lunedì 5 ottobre 2020

Uomo mellificato

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L'uomo mellificato è una sostanza medicinale leggendaria creata immergendo un cadavere umano nel miele.
L'intruglio è descritto in alcune fonti mediche cinesi, quali il Bencao Gangmu del medico e farmacologo Li Shizhen, vissuto nel sedicesimo secolo. Secondo tale trattato dopo essersi nutrito esclusivamente di miele per alcune settimane il donatore deceduto veniva posto in una bara di pietra riempita anch'essa della dolce sostanza. Dopo un secolo di attesa la bara veniva aperta e il contenuto utilizzato come rimedio capace di guarire pressoché ogni malattia e di curare le ossa rotte.

Storia

La pratica di conservare i corpi dei defunti nel miele ha avuto come antecedenti gli assiri che, come riporta lo storico greco Erodoto, erano soliti imbalsamare i loro morti usando il miele, una tecnica anche adottata dagli antichi egizi. Più tardi, nel IV secolo a.C., il corpo di Alessandro Magno venne rinchiuso in un sarcofago pieno di miele. Tuttavia, l'esistenza di un farmaco prodotto da uomini mummificati nel miele è stata descritta molti anni dopo dal farmacologo cinese del sedicesimo secolo Li Shizen. Sebbene lo stesso Shizen non sia certo che l'esistenza degli uomini mellificati sia vera, egli ha descritto l'usanza dettagliatamente nel suo Bencao Gangmu (1578), il più grande trattato farmacologico della medicina cinese, in cui spiega di esserne venuto a conoscenza dagli scritti dell'erudito cinese Tao Jiucheng (conosciuto anche come Tao Zongyi) vissuto verso la metà del quattordicesimo secolo:
«Secondo [Tao Jiucheng] nel suo [Chuogenglu], nelle terre degli arabi ci sono uomini di 70 o 80 anni che sono disposti a dare il proprio corpo per salvare gli altri. (Il volontario) non prende più né cibo né bevande, fa il bagno e mangia un poco di miele, finché dopo un mese i suoi escrementi non sono altro che miele; poi segue la morte. I suoi compatrioti mettono il corpo a macerare in una bara di pietra piena di miele, con un'iscrizione che dà l'anno e il mese della sepoltura. Dopo un centinaio di anni i sigilli vengono rimossi e la confezione così formata è usata per il trattamento di ferite e fratture del corpo e degli arti - solo una piccola quantità presa internamente è necessaria per la cura. Anche se è scarso da quelle parti, la gente comune lo chiama "uomo mellificato", o, nel loro linguaggio straniero, "mu-nai-i". Non sono certo se la storia sia vera o meno. In ogni caso la cito in modo che possa essere presa in considerazione dagli eruditi.»
Il miele, assunto come alimento esclusivo e dalle proprietà lassative, causava eccessiva perdita di peso e quindi la morte del volontario; il suo corpo veniva quindi ricoperto di miele che, povero d'acqua e ricco di sostanze antibiotiche, ne impediva la putrefazione. Quando la bara veniva aperta il cadavere era ormai completamente macerato; la sostanza rimasta veniva quindi donata ai discendenti del defunto oppure raccolta in barattoli e venduta ad altissimi prezzi.
Secondo gli storici della scienza cinese Joseph Needham e Lu Gwei-djen, nonostante Li Shizen parli della pratica dell'uomo mellificato come originaria dell'Arabia è possibile che in realtà la sua origine ricada nella pratica birmana di preservare i corpi di abati e monaci nel miele, così che "la nozione occidentale di un farmaco ricavato dalla perdurabile carne umana fosse combinato con il caratteristico motivo buddista del sacrificio di sé per gli altri". Mary Roach ha invece affermato che l'uso medicinale delle mummie e la vendita di falsi è documentato nei libri di chimica risalenti al sedicesimo e diciottesimo secolo in Europa, ma raramente tali mummie erano conservate nel miele e in nessun luogo al di fuori dell'Arabia i cadaveri usati per le mummie erano di volontari.


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