Tra i testi più enigmatici mai concepiti dall’uomo, l’I
Ching, o Libro dei Mutamenti, continua a sfidare la
nostra comprensione. Considerato da millenni il pilastro del pensiero
cinese, non è soltanto un trattato di filosofia o divinazione, ma un
sistema di conoscenza codificata, un linguaggio
simbolico che sembra racchiudere — con impressionante precisione —
modelli universali di realtà, anticipando concetti che la scienza
moderna ha cominciato a esplorare solo di recente.
L’I Ching trasmette le sue informazioni attraverso una struttura
che si discosta radicalmente dal linguaggio umano. I suoi 64
esagrammi, composti da combinazioni di linee intere
e spezzate (Yang e Yin), non rappresentano parole, suoni o
concetti in senso convenzionale. Piuttosto, agiscono come codici
logici, configurazioni di energia e mutamento che descrivono
l’interazione dinamica tra opposti.
Per noi moderni, abituati al linguaggio alfabetico, l’I Ching
appare come un enigma matematico. Tuttavia, per i suoi creatori —
o, come sostengono alcuni studiosi, per coloro che lo ereditavano
da un sapere ancora più antico — questi segni erano
formule perfettamente leggibili, strumenti per interpretare le leggi
del cosmo. Ogni linea, ogni trigramma, era una funzione
energetica, non un simbolo astratto.
Da questa prospettiva, l’I Ching non parla “di” qualcosa, ma
opera come una macchina semantica, un processore
simbolico capace di descrivere i mutamenti della realtà. Un codice
universale, più vicino all’informatica che alla filosofia.
Gli storici cinesi attribuiscono la codificazione dell’I Ching
al leggendario re Fu Xi, che avrebbe “ricevuto”
i trigrammi osservando la natura — il cielo, la terra, i corsi
d’acqua, gli animali. Ma la complessità matematica e simbolica del
sistema fa pensare che l’opera sia un’eredità di
conoscenze precedenti, forse risalenti a una civiltà di cui
non abbiamo più memoria.
Molti ricercatori sostengono che l’I Ching sia una sintesi
di dati cosmici, un archivio universale trasmesso attraverso
generazioni di sacerdoti e filosofi. In questa visione, la Cina
antica non avrebbe inventato il libro, ma ne avrebbe
custodito il codice. Tale ipotesi spiegherebbe perché il
testo è rimasto inalterato per millenni, e perché il suo contenuto
continua a rivelare nuovi livelli di significato a ogni generazione.
Uno dei parallelismi più affascinanti tra l’I Ching e la
scienza moderna riguarda la genetica. Nel XVIII
secolo, il filosofo tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz,
padre della logica binaria, studiò l’I Ching e ne riconobbe la
struttura numerica come un sistema perfetto di
rappresentazione binaria: 0 e 1, Yin e Yang, spezzato e
intero. Tre secoli dopo, la biologia molecolare avrebbe scoperto che
il codice genetico umano è fondato su sequenze di coppie
binarie: adenina-timina e citosina-guanina, disposte in 64
triplette.
Questa corrispondenza non può essere liquidata come pura
coincidenza. Gli 64 esagrammi dell’I Ching
rappresentano, in termini matematici, tutte le combinazioni
possibili di sei linee binarie — esattamente come le 64
combinazioni di basi del DNA. In entrambi i casi, il
risultato è un linguaggio di codici viventi, un
algoritmo che regola la trasformazione, la crescita e l’equilibrio.
Alcuni scienziati visionari, tra cui il biofisico russo Pjotr
Garjajev, hanno ipotizzato che il DNA stesso comunichi
attraverso un linguaggio simbolico simile a quello dell’I
Ching, basato su onde e frequenze. Se così fosse, il Libro dei
Mutamenti sarebbe una rappresentazione antichissima delle leggi che
governano non solo l’universo, ma la vita stessa.
L’I Ching descrive il mondo come un processo in continuo
divenire, governato da schemi ciclici. Ogni esagramma è una
fotografia momentanea del flusso cosmico, una “formula” del
cambiamento. Quando due esagrammi si combinano, danno origine a un
terzo stato, una trasformazione. Questa logica,
oggi, trova sorprendente analogia con la teoria dei sistemi
complessi, la cibernetica e persino
l’intelligenza artificiale.
Alcuni matematici hanno persino paragonato gli esagrammi a codici
di programmazione, dove le linee Yin e Yang rappresentano
istruzioni binarie, e le loro combinazioni definiscono stati o
funzioni. È come se l’I Ching fosse una matrice simbolica
dell’universo, un algoritmo scritto in un linguaggio che
solo pochi riescono a decifrare.
Ma la profondità dell’I Ching non si esaurisce nel parallelismo
scientifico. Secondo le scuole taoiste e confuciane, il testo è
multi-livello: i suoi significati si rivelano solo a
chi è pronto a comprenderli. Ogni linea può essere letta come un
concetto etico, una legge naturale o una funzione cosmica. Al di
sotto di queste letture, però, molti maestri antichi parlavano di
livelli criptici di conoscenza, accessibili solo a
chi padroneggiava determinate chiavi di interpretazione.
Alcune di queste chiavi — i cosiddetti diagrammi del
Cielo Anteriore e Posteriore — descrivono la disposizione
delle forze nel tempo e nello spazio, anticipando in modo
sorprendente la fisica quantistica e la geometria frattale. L’ordine
apparente degli esagrammi, infatti, nasconde un pattern
matematico ricorsivo, una simmetria che si ripete su scala
infinita, proprio come nella struttura del cosmo.
A più di tremila anni dalla sua comparsa, l’I Ching continua a
custodire misteri irrisolti. Non sappiamo chi lo
compose realmente, né come una civiltà così antica poté
sviluppare una struttura logica tanto sofisticata. Ciò che è certo
è che il suo linguaggio — basato su dualità, cicli e
trasformazioni — rispecchia con straordinaria precisione i
principi fondamentali dell’universo.
Forse l’I Ching è la prova che l’umanità, in un’epoca
remota, possedesse una conoscenza unificata, capace
di connettere scienza, filosofia e spiritualità in un’unica
visione coerente. Una conoscenza che si è progressivamente
frammentata nel tempo, ma che continua a riemergere ogni volta che
l’uomo tenta di comprendere le leggi del tutto.
L’I Ching rimane così un codice vivente, una
mappa simbolica dell’esistenza. E ogni volta che lo consultiamo,
non leggiamo soltanto un antico libro cinese: entriamo in
contatto con un linguaggio universale, forse scritto non
dagli uomini, ma dalla stessa intelligenza che plasma la materia, la
vita e il destino.