martedì 20 ottobre 2020

Elisir di lunga vita







L'Elisir di lunga vita (in arabo: الإكسير, al-Iksīr) è una leggendaria pozione o elisir capace di donare vita eterna e immortalità a chiunque lo beva, talvolta è stato associato il potere di dare la vita.
L'elisir è collegato ai miti di Enoch, Thot ed Ermete Trismegisto, dei quali si racconta che abbiano bevuto una sola goccia di questa pozione per diventare immortali. Un'ulteriore fonte sono alcuni testi di Nag Hammâdi che parlano della pozione e delle avventure di Al Khidr.

lunedì 19 ottobre 2020

Salamandra

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Nella mitologia delle saghe popolari e delle tradizioni alchemiche, le salamandre sono creature del fuoco a cui è attribuita la capacità di far vivere le fiamme, riuscendo ad attraversarle rimanendo illese.

Descrizioni

Fin dall'antichità le salamandre erano assimilate agli omonimi animali, i quali si pensava che vivessero nel fuoco come gli uccelli nell'aria, sebbene in realtà la pelle umida di questi anfibi li renda estremamente vulnerabili non solo a fonti di calore, ma anche al disseccamento dovuto alla lontananza dall'acqua o da luoghi umidi. Plinio il Vecchio nella sua Storia Naturale ne dava questa spiegazione: «[La salamandra] è tanto fredda che al suo contatto il fuoco si estingue non diversamente dall'effetto prodotto dal ghiaccio».
L'associazione col fuoco era rimarcata anche dall'infiammazione provocata dal loro veleno: le loro ghiandole cutanee possono infatti secernere una sostanza irritante per le mucose. Plinio sostenne che se una qualunque parte del corpo umano fosse entrata in contatto con la bava della salamandra avrebbe cambiato colore ricoprendosi di macchie biancastre: probabilmente voleva dare una spiegazione alla vitiligine.
A ogni modo, le salamandre davano il nome a una categoria del popolo fatato già conosciuta dalla mitologia celtica, gli elementali del fuoco. Nella tradizione esoterica, l'aspetto con cui costoro apparirebbero ai veggenti è quello di lingue di fuoco o di globi luminosi. Personificazioni del fuoco stesso, furono scelte dagli alchimisti come simbolo dell'opera di calcinazione.
Nel Medioevo cristiano la salamandra fu caricata ancor più di significati simbolici, legati all'immagine stessa del Cristo, per la capacità dell'omonimo anfibio di risorgere dopo morto, come la Fenice dalle sue ceneri. La si trova molto frequentemente nei bestiari dell'epoca, anche se le sue caratteristiche erano spesso identificate con quelle di vari rettili, dai serpenti alle lucertole. Brunetto Latini la descriveva così:
«E sappiate che la salamandra vive in mezzo alla fiamma del fuoco senza dolore e senza danni al suo corpo, ma spegne il fuoco grazie alla sua natura.»
(Brunetto Latini, Li livres dou Tresor, libro I, cap. CXLVI)
L'emblema della salamandra nel fuoco fu adottata come stemma dal re di Francia Francesco I, associata al motto nutrisco et extinguo e dal duca di Mantova Federico II Gonzaga, accompagnata dal motto Quod huic deest me torquet.
Benvenuto Cellini racconta che una salamandra era sempre presente nelle fiamme del suo caminetto, e già nella sua casa d'infanzia gli era capitato di vederne una.
Paracelso, nel suo trattato dedicato agli elementali, presenta le salamandre come lunghe, agili e snelle, abitanti soprattutto in prossimità dei vulcani sin da tempi remoti. Il rumore di sottofondo proveniente dalla profondità dei crateri consisterebbe nella loro operosa attività di edificazione delle proprie dimore, ad esempio sull'Etna, dove Paracelso afferma di averne sentito le grida. Egli riferisce che parlano raramente e con grande sforzo dei loro segreti, preferendo la compagnia delle vecchie e delle streghe.
Uno studio sistematico delle salamandre lo si ritrova nell'esoterista Rudolf Steiner, secondo cui il loro compito in natura consiste nel raccogliere il calore dal cosmo e trasmetterlo ai fiori delle piante attraverso il veicolo del polline. Esse compenetrano a tal fine l'aura degli insetti, facendosi portatrici dell'elemento fecondante paterno – il calore del cielo – che si unirà poi a quello femminile rappresentato non dall'ovulo, ritenuto ancora un elemento maschile, bensì dalla terra, cioè dall'archetipo della pianta elaborato dagli Gnomi all'interno del suolo.
Delle salamandre sarebbero inoltre intessuti i pensieri stessi dell'uomo: l'anatomia occulta del corpo delle salamandre è infatti per Steiner quella tra gli elementali più simile all'essere umano, perché al pari di quest'ultimo consterebbe di un organo fisico di terra, uno eterico d'acqua, uno astrale d'aria, ed infine un abbozzo dell'Io, la cui essenza sarebbe sostanza pensante di fuoco: avendo però sviluppato solo in parte questo principio dell'Io, la salamandra rimane al livello della materia invisibile.



domenica 18 ottobre 2020

Forneus

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In demonologia, Forneus è un marchese dell'Inferno, e ha 29 legioni di demoni sotto il suo governo. Insegna la retorica e le lingue, dà agli uomini una buona reputazione, e li fa essere amati da amici e nemici. È raffigurato come un grande mostro marino. Il suo nome sembra derivare dal latino 'fornus', 'furnus', forno.

sabato 17 ottobre 2020

Elementale

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Un elementale è un essere mitologico presente in diverse tradizioni spirituali e animistiche. La parola è un aggettivo nato nell'ambito teosofico, indicante la peculiare caratteristica di tale creatura di appartenere ad uno solo dei quattro elementi classici: acqua, aria, terra e fuoco. Per estensione, elementale è passato da aggettivo a sostantivo, così da indicare direttamente il tipo di creatura, e non solo la sua natura.

Cenni storici sulla concezione vitalistica del mondo

La credenza che la natura sia popolata da creature e spiriti invisibili sembra risalire agli albori dell'umanità, presentandosi come una caratteristica comune alle più svariate espressioni del paganesimo e dei riti animisti. Secondo le mitologie indigene africane o in quelle orientali persiane, indiane o cinesi, ad esempio, esiste una scala ascendente di spiriti fino ai deva e oltre, di cui l'uomo comune non ha percezione. Anche nell'antica Grecia, del resto, le divinità del pantheon politeista erano ritenute personificazioni delle forze della natura, e concepite ad essa immanenti; Talete affermava in proposito che «tutte le cose sono piene di dei». Si trattava di concezioni radicalmente anti-deterministe, che si contrapponevano già da allora alle prime forme embrionali del meccanicismo, e che in seguito, maturando, daranno vita ai più complessi sistemi filosofici del pitagorismo, del platonismo, e del neoplatonismo, per i quali ogni aspetto dell'universo non è che un'irradiazione dell'Anima del tutto, attraverso cui esso risulta intimamente vitalizzato da energie e forze arcane, celate nell'oscurità della materia. Un simile complesso di credenze, riconducibili entro la cornice della cosiddetta Vecchia Religione, fu ripreso in parte dal Cristianesimo, sostituendo però alle divinità pagane, inaccettabili per un culto monoteista, delle creature intermedie come gli angeli o i santi protettori, preposti ognuno alla "giurisdizione" di un particolare aspetto o elemento della realtà, che risulta così da essi tutta animata. Sul piano filosofico queste creature corrispondono ai concetti universali in grado di unificare gli enti appartenenti a un medesimo genere, classe o specie, concetti a cui Tommaso d'Aquino attribuiva un'essenza reale, viva, contrapponendosi a quanti li consideravano invece puramente nominali.
Nel Rinascimento, in cui si accentuò la visione magica ed esoterica della natura, sulla quale prosperò l'alchimia, si deve a Paracelso il primo esplicito trattato sugli spiriti elementali, che egli riteneva responsabili di ogni legge e avvenimento di natura.
«Questi esseri, benché abbiano apparenza umana, non discendono affatto da Adamo; hanno un'origine del tutto differente da quella degli uomini e da quella degli animali, [...] però si accoppiano con l'uomo, e da questa unione nascono individui di razza umana.»
(Paracelso, De nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris, trad. it. in Scritti alchemici e magici, Genova, Phoenix, 1991)
Se le concezioni panpsichiste furono successivamente messe in crisi dal ritorno del meccanicismo, rivolto a una conoscenza della natura limitata ai suoi aspetti quantitativi, affiancato da un indirizzo di pensiero nominalista che negando valore alle essenze universali delle specie naturali le assimilava a semplici parole arbitrarie prive di fondamento ontologico, esse tuttavia sopravvissero ad opera di autori come Leibniz, fautore di un ritorno alla filosofia naturale platonico-aristotelica, per riemergere con l'avvento del Romanticismo, durante il quale si va alla riscoperta del passato mitologico dei popoli europei, ritenuto a volte più veritiero dei loro eventi storici. Si diffondeva intanto anche nei riti massonici l'usanza di invocare gli spiriti elementali. L'esistenza degli elementali, senza l'intervento dei quali nessun fenomeno naturale potrebbe prodursi, fu poi esplicitamente affermata dalla Società Teosofica fondata da Helena Petrovna Blavatsky nel 1875, e rimase al centro degli interessi e delle scoperte di vari esponenti dell'antroposofia e dell'esoterismo contemporaneo come Rudolf Steiner, Annie Besant, Geoffrey Hodson, Charles Webster Leadbeater.

Caratteristiche

Secondo la Blavatsky, gli elementali «dimorano nell'etere e possono maneggiare e dirigere la materia eterica per produrre effetti fisici, con la stessa facilità con cui l'uomo può comprimere dell'aria con un apparecchio pneumatico»: essi, cioè, creano la materia grezza, visibile, comprimendo o condensando quella sottile o invisibile, modellandola secondo le immagini che ricevono dall'ambiente circostante, o dalle forme-pensiero di spiriti superiori. In tal modo vive e cresce la natura, da quella inorganica nei suoi aspetti solido, fisico e gassoso, fino a quella organica, costituita dalle piante e dagli animali.
Le piante ad esempio, secondo Rudolf Steiner, non potrebbero essere comprese con gli strumenti intellettuali messi a disposizione dal meccanicismo materialista, poiché la loro crescita è dovuta in realtà ad una cooperazione delle creature di tutti e quattro i livelli elementali: quelle della terra, che trasmettono alle radici le informazioni dal cosmo assorbite dal suolo; quelle dell'acqua, che operano da agenti chimici attraverso il fluido della linfa trasformando l'etere in sostanze nutritive; quelle dell'aria, che assorbono la luce e la tessono in forme ideali, come già intuito da Goethe nella sua concezione della «Forma Archetipica»; e infine le creature del fuoco, che trasmettono il calore del mondo alle piante, donando loro il potere fertilizzante. Steiner riprende la tesi di Goethe che, polemizzando con i botanici del suo tempo, sosteneva che la fruttificazione non avvenisse nel fiore, all'interno del quale l'impollinazione produrrebbe soltanto la formazione del seme maschile, che di per sé non è ancora in grado di generare alcunché. La fertilizzazione avviene quando quest'ultimo, che è il risultato degli spiriti del fuoco, incontra l'opera degli spiriti della terra, situata nello strato di tessuto sottostante la corteccia (cambium), ossia per l'interazione fra gli esseri della terra e quelli del cielo.
«È un errore colossale credere che il principio-madre della pianta sia nel germoglio. La verità è che questo è il principio maschile, che viene estratto dall'universo con l'aiuto degli spiriti del fuoco. La madre viene dal cambium, che si estende dalla corteccia al legno, e discende da una forma ideale.»
(Rudolf Steiner )
Gli elementali operano integrando la loro coscienza dentro le rispettive creazioni fisiche, seguendo le direttive di esseri superiori, conosciuti in India come deva, che forniscono loro un'impronta-pensiero derivante a loro volta da gerarchie superiori. Ogni deva consiste in una sorta di "anima collettiva", che unifica o raggruppa più esseri viventi, come piante o animali, i quali non posseggono un "io" individuale come quello umano.
Il mondo fisico è dominato dalla presenza di spiriti elementari imprigionati nella materia. Secondo Steiner il rapporto quotidiano con gli oggetti e con la materia stessa determina un passaggio di questi spiriti che giungono all’uomo. Se fissiamo una pietra da essa catturano senza volerlo degli spiriti elementari. La liberazione di questi spiriti avviene tutte le volte in cui adottiamo un approccio spirituale.
«Durante tutta la sua vita l'uomo assorbe in sé, dal mondo esterno, spiriti elementari. In quanto si limita a guardare gli oggetti esterni, lascia semplicemente entrare in sé gli spiriti senza mutarli; se cerca invece di elaborare le cose del mondo esterno nel suo spirito, per mezzo di idee, concetti, sentimenti di bellezza e così via, egli salva e libera quegli spiriti elementari.»
(Rudolf Steiner Gerarchie spirituali e loro riflesso nel mondo fisico)
Alla morte dell’uomo gli spiriti non liberati rimarranno con lui anche nella successiva reincarnazione. Quelli liberati tornano negli elementi originari.



Spiriti elementali

Ogni elementale ha un suo simbolo, un suo punto cardinale di invocazione, un proprio Angelo, Arcangelo o Governante ed un proprio colore particolare.
Gli spiriti elementali sono a guardia della loro "porta" o mondo di entrata, propria dell'elemento che vigilano.

Elementali del fuoco

  • Cardine: Sud o Darom
  • Nome: Salamandre (chiamate Vulcani da Paracelso)
  • Colore: Rosso
  • Strumento di comando: Candela o Torcia
Le Salamandre sono le più potenti fra gli spiriti elementali. Bellissime, vengono descritte talora come lingue infuocate, talora come globi luminosi. Vivono nelle zone desertiche e presso i vulcani attivi. Raramente si mostrano agli esseri umani.

Elementali dell'aria

  • Cardine: Est o Mizrach
  • Nome: Silfidi (chiamate Silvani da Paracelso)
  • Colore: Giallo
  • Strumento di comando: Bacchetta (creatrice)
Le Silfidi sono spiriti evanescenti ed estremamente timidi, anche se non disdegnano il contatto con gli umani. Spesso ingannevoli ma anche dolci e protettive. Vivono nei venti e si spostano seguendo le correnti d'aria. Possono raggiungere età millenarie mantenendo sempre un'apparenza giovane. Vivono in ambienti ventosi come le pianure o in alta montagna. Alle volte una silfide può però essere generata dalla danza di una o più ninfe; se la loro magia e le loro immagini sono abbastanza forti, l'elementale può persistere anche dopo la fine della danza, ma deve fare ritorno per una notte al mese all'elemento da cui le ninfe hanno tratto il potere di crearlo.

Elementali dell'acqua

  • Cardine: Ovest o Maarab
  • Nome: Ondine
  • Colore: Blu
  • Strumento di comando: Coppa di libagione
Le Ondine sono gli spiriti dell'acqua che dimorano in laghi, fiumi, cascate e mari. Hanno le sembianze di ragazze bellissime con capelli vaporosi e occhi chiari, altre volte si presentano come onde tra i flutti.Hanno voci meravigliose che a volte possono essere udite sovrapposte allo scrosciare dell'acqua.
Un discorso a parte riguarda le Nereidi, ninfe dell'acqua e le Sirene dal canto che ammalia.

Elementali della terra

  • Cardine: Nord o Tzaphon
  • Nome: Gnomi (conosciuti anche come Coboldi, Pigmei, e Nani)
  • Colore: Verde
  • Strumento di comando: Pietra o Cristallo
Queste piccole creature hanno delle caratteristiche differenti da quelle degli elfi. Mentre questi ultimi hanno l'aspetto slanciato, benché siano di minima statura, gli gnomi sono molto più piccoli e tozzi. Sono grandi conoscitori dei minerali, del regno sotterraneo e delle proprietà delle erbe. Vivono nei boschi e nelle grotte.
Le driadi sono fanciulle bellissime. Indossano abiti verdi o marroni simili alle foglie o al tronco dei rami degli alberi, di solito noci o querce, sui quali trascorrono una vita riservata; si può dire, anche che la driade sia l'albero e viceversa. La vita di queste creature è legata all'albero di cui sono custodi e se l'albero muore o viene tagliato, esse seguono la sua sorte e scagliano un'orrenda maledizione o sopravvivono e si vendicano. Virgilio nelle Georgiche così descrive il pianto delle Driadi alla morte di Euridice:
«Ah! i gioghi empiér d'orridi lai le Driadi,
Cui visse ugual: pianse l'aeria Rodope,
E il fier Pangéo, e i pian di Reso armigeri,
E il Geta, e l'Ebro, e la Cccropia Orizia.»
(Virgilio, Georgiche, IV )
Un discorso a parte riguarda le Villi (Vila al singolare), spiriti vendicativi e spettrali che nella mitologia slava governano gli elementi.










venerdì 16 ottobre 2020

Amon

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«Signore di ciò che è, permanente in tutte le cose,
unico in sua natura come il Seme degli dei […] capo di tutti gli dei.[…]
La tua dolcezza è nel cielo settentrionale,
la tua bellezza rapisce i cuori, l'amore di te fa languide le braccia,
la tua forma bella rende deboli le mani, e i cuori, alla tua vista, ogni cosa dimenticano.
Tu sei l'unico che fece tutto ciò che è.»
(Inno ad Amon-Ra, Papiro Boulaq 17)
Amon (Imn, in italiano anche Ammone, dal greco antico Ἄμμων Ámmōn, Ἅμμων Hámmōn; letteralmente il Misterioso o il Nascosto) è una divinità appartenente alla religione dell'antico Egitto. Fu un dio di massima importanza per buona parte della storia egizia. È attestato già durante l'Antico Regno (ca. 2680 - 2180 a.C.) con la sua sposa Amonet, come testimonia ad esempio un'iscrizione nella piramide di Pepi II:
«[…] o Amon e Amonet! Voi coppia degli dei, che agli dei - con le loro ombre - vi siete uniti.»
(Testi delle piramidi, n°579)
Durante l'XI dinastia (2160 a.C. - 1944 a.C.) assurse al ruolo di patrono di Tebe, sostituendo Montu. Dopo la ribellione dei prìncipi tebani contro gli hyksos e con il regno di Ahmose I (1539 a.C. - 1514 a.C.), Amon assunse un'importanza nazionale, esplicata dalla sua fusione con il dio-sole Ra nella figura di Amon-Ra. Durante il Nuovo Regno Amon fu il capo del pantheon egizio - con l'eccezione dell'eresia amarniana durante il regno di Akhenaton (1351 a.C. - 1334/3 a.C.). Amon fu il dio creatore, trascendente e creatosi da sé, protettore dei poveri e degli oppressi e oggetto di una devozione estremamente diffusa. La sua posizione di Re degli Dei sfociò, talvolta, in una sorta di monoteismo virtuale quando tutti gli dei erano ritenuti sue manifestazioni. Insieme a Osiride, Amon-Ra è il dio che compare con più frequenza nelle fonti egizie. Come divinità principale dell'impero egizio, Amon-Ra fu adorato anche fuori dall'Egitto, nell'antica Libia e in Nubia. Con il nome di Zeus-Ammone, fu venerato anche dai greci.

Origini e significato del nome

Amon e Amonet compaiono, durante l'Antico Regno, dei Testi delle piramidi: i due facevano parte della antica Ogdoade di Ermopoli. Il nome Amon (scritto imn, pronunciato Amana nella lingua egizia) significa il Misterioso, il Nascosto, come osservò già Plutarco. È anche possibile che derivi dalla parola libica amana, acqua - anche se, eccettuati vaghi riferimenti al Nilo e al mare, non si tratta di un aspetto fondamentale della natura del dio. Gli egizi sottolineavano la difficoltà a risalire al vero significato chiamandolo asha renuː ricco di nomi. Si riteneva che Amon avesse dapprima creato sé stesso e poi il suo entourage. Gli altri membri dell'Ogdoade erano Nun e Nunet, Kuk e Keket, Hehu e Huhet.
Amon divenne il patrono di Tebe alla fine del Primo periodo intermedio, sotto la XI dinastia. Nelle vesti di patrono di Tebe, sua sposa era la dea Mut. La triade tebana era formata da Amon come padre, Mut come madre e dal dio lunare Khonsu come figlio.

Iconografia

Amon era comunemente raffigurato con sembianze antropomorfe, talvolta assiso in trono. La sua pelle poteva essere colorata di blu in riferimento al lapislazzuli che, per il suo grande valore, gli egizi associavano alla carne degli dei. La sua corona era costituita da un modio sormontato da due alte piume, forse in riferimento alla natura celeste di Amon (a cui si poteva aggiungere il disco solare per identificarlo con il dio-sole Ra). Ogni piuma era divisa verticalmente in due sezioni a simboleggiare l'equilibrio degli opposti e forse, nello specifico, l'Alto e Basso Egitto; a sua volta ogni sezione era suddivisa in sette parti da segmenti orizzontali (il 7 era considerato un numero magico). In alcune immagini, specie quando associato al dio Min (Min-Amon), era avvolto in un sudario e presentava una vistosa erezione. Era anche sovente rappresentato da un'oca (anser albifrons) che, secondo il mito, avrebbe deposto l'uovo cosmico primordiale da cui si sarebbe generata la vita, e da un ariete con il disco solare tra le corna ricurve. L'associazione con l'ariete nacque probabilmente dall'osservazione della sua energia procreatrice.
Nonostante venisse solitamente rappresentato come un uomo, gli egizi credevano che il vero aspetto di Amon trascendesse ogni immagine visuale; un suo epiteto era Nascosto d'aspetto, misterioso di forma. Tale caratteristica del dio era esemplificata dall'assenza, almeno fino a una certa epoca, di un geroglifico che lo rappresentasse, mentre le altre divinità erano espresse da un geroglifico con le loro sembianze; i geroglifici del nome di Amon si limitano a fornirne i segni fonetici della pronuncia.

Il Grande Tempio di Amon a Karnak

La storia di Amon come patrono di Tebe inizia nel XX secolo a.C., con la costruzione del Recinto di Amon Ra, uno dei quattro grandi recinti che andranno a formare l'immenso Complesso templare di Karnak, sotto il regno di Sesostri I, che regnò tra il 1970 a.C. e il 1920 a.C. Non risulta che Tebe abbia avuto una particolare importanza prima della XI dinastia.
Le grandi costruzioni nel Recinto di Amon ebbero luogo durante la XVIII dinastia, quando Tebe divenne la capitale dell'Egitto. L'edificazione della Grande sala ipostila potrebbe essere iniziata parimenti sotto i Thutmosidi, benché vada attribuita per la maggior parte a Seti I e Ramses II, il regno dei quali copre un'ampia porzione del XIII secolo a.C. Merenptah, tredicesimo figlio e immediato successore di Ramses II, commemorò le sue vittorie sui Popoli del mare sulle pareti della Prima Corte, la quale segnava l'inizio della strada processionale per il Tempio di Luxor. Questa Grande iscrizione di Karnak (di cui è andato perso un terzo del contenuto) descrive le campagne vittoriose del faraone e il ritorno con il bottino e i prigionieri. Accanto a questa attestazione, compare la Stele della vittoria, che è sostanzialmente una copia della più celebre Stele di Merenptah, rinvenuta nel complesso funerario del faraone. Il figlio di Merenptah, Seti II, innalzò due piccoli obelischi di fronte al Secondo pilone.
L'ultimo cambiamento importante nel Recinto di Amon-Ra fu la costruzione del Secondo pilone e le massicce mura di cinta che racchiudevano il Complesso; tutto ciò si deve a Nectanebo I (379 a.C. - 361 a.C.).

Nell'onomastica reale

A partire dal Medio Regno, vari faraoni portarono nomi teofori, ossia comprendenti il nome di Amonː gli Amenemhat (Amon è il Primo) della XII dinastia, gli Amenhotep (Amon è Contento) della XVIII dinastia e Hatshepsut Henemet-Amon (Prima tra i nobili, Amata da Amon). Il nome Meriamon (Amato da Amon), oppure quello di Sitamon (Figlio di Amon) comparvero nella titolatura reale di numerosi faraoni, dalla XIX dinastia (per esempio, Usermaatra-Setepenra Ramesse Meriamon) fino ad Alessandro Magno (Setepenra-Meriamon) e ai Tolomei (per esempio, Userkara Meriamon).

Nuovo Regno

Identificazione con Min e con Ra

Quando l'esercito di Ahmose I, fondatore del Nuovo Regno, espulse i sovrani hyksos dall'Egitto, la città d'origine del vittorioso faraone, Tebe, divenne la città più importante del Paese, la capitale della nuova dinastia. Così Amon, patrono della nuova capitale, divenne la divinità nazionale. I faraoni della XVIII dinastia, forse la più gloriosa della storia egizia, attribuirono ogni loro successo alla protezione e all'intervento di Amon e spesero una gran parte della loro ricchezza e dei bottini delle guerre nell'edificazione di templi dedicati ad Amon, cui diedero un prestigio ineguagliato.
Il successo che sovente accompagnò i faraoni adoratori di Amon contro i loro nemici stranieri portò a vedere questo dio come avvocato dei bisognosi, garante della giustizia per i poveri. Siccome Amon era garante di ordine, giustizia e benevolenza (virtù incarnate dalla dea Maat), coloro che gli rivolgevano preghiere erano tenuti a dimostrarsene degni, previa una confessione delle loro mancanze. Come patrono di coloro che viaggiavano in nome suo, Amon divenne Protettore della strada. Stele votive provenienti dal villaggio degli artigiani di Deir el-Medina riportano:
«[Amon] che giunge alla voce del povero che soffre e che dà fiato all'infelice […] Tu sei Amon, Signore del silente, che giungi alla voce del povero; quando ti chiamo nell'afflizione, tu vieni e mi salvi … Nonostante il servo sia disposto al male, il Signore è disposto a perdonare. Il Signore di Tebe non trascorre nell'ira un giorno intero; la sua rabbia passa in un momento, non rimane. Il suo respiro giunge a noi in misericordia. Possa il tuo ka essere buono; possa tu perdonare; non accadrà più.»
Successivamente, quando l'Egitto conquistò Kush, la principale divinità dei kushiti fu assimilata ad Amon. La divinità kushita aveva la testa di di un lanoso ariete dalle corna ricurve; Amon gli fu accostato anche iconograficamente. Poiché gli arieti erano simbolo di virilità e prestanza sessuale, Amon divenne anche un dio della fertilità, assorbendo l'identità del dio Min. Ne derivò il dio Amon-Min. Questa correlazione con la virilità gli valse l'epiteto di Kamutef, che significa Toro di sua Madre, forma in cui compare sulle pareti di Karnak, itifallico e munito di uno speciale flagello (il correggiato), così come veniva rappresentato Min. Man mano che il culto di Amon guadagnò importanza, il dio fu sempre più identificato con la divinità maggiormente adorata nelle altre zone dell'Egitto: il dio-sole Ra; da dio del vento e dell'aria, Amon divenne così una divinità solare. Dalla assimilazione di queste due divinità di sommo prestigio nacque la figura di Amon-Ra. In un inno, Amon-Ra è così descritto:
«Signore della verità, Padre degli dei, Artefice degli uomini, Creatore degli animali, Signore delle cose che sono, Creatore del corpo della vita.»

L'eresia di Akhenaton

Durante l'ultima fase della XVIII dinastia, il faraone Akhenaton (noto anche come Amenofi IV) disapprovò l'immenso potere politico ed economico del tempio di Amon e, soprattutto, del suo clero e accentuò il culto di Aton, divinità che si manifestava nel disco solare, sia simbolicamente che letteralmente. Akhenaton sfregiò i simboli delle divinità tradizionali e basò tutte le sue pratiche religiose sul solo dio Aton. Spostò la capitale da Tebe a una nuova città che provvide egli stesso a fondare, Akhetaton, ma questo brusco cambiamento risultò molto impopolare fra i sacerdoti di Amon, che si videro privati di un potere in precedenza poco meno che regale. La religione dell'Egitto era completamente legata al potere territoriale, e il faraone stava al vertice in entrambi i campi: era infatti il primo sacerdote del Regno, sommo sacerdote del tempio di Amon nella capitale, e i suoi immediati sottoposti, importanti consiglieri, erano parimenti capi religiosi - molti addetti alla burocrazia terriera.
L'introduzione dell'atonismo da parte di Akhenaton costituì di fatto una adorazione enoteistica, o monolatrica, di Aton in aperta competizione con quella di Amon. Le lodi tradizionali rivolte ad Amon furono riprese nelle preghiere ad Aton, in particolare nel Grande Inno ad Aton. Quando Akhenaton morì, intorno al 1324/3 a.C., il clero di Amon-Ra riaffermò il proprio prestigio. Il nome di Akhenaton fu cancellato dai monumenti, dalle cronache e dai registri, i suoi atti religiosi e politici annullati, e la capitale tornò a Tebe. Il ritorno alla vecchia capitale e al suo dio fu compiuto così rapidamente che a lungo parve che il monoteismo di Akhenaton non fosse mai esistito. I sacerdoti persuasero il suo giovane figlio e faraone, Tutankhaton (il cui nome significava Immagine Vivente di Aton) a mutare nome in Tutankhamon, ossia Immagine Vivente di Amon.

Teologia

Durante i cinque secoli del Nuovo Regno, Amon venne talvolta identificato con l'intero pantheon egizio, al punto di dar vita a quel che è stato definito un monoteismo virtuale (che sarebbe stato attaccato, a sua volta, dall'enoteismo di Akhenaton). Dopo essere stato solamente dio del vento, a un certo punto Amon venne identificato con il dio-sole Ra, il quale godeva invece di grandissima venerazione già dagli inizi della cultura egizia. Venne successivamente fuso con il dio Min, dio della fertilità e della creazione: così, Amon-Ra assunse le caratteristiche di divinità solare, dio creatore e dio della fertilità, oltre ad essere patrono della dinastia e della capitale. In un inno ad Amon preservatosi sul Papiro di Leida I-350, Amon, Ra e Ptah sono concepiti come una trinità composta di dei distinti ma uniti pur nella loro pluralità:
«Tutti gli dei sono tre: Amon, Ra e Ptah; coloro che sono senza pari. Il nome della sua natura nascosta [imn significa nascosto] è Amon, egli è Ra nel volto, il suo corpo è Ptah.»
(Inno ad Amon, Papiro Leiden I-350, Capitolo n°300)



Terzo Periodo Intermedio

La Dinastia dei Primi Profeti di Amon

Sebbene non sia considerata una vera dinastia, quella dei Primi Profeti di Amon a Tebe accumulò un potere e un'influenza tali da governare effettivamente l'Egitto dal 1080 a.C. e il 943 a.C. Dal tempo in cui Herihor fu proclamato primo Sommo Sacerdote regnante, nel 1080 a.C., nel 19º anno di regno di Ramses XI, la carica suprema nel clero di Amon garantiva un notevole ascendente sull'economia del Paese. I sacerdoti di Amon possedevano i due terzi di tutte le terre di proprietà templare in Egitto, il 90% delle navi del Paese e molte altre risorse. Di conseguenza, il Sommo Sacerdote di Amon era potente come il faraone, se non di più. Uno dei figli del Sommo Sacerdote Pinedjem I salì infine sul trono dell'Egitto e regnò effettivamente per quasi mezzo secolo (1047 a.C. - 1001 a.C. oppure 1039 a.C. - 993 a.C.[50]) con il nome di Psusennes I, mentre il Sommo Sacerdote Psusennes III regnò come faraone con il nome di Psusennes II (ultimo sovrano della XXI dinastia egizia).

Declino

Nel X secolo a.C. la incontrastata predominanza di Amon in tutto l'Egitto cominciò a declinare. A Tebe, comunque, il suo culto continuò senza interruzione, specialmente con la nubiana XXV dinastia (747 a.C. - ca. 656 a.C.[52]), siccome Amon era il dio nazionale della Nubia. Il Tempio di Amon a Gebel Barkal, fondato nel Nuovo Regno, divenne il centro religioso del Regno di Kush. La Stele della vittoria di Pianki (metà dell'VIII secolo a.C.) distingue fra un Amon di Napata e un Amon di Tebe. Tanutamani, ultimo faraone della dinastia nubiana, portava ancora un nome teoforo con riferimento ad Amon (-amani) nella forma nubiana Amani.

Amon oltre i confini dell'Egitto

In Nubia, Sudan e Libia

Nelle aree esterne all'Egitto dove gli egizi avevano precedentemente portato il culto di Amon, questo sopravvisse fino all'epoca classica. In Nubia, dove il suo nome era pronunciato Amane o Amani, rimase la divinità nazionale, con il suo collegio sacerdotale, a Meroe e Nobazia, nella cui politica l'oracolo del dio aveva un peso enorme: per esempio nel designare i governanti e nella direzione della guerra. Secondo Diodoro Siculo (Biblioteca storica, 3.2.6), i più eminenti sacerdoti di Amon avrebbero avuto il potere di spingere i loro sovrani al suicidio, finché questo loro potere non ebbe termine con il loro sterminio da parte di Arakamani I (o Ergamenes), nel III secolo a.C.
In Sudan ebbe inizio, nel 2000, una campagna di scavi presso un tempio di Amon a Dangeil, sotto la direzione del Dr. Salah Mohamed Ahmed e della Dr.ssa Julie R. Anderson del National Corporation for Antiquities and Museums (NCAM) e del British Museum rispettivamente. Le scoperte indicano che il tempio sarebbe stato distrutto dal fuoco; la spettrometria di massa con acceleratore e il carbonio-14 delle travi del soffitto carbonizzato hanno permesso di collocare cronologicamente l'ultima costruzione dell'edificio al I secolo a.C., data confermata dalle ceramiche e dalle iscrizioni rinvenute. Dopo la sua distruzione da parte del fuoco, il tempio fu abbandonato e andò rapidamente in rovina.
In Libia rimase in attività un oracolo di Amon, isolato nel mezzo del deserto libico, presso l'oasi di Siwa. Il culto di Amon fu introdotto in Grecia in un'epoca piuttosto precoce, probabilmente passando attraverso la colonia greca di Cirene, che verosimilmente si legò al grande oracolo di Amon a Siwa poco dopo la propria fondazione. Iarba, un mitico re libico, fu considerato figlio di Amon: il poeta latino Virgilio lo definì Hammone satus, nato da Ammone.

Nel Medio Oriente

La Bibbia, e più precisamente i Neviìm (i libri dei profeti), redatti probabilmente nel VII secolo a.C., menzionano esplicitamente Amon, per due volte, in riferimento a Tebe (in ebraico נא אמו, No Amown):
«Il Signore degli eserciti, Dio di Israele, dice: “Ecco, punirò Amon di Tebe, l'Egitto, i suoi dei e i suoi re, il faraone e coloro che confidano in lui […]”»
(Libro di Geremia, 46: 25)
«Sei forse più forte di Tebe, seduta fra i canali del Nilo, circondata dalle acque? Per baluardo aveva il mare e per bastione le acque. L'Etiopia e l'Egitto erano la sua forza che non aveva limiti.»
(Libro di Naum)



Amon nell'antichità classica

Amon, venerato dai greci come Ammone (Ἄμμων), ebbe un tempio e una statua, dono di Pindaro (518 a.C. - 438 a.C.) nella Tebe greca, e un altro a Sparta; gli abitanti di Sparta - attesta Pausania - furono i primi fra tutti i greci a consultare l'oracolo di Ammone in Libia. Ad Afiti, città della Calcide, Amon era venerato già dai tempi di Lisandro (ca. 440 a.C. - 395 a.C.) con grande zelo: una leggenda vuole infatti che il generale spartano sia stato convinto a porre fine all'assedio di Afiti proprio da un ammonimento del dio egizio, in sogno. Pare che Pindaro abbia composto un inno ad Ammone (fr.36 Maehler). A Megalopoli il dio era raffigurato con testa d'ariete, mentre i greci della Cirenaica fecero dono a Delfi di una biga con una statua di Amon.

Alessandro Magno e l'oracolo di Amon

La reputazione di Ammone presso i greci fu tale che Alessandro Magno si recò presso il grande oracolo di Amon a Siwa, durante l'occupazione dell'Egitto, dove fu dichiarato figlio di Amon. Per raggiungerlo dovette percorrere 200 miglia fino a quella che in seguito verrà chiamata Marsa Matruh, recandosi dunque all'oasi di Siwa nel deserto libico. Questo viaggio fu forse intrapreso perché Alessandro sapeva che lo avevano compiuto in precedenza Perseo ed Eracle. I resoconti vennero scritti venti mesi dopo l'accaduto, quindi il dialogo intercorso potrebbe essere stato inventato conoscendo i successivi avvenimenti favorevoli al dio Alessandro: da quel momento Alessandro (che regnò come faraone con i nomi Setepenra-Meriamon, cioè Eletto da Ra e Amato da Amon) cominciò infatti a considerarsi divino (e Amon fu identificato con Zeus, continuando a essere la divinità principale della Tebe egizia). Le domande che pose furono più di una: inizialmente, chiese se avesse vendicato la morte del padre, ma gli venne risposto che non si trattava di suo padre in quanto lui era una divinità; allora riformulò la domanda chiedendo se degli uccisori di Filippo vi era rimasto qualcuno ancora in vita e se sarebbe diventato signore degli uomini. La risposta fu positiva per entrambe le richieste. Si narra che in quell'occasione l'oracolo compì un piccolo errore di pronuncia dicendo paidios (figlio di Zeus) invece di paidion (figlio), offrendogli in tal modo un punto di partenza per l'istituzione di un culto divino incentrato sulla sua persona. Nel Romanzo di Alessandro, il condottiero compare nell'atto di scrivere lettere firmandole come figlio di Ammone; nel Libro di Daniele, nella Bibbia, Alessandro è descritto allegoricamente come un conquistatore dalle corna d'ariete (o capro) che abbatte il montone dell'Impero persiano:
«[…] ed ecco un capro [Alessandro Magno] venire da occidente, sulla terra, senza toccarne il suolo: aveva fra gli occhi un grosso corno. Si avvicinò al montone dalle due corna […] e gli si scagliò contro con tutta la sua forza. Dopo averlo assalito, lo vidi imbizzarrirsi e cozzare contro di lui e spezzargli le due corna, senza che il montone avesse la forza di resistergli; poi lo gettò a terra e lo calpestò e nessuno liberava il montone dal suo potere.»
(Libro di Daniele 8, 5-7)



Inni ad Amon nel Papiro di Leida I-350

Il Papiro di Leida I-350, la cui provenienza non è certa (forse Menfi), ma probabilmente ascrivibile al regno di Ramses II (1279 a.C. - 1213 a.C.), fu acquistato nel 1829 dal Rijksmuseum van Oudheden di Leida, nei Paesi Bassi. Tale documento, del quale la prima parte è perduta, è una raccolta di inni ad Amon - per la precisione ventotto capitoli, con un inno per ciascun capitolo: i primi nove numerati da 1 a 9, i nove successivi da 10 a 90, e da 100 a 1000 gli ultimi dieci.

«Novantesimo capitolo.
L'Enneade riunita è il tuo corpo.
Ogni dio ha preso a partecipare del tuo corpo, della tua immagine.
Tu emergesti per primo, tu fin dal principio inaugurasti.
Amon, il cui nome è celato agli dei.
Il più antico, il più anziano, distinto sopra a questi,
Tatenen, che come Ptah si formò da sé stesso.
Le dita del suo corpo sono gli Otto.
Egli apparve come Ra da Nun, affinché potesse ringiovanire.
Egli starnutì [come Atum, dalla] sua [bocca, e diede vita a]
Shu e Tefnut, uniti nella manifestazione.
Egli appare sul suo trono e il suo cuore dà risposte.
[È Colui] che, mediante il proprio potere, per sé governa tutto ciò che è.
[È Colui] che a sé lega la regalità - per sé [e] per sempre,
giù nell'eternità, stabilito come solo Signore. […] Trecentesimo capitolo.
Tutti gli dei sono tre:
Amon, Ra e Ptah - che sono senza pari.
Il nome della sua natura nascosta è Amon,
egli è Ra nel volto, il suo corpo è Ptah.
Le loro città sono sulla terra, fissate per la durata dell'eternità:
Tebe, Eliopoli e Menfi sono state rese perennemente stabili.
[…] Vita e morte dipendono da lui per tutti -
eccetto che per lui, Amon, insieme a Ra [e Ptah]; totale: tre.»
(Inno ad Amon, Papiro Leiden I-350, Capitoli n°90 e n°300)



giovedì 15 ottobre 2020

Altjira

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Altjira è, secondo la tribù Aranda dell'Australia Centrale, una divinità che rappresenta il "padre del cielo". Altjira è venerato alla stessa stregua di Alchera, il Dio del "sogno tempo". Altjira dopo aver creato la Terra si ritirò verso l'alto dei cieli dove ora è indifferente alle sorti dell'umanità. Egli è rappresentato come un uomo con i piedi di un Emù, mentre sua moglie e le figlie hanno i piedi da cane. È Chiamato anche "l'abitante del cielo" o il "padre di tutto".


mercoledì 14 ottobre 2020

Adad

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Adad in accadico e Ishkur in sumero sono i nomi del dio della pioggia e della tempesta nella mitologia mesopotamica. Il suo nome si scriveva in sumero d.IM, era il patrono di Karkara. Presso i sumeri era chiamato anche Immer, mentre a Babilonia e in Assiria Rammān, "il tonitruante".
La divinità accadica è imparentata nel nome e nelle funzioni con il dio nord-occidentale semitico Hadad.
Durante l'impero babilonese, Adad fu considerato tra le divinità principali del pantheon e venne definito come figlio di Enlil. La doppia valenza degli aspetti propri del dio, la pioggia fertile e la tempesta distruttrice, è presente nel poema Atrahasis e nell'Epopea di Gilgamesh.

 
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