Per qualsiasi essere umano essere
trattato come un oggetto di proprietà è qualcosa di indegno ed
aberrante.
L'Antica e strana usanza inglese
della Vendita della Moglie
Tra la fine del XVIII e la metà del
XIX secolo, in Inghilterra, le donne sposate venivano comunemente
comprate e vendute alle fiere di paese. Durante questo periodo non
passava anno in cui non ci fosse un caso giudiziario riguardante la
vendita di una moglie. Tra il 1780 e il 1850 furono registrati
sicuramente i casi di vendita di
300 mogli, donne libere
trattate come un bene acquistabile, oltre ai casi di tantissime donne
che non vennero registrate.
Per comprendere il motivo di tale
usanza è bene specificare le ragioni economiche e sociali dietro la
vendita delle mogli. Il primo
divorzio
registrato in Inghilterra fu nel
1857, e in precedenza
rappresentava una pratica difficile e costosa. Al fine del
riconoscimento legale di una separazione o annullamento di un
matrimonio era necessario un
atto privato del Parlamento,
che aveva un prezzo di circa 3.000
sterline, qualcosa come
15 mila sterline (probabilmente
anche molto di più) odierne,
e di un riconoscimento
dell’annullamento da parte della Chiesa.
Sotto, “Selling a Wife” di Thomas
Rowlandson
Per un qualunque cittadino inglese
erano cifre sostanzialmente proibitive, riservate soltanto a pochi
nobili, e l’unica alternativa all’annullamento del matrimonio era
quello di organizzare una vendita pubblica della moglie. Nei ceti più
bassi della popolazione, una moglie era considerata come un vero e
proprio bene, che poteva essere venduto come qualsiasi altra merce.
Il marito portava la donna all’asta
del mercato dei bovini e la registrava come un bene in vendita,
apponendole una corda appesa al collo, alla vita o al polso. L’asta
aveva poi luogo sulla pubblica piazza e la moglie veniva venduta.
Fortunatamente era una pratica già considerata
illegale, ma per l’uomo
medio era l’unica chance di separarsi dalla moglie senza incorrere
in costi proibitivi.
Nonostante fosse
illegale le autorità erano solite chiudere un occhio
Sotto, una stampa francese di una
vendita inglese
Quando l’affare veniva concluso,
l’acquirente e il venditore andavano alla taverna del paese a
festeggiare la buona riuscita della transazione. E’ bene
specificare che quasi tutte le donne vendute mediante questo “trucco”
burocratico andavano all’asta di
propria volontà,
e mettevano un
veto
sui potenziali acquirenti.
In molti casi la vendita veniva
annunciata su un giornale locale, in modo da dare ai potenziali
acquirenti il tempo necessario a prepararsi. La moglie aveva anche
modo di decidere quale dei potenziali acquirenti potesse andarle
bene, e di porre un veto su altri non di proprio gradimento.
La vendita,
sostanzialmente, era il divorzio dei poveri
Uno dei primi casi di vendita della
moglie ebbe luogo nel 1733, a Birmingham, dove
Samuel Whitehouse
vendette la moglie,
Mary Whitehouse, a
Thomas Griffiths, per una sterlina. In molti casi, inoltre, era
proprio la donna che insisteva per essere venduta, un’operazione
che le avrebbe consentito di uscire da un matrimonio particolarmente
infelice.
Le vendite delle mogli raggiunsero il
proprio apice fra il
1820 e il 1830, per
poi esser sostituite dal divorzio legalizzato. L’ultima vendita,
sembra, ebbe luogo nel 1913, quando una donna affermò di esser stata
venduta dal marito ad un proprio compagno di lavoro per la modica
cifra di una sterlina.
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