un sepolcro (visitabile). Secondo Derleth, Alhazred non sarebbe stato divorato, ma rapito e condotto alla Città Senza Nome. In seguito, avendo rivelato alcuni dei segreti lì appresi, sarebbe stato accecato, la lingua gli sarebbe stata strappata e infine lo avrebbero ucciso e bruciato, come esempio per gli altri.

Note sul nome

Abdul Alhazred era uno pseudonimo usato da Lovecraft all'età di cinque anni, quando da bambino era affascinato dalla lettura de Le mille e una notte. All'epoca Lovecraft giocava a fare il collezionista di vasi arabi e si proclamava "fedele maomettano". In un'altra lettera Lovecraft ricorda che potrebbe essere stato un suo zio - Albert A. Baker - a suggerirgli il nome o a consigliarlo sulla scelta.
Secondo alcuni esegeti di Lovecraft, Alhazred potrebbe alludere alla parola Hazard, cognome di una famiglia di Providence imparentata coi Lovecraft, oppure essere un gioco di parole derivato dall'inglese all-has-read, ossia "ha letto tutto", riferimento autobiografico ad una gioventù di accanite letture.
È stato notato che Abdul Alhazred somiglia soltanto ad un nome arabo, poiché, tra l'altro, contiene due volte l'articolo determinativo (Abdul Alhazred), il che è senza senso nella grammatica araba. La forma corretta sarebbe invece "ʿAbd al-Hazred", poiché "Abdul" non è un nome arabo, ma una storpiatura occidentale. In ogni caso, Alhazred in arabo non ha significato.
Il soprannome di "Arabo Pazzo" viene usato a tutti gli effetti sia da Lovecraft che dai suoi eredi letterari come pseudonimo di Alhazred.



lunedì 9 novembre 2020

Cernunnos è ancora venerato?



Prima di rispondere direttamente a tale domanda, permettimi di riassumere in pochi Stepla figura mitologica di Cernunnos (perche' probabilmente chi leggera' tutto questo magari non ha la piu' pallida idea dell'identita' di questo Dio).

Cernunnos, nella mitologia celtica, è lo spirito degli animali maschi muniti di corna, specie dei cervi e cerbiatti. Dalle fonti archeologiche, il Dio Cernunnos era adorato in Gallia, sulla nostra Penisola italiana, nella Gallia cisalpina e sulla costa meridionale dell’isola britannica. Emblema della fecondità, del Regno animale, in particolare delle specie cornute e della natura selvaggia, il Dio Cernunnos venne sempre rappresentato come una divinità dotata di corna.

Sembra che Cernunnos fosse comunque una divinità adorata dai popoli pagani e pre-celtici, di origini sciamaniche ed esoteriche, dimoranti sulla penisola indoeuropea. Tante raffigurazioni ed incisioni di epoca paleolitica risalenti al 3000 a.C. della popolazione della valle dell’Indo raffigurano il Dio Cornuto come Dio dell’Oltretomba, emblema che significava ripresa in Epoca Romana con la raffigurazione dello stesso come Dis Pater o Dite, figura a sua volta ripresa da Dante Alighieri nell’Inferno della Divina Commedia.



Il nome deriva dal dialetto gallico, carnon o cernon significa “corno".

La radice cern significa “corno” nel dialetto irlandese ed è etimologicamente assimilabile alla radice carn nel dialetto gallese e bretone. Queste, a loro volta, derivano dalla radice proto-indoeuropea krno-, da cui è derivato con l’evoluzione linguista, il termine latino cornu ed il termine germanico hurnaz, di qui la parola inglese che ancora oggi si utilizza per indicare le corna, horn.

La stessa radice gallica si ritrova in carnyx per indicare lo strumento musicale simile ad una tromba utilizzata per dare inizio al combattimento.

Il Dio Cernunno viene raffigurato con il suo Torch ovvero un bracciale celtico dalla forma semi circolare aperto alle estremità che simboleggiano l’equilibrio dei cicli della natura e del rispetto di Madre Natura.

Inoltre, Cernunno viene rappresentato con un serpente cornuto anch’esso, emblema della capacità di essere degli esseri sensoriali in grado di percepire il mondo attraverso la lingua biforcuta e la pelle che si rigenera periodicamente nei periodi di crescita e di cambiamento climatico.

Tracce del dio sopravvissero in epoca cristiana. Le tradizioni letterarie sia del Galles che d'Irlanda contengono allusioni a questo dio, mentre in Bretagna il leggendario San Korneli (o Cornély) a Carnac ha gli attributi di Cernunnos.



e ora…in sostanza la risposta e' NO

il motivo? La chiesa medievale.

Prova a pensarci bene, la descrizione fisica e materialistica di tale divinita' non ti ricorda Satana?

Purtroppo la religione Cristiana ha demonizzato tutte le divinita' pagane convertendo in negativita' assulta e malvagita' pura la sua immagine.. tuttavia da cio' non si puo' pienamente dedurre che non venga ancora pregato e lodato, qualcuno la' fuori lo preferisce rispetto al classico Dio Biblico, ma provando a fare ricerche su internet non ho trovato Ufficialmente dei gruppi spirituali o collettivo di persone che certificano il loro "credo" e "fede" a tale entita'.


domenica 8 novembre 2020

Baba Jaga

 


In Russia hanno la Baba Jaga' una creatura leggendaria della mitologia slava.

Baba Jaga' (in russo: Баба-яга, è una creatura leggendaria della mitologia slava, in particolare di quella russa, divenuta in epoca contemporanea un personaggio fiabesco. Oltre che nelle fiabe russe, si trova anche in quelle polacche, slovacche e ceche. Inoltre, si tratta di un personaggio dei rituali magici nelle vecchie terre slave della carinzia in Austria, di un personaggio carnevalesco in Montenegro e di uno spirito della notte in Serbia, Croazia e Bulgaria.



Mostruosa vecchietta dotata di poteri magici e vari oggetti incantati, spesso paragonata a una strega o a un'incantatrice, è un personaggio per lo più negativo che a volte agisce in qualità di aiutante del protagonista del mito, spesso con funzioni iniziatiche. Si tratta di una delle figure più enigmatiche e controverse del panorama mitologico europeo, la cui origine risale probabilmente all'Eta' Protostorica



Il glottologo e slavista tedesco Max Vasmer fa risalire il nome Âgà al protoslavo* (j)ega, riflessi appartenenti dal serbocroato. Jesa "orrore", jesib "pericolo", sloveno. Jeza "rabbia", jeziti "far arrabbiare" in ceco. Jeze "lamia" in ceco. Jezinka "strega della foresta, malvagia baba", in polacco. Jedza "strega baba Âgà, perfida baba", Jedzic sie "arrabbiarsi" ecc. Tuttavia nella lingua russa c'è un'affinità con tutti gli esempi riportati dalle lingue slave: âsva [piaga], il che mette in discussione l'esistenza di un rapporto tra il nome Âgà e gli esempi riportati dalle lingue slave. È anche possibile l'eventuale etimologia per cui l'antica denominazione è stata assimilata e rivalutata dagli slavi e accostata ai derivati del protoslavo (j)egа (etimologia popolare), il che spiega lo spostamento, espresso dalla variante con a-z-l-ž nelle lingue slave occidentali (il nome è reinterpretato), e la presenza della variante -g- nella lingua russa (il nome non è reinterpretato). Vasmer accosta la parola, oltre che alle lingue slave, anche a quelle baltiche, all'inglese e all'islandese, rifiutando il collegamento con le lingue turche, l'indiano, l'albanese e il latino.

Gli etimologi accostano il protoslavo Âgà con l'immagine di serpenti e rettili, il che indica l'origine ctonia del personaggio.



Il viaggiatore scozzese Giles Flecther il vecchio nel 1588 fece menzione scritta della Baba Âgà nel suo libro Of the Russe Common Wealth. Egli aveva letto circa il culto degli idoli "d'oro o Âgà Baba" arrivato nella regione di Perm da i samoiedi, scoprì che era una "favola senza senso". Nella fiaba "Il principe Ivàn e Màr'a Morevna" vive Âgà Âgišna (Baba Âgà, "gamba d'osso") in una terra lontana, in un regno lontano, non distante dal mare oltre il fiume ardente, dove possiede una mandria di cavalli possenti. La Âgà è madre di tre figlie demoniache (a volte di una principessa, la meravigliosa promessa sposa del protagonista) e di un serpente che viene ucciso del protagonista della fiaba.Vladimir Ivanovic aggiunge: «Ha il capo scoperto ed è in maniche di camicia, senza cintura: due segni di grande sciattezza.».

Il linguista ed antropologo russo Vladimir Jacovlevic identifica tre tipi di Baba Jaga: la donatrice che dà all'eroe un cavallo incantato o un oggetto magico, la rapitrice di bambini e la guerriera combattendo contro cui «non per la vita ma per la morte» l'eroe delle fiabe passa a un altro livello di maturità. Invece la malignità e l'aggressività della Baba Jaga non sono i suoi tratti dominanti bensì manifestazioni della sua natura irrazionale e indeterminata. La duplice natura della Baba Jaga nel folklore è legata, in primo luogo, con il personaggio della padrona della foresta che bisogna blandire e, in secondo luogo, con il personaggio della creatura malvagia che fa sedere i bambini sulla pala per arrostirli. Questa immagine di Baba Jaga è riconducibile alla funzione delle sacerdotesse che conducono gli adolescenti attraverso un rito di iniziazione. Così, in molte fiabe, Baba Jaga vuole mangiare l'eroe o, dopo aver mangiato e bevuto, lo lascia andare dandogli un gomitolo o alcuni segreti della sua conoscenza,oppure riesce a fuggire.



Nei racconti russi impersona una vecchia strega che si sposta volando su un mortaio, utilizzando il pestello come timone, e che cancella i sentieri nei boschi con una scopa di betulla e d'argento. Vive in una capanna sopraelevata che poggia su due zampe di gallina, servita dai suoi servi invisibili. Il buco della serratura del portello anteriore è costituito da una bocca riempita di denti taglienti; le mura esterne sono fatte di ossaumane. In una variante della leggenda la casa non rivela la posizione della porta finché non viene pronunciata una frase magica.

Baba Jaga a volte è indicata come cattiva e a volte come fonte di consiglio. Ci sono storie in cui la si vede aiutare le persone nelle loro ricerche e storie in cui rapisce i bambini per mangiarli. Cercare il suo aiuto è solitamente un'azione pericolosa e sono assolutamente necessarie preparazione e purezza dello spirito.

La leggenda dei tre cavalieri: A questa figura si collega la leggenda dei tre cavalieri: il Cavaliere bianco, su un cavallo bianco con la bardatura bianca, che rappresenta il giorno; il Cavaliere rosso che rappresenta il sole; il Cavaliere nero che rappresenta la notte. Baba Jaga parla di loro a chi la interroga e può uccidere l'ospite che vuole sapere dei suoi servi invisibili.



Vasilisa La Bella: nella storia popolare di Vasilisa la Bella la fanciulla viene mandata a chiedere consiglio a Baba Jaga e viene schiavizzata dalla strega. Tuttavia i servi invisibili (un gatto, un cane, un cancello e un albero) aiutano Vasilisa a fuggire perché è stata gentile con loro. Alla fine della fiaba Baba Jaga è trasformata in un pellicano. In un'altra versione della storia, registrata da Alexander Afanasev (1862), a Vasilisa sono comandate tre missioni impossibili che tuttavia riesce a completare per mezzo di una bambola magica donatale da sua madre. Similmente, in un'altra fiaba, il principe Ivan è aiutato contro Baba Jaga dagli animali che ha risparmiato.

La Baba Jaga del folklore polaccodifferisce leggermente; una delle differenze è che la casa ha soltanto una zampa di gallina. Inoltre le streghe dispettose che vivono nelle case di pan di zenzero sono comunemente chiamate Baba Jaga. Nella fiaba La piuma di Finist il Falco, l'eroe, viene a contatto con tre Baba Jaga. Tali figure sono solitamente benevole e danno all'eroe consigli o strumenti magici.



 
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