mercoledì 15 ottobre 2025

L’Ascesa Infuocata del Profeta Elia: il mistero dell’icona e il “disco volante” dei cieli antichi

Un’icona slava, un carro di fuoco e un simbolo che molti oggi leggono come un UFO. Ma tra sacro e scienza, che cosa racconta davvero l’ascesa del profeta Elia nei cieli?

In un’epoca in cui la fede conviveva con l’ignoto e la scienza con il mito, poche immagini hanno suscitato tanta curiosità quanto l’icona dell’Ascesa del profeta Elia — un capolavoro di arte sacra ortodossa in cui il cielo si apre per accogliere l’uomo di Dio in un carro di fuoco.
Eppure, negli ultimi decenni, questa rappresentazione millenaria è stata reinterpretata da alcuni come la prova di qualcosa di molto diverso: un incontro antico con una tecnologia “non terrestre”.

Nel Secondo Libro dei Re (2 Re 2:11), la Scrittura narra che “Elia salì al cielo in un turbine, su un carro di fuoco trainato da cavalli di fuoco”.
Il testo, denso di immagini apocalittiche, ha sempre ispirato artisti e teologi. Ma ciò che per la tradizione cristiana rappresenta il miracolo della traslazione di un giusto, per alcuni studiosi contemporanei nasconderebbe un resoconto di natura più “tecnica”: un oggetto luminoso discendente dal cielo, una sorta di veicolo ardente.

Nelle icone bizantine e slave, Elia è spesso ritratto su un globo o in un carro circolare fiammeggiante, sospeso tra le nubi. In alcune versioni — in particolare in un’icona russa del XVIII secolo con iscrizione in antico slavo ecclesiastico — la scena mostra chiaramente un disco radiante, solcato da lingue di fuoco e cerchi concentrici, da cui si sprigionano bagliori che ricordano le moderne descrizioni di un “UFO”.

L’iscrizione, redatta in slavonico ecclesiastico, riporta il passo biblico che accompagna la visione:
“Iliya prorok voznesesya vognem na nebesa” — “Il profeta Elia ascese in fuoco nei cieli.”

L’uso del termine “vognem” (fuoco) e non “ognem” (fiamma ordinaria) suggerisce, secondo alcuni linguisti, un tipo di fuoco “divino”, non terreno, forse un bagliore o energia sconosciuta.
I pittori sacri russi, nei secoli XVII e XVIII, rappresentarono questa luce non come fiamme realistiche ma come dischi concentrici dorati o rossi, quasi a imitare un’irradiazione circolare. Proprio questa scelta iconografica ha alimentato interpretazioni moderne che vedono nel “carro di fuoco” un possibile oggetto volante di origine ignota.

Per la teologia ortodossa, l’ascesa di Elia simboleggia la vittoria dello spirito sulla materia, un passaggio diretto da questo mondo al divino. È la manifestazione visibile della potenza di Dio, non una “macchina”, ma una teofania luminosa, un’apparizione trascendente resa percepibile agli uomini.

Le interpretazioni contemporanee, tuttavia, propongono un’altra chiave di lettura. Alcuni ricercatori di paleoastronautica sostengono che l’episodio biblico possa descrivere un incontro con una tecnologia avanzata, percepita da un testimone antico attraverso il linguaggio religioso del tempo.
In quest’ottica, il “carro di fuoco” sarebbe un mezzo di trasporto celeste, un veicolo luminoso da cui il profeta sarebbe stato sollevato “in un turbine” – cioè da un getto d’aria o energia.

Al di là delle speculazioni, il valore dell’icona resta immenso. Essa riflette la potenza del simbolo del fuoco come mezzo di trasformazione e ascesa spirituale.
Nel linguaggio sacro, il fuoco rappresenta la purificazione, la luce divina che consuma l’umano per restituirlo al divino.
Che si tratti di un carro celeste o di un fenomeno mistico, l’immagine di Elia che sale nel fuoco ci parla della stessa tensione eterna: l’anelito dell’uomo a superare i limiti della materia e a toccare il cielo.

E forse è proprio questa la ragione per cui, anche oggi, la figura del profeta continua ad affascinare credenti, storici e scienziati.
Nel suo “carro di fuoco” — disco o simbolo — si riflette la più antica domanda umana: chi ci guarda dai cieli?


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