Posso riferire due storie, con le mie
conclusioni. Decidete voi.
IL LEGAME CON MIA NONNA
Saltavo di gioia ogni volta che da
piccolo veniva a trovarci in casa. A volte facevo le feste a mia
madre dicendole che ero felice perché la nonna veniva a trovarci.
Mia madre tentava di calmarmi, di dirmi che non lo sapeva ancora, poi
però riceveva una telefonata da lei poco prima che partisse in
macchina.
Da adulto ebbi un occasione in cui
sentii assolutamente di doverla andare a trovare. Era tardi, ma di
solito restava alzata fino a tardi. Quando arrivai le dissi che avevo
sentito questa sensazione di doverla visitare, e mi rivelò di aver
avuto diverbi con un inquilino affittuario, il quale l'aveva
minacciata perché non voleva pagare e lei si sentì poco bene.
Poco prima della sua morte, avvenuta in
una casa di cura dove soggiornava, era notte fonda. Feci un sogno in
cui mi trovavo nella sua stanza, e all'improvviso l'ho vista seduta e
sorridente. Mi diceva che andava tutto bene, che non soffriva più e
che andava a stare in un posto migliore di questo. Poi si alzò e
uscì dalla stanza. Il cellulare squillò svegliandomi, con mia madre
dall'altra parte che mi disse di aver appena ricevuto la notizia
dalla casa di cura riguardo la morte di mia nonna. Non c'era nessun
stato indizio che potesse preannunciare la morte. Era nella casa di
cura perché nessuno della famiglia poteva ospitarla e seguirla con
le dovute attenzioni durante il periodo estivo. Se ne andò nel
sonno.
Io resto scettico
riguardo il paranormale.
So anche che non ci sono spiegazioni razionali e banali che giustifichino questi eventi. Non che ne voglia sentire a prescindere. Penso che in fondo sia confortante credere che esista un altro mondo oltre a questo, qualcosa che il solo credere ti consola per la perdita dei tuoi cari.
So anche che non ci sono spiegazioni razionali e banali che giustifichino questi eventi. Non che ne voglia sentire a prescindere. Penso che in fondo sia confortante credere che esista un altro mondo oltre a questo, qualcosa che il solo credere ti consola per la perdita dei tuoi cari.
L'ALBERO DEMONIACO
La sola volta che posso dire di aver
sperimentato genuinamente qualcosa di oggettivamente non spiegabile è
stato durante un escursione con gli scout.Ci trovavamo in
montagna, vicino ad un lago, in un posto decisamente ritirato dal
mondo. Molto piacevole e nel pieno della natura.
Il gruppo aveva messo le tende in una
radura, e quella sera organizzammo un grande raduno con un altro
gruppo di scout della zona. Un occasione per i maschietti di
conoscere ragazze di altri posti, che incontri una volta sola. Per
alcuni era nata la scintilla, per altri c'era da mangiare e da bere.
Noi ragazzi, un branco di ragazzetti disorganizzati e scalmanati, non
avevamo ingranato nessuna marcia con le ragazze, così finimmo per
passare la serata tra noi, decidendo di fare una passeggiata poco più
lontano per sgranchire le gambe e svuotare le vesciche lontano dal
campo e dagli altri.
Una luna perfettamente piena illuminava
il cammino. Il cielo stellato sopra di noi. Stavamo chiacchierando
dopo aver deciso di raggiungere il lago quando cominciammo tutti ad
avere una sinistra sensazione di disagio.
Subito pensammo ad un istinto animale di allarme: lupi nella zona? Qualche cane randagio?
C'era un passo su una curva con un dirupo a lato prima di arrivare al lago.
Sul ciglio della curva c'era questo immenso albero spoglio, senza foglie, lunghissimi rami attorcigliati su loro stessi, e dentro di noi sembrava albergare la stessa pazzesca inquietudine.
Ci guardammo negli occhi nel vano tentativo di ironizzare tra noi, ma vedendo ognuno negli occhi dell'altro la stessa identica paura, nessuno di noi riuscì a emettere un sol fiato o sghignazzo.
Uno di noi ammise di sentirsi ghiacciare il cuore dal "coso nero".
Disse: "Se vado lì, so che non torno più. No, io non vado." Si voltò per andarsene, e cominciò a muovere passi verso il campo, mormorando come tra sé e sé quanto fosse sciocco tutto ciò ma che proprio c'era qualcosa che non andava.
Noi accennammo qualche passo, ma forse condizionati dalla frase del ragazzo, ci congelammo.
Io feci due passi, e sentii il cuore battermi forte, per poi freddarsi come di fronte alla morte stessa.
Mi bloccai e camminando all'indietro non riuscii che a dire che avevo paura di un albero. Anch'io sentivo che non sarei più tornato se avessi continuato a camminare avanti.
Subito pensammo ad un istinto animale di allarme: lupi nella zona? Qualche cane randagio?
C'era un passo su una curva con un dirupo a lato prima di arrivare al lago.
Sul ciglio della curva c'era questo immenso albero spoglio, senza foglie, lunghissimi rami attorcigliati su loro stessi, e dentro di noi sembrava albergare la stessa pazzesca inquietudine.
Ci guardammo negli occhi nel vano tentativo di ironizzare tra noi, ma vedendo ognuno negli occhi dell'altro la stessa identica paura, nessuno di noi riuscì a emettere un sol fiato o sghignazzo.
Uno di noi ammise di sentirsi ghiacciare il cuore dal "coso nero".
Disse: "Se vado lì, so che non torno più. No, io non vado." Si voltò per andarsene, e cominciò a muovere passi verso il campo, mormorando come tra sé e sé quanto fosse sciocco tutto ciò ma che proprio c'era qualcosa che non andava.
Noi accennammo qualche passo, ma forse condizionati dalla frase del ragazzo, ci congelammo.
Io feci due passi, e sentii il cuore battermi forte, per poi freddarsi come di fronte alla morte stessa.
Mi bloccai e camminando all'indietro non riuscii che a dire che avevo paura di un albero. Anch'io sentivo che non sarei più tornato se avessi continuato a camminare avanti.
Tornammo al campo, andammo a dormire.
Il giorno dopo, dopo colazione, ci muovemmo camminando lungo il
sentiero ed arrivammo in gruppo alla stessa curva. Ci crederete o no,
a metà strada noi tre restammo di sasso fermi in mezzo alla strada.
Il dannato albero non c'era. Il ciglio era dannatamente spoglio di
vegetazione. Solo sassi. Non abbiamo mai capito cosa diavolo fosse
successo quella notte.
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