L'espressione in lingua inglese
disease mongering
o
corporate disease mongering,
commercialization of disease, che in italiano si può tradurre
come
"mercificazione della
malattia"
indica in modo dispregiativo la
presunta tendenza a incrementare la nosografia e la promozione della
lotta contro varie patologie allo scopo di trarne profitto.
Queste correnti di pensiero suppongono
che parte delle voci nosografie (cioè alcune classificazioni,
fattori di rischio e dati di incidenza sulla popolazione) siano
presenti al solo scopo di avere un profitto e, attraverso una
campagna di sensibilizzazione finanziata dalle case farmaceutiche, il
consumatore/paziente sia spinto alla ricerca di una soluzione a
problemi di salute che, in realtà, non esistono. Il vantaggio per le
case farmaceutiche è evidente: identificando situazioni di benessere
con patologie subcliniche, le dimensioni del mercato per farmaci di
nicchia aumentano in modo considerevole e ciò si risolve con
un'impennata nelle vendite e quindi dei profitti. I sostenitori di
queste teorie ritengono che, affinché ciò avvenga, anche buona
parte dei medici, degli ordini professionali sanitari, delle agenzie
di consumatori e delle istituzioni sia collusa con le case
farmaceutiche.
Se da un lato è vero che nel campo
sanitario si hanno interessi economici che talvolta generano
illeciti, d'altra parte il termine disease mongering è spesso
impropriamente utilizzato nell'ambito di diverse teorie del complotto
portate avanti in campo medico.
Un noto esempio sono le varie
campagne contro le vaccinazioni che negano a priori i vantaggi
concreti che l'introduzione delle vaccinazioni ha portato in campo
medico. Non vi sono per contro esempi di farmaci inefficaci o dannosi
che, alla lunga, non siano stati eliminati dal mercato. Casi analoghi
al DM avvengono quando si propongono teorie prive di un inoppugnabile
riscontro scientifico. Un esempio è dato dalla vendita di rimedi per
la "disintossicazione" dell'organismo, oppure
dall'ipotetica esistenza di malattie mai provate scientificamente,
come per esempio la sensibilità chimica multipla o la malattia di
Morgellons.
Lynn Payer nel 1992 coniò il termine
Disease Mongering per descrivere la campagna pubblicitaria del
collutorio Listerine della Johnson & Johnson contro l'alitosi. Va
precisato che l'alitosi non è semplicemente uno stigma sociale
immaginato, ma può derivare da un ampio spettro di condizioni
mediche, condizioni che vanno da un'infezione batterica delle gengive
a una insufficienza renale. Questa condizione oggi è riconosciuta
dal consiglio scientifico della American Dental Association come "una
condizione riconoscibile che merita attenzione professionale".
Secondo Lynn Payer «il disease
mongering è la più insidiosa delle varie forme che l'educazione
medica può assumere». Le tecniche che, secondo Payer, sfruttano e,
in alcuni casi producono, queste errate percezioni sono:
- Indicare normali aspetti della vita umana (spesso inventando nuove parole per descriverli) come anormali e quindi bisognosi di cure.
- Definire una malattia in modo ambiguo, parlando di vaghe carenze e squilibri, in modo da poterla riferire a quante più persone possibili.
- Creare dibattito riguardo una malattia influenzando l'opinione pubblica in senso negativo per poi presentare trattamenti di dubbia utilità, abusando di studi clinici ad hoc.
- Abusare di statistiche e studi clinici per esagerare i benefici del trattamento e al contempo decantare assenza di effetti collaterali rilevanti.
Barbara Mintzes riassume diversamente
questi aspetti:
- Promuovere ansia nei consumatori sani rispetto al loro futuro stato di salute, gonfiando ad arte i dati inerenti al rischio di ammalarsi.
- Promuovere trattamenti aggressivi e costosi per malattie e sintomi lievi o per comportamenti che in passato non venivano trattati per via farmacologica (ADHD).
- L'introduzione di nuove diagnosi come PMDD (sindrome disforica premestruale) o disturbo d'ansia sociale, che sono difficili da distinguere dalle condizioni di vita normale.
- Ridefinire le malattie in termini di esiti surrogati. Ad esempio, per la Mintzes l'osteoporosi diventa una malattia caratterizzata da bassa densità ossea piuttosto che da fratture dovute a fragilità ossea al fine di aumentare la vendita di Bifosfonati. In questo caso, la Mintzes ignora la definizione corretta di osteoporosi conclamata, di cui si parla solo in presenza di una frattura. La demineralizzazione ossea lieve viene definita osteopenia ed in una certa misura è considerata una normale conseguenza dell'invecchiamento.
L'articolo The Tragedy of the Commons
(La tragedia dei beni comuni) del 1968 di Garrett Hardin dimostra che
la massimizzazione del profitto individuale mette a repentaglio
necessariamente il bene pubblico quando questo non trova una
soluzione tecnica se non con un'estensione morale.
Con le politiche di deregolamentazione,
dal 1980 l'industria farmaceutica ha cominciato a programmare una
pipeline di R&D inerente farmaci utili per il miglioramento dello
stile di vita. Conseguentemente a ciò si è notevolmente sviluppato
il settore marketing che ha iniziato a produrre pubblicità rivolta
ai consumatori finali e non solo come prima accadeva alla classe
medica (questo tipo di farmaci è solitamente di libera vendita e
difficilmente viene prescritto dai medici). I giornalisti hanno
giocato e giocano un ruolo chiave per «stuzzicare l'appetito» del
pubblico verso le notizie mediche, facendo da cassa di risonanza a
ogni nuova scoperta e ai suoi trattamenti.
Da tempo si osserva il tentativo
in Europa di deregolamentare la pubblicità dei farmaci in modo
simile a quanto accade negli Stati Uniti dove è ammessa la
pubblicità anche di farmaci prescrivibili al paziente. In Europa e
in Italia il destinatario della pubblicità dei farmaci di questo
tipo è solo il sanitario.
I conflitti di interesse tra enti di
ricerca (statali o privati), ricercatori e industria farmaceutica
possono essere legati:
- Ai guadagni finanziari che si possono ricavare dal partecipare alle sperimentazioni sponsorizzate dalle industrie farmaceutiche (le aziende farmaceutiche sovvenzionano uno studio sostenendo economicamente i ricercatori. Questo conflitto di interesse viene indicato all'inizio del paper citando il finanziamento ricevuto)
- Alla possibilità di pubblicare le sperimentazioni promosse dalle industrie farmaceutiche con vantaggi per la propria carriera accademica. Va comunque ricordato che la carriera accademica è legata in minima parte al numero complessivo di pubblicazioni. Le valutazioni sull'operato di un ricercatore tengono conto più che altro del numero di citazioni che riceve, cioè del numero di volte che altri ricercatori riutilizzano (validandolo) il suo lavoro in altri studi
- A vantaggi personali, come la partecipazione a conferenze, spesso in luoghi turistici, e/o viaggi di piacere. Tale aspetto, quantomeno in Italia, non si verifica più come negli ultimi decenni del Novecento poiché per legge le case farmaceutiche non possono elargire tramite gli informatori farmaceutici servizi in alcun caso o gadget pubblicitari di elevato valore economico
- A vantaggi per l'istituzione, se nei loro bilanci quote significative di finanziamenti provengano dall'industria farmaceutica o grazie all'acquisto in comodato di attrezzature.
- All'esclusione selettiva di organizzazioni o di strutture non in linea con le grandi multinazionali farmaceutiche, facendo venir meno loro i fondi. Un elemento molto forte di controllo è «la soppressione o la distorsione del dibattito sull'allocazione delle risorse».
Il conflitto di interesse tra
consumatore/paziente e le grandi multinazionali del farmaco nasce
tutte le volte che con la partecipazione a sperimentazioni cliniche
sponsorizzate diventa più facile ottenere farmaci difficili da
reperire. Ciò è vero soprattutto nei paesi in via di sviluppo, come
dimostrato dal caso del contenzioso di Kano tra la Pfizer e lo stato
nigeriano (Pfizer ha fornito gratuitamente un farmaco sperimentale a
dei bambini malati di meningite invece del ben più noto e testato
ceftriaxone. Il problema nasce dal fatto che Pfizer non ha spiegato
ai genitori dei bambini che si trattava di una terapia sperimentale.
La faccenda si è risolta con il pagamento di un risarcimento alle
famiglie, il farmaco in questione viene tutt'oggi usato per curare
alcune infezioni, di cui la meningite non fa parte).
Alcuni ricercatori francesi nel 1990
hanno rilevato che solo 41 paper esaminati su 141 erano scritti
elencando correttamente i pro e i contro delle terapie. Le
indicazioni terapeutiche erano assenti in 5 casi (3,5%), in 42 studi
(29,8%) la pubblicità era esagerata, gli effetti collaterali non
venivano menzionati in 37 paper (26,2%) e, allo stesso modo, le
controindicazioni erano assenti da 30 (21,3%) e incomplete in 19
(13,5%) articoli. Gli autori della ricerca concludono sostenendo che:
«è chiaro che le aziende farmaceutiche non sempre seguono un codice
di comportamento etico e che spesso sfruttano la mancanza di
controlli efficaci nei paesi in via di sviluppo».
I ricercatori della UCLA hanno studiato
le pubblicità farmaceutiche valutandone la conformità alle norme
della FDA e hanno rilevato che nel 30% le aziende usano in modo
improprio la definizione di "farmaco di prima scelta." Il
32% dei titoli pubblicitariinduce in errore il lettore circa
l'efficacia. Inoltre, nel 44% dei casi, i revisori hanno ritenuto che
la pubblicità porterebbe prescrizioni improprie. I revisori non
avrebbero pubblicato il 28% degli annunci e avrebbero richiesto
importanti revisioni in un ulteriore 34% (38% approvato). Secondo
un'altra ricerca, a causa delle pubblicità è possibile arrivare ad
avere prescrizioni inappropriate nel 44% dei casi.
A Basilea in Svizzera una ricerca ha
indicato che il 53% di tutte le affermazioni fatte dalla industrie
farmaceutiche, pubblicate in importanti riviste scientifiche, non
sono supportate dagli studi di riferimento o quando presenti sono
citati sulla base di informazioni potenzialmente di parte. Gli autori
dello studio concludono sostenendo che «i medici non dovrebbero
fidarsi delle affermazioni, anche quando sembrano fare riferimento a
studi scientifici.»
Un aspetto interessante è quello
riferito alla pubblicazione di dati sperimentali prodotti dai lavori
clinici pubblicati nelle riviste, legato a due problemi ampiamente
noti della metodologia statistica:
- Il problema della classe di riferimento (popolazione scelta, dimensione campionaria, metodiche di clusterizzazione)
- La distinzione tra significatività statistica e clinica.
Inoltre, in alcuni casi le aziende
farmaceutiche hanno avuto veri e propri contenziosi con le riviste
mediche, si ricorda ad esempio il caso Pfizer vs New England Journal
of Medicine.
Negli anni si è sviluppata una certa
tendenza alla medicalizzazione di molte condizioni e al loro
trattamento grazie all'offerta di nuove terapie farmacologiche e
chirurgiche. In questo un ruolo decisivo lo avrebbero avuto le grandi
multinazionali farmaceutiche:
«L'aumento di contatti tra i medici e l'industria farmaceutica è stato segnalato, anche se non esistono dati in letteratura per quanto riguarda i potenziali conflitti di interessi finanziari per gli autori di linee guida di pratica clinica (CPG). Queste interazioni possono essere particolarmente rilevanti poiché (le Linee Guida) CPGs sono progettate per influenzare la pratica di un gran numero di medici. [...] L'80% degli autori aveva una qualche forma di interazione con l'industria farmaceutica.» |
(Choudhry NK1, Stelfox HT, Detsky AS.Relationships between authors of clinical practice guidelines and the pharmaceutical industry.JAMA. 2002 Feb 6;287(5):612-7.) |
Le grandi multinazionali farmaceutiche
sono accusate di usare negli approcci di marketing alcune strategie.
Secondo Ray Moynihan, spesso, si cerca di rendere malattie minori o
semplici disturbi (come la calvizie, la disfunzione erettile, la
fobia sociale, la sindrome del colon irritabile e altre condizioni)
patologie gravi da trattare in modo aggressivo. Jerry Avorn, un
professore di medicina presso la Harvard University, pur critico con
l'industria farmaceutica, scrive che bisogna fare attenzione a
stigmatizzare la ricerca farmaceutica perché i progressi sono
innegabili e bisogna evitare di vedere le malattie come una
invenzione. «La verità sta da qualche parte nel mezzo».
I sostenitori della teoria del DM
rimarcano la scarsa deterrenza delle sanzioni. Ad esempio, la Pfizer
dal 1999 al 2006 è stata oggetto di 6 casi giudiziari nei quali si è
dovuta difendere da diverse tipi di accuse. Questi casi hanno
comportato per la Pfizer un risarcimento in indennizzi pari a un
totale di 2.890.100.000 di $, di cui 715,4 milioni riguardano
contratti col Governo Federale USA. Pfizer ha comunque ottenuto un
vantaggio economico avendo venduto molte più confezioni dei suoi
farmaci, con un ampio margine di profitto rispetto alle multe pagate.
Ad esempio, con la vicenda Neurontin Pfizer ha realizzato circa 2
miliardi di $ di incasso con utilizzi off label contro i 430 milioni
di $ di multa.
Nel 2010 della Newman BMJ, si legge che
«il 2 settembre 2009 la Pfizer ha subito la più grande multa mai
inflitta dal Dipartimento della Giustizia USA a una azienda
farmaceutica. Una multa pari a 2,3 miliardi di $ per i farmaci:
valdecoxib, ziprasidone, linezolid, e pregabalin». Il giorno dopo,
il New York Times ha sottolineato che $ 2,3 miliardi corrispondono
per Pfizer a meno di tre settimane di vendite.
Una possibile soluzione sembra essere
quella di, in caso di abusi, far cessare la validità del brevetto in
modo che il farmaco entri immediatamente in concorrenza con il
generico, opzione questa molto temuta dalle aziende e che può
erodere i guadagni delle grandi aziende farmaceutiche in modo ben
maggiore rispetto a qualche multa che, spesso, viene intesa più come
un costo di investimento che come un deterrente.
Un esempio di questo fenomeno può
essere l'indicazione all'uso di oscillococcinum (medicamento
omeopatico composto interamente da zucchero prodotto dalla Boiron)
nella prevenzione e nel trattamento del'influenza stagionale.
L'azienda produttrice esorta i consumatori ad assumere il rimedio
omeopatico anche in situazione di benessere per scongiurare il
rischio di influenza ed eventualmente anche per trattarla dopo
l'esordio. Allo stato attuale, in letteratura si ritiene che non ci
sia alcuna evidenza che raccomandi l'uso di questa medicazione per
trattare o prevenire l'influenza. Gli unici studi a favore
dell'oscillococcinum sono stati finanziati dalla Boiron stessa e
dichiarano apertamente il conflitto di interessi.
Secondo uno studio della popolazione
Italiana, nell'arco di 1 anno il 57% della popolazione riferisce di
aver avuto almeno un episodio a carattere influenzale.
L'oscillococcinum è stato usato, per lo più come automedicazione,
nel trattamento del 36% dei casi rendendolo di fatto il prodotto più
venduto nel settore. Si noti come i medici generalmente non
prescrivano farmaci per il trattamento diretto dell'influenza (perché
non esiste nulla di provata efficacia), limitandosi a prescrivere
terapie di supporto per alleviare i sintomi come ad esempio i
mucolitici (55% delle prescrizioni mediche).
Un caso che ha fatto molto scalpore in
Italia è stato lo scandalo dell'Avastin-Lucentis.
Avastin (bevacizumab), commercializzato
dalla Roche (di cui Novartis possiede un terzo delle azioni) e
Lucentis (ranibizumab), prodotto dalla Novartis, appartengono
entrambi alla classe dei farmaci ad anticorpi monoclonali, hanno
sostanzialmente lo stesso tipo di attività e lo stesso bersaglio (il
VEFG) e vengono impiegati con successo nel trattamento della
degenerazione maculare, retinopatia diabetica e altre patologie
oculari; mentre Avastin veniva utilizzato nelle patologie oculari in
off-label (essendo originariamente indicato per la cura di vari tipi
di neoplasie), Lucentis era stato appositamente brevettato per il
trattamento di queste ultime.
A seguito della proibizione
dell'impiego dell'Avastin in off-label da parte dell'AIFA nel 2012,
Lucentis divenne virtualmente il
farmaco di elezione per il trattamento delle suddette patologie
oculari, causando un aggravio sulle casse pubbliche, avendo un prezzo
più alto di circa 60 volte (20 euro contro 1200 euro per mese di
terapia) rispetto all'Avastin. Va evidenziato che la durata del
trattamento delle patologie neoplastiche sia sensibilmente più
limitata nel tempo (mesi) rispetto al trattamento delle patologie
oculari per cui veniva impiegato il Lucentis (anni), obbligando
quindi ad un maggior approvvigionamento di farmaci, che pertanto
richiedono già di per sé una spesa maggiore sul lungo periodo.
Il fatto che Roche non avesse a suo
tempo richiesto la certificazione per l'utilizzo dell'Avastin anche
nelle patologie oculari fece supporre che le due case farmaceutiche
avessero fatto cartello per indurre l'acquisto del Lucentis. A
seguito dell'ostruzionismo mostrato dalle case farmaceutiche,
chiaramente dovuto alla volontà di vendere ai pazienti il farmaco
più costoso, nel 2014 la corte di giustizia europea ha multato
Novartis e Roche per 180 milioni di euro (pari al loro fatturato di
circa mezza giornata). Si stima che nel periodo tra il 2012 e il 2014
il blocco dell'utilizzo dell'Avastin in favore del Lucentis sia
costato circa 1,2 miliardi di euro al sistema sanitario nazionale
italiano.
La campagna pubblicitaria riguardante i
rimedi contro la cellulite di Somatoline Cosmetics è caratterizzata
dallo slogan "la cellulite è una malattia", affermazione
non vera da un punto di vista medico. La medicina considera la
cellulite un inestetismo della pelle senza alcun significato
patologico, considerando anche che la maggior parte delle donne
sperimenta, nel corso della sua vita, questa condizione. Le
pubblicità in cui si parla di cellulite in senso patologico hanno lo
scopo di allarmare la consumatrice, facendole percepire un piccolo
inestetismo come un grave problema, a cui porre rimedio tramite
l'acquisto di prodotti di bellezza che, impropriamente, sono definiti
farmaci dal pubblicitario. In questo modo, aziende che non lavorano
nemmeno in ambito farmaceutico cercano di mercificare l'errata
percezione delle malattie al solo scopo di incrementare i guadagni.
Fra i vari casi di falso DM, in
contrasto con le conclusioni della comunità scientifica, e legati a
teorie del complotto, possono essere citati come esempio:
- Le teorie sulla non esistenza dell'AIDS
- Le teorie antivacciniste
- Le teorie sull'ipertensione fisiologica (PA normale= 200-età)
- Le teorie del complotto della mammografia
- Le teorie del complotto sull'osteoporosi
- Le teorie del complotto sulle statine
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