L'elettrosensibilità (ES)
o elettroipersensibilità (EHS) è
un insieme di sintomi fisici e/o psicologici che un soggetto afferma
essere causati da campi magnetici, elettrici o elettromagnetici, a un
livello di esposizione tollerato dalle altre persone.
L'ES non è riconosciuta come una vera
e propria malattia dall'Organizzazione mondiale della sanità e dalla
comunità scientifica. La principale obiezione è la mancanza di
evidenze scientifiche che forniscano parametri in grado di dimostrare
il rapporto di causa-effetto tra sintomi e esposizione. Da quando,
nel 2005 una revisione sistematica ha rilevato che non c'è alcuna
prova che tali malesseri siano causati dai campi elettromagnetici,
molti studi in doppio cieco sono stati pubblicati, ognuno dei quali
suggerisce che coloro che affermano di essere malati non riescono a
distinguere la presenza del campo elettromagnetico.
La OMS rileva che studi ben controllati
hanno mostrato come i sintomi non sono causati dai campi
elettromagnetici e che ci sono alcune indicazioni che tali sintomi
sono dovuti a preesistenti condizioni psichiatriche, stress o sono
causati dalla stessa paura dei campi elettromagnetici. La OMS
aggiunge che la mancanza di evidenti basi tossicologiche o
fisiologiche e di verifiche indipendenti la rendono simile ad
un'altra condizione patologica: la sensibilità chimica multipla.
Tale posizione della OMS è contestata
dalle associazioni dei malati, diffuse in tutto il mondo.
Una piccola parte della popolazione che
si definisce ES dichiara di esserne fortemente colpita. Come esempio,
uno studio ha stimato che circa il 10% dei soggetti ES in Svezia sono
in malattia o sono in pensione anticipata o pensione di disabilità,
paragonati al 5% della popolazione generale, mentre una seconda
ricerca ha riportato che su 3406 persone che accusavano "disturbo"
da dispositivi elettrici l'11% riporta "molto" disturbo.
L'ES può avere un impatto significativo sulla qualità di vita
causando un deterioramento fisico, mentale e sociale e distress
psicologico.
Le persone soggette ad
elettrosensibilità affermano di presentare differenti livelli di
risposta ai campi elettrici, campi magnetici e alle diverse frequenze
delle onde elettromagnetiche.
È una materia controversa, poiché
nonostante l'imponenza dei sintomi accusati da alcuni soggetti
colpiti, nessuna sperimentazione a doppio cieco è riuscita sinora a
dimostrare univocamente il legame fra i campi elettromagnetici e la
sindrome e si ritiene che la fonte prima possa avere natura
psicosomatica.
Coloro che ne sostengono la natura
organica rilevano come molti apparecchi elettrici siano stati
sospettati essere causa della sintomatologia, e una ricerca del 2004
ipotizza che le antenne per i telefoni cellulari e per i cordless, le
linee elettriche ad alta tensione ravvicinate, i trasformatori e i
telefoni cellulari sarebbero le più comuni fonti dei disturbi da
elettrosensibilità.
Nel 2005 la OMS ha suggerito che si
possa utilizzare il termine "Intolleranza ambientale idiopatica"
per descrivere l'ES, poiché tale definizione ha carattere generale,
ovvero raggruppa condizioni patologiche varie delle quali non si
conosce l'origine ed è eziologicamente neutrale. Essa tuttavia è
molto meno diffusa di "elettrosensibilità". Pur
riconoscendola quale "potenziale fattore di disabilità
funzionale", la OMS ribadisce in particolare che “non esistono
criteri diagnostici chiari per l'ipersensibilità ai campi
elettromagnetici e non esiste alcuna base scientifica per associarne
i sintomi all'esposizione ai campi elletromagnetici”.
Studi scientifici condotti in doppio
cieco, tesi a provare la relazione tra l'esposizione a un campo
elettromagnetico e l'incidenza dei sintomi di elettrosensibilità
hanno dimostrato che i soggetti colpiti non sono generalmente in
grado di distinguere i campi elettromagnetici reali da quelli che
credono tali. I risultati hanno portato l'autore dello studio a
concludere che: «Gli studi osservativi disponibili non permettono di
individuare una differenza tra gli effetti biofisici dovuti
all'elettrosensibilità e un effetto nocebo».
La posizione ufficiale della OMS è
contestata dalle associazioni dei malati che, supportate da alcuni
studi che ne collocherebbero l'origine nell'esposizione a campi
elettromagnetici, la ritengono un'"intolleranza ai campi
elettromagnetici" e ne definiscono protocolli diagnostici e
terapeutici.
Nessun trattamento efficace per coloro
che affermano di essere affetti da elettrosensibilità è ancora
noto, principalmente perché l'esistenza stessa della condizione
resta non accertata.
La principale strategia è di evitare,
il più possibile, l'esposizione ai campi elettromagnetici per chi
soffre di grave ES; ciò presenta difficoltà pratiche nella società
moderna. Gli altri metodi usati spesso dai pazienti includono:
schermatura (ad es. con reti metalliche messe a terra), filtri
elettrici e al trattamento delle condizioni correlate.
Una rivista del 2006 ha identificato
nove trial clinici testando diversi trattamenti per l'ES: quattro
provarono filtri visivi per gli schermi, uno un dispositivo che
emetteva campi elettromagnetici "schermanti", uno ha
testato l'agopuntura e un altro studio l'assunzione giornaliera di
vitamina C, E e selenio. L'autore ha concluso che: «Ulteriori
ricerche sono necessarie prima che qualche definitivo trattamento
clinico possa effettuarsi. Comunque, la migliore prova attualmente
disponibile suggerisce che la terapia cognitivo-comportamentale sia
efficace per coloro che riferiscono ipersensibilità a campi
elettromagnetici di debole entità.».
In Svezia l'EHS non è riconosciuta
come malattia ma è riconosciuta dal Governo come causa di invalidità
funzionale.
L'Assemblea Parlamentare del Consiglio
d'Europa ha raccomandato agli Stati Membri di "prestare
un'attenzione particolare alle persone elettrosensibili che soffrono
di una sindrome di intolleranza ai campi elettromagnetici e di
introdurre specifiche misure per proteggerli, inclusa la creazione di
aree wave-free, non coperte dalle reti wireless"
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