Un torii (鳥居)
è il tradizionale portale d'accesso giapponese che porta ad un jinja
(santuario shintoista) o, più semplicemente, ad un'area sacra. La
sua struttura elementare è formata da due colonne di supporto
verticali e un palo orizzontale sulla cima e frequentemente viene
dipinto in colore vermiglio. Tradizionalmente sono fatti di pietra o
legno, ma in tempi recenti i costruttori hanno iniziato ad usare
anche l'acciaio o il cemento armato.
Generalmente i torii si trovano
a gruppi di tre, ma fuori dai templi o dai luoghi di culto non
mancano mai. Il numero è tuttavia variabile. Ad esempio, i santuari
dedicati al dio Inari possiedono tipicamente molti torii,
mentre il santuario di Fushimi Inari-taisha a Kyoto possiede
addirittura migliaia di torii.
La loro costante presenza nello
shintoismo è dovuta al fatto che il passaggio sotto di esso è
considerato una prima forma di purificazione, poi completata con le
abluzioni rituali nelle immediate vicinanze del santuario. Le
credenze popolari tendono ad identificarlo semplicemente come un
simbolo di fortuna e prosperità. Per questo è costume che una
persona che ha ottenuto successo negli affari doni un torii
come segno di gratitudine agli dèi.
Origine
L'origine di queste costruzioni, da
sempre caratteristiche del paesaggio giapponese, è incerta. Sebbene
strutture simili si possano trovare in molte altre zone dell'Asia,
come in India (i torana dell'architettura buddista e
induista), in Cina (p'ai-lou), in Corea (Hongsalmun),
in Thailandia, in Nepal e altrove, la ragione e le circostanze per
cui questi portali siano stati importati anche nell'Arcipelago non
sono conosciute.
Secondo una versione dei miti di
Amaterasu (la dea del Sole), quando questa si rinchiuse in una
caverna per sfuggire al pestifero fratello Susanoo, causando
un'eclissi, le persone, timorose di non rivedere più la luce del
Sole, misero su un grosso trespolo di legno per uccelli, tutti i
galli della città. Il loro continuo cantare la incuriosì e la
indusse a sbirciare fuori dalla caverna.
Approfittando del varco apertosi, uno degli dèi aprì completamente l'ingresso, spingendo via la roccia e permettendo alla luce del Sole di illuminare ancora la Terra. Quel trespolo divenne il primo torii.
Approfittando del varco apertosi, uno degli dèi aprì completamente l'ingresso, spingendo via la roccia e permettendo alla luce del Sole di illuminare ancora la Terra. Quel trespolo divenne il primo torii.
È interessante che nel mito sia
raccontato che sul trespolo siano stati messi vari uccelli. Secondo
altre fonti autoctone infatti, un tempo i torii avevano
proprio la funzione di ospitare i galli sacri dalla lunga coda e gli
uccelli in generale, visti come messaggeri degli dèi (tra l'altro
questi particolari galli si trovano ancora in certi sacrari). È
probabile che con il tempo venne dimenticato l'uso primitivo e fu
così che il torii divenne da un'uccelliera un portale. Questa
teoria parrebbe confermata dallo stesso termine torii,
composto di tori (uccello) e i (essere, stare, luogo).
Parti principali
I torii appartengono a due
famiglie principali, quella del Shinmei torii, stile
utilizzante solo travi diritte, e quella del Myōjin torii (di
gran lunga la più comune), che utilizza invece anche travi ricurve.
Strutturalmente un torii è
caratterizzato da nove elementi, non tutti sempre presenti:
- il kasagi, la trave a cavallo delle due colonne
- lo shimaki, una seconda trave a volte presente sotto il kasagi
- il nuki, trave secondaria sotto il kasagi e lo shimaki che collega e tiene insieme le due colonne
- i kusabi, cunei che fermano il nuki;
- il gakuzuka, supporto situato tra shimaki e nuki a sostegno del primo e a volte recante un'iscrizione
- gli hashira, le colonne cilindriche che sostengono la costruzione
- i daiwa, i capitelli delle colonne
- i daiishi o kamebara, le basi di queste ultime
- i nemaki, guaine nere (o a volte di altro colore) alla base delle colonne
Le colonne possono avere una certa
inclinazione verso l'interno detta uchikorobi.
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