martedì 7 ottobre 2025

La scoperta reale


Nel 1999, durante lavori agricoli nel villaggio di Onavas, venne rinvenuto un cimitero preispanico risalente a circa 1000 anni fa. Gli archeologi del National Institute of Anthropology and History (INAH) scoprirono 25 scheletri umani, di cui 13 con cranio allungato e 5 con modifiche dentali ornamentali (intarsi di pietre e limature).
La direttrice degli scavi, Cristina García Moreno, confermò che si trattava di una deformazione cranica intenzionale, una pratica culturale ben documentata.

La deformazione artificiale del cranio non è un fenomeno isolato né “alieno”:

  • Era diffusa in Mesoamerica, Sud America, Egitto, Africa, Europa antica e perfino in alcune tribù asiatiche.

  • Si otteneva applicando fasce o tavole di legno al capo dei neonati, quando le ossa del cranio erano ancora malleabili.

  • Lo scopo era simbolico e sociale: indicare appartenenza a un’élite, bellezza, intelligenza o status spirituale superiore.

In pratica, non si trattava di “mutazioni”, ma di modifiche culturali intenzionali al cranio umano.

Autori come Brian Foerster e Lloyd Pye hanno proposto che alcuni crani, soprattutto quelli di Paracas (Perù), non possano essere spiegati con la deformazione artificiale perché:

  • avrebbero volume cranico maggiore del 25%,

  • peso superiore del 60%,

  • e una sola placca parietale invece di due.

Tuttavia, queste affermazioni non sono mai state verificate in studi scientifici sottoposti a peer review. Gli esami genetici successivi hanno mostrato DNA umano, anche se in alcuni casi con caratteristiche genetiche rare (forse dovute all’isolamento o a contaminazioni di laboratorio).

L’INAH e numerosi antropologi fisici hanno ribadito che:

  • Tutti i teschi di Onavas appartengono a esseri umani appartenenti a culture locali mesoamericane.

  • Le deformazioni rispecchiano una pratica rituale consolidata, non una mutazione naturale né un’origine extraterrestre.

  • Le differenze strutturali (spessore, sutura, volume) possono essere spiegate da diversi metodi di deformazione o da errori di interpretazione morfologica.

La combinazione di forme craniche insolite, assenza di spiegazioni immediate e una narrativa che unisce scienza e mito ha reso questi ritrovamenti terreno fertile per teorie alternative:

  • Alcuni vedono nei teschi allungati una prova di antichi contatti alieni.

  • Altri li interpretano come simboli di ibridazione genetica o spirituale tra umani e “esseri celesti”.

  • Altri ancora, più pragmaticamente, vi leggono un segno della ricerca di distinzione sociale delle antiche civiltà.

I teschi di Onavas restano una delle scoperte più affascinanti dell’archeologia mesoamericana, ma non vi è alcuna prova credibile di origine extraterrestre.
Ciò che realmente rivelano non è la presenza di alieni sulla Terra, bensì la straordinaria varietà culturale e simbolica dell’umanità antica, capace di modificare persino la propria forma fisica per esprimere identità, fede e appartenenza.

La scienza continua a indagare; il mistero resta soprattutto nella mente umana, da sempre affascinata dall’ignoto.



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